Molto materiale di propaganda fu bruciato o fatto sparire dai partigiani in seguito a rastrellamenti o altri imprevisti

Mappa n. 1: I numeri in legenda sono riferiti alla quantità di manifesti e volantini prodotti. Essi corrispondono a 5 colori distinti e progressivi che individuano la maggiore o minore intensità di manifesti e volantini prodotti nelle diverse zone individuate dalla cartina. Fonte: Giuliano Casagrande, op. cit. infra

Il libro “La Resistenza in Italia: 25 luglio 1943-25 aprile 1945” (1961) curato da Laura Conti consiste in un’ampia e dettagliata rassegna di stampa clandestina ciclostilata e stampata tra 1943 e 1945. <67 Utilizzando questo saggio, seppure datato, si stimerà quantitativamente il peso della stampa trevigiana tra le province del Nord Italia. La scelta di questa zona geografica non è arbitraria, ma è dettata dai caratteri affini che essa presenta. In questa regione, infatti, i combattenti hanno avuto più o meno lo stesso tempo per realizzare manifesti e volantini in contesti di lotta paragonabili.
Il campione presentato da Laura Conti potrebbe sembrare incoerente con i dati raccolti per questa tesi di laurea. Ciò accade perché il censimento della storica non analizza tutta la stampa esistente negli archivi, ma un campione: non si capirebbe altrimenti come mai in provincia di Treviso sia segnalato un numero di volantini compreso tra 1 e 9.
La cartina utilizzata è stata presa dal saggio di Conti, quindi è geograficamente coerente con i dati proposti.
Si vedono emergere i due grandi centri politici, produttivi e operai: Milano e Torino. Al maggior numero di volantini in queste due aree concorrono anche fattori più pragmatici inerenti alla capacità di raccolta e conservazione del materiale, meno impegnativa che non nelle valli del Cuneese o in Cansiglio. Infatti oggi si parla esclusivamente della documentazione conservata, e nulla si può affermare su ciò che si è perso. Infatti diverse testimonianze affermano che molto materiale fu bruciato o fatto sparire in seguito a rastrellamenti o altri imprevisti. <68
Subito dopo si individuano altre tre zone che sono Genova, il Friuli e l’Emilia. In grado minore Genova risponde alle caratteristiche del grande centro similmente a Milano e Torino. Potrebbe invece sorprendere che in Friuli si stampò molto. Il fenomeno è ancor più interessante a fronte dell’assenza di città o centri produttivi paragonabili a quelli prima esaminati. All’importanza del dato concorrono certamente la vastità del territorio considerato, ma soprattutto la validità dell’opera delle divisioni e formazioni combattentistiche lì presenti. <69
È utile circostanziare l’importanza del dato del Friuli perché altrimenti potrebbe risultare fuorviante. L’osservazione di Ezio Antonioni, partigiano emiliano impegnato nella Resistenza bellunese, concorre a chiarire il fenomeno: “In quelle regioni [leggi: Piemonte e Friuli] c’era una presenza di soldati italiani. […] Questi soldati dovettero, nel giro di poche ore, prendere decisioni definitive, favoriti anche dal comportamento di un certo numero di ufficiali, il che permise l’immediata organizzazione di reparti armati, trovando in pari tempo nell’appoggio delle popolazioni locali la forza base per dar vita alle prime grosse unità partigiane.” <70
Questo ragionamento nasconde però una seconda questione, che viene infatti subito esplicitata da Antonioni: “[In altre regioni invece] si doveva fare ricorso allo sforzo principale dell’antifascismo militante, dei condannati dal tribunale fascista durante il ventennio e appena usciti dalle prigioni e dal confino, per poter trasformare un popolo di contadini in un popolo di partigiani capaci di strappare le armi dalle mani del nemico”. <71
L’Emilia, a fronte di un impegno militare intrapreso posteriormente, <72 dimostra come la rete antifascista tenuta in vita durante il ventennio sia stata decisiva per la realizzazione di una vasta opera di propaganda fino alla Liberazione. La testimonianza del famoso Comandante Diavolo, Germano Nicolini, è a favore di questa lettura: “Va detto chiaramente che la Resistenza in Emilia nasce con i gruppi di avanguardia organizzati dal Pci. Senza il Pci questa Resistenza forse sarebbe stata semplicemente resistenza passiva, fatta di azioni di sabotaggio et similia. L’aggettivo ‘rossa’ nasce proprio da questa egemonia resistenziale del Pci”. <73
Alla maggiore presenza di stampa clandestina concorrono la disposizione dei fronti e le caratteristiche dei territori e dei contesti nei quali si calò la Resistenza.
La cartina suggerisce inoltre che non si possono fare generalizzazioni, in termini quantitativi, distinguendo tra ‘pianura’ o ‘montagna’. Infatti, a parte l’Ossola, il Novarese e il Bergamasco, la pianura Padana, l’Appennino e il resto dell’arco alpino si mantengono su valori simili.
In generale si può affermare che se il Piemonte, l’Emilia e il Friuli sono le regioni che segnano le medie più alte di produzione di stampa e propaganda, la Lombardia vede valori altissimi legati alla città di Milano che si presume assorbano quelli delle provincie a lei collegate.
In Veneto si registrano valori molto bassi. Questo dato è anche frutto della forte frammentazione delle zone operative (la provincia di Vicenza risulta divisa in quattro zone). Soltanto Padova e Belluno manterrebbero i valori ‘standard’ presentati dal resto del Nord Italia.
Non si crede valida la giustificazione di un ‘Veneto bianco’ più restio alla produzione di stampa. Primo perché i comunisti furono una componente protagonista anche in questa regione della Resistenza, e, secondariamente, perché anche i cattolici, sebbene in modo più contenuto dal punto di vista meramente quantitativo, <74 diedero il loro attivo contributo nell’organizzazione, nella lotta e nell’azione di propaganda. Un’altra osservazione che invece potrebbe concorrere a spiegare la minore produzione di volantini in Veneto la si apprende dai “Rapporti a Mussolini sulla stampa clandestina” (1974) curati di Ercole Camurani. <75 Nelle osservazioni interne ai quattro rapporti si legge che in tale regione vi fu una reazione fascista “immediata” a differenza per esempio della Lombardia. Questo fatto, stando sempre ai rapporti, comportò una minore diffusione della stampa clandestina nel Veneto in confronto al resto del Nord Italia.
Rimanendo consci delle riserve che si devono tenere nel leggere questo grafico, si segnala comunque una minore consistenza di questo fenomeno nell’area che si andrà a studiare piuttosto che nelle altre.
[NOTE]
67 L. Conti, La Resistenza in Italia: 25 luglio 1943-25 aprile 1945, op. cit.
68 Laura Stancari, “Case Partigiane” nella memoria di Bruna Fregonese, in Lisa Tempesta (a cura di), Storie di donne in guerra e nella Resistenza, Verona, Cierre edizioni, 2006, p. 157 e A. della Libera, Sulle montagne per la libertà, op. cit., pp. 110-111.
69 Roberto Tirelli, Idee e ideali di libertà: il pensiero nell’azione Osoppo Friuli 1943-1945, Udine, Associazione Partigiani Osoppo Friuli, 2009.
70 Ezio Antonioni, Wether Romani (a cura di), Al di qua e al di là del Piave, Bologna, Aspasia, 2006. p. 127.
71 Ibidem.
72 Si fa riferimento soprattutto alla zona del bolognese che vide trasferiti molti futuri partigiani nella zona di Belluno. Vedi: A. della Libera, Sulle montagne per la libertà, op. cit., pp. 37-38.
73 Germano Nicolini, Massimo Storchi (a cura di), Noi sognavamo un mondo diverso, Reggio Emilia, Imprimatur, 2012, p. 49.
Giuliano Casagrande, Le parole della Resistenza. La propaganda partigiana nel Trevigiano, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2012/2013