Nel 1932, Giovanni Michelangeli, stabilitosi nelle reti comuniste parigine, fu costretto a lasciare Parigi


Il Cpc documenta la fondazione della Casa del Proscritto a Marsiglia con Giovanni Michelangeli, attraverso l’opera dei suoi informatori infiltrati nelle reti antifasciste. Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli – Fonte: Emanuela Miniati, Op. cit. infra

Quando Michelangeli giunse a Parigi, il partito comunista in esilio stava operando una riorganizzazione interna, più formale che ideologica, in nome delle necessità contingenti di trovare adesioni tra la massa e di superare le diffidenze nei confronti di un sempre più manifesto settarismo. I comunisti avevano infatti condotto nell’anno precedente una violenta campagna verbale contro i rappresentanti della Concentrazione, che raggruppava le forze antifasciste democratiche, tentando di isolarla dalle masse sia dal punto di vista sociale, sia da quello politico. Avevano denunciato l’attendismo passivo di un’istituzione che consideravano mero retaggio aventiniano, e proposto una linea di azione più concreta verso l’Italia, attraverso contatti con l’opposizione clandestina, informazione e formazione dei militanti emigrati, legami diretti con una grande organizzazione internazionale dotata di uomini e mezzi materiali […] La prima avventura parigina di Michelangeli coincise con gli anni di maggiore vitalità e ottimismo dell’antifascismo in esilio. In Italia il regime destava malumori non soltanto tra le classi meno abbienti, ma anche fra la media borghesia, mentre in Spagna era stato cacciato Primo De Rivera e si era instaurata la Repubblica. Nonostante le prime avvisaglie interne al Paese, gli esuli italiani non sospettavano ancora la salita al potere di Hitler, e si affacciava per tutti loro una grande stagione di attivismo e illusioni palingenetiche […] Nel gennaio 1928 si tenne a Marsiglia il primo congresso del Psi in esilio e malgrado le forti contestazioni della sezione locale, Amedeo seguì l’indirizzo unitario di Nenni, che dominava nel socialismo italiano degli anni Trenta. La sua apertura avrebbe dato notevoli frutti quando il Psi avrebbe ratificato il sodalizio con i comunisti: a partire dal 1934 Amedeo collaborò strettamente con Giovanni Michelangeli, inviato dal Pcd’I come segretario dei Gruppi di lingua italiana delle Bouches-du-Rhône ad animare nel Sud-Est la propaganda per il Fronte Popolare, negli anni delle grandi battaglie internazionali dell’antifascismo.
[…] Con l’inizio della crisi, i militanti più in vista immigrati dagli anni Venti erano invece oggetto di repressione ed espulsioni. Nel 1932, Giovanni Michelangeli, stabilitosi nelle reti comuniste parigine, fu costretto a lasciare Parigi e trasferito dal partito per ragioni di sicurezza in Normandia, dove divenne segretario dei Gruppi di lingua dipartimentali e aprì un negozio di barbiere che divenne un punto di ritrovo per il locale movimento antifascista. Nel 1933 fu inviato in missione in Unione Sovietica, un viaggio che gli costò, per il suo giudizio severo sulle “purghe” in atto sotto il regime staliniano, un certo isolamento nel partito e la minaccia di espulsione, negli anni caldi della vicenda nel partito dei “tre”.
L’anno seguente Michelangeli era nuovamente a Parigi, ed era riuscito a stabilirsi in un quartiere più accogliente rispetto al primo soggiorno, nell’XI arrondissement, dove riprese il mestiere di copertura di parrucchiere. Anche Michelangeli, infatti, come molti antifascisti, sfruttava la sua bottega per svolgere riunioni politiche clandestine. Espulso ancora una volta, passò la frontiera belga per rientrare clandestinamente da Marsiglia, dove avrebbe cominciato un’intensa attività al fianco di Filippo Amedeo.
Michelangeli a Parigi era in rapporti di stretta amicizia e collaborazione politica con la famiglia Grillo, savonesi anch’essi provenienti dallo stesso quartiere operaio.
[…] Sotto l’influenza della carismatica figura di Michelangeli, in piena ascesa ai vertici dei Gruppi di lingua del Pcf, la Viberti si iscrisse allora al partito comunista, in un momento vissuto con grande fervore e ottimismo, in cui la politica dei fronti unici e poi dei fronti popolari si fondeva nelle campagne in favore della Spagna dei repubblicani e nella valorizzazione delle associazioni di massa <110.
[…] I comunisti francesi avanzarono alla Camera un progetto di legge che proponeva un nuovo “Statuto giuridico” degli immigrati, secondo il quale si sarebbe dovuto facilitare la concessione del soggiorno, regolamentare le espulsioni, applicare la legislazione sociale agli immigrati ed estendere i diritti civili e politici. Lo Statuto giuridico non fu mai ottenuto, ma l’iniziativa del Pcf suscitò un grande interesse da parte dell’antifascismo in esilio che aprì un intenso dibattito a proposito dello Statuto, appropriandosene come argomento di propaganda politica <121. Se ne occupò con zelo Giovanni Michelangeli
[…] Per tornare all’impegno specifico dei liguri nella propaganda e nella guerra di Spagna, all’inizio del 1937 Giovanni Michelangeli fu inviato a Nizza, Cannes e Marsiglia, dove incontrò anche Amedeo, per tenere comizi di propaganda in favore degli arruolamenti volontari nel Battaglione Garibaldi, e per incontrare i primi reduci italiani provenienti dalla Spagna, dopo i sanguinosi combattimenti svoltisi a Madrid <161. L’impegno di Michelangeli in favore dell’intervento militare italiano in Spagna rappresenta un caso interessante di un dirigente comunista, all’epoca a capo dei Gruppi di lingua delle Bouches-du-Rhône, non prettamente conforme alle direttive del partito.
[…] Così, mentre “le organizzazioni politiche formalmente si tenevano in disparte, persino alti quadri delle più varie appartenenze politiche” come Michelangeli “rispondevano alla chiamata ideale della guerra spagnola”, ritrovando in quella battaglia l’entusiasmo che la vittoria italiana in Etiopia e l’avvento del nazismo avevano soffocato in quegli anni più difficili. La grande sfida politica degli antifascisti si giocava tutta in territorio spagnolo.
Insieme ad Amedeo, Michelangeli si occupava anche di gestire nelle Bouches-du-Rhône il rapporto con le strutture associative ed assistenziali, come il “Comitato pro vittime del fascismo”. Effettivamente l’intento politico che sottostava al loro impegno non doveva apparire così velato agli esponenti delle altre forze antifasciste italiane, che denunciavano infatti l’inclinazione social-comunista del Comitato e rifiutavano per questo di garantire l’appoggio della Lidu. Questa tattica del “fronte unico dal basso” si concretizzava parallelamente anche in altre iniziative per l’emigrazione, come la proposta di istituire un’università popolare, al fine di creare consapevolezza politica e formare le capacità di militanza attiva tra i connazionali <163.
L’“Università Proletaria” fu inaugurata a Marsiglia nel febbraio 1935, e socialisti e comunisti dimostrarono di saper imporre le proprie decisioni da una posizione dominante sul resto dell’emigrazione politica. Lidu e personalità francesi presenziarono alla cerimonia di apertura, in cui Michelangeli prese direttamente la parola davanti ai convenuti <164. La Lidu fu coinvolta anche nella creazione della “Casa del Proscritto”, un istituto sociale assistenziale, educativo e ricreativo che vide unirsi in un progetto comune tutte le forze politiche emigrate, tra cui il Soccorso Rosso che a Marsiglia era gestito proprio da Michelangeli.
Prendeva parte all’operazione anche Italo Oxilia, che era allora approdato a Marsiglia dopo il fallimento dell’attività di Pera e la dispersione della rete savonese di Tolone. Sempre più legato a Gl a titolo personale e isolato dalle conoscenze di paese, collaborava alla mobilitazione del Fronte popolare in favore della causa spagnola, ritrovando per qualche tempo la solidarietà di un concittadino come Michelangeli <165.
Il lavoro di propaganda era anche svolto denigrando iniziative del regime, come la guerra di aggressione in Abissinia, contro cui Giovanni Michelangeli e i collaboratori indissero comizi e manifestazioni e diffusero manifesti, assieme alle forze francesi e alle loro organizzazioni di ex combattenti <166. La campagna disfattista fu infatti una delle prime prerogative non soltanto del Pcd’I ma anche del Pcf nel Fronte popolare, che si fece forza dell’ostilità dimostrata dalla Società delle Nazioni all’intervento italiano in Africa. I fuorusciti speravano poi di poter sfruttare l’eventuale guerra come occasione rivoluzionaria, per fomentare un’opposizione popolare capace di scardinare il regime <167.
Michelangeli si occupò personalmente di redigere manifesti di propaganda contro la guerra in Etiopia, e in particolare rivolse il suo appello agli ex combattenti delle Bouches-du-Rhône. In un volantino sequestrato dalla polizia politica, egli diffidò gli italiani dal porre fiducia nelle sterili promesse del regime, ricordando le delusioni che il governo aveva riservato dopo la Grande guerra. I disoccupati in patria potevano intravedere attraenti possibilità di lavoro nella campagna africana, e così i connazionali residenti all’estero, ai quali si assicuravano lauti premi in denaro. Il segretario di Fronte unico spiegava che la guerra in Abissinia avrebbe potuto scatenare un nuovo conflitto di portata mondiale, e che la contingenza socioeconomica avrebbe causato conseguenze ancora peggiori sulla vita concreta delle popolazioni coinvolte.
Faceva appello a coloro che, reduci dalle trincee, avevano conosciuto le distruzioni e le ingiustizie della guerra e le ripercussioni che essa ebbe sul mondo del lavoro e sul tenore di vita della gente comune. Concludeva con un motto dal sapore sovrapartitico, secondo un orientamento ormai pienamente accolto da tutti gli aderenti al Pcd’I: “Non un soldo, non un uomo per la guerra. Abbasso la guerra di conquista. Noi reclamiamo: pane, lavoro, pace e fratellanza tra i popoli” <168.
Il segretario dei Gruppi sensibilizzava poi i lavoratori all’importanza delle rivendicazioni sindacali, passando ancora per quel “fronte unico dal basso” che tanto successo stava apportando al partito comunista. Spronava gli italiani, con invocazioni scritte e distribuite tra i portuali di Marsiglia, a fraternizzare con i compagni francesi, al fine di combattere insieme la battaglia per i diritti sul lavoro e ottenere un eguale trattamento per gli stranieri, ancora negato dal ministero Flandin, contrario all’impiego di manodopera immigrata <169.
Michelangeli rivolgeva anche espliciti messaggi politici ai lavoratori, come accadde nell’appello agli operai dell’officina marsigliese “La Capelette”. Il trattamento irrispettoso e lo sfruttamento della manodopera italiana erano condannati sì come frutto dell’attività governativa fascista, ma anche e soprattutto come conseguenza della degenerazione del sistema capitalistico, contro il quale si invocava l’unione del proletariato francese ed italiano:
“Una sola via di scampo ci resta aperta: quella della Lotta di tutti gli sfruttati contro il nemico comune: il capitalismo. […] Noi vogliamo unire il proletariato francese a quello immigrato per la difesa del diritto alla vita, al pane ed al lavoro, per la lotta contro la miseria e la guerra. Il Comitato di Fronte Unico contro il fascismo e la guerra ci chiama a rinforzare le file dell’esercito proletario” <170.
La dinamicità e il molteplice impegno di Michelangeli nelle organizzazioni antifasciste marsigliesi portarono i servizi segreti fascisti a considerarlo come l’elemento più attivo e il maggiore esponente del Pcd’I nel dipartimento delle Bouches-du-Rhône <171. Egli rendeva conto del proprio operato direttamente alla segreteria centrale dei Gruppi di lingua a Parigi, in qualità di segretario regionale dell’organizzazione italiana, recandosi personalmente nella capitale <172.
Il lavoro del responsabile dei comunisti di Marsiglia, che si dimostrava tanto solerte, non sarebbe durato ancora a lungo. Michelangeli fu richiamato dal partito a Parigi, per entrare a far parte della Confederazione Generale del Lavoro, un’organizzazione che si era affiliata a suo tempo all’ormai disciolta Concentrazione, e che allora era invece in stretti contatti con il Pcd’I, seguendo le orme delle corrispettive strutture francesi che negli anni del Fronte Popolare consolidavano i rapporti tra partito e sindacati, valorizzando gli elementi stranieri iscritti alla Cgt <173.

Volantino redatto da Giovanni Michelangeli per i lavoratori della fabbrica marsigliese “La Capelette” – Dpp.: f. personali, Giovanni Michelangeli – Fonte: Emanuela Miniati, Op. cit. infra

[NOTE]
110. Cfr. in generale sulla politica della “mano tesa” e l’“unità d’azione” Garosci, Storia dei fuorusciti cit.; Tombaccini, Storia dei fuoriusciti cit.; Spriano, Storia del Partito Comunista cit.; Galli, Storia del Pci cit. Si parlerà più oltre approfonditamente del governo Blum, del Fronte popolare e della campagna antifascista in Spagna.
121. Cfr. Courtois, «Le Pcf», cit., pp. 217-218; Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli.
161. Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli. Dpp: f. Giovanni Michelangeli. AfMich: cartoline di Giovanni Michelangeli alla figlia Anna e alla moglie Teresa, da Nizza (12/08/1937, 13/08/1937) e da Cannes (28/08/1937).
163. Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli.
164. Ivi.
165. Ivi; Cpc: b. 3627, f. Italo Oxilia.
166. Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli.
167. Cfr. Garosci, Storia dei fuorusciti cit., p. 103-105.
168. Dpp: f. Giovanni Michelangeli: allegato alla lettera anonima da Marsiglia del 24/03/1935.
169. Dpp: f. Giovanni Michelangeli: allegato alla lettera anonima da Marsiglia del 22/02/1935.
170. Dpp: f. Giovanni Michelangeli: allegato alla lettera anonima da Marsiglia del 14/11/1934.
171. Cpc: b. 3263, f. Giovanni Michelangeli.
172. Ivi.
173. Ivi.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

Quando si trattò di fondare il Partito in Liguria, il gruppo torinese scelse Savona (e non Genova) come sede del Congresso fondativo.
Il Congresso si svolse il 20 marzo 1921 nel Ridotto del Teatro Chiabrera alla presenza di 60 delegati provenienti da tutta la regione in rappresentanza di circa 1500 iscritti. In quell’occasione venne a Savona Gramsci in persona, che giunse alla stazione Letimbro provenendo da Torino il pomeriggio precedente e rimase per il tempo del Congresso ospite proprio di Mario Accomasso in Via Monturbano (dietro l’attuale Prefettura); nello stesso condominio abitava anche Michelangeli, segretario della Camera del Lavoro e Consigliere Comunale, importante dirigente del PCd’I che l’indomani mattina ebbe l’onore di aprire i lavori del Congresso.
Gramsci svolse la relazione introduttiva e intervenne altre volte nel corso del Congresso che si concluse in serata.
Per la cronaca del Congresso bisogna rifarsi ai giornali locali, ma soprattutto all’Ordine Nuovo del 23 marzo. Gramsci, come si ricorderà, non aveva parlato al Congresso di Livorno come invece in molti si sarebbero aspettati: per la componente comunista scissionista gli interventi decisivi furono quelli di Bordiga e per il piccolo, ma molto qualificato gruppo dell’Ordine Nuovo, quello di Terracini.
Sergio Tortarolo, Gramsci il “Savonese” e i genovesi battuti 1174 a 300, I RESISTENTI, ANPI Savona, N. 6, 2021, anno XIV

Giovanni Michelangeli nacque a Montefiore dell’Aso, in provincia di Ascoli Piceno, il 9 Aprile 1883. Trasferitosi ad Offida nel 1890, seguì gli studi in seminario e fu ordinato sacerdote.
Dal 1912 fu parroco ad Amatrice, ma nel 1920 lasciò l’abito talare ed iniziò una attiva milizia politica.
Aderì al Partito Socialista e, trasferitosi a Savona verso la fine del 1920. assunse la carica di segretario della locale lega contadina e di membro della commissione esecutiva della Camera del Lavoro.
Fu tra i primi che, a Savona, aderirono alla frazione comunista e, successivamente, al Pcd’I.
Partecipò al I Congresso Regionale comunista, svoltosi a Savona il 20 Marzo del 1921 nella sala del ridotto del Teatro Chiabrera con la presidenza di Antonio Gramsci, dove svolse la relazione sull’attività sindacale, affrontando particolarmente il tema dei consigli di fabbrica, criticando la direzione eccessivamente centralizzatrice svolta dalla CgdL che, in quel modo, ne limitava una piena espressione di tipo classista.
Da quel congresso fu designato membro del comitato esecutivo regionale del Partito.
Nel maggio dello stesso anno fu candidato alle elezioni politiche nelle liste del Pcd’I, che videro però, in Liguria, eletto un solo deputato, l’economista Antonio Graziadei.
Nel giugno del 1921 Michelangeli fu eletto segretario della Camera del Lavoro di Savona, sostituendo un altro comunista, Enrico Hoenning.
A Savona, infatti, la mozione presentata dai comunisti al Consiglio delle Leghe aveva ottenuto oltre 17.000 voti, contro i 4.000 della mozione socialista.
Al II Congresso regionale del Pcd’I, svoltosi a Sampierdarena il 22 Gennaio 1922, Michelangeli fu confermato nell’esecutivo regionale e delegato al II congresso nazionale, dove tenne una relazione sul rapporto tra il Sindacato ed il Partito.
Redazione, Giovanni Michelangeli, Trucioli savonesi

La morte colse Giovanni Michelangeli ancora in esilio, a Parigi, nel 1938 mentre stava lavorando all’arruolamento dei volontari per le Brigate Internazionali nella guerra di Spagna.
Redazione, Giovanni Michelangeli, Cento Fiori