Meloni era veramente il primo tra i ferrovieri

Fonte: La Nuova Sardegna cit.

Sono stati tanti i Sardi che hanno sacrificato la vita per liberare il Paese dalla dittatura nazifascista. Eroi, spesso sconosciuti, che hanno contribuito a salvare molte vite dalla follia nazista. Una ricerca condotta da Rita Arca, insegnante di lettere al Liceo scientifico di Oristano, ha contribuito a far conoscere la storia di del lussurgese Bartolomeo Meloni. Meloni, ingegnere ferroviario, nel 1943, in servizio a Venezia in qualità di ispettore capo delle ferrovie, ha dato un contributo determinante all’organizzazione della resistenza locale. Dopo l’8 settembre, grazie alla sua influente posizione, è riuscito a salvare dalla deportazione molti soldati, italiani e alleati, e un numero imprecisato di ebrei destinati ai campi di sterminio.
Dopo l’8 settembre, con i suoi compagni di lavoro, preparò un piano per impedire l’uso dei trasporti ferroviari per i fini delle truppe di occupazione e, in accordo con le indicazioni dei comitati politici, organizzò un piano atto a rendere inutilizzabili, o a ritardare, con sabotaggi ben organizzati, i treni e le tradotte militari, dove soldati e marinai italiani, ammassati su carri piombati, dovevano essere trasportati in Germania. Il numero delle persone che si sono salvate grazie a Meloni è difficile da calcolare, ma si può essere certi che, se la resistenza partigiana in quell’area si consolidò, gran parte del merito si deve all’attività svolta da Meloni. Arrestato a causa della sua attività antifascista, venne portato nel carcere di Santa Maria Maggiore, poi a Verona e successivamente a Dachau, dove conosce don Giovanni Fortin.
Di lui, il sacerdote scriverà: «Mai ho trovato un’anima così aperta, un’anima così profondamente conoscitrice delle umane miserie». Indebolito dalle innumerevoli percosse subite e dagli stenti, Bartolomeo Meloni muore nel campo di concentramento di Dachau il 10 luglio del 1944. Finita la guerra e saputo della sua tragica fine, vengono indette varie manifestazioni per ricordarlo. Una lapide, fatta affiggere nella via Giovanni Maria Angioy dal Comune lussurgese nel 1946, ricorda la figura dell’ingegner Bartolomeo Meloni. «Per i suoi meriti – dice Rita Arca -, Bartolomeo Meloni meriterebbe sicuramente di essere ricordato tra i Giusti delle nazioni».
Piero Marongiu, Un lussurgese eroe antifascista. Santu Lussurgiu, una ricerca storica racconta la vita di Bartolomeno Meloni, La Nuova Sardegna, 27 gennaio 2015

Bartolomeo Meloni – Fonte: Ricordare la città cit.
Il registro del carcere di Santa Maria Maggiore – Fonte: Ricordare la città cit.

Bartolomeo Meloni, nato a Cagliari nel 1900, si laurea in ingegneria al Politecnico di Torino e trova lavoro come ispettore generale per le Ferrovie dello Stato a Venezia. Nel 1936 prende la tessera fascista, ma non partecipa mai alla vita del regime.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre aderisce al Partito d’Azione, anche se con alcune incertezze dovute al problema di conciliare la fede cristiana con i presupposti politici degli azionisti, che perseguivano ideali laici e socialisti.
[…]
Insieme ad altri ferrovieri sotto la sua direzione dà il via a numerose opere di sabotaggio, che avvenivano in presenza della scorta tedesca, dando impressione di svolgere il normale lavoro ferroviario.
Tali azioni erano mirate sia a danneggiare i treni usati dai soldati tedeschi, sia ad aiutare i militari italiani rimasti bloccati a Venezia con il rischio di essere catturati e deportati dai nazisti.
La fitta attività organizzata da Meloni sarà importante per la creazione della X e XI Brigata Matteotti e garantirà un presidio partigiano nella Stazione di Santa Lucia a Venezia, che sarà occupata senza danni durante le giornate dell’insurrezione.
La cattura
Un’attività così intensa manca però di cautela: concentrare in un periodo così ristretto un numero troppo alto di attività di sabotaggio si rivela rischioso e attira l’attenzione della Gestapo.
Bartolomeo Meloni viene catturato poco dopo l’inizio della sua lotta. Il 4 ottobre 1943 viene rinchiuso nel carcere cittadino di Santa Maria Maggiore e successivamente viene deportato a Dachau, dove muore il nove luglio del 1944.
Don Giovanni Fortin, suo compagno di prigionia lo ricorda così:
“Ci incontrammo i primi giorni ed ivi scambiammo le nostre impressioni; e dico il vero, mai ho trovato un’anima così aperta, un’anima così profondamente conoscitrice delle umane miserie, un’anima che sentisse veramente il palpito di amore e di tenerezza fraterna per i sofferenti”.
La sua figura ha lasciato un segno importante nella memoria della Resistenza veneziana: oltre alla pietra d’inciampo (la prima posata in città il 12 gennaio 2014), a lui sono dedicate anche una targa sul binario 8 della Stazione di Santa Lucia e un’altra nella sala maggiore del Palazzo delle Prigioni.
Fonti: Giulio Bobbo, Venezia in tempo di guerra 1943-1945, pref. Marco Borghi, Il Poligrafo, Padova, 2005, pp. 114-116; Triangolo rosso, a cura dell’ANED, anno XXXVI, n. 4-8 aprile- agosto 2020, pp. 52-53; https://www.laboccadelvulcano.it/it/bartolomeo-meloni/469-bartolomeo-meloni.html
Redazione, Bartolomeo Meloni (1900–1944), Ricordare la città (Ricordare la città. Pietre d’inciampo, luoghi della memoria e realtà aumentata è un progetto di Digital Humanities finanziato dalla Regione del Veneto con la partnership della Comunità ebraica di Venezia e dell’Università Ca’ Foscari)

Fonte: Patria Indipendente, art. cit. infra

[…] Nella città della Laguna, l’ingegnere frequentava i circoli culturali, tanto da divenire amico di molti artisti veneti del tempo. Nel 1936 prendeva per un anno la tessera fascista, ma non aveva mai partecipato alla vita del regime. Armando Gavagnin, tra i fondatori del Partito d’Azione e sindaco di Venezia dopo la Liberazione, ricordava nel suo libro di memorie di averlo conosciuto e lo ricordava con queste parole: “Mi convinsi che Meloni era veramente il primo tra i ferrovieri, il primo per elezione spontanea, naturale, non discutibile, il primo perché il migliore”.
Intanto Meloni si iscriveva al Pd’A anche se con alcune remore e incertezze dovute al problema di conciliare la fede cristiana con i presupposti politici degli azionisti, che perseguivano ideali laici e socialisti. Bartolomeo Meloni forte delle idee antifasciste si gettava nella mischia politica, ponendo le basi per la creazione di una organizzazione ferroviaria antifascista, con l’allontanamento di chi era coinvolto con il regime. Questo progetto prevedeva inizialmente, una lista di persone che dovevano ricoprire importanti incarichi nel compartimento ferroviario: “In quella lista che io stesso presentai ai dirigenti ferroviari – dichiarava Gavagnin – il suo nome non c’era e invano feci insistenza perché figurasse. Egli non ne volle sapere. Era stato iscritto al partito fascista e questo stabiliva una incompatibilità, che secondo lui non poteva essere superata. Invano feci distinzioni, parlai di necessità e di esperienza. Fu irremovibile e volle che fra i nomi indicati figurassero in prima linea quelli di persone mai iscritte al partito”. Scrive Giulio Bobbo (“Venezia in tempo di guerra, 1943-1945”, Il Poligrafico, Padova): “Si può tranquillamente affermare che la prima categoria di lavoratori in grado di pianificare una resistenza organizzata ed efficace contro le forze nazifasciste fu proprio quella dei ferrovieri, che si era sempre contraddistinta per le sue lotte sindacali già nell’Italia liberale. Vent’anni di fascismo non avevano poi impedito che i più anziani formassero i colleghi più giovani anche politicamente”.
Storicamente negli anni del consenso fascista l’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato era stata protagonista di uno spietato licenziamento, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, di oltre 40mila ferrovieri antifascisti. Questi presupposti storici e politici dettarono una svolta negli ideali della categoria dei ferrovieri. Fra i dirigenti, fu determinante l’azione dell’ingegner Meloni, che collaborava attivamente con il movimento clandestino veneziano attraverso corsi di sabotaggio ferroviario. Basti pensare che dal giugno 1944 al marzo 1945 delle 5.571 azioni di sabotaggio realizzate, oltre 2.000 avevano riguardato linee ferroviarie o veicoli in genere. Infatti, il Compartimento ferroviario di Venezia era il transito delle linee che portavano verso il Friuli e l’Austria, pertanto pervenivano una quantità di notizie ed informazioni utili per possibili azioni di sabotaggio nei confronti dell’invasore tedesco. Tutti i modi erano fattibili per ritardare i treni tedeschi che portavano soldati italiani, dissidenti politici ed ebrei verso la Germania. A tal proposito, ricorda Il notiziario storico della seconda divisione partigiana Matteotti, Venezia 29 settembre 1943, ore 22,30: “Per impedire e ritardare la partenza delle tradotte militari, essendo queste troppo sorvegliate venne attuato il taglio dei tubi di gomma per la condotta d’aria dei freni, e successiva asportazione degli stessi; immissione di sabbia nelle boccole delle ruote e provocato riscaldamento assi previa asportazione dei guancialetti. Le operazioni dei ferrovieri veneziani, avvenivano in presenza della scorta tedesca dando l’impressione di svolgere il normale lavoro ferroviario”. Scrive Bobbio: “Un’altra attività strettamente correlata alle ferrovie fu il supporto alla fuga degli ex prigionieri alleati verso la Jugoslavia; travestiti con divise da operai ferroviari o con abiti borghesi, i militari alleati venivano accompagnati da personale delle ferrovie verso il confine, fino a quando il controllo tedesco impedì la prosecuzione di questi viaggi”.
Tanti militari e civili scamparono agli orrori del lager nazisti grazie all’impegno e al coraggio dal ruolo svolto da Meloni e dai suoi compagni ferrovieri.
Purtroppo le numerose azioni di sabotaggio nel Compartimento di Venezia destavano ed attiravano l’attenzione delle autorità tedesche e Bartolomeo Meloni, il 4 novembre 1943, veniva arrestato dalle SS nel suo ufficio. Dopo un breve periodo di detenzione a S. Maggiore, veniva deportato in Germania nel lager di Dachau. In questo contesto di detenzione, a ricordare la figura di Meloni è il sacerdote don Giovanni Fortin, compagno di cella. “Ci incontrammo i primi giorni ed ivi scambiammo le nostre impressioni; e dico il vero, mai ho trovato un’anima così aperta, un’anima così profondamente conoscitrice delle umane miserie, un’anima che sentisse veramente il palpito di amore e di tenerezza fraterna per i sofferenti”.
La vita nel campo era un inferno: violenze e soprusi erano la costante dei detenuti, che morivano di stenti e di fame. Anche Bartolomeo Meloni seguiva quel destino. Moriva il 10 luglio 1944. Al partigiano sardo verrà conferita la Medaglia d’argento. […]
Maurizio Orrù (Comitato esecutivo Anppia nazionale), Il ferroviere resistente. L’ispettore generale delle Ferrovie dello Stato a Venezia Bartolomeo Meloni collaborava attivamente con il movimento clandestino veneziano attraverso corsi di sabotaggio ferroviario. Deportato a Dachau, moriva il 10 giugno 1944, Patria Indipendente, 28 aprile 2020