Molto curata anche l’opera di propaganda e di agitazione promossa dalla federazione giovanile comunista

Roma. Foto: R. G.

Alla fine degli anni ’50, l’attività dei partigiani della pace poteva considerarsi ormai terminata, anche se nominalmente il movimento esisteva ancora: la sua propaganda, che riscuoteva uno scarso successo, si concentrava principalmente sulla richiesta di disarmo, sull’opposizione alle armi atomiche e, soprattutto, sul rifiuto dell’installazione di rampe per il lancio di missili in Italia. In un appunto della questura di Roma, presumibilmente del 1958, veniva descritto come un movimento, costituito nel 1949, che aveva «lo scopo di propagandare le pseudo-ideologie pacifiste dell’Unione sovietica. È un’emanazione dei partiti social-comunisti» <146: sembrava quasi che, dopo averne molto parlato negli anni precedenti, ormai anche la polizia li avesse dimenticati.
Il principale ostacolo a un’attività più incisiva dei partigiani della pace era costituito dalle difficoltà di relazioni tra comunisti e socialisti dopo la rottura dell’unità d’azione nel 1956. È illuminante, a questo proposito una relazione del questore Marzano del dicembre 1958, che riporterò per questo quasi integralmente:
“Tutte le organizzazioni di massa sono ben controllare dal P.C.I., a cominciare dalla C.G.I.L., dato che gli elementi comunisti costituiscono sempre la maggioranza in seno ai relativi organi direttivi. Dopo la denuncia del patto di unità d’azione, i comunisti, in tali organismi, hanno dovuto adattarsi a trovare un nuovo modus vivendi con i socialisti rimastivi con l’approvazione o meno del partiti, ed, in più di una occasione, come è avvenuto spesso anche per la C.G.I.L., i socialisti fedeli a NENNI sono riusciti, con la loro opposizione, a bloccare le manovre dei comunisti intese a servirsi delle associazioni di massa ai fini esclusivi del P.C.I. Gli esponenti comunisti in seno alle organizzazioni di massa agiscono comunque nei confronti dei socialisti, tenendo presente la vecchia direttiva del partito perché siano evitati clamorosi contrasti e perché venga realizzata la politica unitaria del P.C.I., con una accurata e capillare opera di convincimento. Per quanto riguarda i partigiani della pace […], il partito comunista non ha da sostituire alcun elemento del P.S.I. così come segnalato: si tratta infatti di un organismo cui gli esponenti del P.S.I. aderiscono solo a titolo personale, in contrasto con la linea politica del partito, per continuare a servire gli interessi del partito comunista. Gli esponenti socialisti in seno al movimento dei partigiani della pace appartengono tutti alla corrente socialfusionista, che considera praticamente ancora valido il patto d’unità d’azione, quali LUZZATTO, CACCIATORE, CAVALIERI, MORONESI, ecc”. <147
Fu la campagna contro l’installazione dei missili in Italia a dare un nuovo – piccolo – impulso al movimento: essa, tuttavia, secondo le stesse fonti fiduciarie del ministero dell’Interno, prevedeva «l’organizzazione di conferenze e dibattiti, a cura dei parlamentari e dei dirigenti comunisti» e sarebbe dovuta culminare con «un referendum ‘per la salvezza del paese dalla distruzione totale’» <148, mentre non vi trovava spazio l’organizzazione di manifestazioni di massa <149. In effetti, il 12 giugno 1958, alcuni deputati comunisti – Celeste Negarville, Palmiro Togliatti, Giancarlo Pajetta i primi firmatari di una corposa lista – presentarono una proposta di legge alla Camera sul “Divieto di installazione nel territorio nazionale di basi e di lancio per missili atomici e termonucleari”: fu questo l’apice della campagna.
Nello stesso periodo, il movimento legò la questione della pace all’opposizione al colonialismo e agli avvenimenti in corso in Medio oriente: il 14 luglio 1958, infatti, in Iraq, un colpo di stato militare guidato Abdul Kassem aveva posto fine alla monarchia e proclamato la repubblica, mentre il giorno successivo le truppe statunitensi avevano invaso il Libano in appoggio al presidente filoccidentale Camille Chamoum nella guerra civile che lo vedeva contrapposto ai nazionalisti arabi. Contemporaneamente, le truppe britanniche avevano invaso la Giordania.
Tra il 16 e il 22 luglio 1958, il ‘Congresso per il disarmo e la cooperazione internazionale’, erede del movimento per la pace, riunitosi a Stoccolma, licenziò un appello in cui si diceva che “l’ingiustificato intervento armato degli angloamericani ha posto il mondo di fronte alla minaccia di una guerra atomica. […] Bisogna porre fine all’intervento armato nel Medio Oriente, ottenendo il ritiro immediato delle forze straniere in questa regione. […] Il divieto controllato degli esperimenti termonucleari deve essere il primo passo sulla via del disarmo e controllato. […] I governi devono ripudiare la guerra fredda poiché essa non può che portare alla catastrofe atomica. I governi debbono riconoscere a tutti i popoli il diritto all’indipendenza e la libertà di disporre con piena sovranità dei loro beni e del loro destino”. <150
Anche in Italia, in quei giorni, iniziò una mobilitazione per il Medio oriente: le forze dell’ordine, come negli anni precedenti, continuarono a fermare gli attivisti che affiggevano i manifesti senza autorizzazione o facevano scritte sui muri con slogan come «Giù le mani dal Libano – Abbasso gli Usa» o «La pace nel mondo è minacciata dall’imperialismo Usa» <151. Parallelamente, il prefetto Rizza ordinò il sequestro di diversi volantini e stampati del Pci, come quelli intitolati «La pace in pericolo!», «Ciampino trasformata in base per gli aggressori?», «Difendere la pace con ogni mezzo», «Contro i pericoli della guerra per la salvaguardia della pace», «Gli imperialisti anglo-americani invadendo la Giordania e il Libano hanno messo in pericolo la pace nel mondo!» <152, accusati di avere «carattere tendenzioso ed allarmistico con evidente finalità di speculazione politica». Rizza giustificò tali provvedimenti con il particolare momento politico e col fatto che tali stampati erano parte di «una intensa e vasta attività di propaganda politica intesa soprattutto a porre in difficoltà il Governo, impegnato nella discussione parlamentare per il voto di fiducia» <153 e aggiunse che «nessuna violazione della libertà di stampa è stata perpetrata con i provvedimenti di cui sopra, trattandosi di materiale deliberatamente destinato, per scoperte finalità di speculazione politica, a fuorviare l’opinione pubblica» <154. La federazione romana del Pci parlò invece, in relazione al divieto di comizi nella provincia e a questi sequestri, di «violazioni della Costituzione italiana» <155: essa decise così di citare il prefetto davanti al tribunale di Roma, che già due volte aveva condannato il ministero dell’Interno in occasione di altri sequestri.
Anche dal punto di vista della repressione delle manifestazioni di piazza la risposta delle forze dell’ordine non si fece attendere. La sera del 17 luglio, la polizia caricò, nei pressi di piazza Montecitorio e dell’ambasciata statunitense, i manifestanti che protestavano contro l’invasione statunitense del Libano e della Giordania, per la quale si erano serviti delle basi aeree e navali messe a disposizione dall’Italia. Furono fermati sessantasei manifestanti e, di essi, ne furono denunciati cinquantotto <156. Tra i fermati – «trattenuti per oltre quattro ore nei locali della Questura, senza aver commesso alcun reato» – figuravano anche quattro fotoreporter, dei quotidiani «Giornale d’Italia» e «La sera» e delle agenzie Publifoto e Roma Press Photo <157.
Secondo la relazione sugli eventi redatta da Marzano, la federazione romana del Pci, riunitasi il 16 luglio con i segretari di sezione e i responsabili dei circoli giovanili, aveva disposto di «mobilitare la base allo scopo di far manifestare, con la massima evidenza, l’esultanza per l’insurrezione irakena che ha portato all’instaurazione della repubblica e l’indignazione per l’aggressione americana ai danni del Libano» <158. Per questo era stato diffuso del materiale propagandistico da far affiggere nella notte ed era stato consigliato di svolgere, facendole sembrare spontanee, manifestazioni come l’invio di delegazioni presso le sedi diplomatiche statunitensi, britanniche e francesi per consegnare petizioni contro l’intervento armato, manifestazioni di protesta davanti al Parlamento – soprattutto alla Camera, dove si discuteva la fiducia al governo Fanfani -, l’invio di attiviste nei mercati rionali, dove far nascere discussioni. Secondo Rizza, il Pci, e soprattutto la sua organizzazione giovanile, avevano preparato con cura queste manifestazioni:
“Elementi di sinistra […] sobillati dagli attivisti di partito, hanno dimostrato, almeno inizialmente, tutte le buone intenzioni per creare un clima di allarme e di disordine. La direzione del PCI non ha perduto tempo nell’impartire urgenti disposizioni a tutte le organizzazioni del partito, per mobilitarle nella protesta contro l’ ‘aggressione occidentale nel Medio Oriente’. La campagna, posta sotto lo slogan ‘giù le mani dal Medio Oriente’, avrebbe evidentemente dovuto avere, secondo le direttive e le intenzioni della Direzione del PCI, uno sviluppo assai maggiore di quella a suo tempo condotta in relazione agli avvenimenti francesi e avrebbe dovuto coagulare attorno al partito non solo tutti i militanti, ma anche tutti i cittadini democratici di ogni partito, che abbiano nel cuore la pace e la sicurezza. Molto curata anche l’opera di propaganda e di agitazione promossa dalla federazione giovanile comunista per organizzare cortei e dimostrazioni dinanzi alle ambasciate e ai consolati dei paesi occidentali, per la stampa di volantini con scritte propagandistiche, da ripetersi con calce e vernice sui muri delle case e delle fabbriche, sul piano stradale, ecc. Nel corso di riunioni tenutesi nelle sezioni periferiche del PCI sarebbe stata predisposta – tra l’altro – la formazione di ‘nuclei di impiego immediato’ composti da 5-6 elementi coraggiosi e di provato attaccamento al partito; detti nuclei sarebbero stati invitati a tenersi pronti ad agire in base ad eventuali disposizioni che sarebbero potuto pervenire da un momento all’altro dagli organi centrali di partito. Sarebbe stato anche detto di tenersi pronti ad intervenire ai comizi muniti di corpi contundenti, di spranghe metalliche e anche di armi, al fine di resistere e di reagire agli interventi delle forze dell’ordine. In effetti, però, le manifestazioni organizzate nella Capitale sono miseramente fallite. Si è potuto di conseguenza constatare che i comunisti non sono in grado di mobilitare la piazza e che, in definitiva, le loro manifestazioni sono finite col passare tra la generale indifferenza. È questa una constatazione che è stata fatta in molti ambienti con vero compiacimento. […] In particolare va registrata la piena soddisfazione suscitata in vasti settori della pubblica opinione per l’assicurazione data dall’On/le TAMBRONI che il Governo è ‘fermamente deciso a servirsi di tutti i suoi legittimi poteri per mantenere l’ordine’. Le condanne, sia pur lievi, comminate per direttissima dall’Autorità Giudiziaria hanno convalidato la fiducia nella fermezza di tale preciso impegno. Esse sono anche servite a sminuire uno dei fattori più decisivi della ‘forza’ comunista e della correlativa paura o rassegnazione esistente in tanti settori della popolazione: la sensazione, cioè, magari ingiustificata ma non per questo meno diseducativa, d’impunità se non addirittura di immunità, della quale troppo spesso era sembrata avvantaggiarsi in passato – sia pure alquanto remoto – la faziosità e la sopraffazione rossa”. <159
[NOTE]
146 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 2, f. Roma – Movimento partigiani della pace.
147 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 2, f. Movimento partigiani della pace – 2° fascicolo. Relazione di Marzano del 20 dicembre 1958.
148 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 2, f. Movimento partigiani della pace – 1° fascicolo. Comunicazione riservata della Prima sezione della Divisione Affari generali del 15 gennaio 1958.
149 In generale, cfr. Acs, Mi, Ps, 1958, b. 3, f. Manifestazioni contro le importazioni armi U.S.A.
150 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 2, f. Movimento partigiani della pace – 1° fascicolo. Appello di Stoccolma, 22 luglio 1958.
151 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 6, f. Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente. Fonogramma di Marzano del 16 luglio 1958, ore 16 e Acs, Mi, Gab, 1957-60, b. 10, f. 11020/69 – Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente – Proteste.
152 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 6, f. Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente. In particolare, nel volantino intitolato ‘Contro i pericoli di guerra per la salvaguardia della pace’, a cura del Consiglio generale dei sindacati di Roma e provincia, si leggeva la condanna all’«aggressione anglo-americana intesa a contenere e spezzare la lotta per la libertà e l’indipendenza dei popoli oppressi, e l’operato del governo italiano, che fa pesare sul Paese una grave minaccia di involuzione antidemocratica, vietando manifestazioni e comizi indetti a difesa della pace e dell’indipedenza nazionale – tra gli altri il comizio che avrebbe dovuto tenere l’On. Fernando Santi il 24 luglio in P. Vittorio – per potere, imponendo il silenzio ai lavoratori, coinvolgere l’Italia nel conflitto» e l’appello «ai lavoratori perché con ogni mezzo, in tutte le aziende, manifestino la loro ferma volontà di pace, e la loro protesta per il tentativo in atto di imbavagliare le forze democratiche e pacifiche». Tra i materiali sequestrati, anche il già citato contenente il discorso pronunciato alla Camera da Togliatti il 18 luglio 1958, intitolato CONTRO la minaccia di guerra CONTRO il programma reazionario Fanfani.
153 Acs, Mi, Gab, 1957-60, b. 10, f. 11020/69 Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente – Proteste. Relazione di Rizza del 29 luglio 1958.
154 Ibidem.
155 Si risponda alle violazioni della Costituzione italiana, «l’Unità», 23 luglio 1958.
156 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 6, f. Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente. Relazione di Marzano del 5 agosto 1958.
157 Ivi. Lettera dell’Associazione nazionale fotoreporters al ministro dell’Interno del 18 luglio 1958. Il segretario dell’Associazione nazionale fotoreporters, Sergio Delli, lamentava nella lettera il frequente ripetersi del «drastico intervento delle Autorità di P.S. ai danni dei giornalisti fotografi» e chiedeva al ministro di intervenire «affinché tali abusi – poiché di abuso di tratta – non debbano ripetersi onde evitare che simile modo di agire venga sfavorevolmente commentato dai Colleghi esteri né si possa dire che il nostro Governo è, nei confronti della stampa fotografica, il meno democratico del mondo».
158 Acs, Mi, Ps, 1958, b. 4, f. Avvenimenti nel Medio Oriente – Ripercussione politica in Italia – Disposizioni varie. Comunicazione di Marzano del 17 luglio 1958.
159 Acs, Mi, Gab, 1957-60, b. 302, f. 16995/69 Roma – Relazioni mensili. Relazione sul luglio 1958. Acs, Mi, Gab, 1957-60, b. 10, f. 11020/69 Roma – Avvenimenti nel Medio Oriente – Proteste. Relazione di Rizza del 22 luglio 1958. Di tenore simile erano le comunicazioni che venivano dal capo della polizia Carcaterra che il 21 luglio, in una circolare riservata ai questori, aveva scritto che «a quanto è stato segnalato, le federazioni provinciali del p.c.i. avrebbero ricevuto […] dalla direzione centrale, istruzioni di intensificare e sviluppare in ogni provincia agitazioni di carattere politico in modo da ingenerare turbamento e preparare, nell’eventualità che la situazione internazionale dovesse aggravarsi, uno sciopero generale diretto a paralizzare le vitali attività della Nazione. Le istruzioni, personalmente recapitate ai dirigenti provinciali del partito prevedrebbero, inoltre, riunioni dei gruppi partigiani e degli elementi più fidati, allo scopo di ricostituire i gruppi di vigilanza, secondo le impostazioni già note. Frattanto, sarebbe stato disposto di intensificare la vigilanza delle sedi di tutte le organizzazioni comuniste, che debbono tenersi pronte a trasferire o distruggere i propri archivi e tutto il carteggio compromettente. I dirigenti provinciali, a quanto riferisce la stessa segnalazione, sarebbero stati inviati a predisporre fin d’ora tutto il necessario per sabotare eventuali richiami alle armi; a preparare i dirigenti dei sindacati ferroviari a scendere in lotta se la rete ferroviaria nazionale dovesse essere utilizzata a scopi bellici; ad impostare una efficiente rete informativa in modo da essere in grado, all’occorrenza, di poter segnalare movimenti di truppe, entità delle forze in movimento e loro destinazione» (Acs, Mi, Ps, 1958, b. 4, f. Avvenimenti nel Medio Oriente – Ripercussione politica in Italia – Disposizioni varie. Comunicazione di Carcaterra del 21 luglio 1958).
Ilenia Rossini, Conflittualità sociale, violenza politica e collettiva e gestione dell’ordine pubblico a Roma (luglio 1948-luglio 1960), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2014-2015