Nel numero degli uccisi di quel giorno si contano dieci internati ebrei

Aeroporto di Forlì, 1936. Fonte: resistenzamappe.it

Sedici ebrei in precedenza internati in Provincia di Pesaro trovarono la morte nel settembre del ’44 nell’eccidio perpetrato da reparti nazisti e repubblichini nell’area dell’aeroporto di Forlì. Insieme a loro, altri civili – ebrei e non – per un totale di vittime che è stato calcolato a fatica e con un ritardo di anni sui fatti. Oggi si parla di 42 persone, di cui 18 o 19 ebrei, che in giornate diverse di settembre, ammanettate dietro la schiena, furono condotte dalle SS in quel luogo devastato dalle bombe presidiato dalla GNR, per essere freddate con un colpo di fucile o di pistola.
Il 6 luglio ’45, la Questura di Forlì rendeva nota al Consolato inglese a Firenze una notizia in merito all’eccidio. Ciò avveniva su sollecitazione dello stesso consolato, a sua volta interpellato da Lissi Lewin, sorella di Arthur, una delle vittime. Scrive il questore che il 5 settembre ’44, primo giorno della strage, il comando tedesco delle SS comunicava loro quanto segue: “Venti comunisti italiani e stranieri sono stati giustiziati”.
Nel numero degli uccisi di quel giorno si contano dieci internati ebrei. Questi i loro nomi: Amsterdam Arthur; Amsterdamer Israel Isidoro; Goldberg Joseph; Gottesmann Georg; Lewsztein Joseph; Lewin Alfred; Morpurgo Gaddo; Pächt Karl; Stiassny Ludwig; Timan Joseph.
Per le donne il giorno della morte fu il 17 settembre. E’ conservata la lettera di Rosenzweig Maria al figlio Giorgio dal carcere di Forlì, come si può vedere nella scheda di Maria che parla di sette donne in attesa di conoscere il loro destino. I loro nomi sono i seguenti: Amgyfel Riwka; Amsterdam Selma; Richter Sara Jalka; Rosenbaum Lea Isa; Rosenbaum Elena (non internata in Provincia di Forlì); Hammerschmidt Jenny; Rosenzweig Maria.
Grazie alla ricerca che abbiamo effettuato nei luoghi dell’internamento, possiamo dare un contributo alla ricostruzione della dinamica di alcuni arresti, non certo alla “spiegazione” di un atto brutale e assurdo.
I coniugi Joseph Israel Goldberg e Riwka Sara Amgyfel furono rinchiusi nel carcere di Forlì il 27 luglio ’44, prima di tutti gli altri correligionari. La cattura iniziale dovrebbe essere avvenuta nel territorio stesso di Sant’Ippolito dov’erano internati, con ogni probabilità da parte di un presidio della GNR. Ciò si ricava dal fatto che non è segnalata dalle forze dell’ordine una loro fuga dal comune, come si riscontra puntualmente in tutti i casi di allontanamento. Poi, la consegna alla guarnigione tedesca con destinazione Forlì.
Sei degli altri internati – Arthur Amsterdam, Joseph Lewsztein, Georg Gottesmann, Gaddo Morpurgo, Ludwig Stiassny, Joseph Timan – furono catturati a Urbino da reparti tedeschi e, ad eccezione di Arthur, i restanti vennero presi direttamente in ospedale. Lo affermiamo anche per G. Gottesmann in quanto le ultime notizie poco prima dell’arresto lo danno lì ricoverato. I più giovani del gruppo sono Arthur, 22 anni, e Gaddo, 24 anni.
I coniugi Karl Pächt e Maria Rosenzweig furono catturati nel territorio di Sant’Angelo in Vado – precisamente a Cà Merigiolo – da sette tedeschi armati che l’8 di agosto del ’44 li presero e li portarono a Urbania dove li trattennero per qualche giorno, finché il 12 li tradussero a Forlì per incarcerarli. Il fatto è testimoniato dalla stessa Maria Rosenzweig nell’imminenza della morte nella lettera al figlio Giorgio.
Restano sei casi: gli Amsterdamer, i Lewin – madre e figlio – e le due Amsterdam, madre e figlia. Tutti costoro erano internati nel comune di Fermignano, ma solo per Lea Isa Rosenbaum il Libro della memoria e il volume Ebrei in Romagna collocano l’arresto nel comune stesso.
Ora, in base ai dati reperiti a livello locale, possiamo affermare con certezza che Alfred Lewin e sua madre Jenny Hammerschmidt furono arrestati in località San Gregorio di Fermignano da un preciso distaccamento tedesco, del quale si conosce anche il nome del comandante. Per i particolari si rimanda alle schede dei nominati.
Infine, grazie alla testimonianza di un abitante di Fermignano – Giovanni Bischi – si può ipotizzare che anche le ultime tre vittime, Israel Isidoro Amsterdamer, Selma Amsterdam e sua madre Sara Jalka Richter, siano state catturate nell’area del comune. Il testimone Giovanni Bischi – nato a Fermignano il 10/08/1922, antifascista fin da giovane e arruolato tra i partigiani locali da novembre ’43 ad agosto ’44 – ci ha riferito quanto accadde nel suo paese.
Il 7 giugno ’44 un treno carico di munizioni saltò in aria in un tratto ferroviario non distante dal centro e la popolazione fu obbligata a sfollare nella campagne. Anche gli ebrei internati furono obbligati a trasferirsi in località note alle autorità municipali. Ben presto queste ultime dovettero fronteggiare la pretesa di corpi militari germanici di conoscere la dislocazione degli ebrei, pertanto incaricarono un impiegato comunale di individuarli uno ad uno. In questo modo vennero facilmente catturati dai tedeschi.
Anche il testimone si trovava sfollato in campagna. Con lui c’erano persone provenienti dalle città, compresi diversi ebrei che avevano fatto perdere le proprie tracce, tra i quali ricorda le sorelle Perugia di Urbino. Bischi sostiene che dopo la guerra a Fermignano di ebrei non ce n’erano più, quindi chi si era salvato (Ndr: Joseph David Amsterdam, scampato fortunosamente alla strage della sua famiglia) se ne andò subito.
Giovanni Bischi, che diventerà sindaco nel 1970 e manterrà l’incarico fino al 1990, afferma che anche la documentazione ufficiale scomparve dai locali del municipio, pertanto ai ricercatori fu ben difficile trovare tracce precise sulla vicenda degli internati, salvo scarni riferimenti rinvenuti nei fascicoli ECA. Egli ricorda con precisione alcune delle vittime, persone che in precedenza erano state aiutate anche dalla sua famiglia. In particolare ha presente una madre e un figlio notevolmente alto che camminavano sempre insieme, avanti e indietro nel centro del paese (Ndr: Alfred Lewin, alto m. 1,90 e Jenny Hammerschmidt, sua madre); poi ricorda “il barbiere”, che aveva lasciato il centro del paese per rifugiarsi in località Cà Lozzo (Ndr: Israel Amsterdamer), e riferisce di altri ebrei internati che non sono da annoverare tra le vittime. Per la testimonianza, la fonte di riferimento è indicata come GBis.
Inchiesta e procedimenti giudiziari sulla strage.
Nel novembre del 1944 lo Special Investigation Branch britannico aprì un’inchiesta sull’accaduto attraverso la quale, grazie alla collaborazione di un disertore tedesco, si accertò che l’eccidio venne compiuto dal distaccamento delle SS, l’Aussenkommando Sipo-SD di Forlì.
I responsabili delle stragi dell’aeroporto vennero identificati nelle persone di Hermann Grübb, Hans Gassner, Karl Schütz, Köller, Brandt, Pustowka, Alfred Kaspar e Helmuth Süptitz.
Il fascicolo, passato alla procura generale militare italiana nel 1946, fu archiviato provvisoriamente e di fatto occultato nel 1960.
Venne ritrovato casualmente nel cosiddetto “armadio della vergogna” trent’anni dopo. Nel 1996 la Procura presso il Tribunale militare di La Spezia ricevette il fascicolo e avviò nuove indagini.
Nel 2003, dopo aver accertato che tutti i presunti responsabili erano deceduti o irrintracciabili, gli atti furono archiviati.
Elenco delle vittime
Amgyfel Riwka Sara, di Juda e Ida Aurappel (coniugata con J. Israel Goldberg),
Amsterdam Arthur, di Joseph David e Sara Jalka Richter,
Amsterdam Selma Sara, di Joseph David e Sara Jalka Richter,
Amsterdamer Jsrael Isidoro, di David e Nacha Schamschwitel, (coniugato con Lea Rosenbaum)
Goldberg Joseph Israel, di Heisig e Teodora Sara Sprinz (coniugato con Riwka Sara Amgyfel),
Gottesmann Georg, di Norman Hersch e Cecilia Gotz,
Hammerschmidt Eugenia Jenny, di Leopold e Berta Aschr (madre di A. Lewin),
Lewin Alfred, di Giulio e di Eugenia Jenny Hammerschmidt,
Lewsztein Joseph, di Boris e Salomona Brill,
Morpurgo Gaddo, di Attilio e Maria Treves,
Pächt Karl Joseph, di Adolf e Sofia Noè (coniugato con Maria Rosenzweig),
Richter Sara Jalka (Salka), di Hirsch Chaim e Rachele Leycovich (coniugata con J. David Amsterdam),
Rosenbaum Lea Isa, di Salomone e Rosa Schenkarski (coniugata con I. Isidoro Amsterdamer),
Rosenzweig Maria, di Benzion e Gisella Sinag o Schinagel (coniugata con Karl Pächt),
Stiassny Ludwig, di Jacob e Leondine Bergenthal,
Timan Joseph Israel, di August Rudolf e Rosalia Keinhändler.
Redazione, La strage di Forlì in (a cura di) Lidia Maggioli e Antonio Mazzoni, Ebrei italiani e stranieri internati in provincia di Pesaro, 1940/1944, Archivio Maggioli Mazzoni

La sera del 5 settembre 1944 verso le 18 l’Aussenkommando della Sicherheitspolizei e del Sicherheitsdienst (Sipo-SD) di Forlì ordinò di prelevare dal carcere di Forlì 21 detenuti e di trasferirli alla caserma Romanello. Altri otto prigionieri, quattro uomini e quattro donne furono trasferiti alla caserma dalle celle della sede delle SD in via Salinatore dove erano stati trattenuti per qualche tempo con l’accusa di essere favoreggiatori dei partigiani e dove erano stati torturati e interrogati. La caserma fungeva da centro di smistamento di manodopera destinata al Reich: l’intento degli uomini del SD era quello di mascherare la fucilazione programmata dei detenuti con la deportazione in Germania.
Tra i prigionieri vi erano 10 ebrei stranieri che erano stati portati alle carceri di Forlì da Urbino dove, in seguito ad una ondata di arresti effettuata il 03/12/1943 per catturare gli ebrei stranieri internati in provincia di Pesaro, erano stati quasi tutti detenuti per un periodo.
Sempre il 5 settembre verso le 20 gli otto prelevati dal carcere del SD e dodici prigionieri provenienti dal carcere di Forlì furono fatti salire su un camion e su automezzi più piccoli che partirono in direzione dell’aeroporto. Il camion si fermò alla caserma di via Emilia in località Ronco dove si erano acquartierate le SS e i prigionieri che erano a bordo furono rinchiusi temporaneamente nella caserma, mentre gli altri automezzi proseguirono per l’aeroporto. Giunti sul luogo prescelto per la fucilazione le SS fecero scendere i prigionieri dalle vetture e li uccisero. I corpi furono occultati in una buca provocata dai bombardamenti e ricoperti frettolosamente di terra. Verso le 5 di mattina del 6 settembre 1944 gli uomini del SD, rientrati alla loro sede la sera precedente, si recarono alla caserma di Ronco, prelevarono i prigionieri che vi erano stati lasciati il giorno prima, li portarono con delle auto nei pressi dell’aeroporto e li uccisero, gettando i corpi all’interno di una buca e ricoprendoli con uno strato di terra.
I parenti e collaboratori di Tonino Spazzoli (ucciso il 19/08/1944 v. Episodio di Coccolia (RA), 19 agosto 1944) prelevati dal carcere con le vittime dell’aeroporto furono avviati alla deportazione in Germania per lavoro.
Quella del 5-6 settembre 1944 fu la prima di tre eliminazioni compiute con analoghe modalità nei pressi dell’aeroporto. Il 17 settembre furono uccise le donne parenti di alcuni degli uomini ebrei uccisi il 5-6 settembre; il 25 fu la volta degli ultimi prigionieri presenti all’interno delle carceri di viale Salinatore e degli ultimi ebrei prigionieri.
La logica sottesa a queste uccisioni è eliminazionista e di stampo razziale e tali stragi si collocano in un momento in cui i tedeschi si preparano a lasciare la città ed eliminano il maggior numero possibile di prigionieri, ebrei e avversari politici ancora nelle loro mani. La stessa logica si ritrova nelle stragi di Sabbiuno di Paderno e di San Ruffillo a Bologna, compiute dalle SS di Bologna, di cui facevano parte anche uomini provenienti dal SD di Forlì (v. Episodi di Sabbiuno di Paderno (BO), 14 e 23 dicembre 1944; San Ruffillo, stazione (BO), 10 e 20 febbraio, 1, 2, 16, 21 marzo e aprile 1945). Tutte queste uccisioni furono occultate.
[…] Sedici SS del comando Sipo-SD di Forlì (di cui si conoscono i nominativi) erano stati in precedenza membri del SD di Roma e si erano trasferiti a Forlì al momento dello smantellamento del comando romano dopo la liberazione di Roma. Dopo la chiusura del comando forlivese alcuni di loro si spostarono a Bologna o in altre città dell’Emilia-Romagna e dell’Italia settentrionale.
[…] Inchiesta dello Special Investigation Branch britannico risalente al novembre 1944 attraverso la quale, grazie alla collaborazione di un disertore del distaccamento SD di Forlì (il meccanico Herbert Pohl, 19 anni, nato in Slesia a Festenberg), vennero identificati i responsabili delle stragi dell’aeroporto in Grübb, Gassner, Schütz, Köller, Brandt, Pustowka, Kaspar e Süptitz. Il fascicolo, passato alla procura generale militare italiana nel 1946, fu archiviato provvisoriamente nel 1960 e fu ritrovato nel cosiddetto “armadio della vergogna”. Nel 1996 la procura presso il tribunale militare di La Spezia ricevette il fascicolo e avviò nuove indagini; nel 2003, dopo aver accertato che tutti i responsabili erano deceduti o irrintracciabili, gli atti furono archiviati.
Redazione, Episodio di Ronco di Forlì, aeroporto (FC), 5-6 settembre 1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Fonte: resistenzamappe.it

Al centro della ricostruzione di Vladimiro Flamigni sono le «stragi» consumatesi per mano nazista all’aeroporto di Forlì, nel settembre del 1944, «una “soluzione finale” di stampo locale […]» (p. 15). Le stragi vennero scatenate nel contesto dell’approssimarsi degli alleati al territorio forlivese, la cui posizione era delicata per la sua dislocazione sulla linea Gotica, e il trasferimento progressivo dei membri della Sipo-Sd da Forlì a Bologna. «Le prime esecuzioni avvennero il 5 settembre», su ordine di Carl Theodor Schütz (p. 41), che era stato dirigente della Sipo-Sd di Roma e che nel giugno 1944 venne trasferito, con larga parte del suo distaccamento, nell’Außenkommando di Forlì. A essere colpite furono ventuno persone (ma almeno in un caso la documentazione restituisce la cifra di venti vittime), di cui dieci antifascisti e dieci ebrei. Prelevate alle 18,15 del 5 settembre dal carcere mandamentale della Rocca, queste vennero portate nel centro di raccolta di via Romanello, e, dopo altri passaggi intermedi, in due tempi diversi all’aeroporto: una parte venne uccisa alle ore 20,00 del 5 settembre e la seconda alle 5,00 del giorno dopo. Il secondo assassinio si verificò il 17 successivo e ne caddero vittime sette donne ebree, «madri, mogli e sorelle degli uomini fucilati il 5 settembre» (p. 49). L’ultima uccisione ebbe luogo il 25 settembre e colpì quindici persone, tra le quali c’erano oppositori politici ed ebrei. A lungo il numero complessivo delle uccisioni consumate dai nazisti presso l’aeroporto di Forlì nel settembre del 1944 era stato impreciso e solo nel 1991, grazie agli studi di Gregorio Caravita, veniva ipotizzata la cifra, secondo l’a. corretta, di 42 uccisioni (pp. 12-13). L’a. si sofferma particolarmente sulla strage del 5 e del 6 settembre e avvalendosi di svariate carte d’archivio, attinte in primo luogo dal Public Record Office (ora National Archives) di Londra, ne ricostruisce minuziosamente tempi, luoghi, autori e vittime, senza mancare di fare riferimento alla mancata punizione, nel dopoguerra, dei responsabili delle stragi. L’interesse dell’episodio risiede nella sua peculiare rielaborazione dopo il 1945 da parte delle agenzie della memoria e degli organismi istituzionali che se ne occuparono, quando le vittime, in un primo tempo ricordate in un memoriale eretto nel 1946, che accorpava univocamente oppositori politici ed ebrei, venne sostituito nel 1955 da una lapide meno precaria della precedente, una «stele in arenaria» (p. 9). Nel 1992 però gli ebrei furono rimossi «dai loculi anonimi dell’ossario» e seppelliti in un nuovo monumento funebre, che portava incisi i loro nomi. Nel 2007, a fianco di quel monumento ne sorse un altro, che accoglieva le spoglie delle restanti vittime, pur contenendo tutti i nomi degli assassinati (p. 10). Si dava inizio, insomma, a quella sorta di separazione delle memorie (ebraica e politica), che assieme a una necessaria distinzione categoriale dei perseguitati dal fascismo e dal nazismo avrebbe anche portato alla riduzione unidimensionale di identità a volte assai complesse.
Giovanna D’Amico, Vladimiro Flamigni, Aeroporto di Forlì settembre 1944. La grande strage di ebrei e antifascisti, Cesena, Il Ponte Vecchio…, Sissco, 2015

Nozze di Israel Isidoro Amsterdamer con Lea Isa Rosenbaum: gli sposi. Fonte: Cdec cit. infra

Retro di una fotografia giovanile di Josef Lewsztein. Fonte: Cdec cit. infra
Scheda di polizia relativa a Josef Lewsztein. Fonte: Cdec cit. infra

A Forlì il 5 settembre 1944 le SS prelevarono e condussero al locale campo di aviazione presidiato dalla Guardia Nazionale Repubblica, 17 ebrei (10 uomini, 7 donne). Gli uomini vennero uccisi immediatamente; le donne furono tenute prigioniere per qualche giorno e uccise a fucilate il 17 settembre. Sempre a Forlì il 9 settembre 1944, Emilio e Massimo Zamorani furono impiccati a San Tomè insieme ad altri quattro prigionieri, come rappresaglia tedesca.
Fonti
Il libro della memoria: gli ebrei deportati dall’Italia, 1943-1945 / Liliana Picciotto; ricerca della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea. – Ed. 2002: altri nomi ritrovati. – Milano : Mursia, 2002
Scheda segnaletica di Josef Lewsztein, Ministero dell’Interno, Direzione generale di P.S., in Archivio CDEC, Archivio CDEC, Fondo fotografico Risposte a “Volti della Memoria” (n. 380)
Redazione, Josef Lewsztein, Cdec