Nel territorio d’operazione tutti i maschi tra i 15 e i 70 anni sono da considerare sospetti banditi e vanno arrestati

Il 23 settembre 1943 giunge al General-Kommando II. SS-Panzer-Korps «L’ordine per l’inizio delle operazione contro le Bande in Istria e sul Carso del 25.9.43» <63.
Il piano tedesco prevedeva un’unica vasta operazione divisa a sua volta in tre fasi distinte che corrispondevano ad altrettante zone geografiche:
– la prima azione aveva come scopo la distruzione (Vernichtung) del nemico nella zona di Gorizia e a sud-est della città sino alla linea Trieste-Postumia
– la seconda azione consisteva nella distruzione del nemico a nord di Fiume
– la terza azione doveva annientare il nemico nella penisola istriana
Le tre fasi dell’operazione furono probabilmente raggruppate sotto il nome di «Operation Istrien» mentre una quarta fase definita successivamente che interesserà l’intera Provincia di Lubiana prese il nome di «Unternehemen Wolkenbruch» (Operazione nubifragio). Scopo delle operazioni voleva quindi essere quello di pacificare il territorio e per realizzare questa impresa si doveva compiere una decisa «Säuberaktion» <64; fu ordinato poi di rastrellare di volta in volta e per un giorno tutta la popolazione maschile tra i 17 e i 70. In un allegato a questo Ordine veniva meglio specificato fino a che punto si doveva compiere questa «ripulitura» di civili:
“nel territorio d’operazione tutti i maschi tra i 15 e i 70 anni sono da considerare sospetti banditi e vanno arrestati. Solo i contadini residenti, che portano avanti il loro lavoro e forse non hanno nulla a che fare con le bande, possono essere esentati dall’arresto” <65.
Anche in questo territorio si impose una scelta radicale sulle persone da colpire, lo stereotipo popolazione civile uguale «Banditen», tipico del fronte orientale, si insinua tra gli ordini e le direttive dei comandi superiori della Wehrmacht anche in Italia. Il solo sospetto è motivo di arresto, tutti indiscriminatamente sono da controllare e arrestare. Truppe dalla forte esperienza sui fronti dell’est e ordini draconiani (che spesso lasciavano ampio spazio all’arbitrarietà come vedremo in seguito dei singoli comandanti) causarono un’escalation di violenza. Sempre nell’Allegato si specificava inoltre il trattamento da riservare ai banditi catturati:
a) I prigionieri di nazionalità slovena, serba o croata, in qualunque caso se con l’uniforme o come civili, sono da trattare come prigionieri di guerra. Questo vale anche per gli appartenenti al vecchio esercito italiano, con l’eccezione degli ufficiali, che devono essere subito fucilati
b) I comandanti delle bande dopo essere stati perquisiti e interrogati vanno fucilati
c) I prigionieri alleati non devono essere trattati come gli altri prigionieri ma devono essere subito condotti al più vicino Comando per la Sicurezza <66.
Una voce a parte era riservata agli “interrogatori”: “I prigionieri appartenenti alle bande sono da interrogare. Si deve appurare l’organizzazione e la consistenza del nemico. Le informazioni importanti sono quelle che riguardano la forza, l’armamento, il sostentamento e i nomi dei Capi delle bande, ma soprattutto se in queste vi sia una influenza o guida anglo-americana” <67.
Il 24 settembre fu girato a tutti i reparti operativi il Führerbefehl, con l’ordine di uccidere-fucilare chiunque avesse opposto resistenza. <68
Il Comando tedesco preoccupato per le caratteristiche morfologiche del territorio inviò a tutte le unità un «Foglio di istruzione per il combattimento sul Carso» <69:
“Le particolari caratteristiche del territorio richiedono alle truppe una corrispondente attenzione se si vuole evitare inutili perdite di vite umane. Il terreno, costituito da cime tondeggianti, rupi, pietrame e boscaglia risulta particolarmente infido a causa di improvvisi crepacci, offre molti nascondigli e vie di fuga al nemico. […]Non si deve entrare nelle cavità in quanto vi è il sospetto o la certezza, che lì i banditi abbiano trovato nascondiglio, così bisogna far saltare con l’esplosivo le uscite. Inoltre molte zone sono senza acqua, risulta così molto importante la sicurezza delle fonti d’acqua; “risparmiare l’acqua”.”
La forza d’urto messa sul campo dai tedeschi agli ordini del General Kommando II SS Pz-Korps avrebbe dovuto contare circa 50.000 uomini, più di 110 Panzer e 140 cannoni. <70
La mattina del 25 settembre 1943 iniziò come prestabilito la prima fase dell’operazione tedesca contro le bande del territorio di Gorizia.
5.4 Prima fase – il rastrellamento della zona di Gorizia
La mattina del 25 settembre 1943 iniziò come prestabilito l’azione tedesca contro le bande che doveva investire il territorio da Gorizia sino a Lubiana <71. Contro i tedeschi si ritrovarono le truppe oramai veterane del movimento di liberazione sloveno <72 e la neo costituita “Brigata Proletaria” italiana. Questa fu la prima formazione italiana a costituirsi dopo l’8 settembre, chiamata così perché in gran parte costituita da operai dei cantieri navali di Monfalcone. La lotta fu subito aspra per i tedeschi e le difficoltà della lotta antipartigiana non tardarono a rallentare l’avanzata tedesca: «il nemico combatte per breve tempo e con poche forze, impedisce interventi rapidi attraverso la distruzione delle strade e delle altre vie di comunicazione» <73.
Viste le grosse difficoltà in cui si trovavano le proprie forze il II SS General Kommando inviò a tutte le truppe impegnate nella lotta la seguente annotazione: «le bande non si lasciano colpire attraverso attacchi di unità motorizzate sulla strada. Bisogna agire a piedi affianco alle strade. Da ciò dipende la riuscita dell’azione» <74.
Il 26 settembre si contano 250 nemici uccisi e 523 arrestati Gefangene <75. Il 27 settembre veniva comunicato il congiungimento tra i reparti tedeschi attaccanti <76, con l’eliminazione di 628 banditi e 1240 arrestati <77, ma già il 29 settembre era chiaro che una parte dell’operazione era fallita:
“Ad eccezione di una parziale sacca, in Istria il grosso delle bande accerchiate è sfuggito in direzione nord e nordovest. Nostro proposito: liberare con i combattimenti la linea ferroviaria Lubiana – Trieste” <78.
I reparti partigiani sloveni si ritirarono ordinatamente e riuscirono a evitare lo scontro frontale con le ingenti forze tedesche, mentre la “Brigata Proletaria” ancora inesperta fu sbaragliata dalle forze tedesche. Sino al 28 settembre l’H.Gr.B contò 1446 morti avversari e 3038 prigionieri <79. Il 29 settembre si contarono 164 partigiani uccisi e 298 prigionieri. L’operazione si concluse il 29 settembre senza altri scontri.
5.5 L’operazione in Istria e nella zona di Fiume
Le operazioni in Istria e a nord di Fiume iniziarono contemporaneamente il 2 ottobre e terminarono il 10 ottobre. Come si vedrà successivamente, questa fu una settimana di violenti scontri e di rastrellamenti indiscriminati. Le notizie sulla situazione dell’interno della penisola che arrivavano ai comandi tedeschi si basavano sulle scarse informazioni date dal Kampfgruppe che aveva occupato Pola, e in parte sulle varie e spesso imprecise voci che circolavano tra la popolazione civile, che contribuivano a diffondere un certo allarme tra le truppe occupanti:
“La capitolazione italiana ha rinforzato il movimento partigiano di armi, mezzi e altro materiale bellico. Così Tito può spostare il fulcro della sua azione verso la Slovenia, l’Istria e la Croazia. Le forze tedesche non sono sufficienti per annientare il movimento partigiano.[…]. Il nemico non è palpabile (greifbar)” <80.
In più l’esistenza di migliaia di soldati sbandati nel territorio era oramai certezza e dal punto di vista delle forze di occupazione tedesche queste forze senza controllo rappresentavano un pericolo per la loro sicurezza.
La situazione era critica ovunque, le unità tedesche trovavano sbarramenti partigiani e i sabotaggi erano all’ordine del giorno. Su tutto il territorio della penisola le forze partigiane impedivano il collegamento delle truppe tedesche dislocate nei Centri principali. Scrive ancora Friedrich Heyne: “Punto focale dell’attività di resistenza contro l’occupazione tedesca era il territorio di Albona, l’Hinterland di Abbazia (Monte Maggiore e il territorio di Cicceria), la zona di Mattuglie, Clana, Ruppa, Sapiane, così come la zona di Fiume. […] Comprese erano le isole di Cherso e Lussino. In più la zona di Castelnuovo d’Istria, di Capodistria e di Pirano” <81.
La realtà socio-politica istriana era ancora più complicata e di difficile comprensione. Ovunque nascevano Comitati di salute pubblica e organismi di unità antifascista nel tentativo di ricoprire il vuoto di potere creatosi con il totale
sfaldamento delle Strutture dello Stato italiano. I vari comitati democratici, tra cui il CLN, cercarono di reagire a questa fase di caos generale, ma incombeva sempre su di loro il pericolo tedesco. Si cercò da subito di mettersi in contatto con le poche forze militari italiane rimaste nel territorio. Contemporaneamente si faceva appello a tutte le masse popolari per organizzare una difesa adeguata contro la minaccia tedesca sempre più vicina.
[NOTE]
63 BA-MA RS 2-2/21 Teil 2, Oberkommando 1. SS-Panzer-Armee Ia Nr. 884/43 g.Kdos. 23.9.43 (Befehl für den Beginn der Operation gegen die Banden in Istrien und Karst am 25.9.43); su queste indicazioni vedi anche RS 2-2/20 KTB II SS-Panzer-Korps 23.9.43.
64 In italiano la parola letteralmente viene tradotta con «azione di pulizia» – «ripulitura», corrisponde più precisamente a “rastrellamento”. La sottolineatura è del testo originale.
65 BA-MA, RS 2-2 / 21, Anl 1, Anordnungen Ic 1 SS Panzer Armee.
66 BA-MA, RS 2-2 / 21, Anl 1, Anordnungen Ic cit. Le sottolineature sono del testo originale.
67 Ibidem.
68 BA-MA, RS 2-2/21 Teil 2, Führerbefehl, Anl. 148 cit.
69 BA-MA, RS 2-2 / 21, Merkblatt für Verhalten im Karstgebiet, SS – Pz. AOK 1, 27.9.43.
70 I dati sono presi da Hptm. Jürg Gschwendtner, Deutsche Anti-Partisanenkriegführung. Genoffensive deutscher Verbände in Slowenien und Zentralkroatien Ende September bis Anfang November 1943, intervento tenuto all’interno del Seminario su Sicherheitpolitik und Partisanenkrieg presso la Eidgenössische Technische Hochschule nel 1984, in BA-MA M VII K / 120 (della Biblioteca).
71 Su tutte le fasi dell’operazione vedi: S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland cit., pp. 91-95.
72 Il movimento di liberazione in Jugoslavia era iniziato all’indomani dell’invasione italotedesca. Nel maggio del 1941 si costituì l’OF, Osvobodinlna fronta, Fronte di Liberazione sloveno a guida comunista, con la partecipazione di elementi nazional-liberali e cristiano-sociali.
73 BA-MA, RS 2-2 / 20, 26.9.43.
74 Ibidem.
75 BA-MA, RS 2-2/21, 26.9.43.
76 KTB III/2, p. 1147.
77 BA-MA, RS 2-2/21, 27.9.43.
78 KTB III/2, p. 1152.
79 S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland cit., p.93. Ci sono ben 157 ex militari italiani tra gli arrestati.
80 Der Weg der Aufklärung cit..
81 Intervista a Friedrich Heyne cit.
Giorgio Liuzzi, La politica di repressione tedesca nel Litorale Adriatico (1943-1945), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pisa, 2004