Nella tremenda estate del 1944, la provincia di Pisa, come il resto della Toscana, pagherà il suo alto tributo di sangue con le stragi

Tra il 4 e il 5 giugno 1944 le truppe americane del Generale Clark <70 entrano a Roma ma, contrariamente a quanto sperato e ipotizzato dai Comitati di Liberazione Nazionale e dai gruppi partigiani, perché i tedeschi lascino definitivamente la Toscana occorreranno ancora alcuni mesi (per la parte più settentrionale, addirittura fino alla primavera dell’anno successivo) con un prezzo altissimo pagato in vite umane e massacri perpetrati dai nazisti attraverso il sistema degli ordini che porterà al compimento delle stragi di civili <71.
Tra la fine di giugno e i primi di luglio del 1944 viene liberata la parte meridionale della provincia di Pisa dove avanzano le truppe americane della V Armata <72, sostenute da una intensa guerriglia partigiana soprattutto intorno ai boschi di Berignone, tra Volterra e Pomarance <73.
Nell’ambito del C.L.N. Toscano <74 si manifestano i primi tentativi di promuovere una discontinuità tra le vecchie istituzioni e la rifondazione di uno Stato nuovo che tragga forza dall’esperienza resistenziale della lotta partigiana e, contemporaneamente, dal vigore politico rinato intorno ai Comitati di Liberazione Nazionale composti dalle forze antifasciste. Per questo motivo vengono avanzate (come faranno anche le Repubbliche partigiane nel nord), soluzioni per mutare totalmente l’assetto istituzionale, ad esempio riiutando il ruolo del prefetto come emissario del governo centrale sul territorio locale <75.
Nella tremenda estate del 1944, la provincia di Pisa – come il resto della Toscana – pagherà il suo alto tributo di sangue con le stragi di Guardistallo <76, Niccioleta <77, San Miniato <78, Piavola di Buti <79 e della Romagna <80, oltre a tutti gli altri civili uccisi senza apparenti motivazioni ma rispondendo a un disegno preordinato del Feldmaresciallo Kesselring <81 volto a stroncare qualunque tipo di sostegno dato dalla popolazione civile ai partigiani.
A un mese dalla liberazione, presso l’abitazione di Giuseppe Pardo Roques, presidente della Comunità ebraica pisana, verrà compiuta una delle tante stragi di civili inermi, con il sostegno di delatori fascisti <82.
La Liberazione del capoluogo della provincia avviene il 2 settembre 1944 dopo la lunga estate delle stragi sulla Linea Gotica e, pochi giorni dopo, arriva a Pisa il prefetto Vincenzo Peruzzo che trova una situazione terrificante, anche a seguito dei numerosi bombardamenti alleati che, dall’anno precedente, si susseguono senza pietà <83.
Così il primo prefetto di Pisa liberata <84 descrive l’arrivo in città: «È tutto un succedersi di rovine lungo il percorso San Miniato-La Rotta-Pontedera. Giungo nella città da Porta Fiorentina, ma la macchina non può procedere oltre per mancanza di ponti sull’Arno. Ho subito la sensazione precisa dei danni ingenti subiti dalla città che ha l’aspetto di una città morta. Quasi tutte le case a sud dell’Arno sono a terra. È uno spettacolo raccapricciante.» <85
Nel frattempo molti fascisti seguono i tedeschi in ritirata al nord, raggiungendo il ministro pisano della R.S.I. Bufarini Guidi <86, perpetrando ulteriori crimini e, in alcuni casi, trovando la morte anche per mano partigiana <87. Nel Polesine, addirittura, pisani e livornesi diventeranno componenti di brigate nere che compiranno stragi e terrorizzeranno la popolazione locale; rimane emblematico il coinvolgimento del pisano Ugo Catarsi nella strage di Villamarzana, in cui 42 giovani vennero uccisi mediante fucilazione il 15 ottobre 1944, condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Rovigo il 5 dicembre 1945 <88.
Spetterà al neoincaricato prefetto, congiuntamente al presidente del Comitato di Liberazione Pisano avvocato Antonio Tozzi e al neoletto sindaco Italo Bargagna, futuro deputato dell’Assemblea Costituente, iniziare a ricostruire la città e occuparsi anche dell’applicazione della normativa sull’epurazione, dando il via così al superamento del regime fascista e del doloroso periodo dell’occupazione tedesca, esercitata anche mediante un forte coinvolgimento delle strutture burocratiche della Repubblica Sociale Italiana.
[NOTE]
70 Clark M. W., Le campagne d’Africa e d’Italia della 5. armata americana (1942-1945), Goriziana (Gorizia, 2010).
71 Per uno sguardo ampio sulle stragi in Toscana nell’estate del 1944 cfr. Fulvetti G. e Pelini F. (a cura di), La politica del massacro, L’ancora del mediterraneo (Napoli, 2006).
72 «At the beginning of July the left lank of IV Corps was across the Cecina River and Highway 68, the final lateral geographical features before the Arno.» in Fifth Army History, Part VI – Pursuit to the Arno, Bibliogov (USA, 2013).
73 «Ci hanno chiamato partigiani, ci hanno dato dei nomi di battaglia, hanno raccontato le nostre imprese, ci hanno celebrato o vilipeso, adorato o condannato, ma nessuno si è mai preso la briga di raccontare la tristezza e la paura che avevamo nel cuore. Piccoli uomini pelle e ossa, ecco cos’eravamo io, Libero Filippi e Dante Fabiani quando abbandonammo le nostre case, armati solo della vaga speranza di farvi presto ritorno. Di certo nessuno di noi avrebbe mai immaginato che sarebbe passato più di un anno prima di riuscire a riabbracciare i nostri cari.» Salvadori A., La libertà sopra ogni cosa. La storia del “partigiano”, Tagete (Pontedera, 2014), p. 33.
74 «I risultati delle sanzioni contro il fascismo in Toscana riflettono l’inerzia e la frustrazione che avevano segnato i precedenti tentativi di epurazione nelle province. Il senso di frustrazione fu indubbiamente più alto perché la resistenza antifascista toscana recava in sé il primo esempio di una tendenza più violenta, che sarebbe sfociata nel caos del maggio 1945.» Domenico R.P., op. cit., p. 155.
75 «Altrettanto rilevante è l’atteggiamento tenuto dal CLN della Toscana in merito al delicato problema del ripristino delle autorità pubbliche, una volta che si è concluso vittoriosamente lo scontro armato con i tedeschi. […] L’esito infausto della vicenda non ne compromette il significato politico, anzi dimostra come non fosse affatto utopica, nel contesto dato, la prospettazione di un’alternativa basata su un netto rifiuto del sistema statale di tipo tradizionale.» in Aimo P., Stato e poteri locali in Italia. Dal 1848 a oggi, Carocci (Roma, 2010), p. 131.
76 La vicenda è narrata in Pezzino P., Anatomia di un massacro: controversia sopra una strage tedesca, Il Mulino (Bologna, 2007).
77 La vicenda è narrata in Pezzino P., Storie di guerra civile: l’eccidio di Niccioleta, Il Mulino (Bologna, 2001).
78 Si tratta della strage più controversa, compiuta nel duomo di San Miniato il 22 luglio 1944 dove morirono 55 persone. Come illustrato in Battini M. e Pezzino P., op. cit., rimane dubbio il motivo per cui molte persone vennero convogliate in duomo, proprio a ridosso della liberazione e con l’avvicinarsi delle truppe alleate; tuttavia nel 1996 il Procuratore presso il Tribunale Militare di La Spezia Marco De Paolis disponeva l’archiviazione del procedimento nei confronti di «ignoti militari tedeschi» ritenendo probabile causa un «tiro di artiglieria da parte delle truppe alleate» (Sentenza n. 262/96/R).
79 La vicenda è narrata in Bernardini D. – Pezzino P. – Puccini L., Ma la ragione non dette risposta: Piavola 1944, la strage, la memoria, la comunità, PLUS-Pisa University Press (Pisa, 2006).
80 La ricostruzione dell’uccisione di Livia Gereschi e degli altri rastrellati nei dintorni di San Giuliano Terme, con un interessante approfondimento sul fascismo locale, si può trovare in: Fulvetti G.- Gallo S., Antifascismo, guerra e resistenza a San Giuliano Terme, ETS (Pisa, 2014).
81 «L’ordine Misure Antipartigiane del 17 giugno 1944, emanato da Kesselring è estremamente significativo: si parla di contromisure severe non solo in caso di qualunque “atto di violenza” ma anche dovunque vi sia prova della presenza […] di gruppi partigiani.» in Battini M. e Pezzino P., op. cit., p. 218.
82 «Enrico Giordano, istitutore al riformatorio minorile di Pisa, iscritto al Fascio repubblicano avrebbe risposto “gli ebrei stanno lì”. Denunciato e incarcerato poco dopo la liberazione della città, il Giordano verrà assolto per insufficienza di prove il 27 marzo 1946 dalla Corte d’Assise ordinaria di Firenze.» in Forti C., Il caso Pardo Roques. Un eccidio del 1944 tra memoria e oblio, Einaudi (Torino, 1998), p. 5. La notizia dell’assoluzione viene data anche su Il Tirreno, cronaca di Pisa, del 28 marzo 1946.
83 «Prima di colpire Pisa, la flotta alleata avrebbe dovuto fare un’incursione a Civitavecchia, quindi dirigersi verso nord, dividersi in due formazioni, convergere nuovamente, sganciare le bombe su Pisa e tornare indietro. Per questa operazione 152 velivoli decollarono dalle coste africane. Si trattava di Boeing B17 Flying Fortress e B24 Liberator con bombe da 250 a 500 chili ad alto esplosivo e dirompenti, alcune di queste legate tra loro a grappolo. Ma, nell’attacco di Pisa, furono le Flying Fortress a fare la parte del leone. […] Intorno a mezzogiorno del 31 agosto 1943 a Pisa e nei dintorni suonavano le sirene della protezione antiaerea. Era circa la trecentesima volta dall’inzio del conflitto. […] In meno di dieci minuti Pisa era stata colpita da 1100 ordigni per un totale di oltre 400 tonnellate di esplosivo.» in Ferrara E. e Stampacchia E. (a cura di), Il bombardamento di Pisa del 31 agosto 1943, Tagete (Pontedera, 2004).
84 L’ultimo prefetto durante l’occupazione tedesca è Pierotti Mariano che ricopre la carica dal 25 ottobre 1943 al 1° luglio 1944. A lui succederà Vincenzo Peruzzo, primo prefetto di Pisa sotto il governo dell’A.M.G. che ricoprirà la carica dal 7 settembre 1944 al 9 ottobre 1946.
85 In: Peruzzo V., Ricordi del primo prefetto di Pisa dopo la liberazione (settembre 1944 – ottobre 1946), Pacini (Pisa, 2012), p. 39.
86 L’avvocato pisano Guido Bufarini Guidi sarà Ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana e, catturato dai partigiani e processato dalla Corte Straordinaria d’Assise di Milano, verrà condannato a morte e fucilato il 10 luglio 1945. Si tratta sicuramente di uno dei pochi casi di giustizia celere nei confronti di uno dei massimi responsabili del fascismo repubblicano.
87 Come nel caso del dottor Giulio Checcucci, segretario di sezione del Comune di Pisa, nominato da Pavolini presidente del Tribunale Straordinario di Livorno durante l’occupazione tedesca, «fuggito in Alta Italia» ucciso dai partigiani il 3 ottobre 1944 presso il caffè Luoni di Lenno (durante quella che viene definita la “battaglia di Lenno”), secondo il rapporto dei Carabinieri di Isola Comacina, come risulta dalle carte contenute nel procedimento di epurazione n. 17/1945 concluso senza un provvedimento in conseguenza della morte dell’epurando.
88 «Il Catarsi in questo processo lo si vede di scorcio come un personaggio occasionale. Ex federale di Pisa e federale a disposizione aveva la famiglia sfollata a Lendinara e passava il suo tempo fra la Provincia di Rovigo e Maderno; ebbe la mala sorte di presenziare all’eccidio.» in Sparapan G. (a cura di), Fascisti e collaborazionisti nel Polesine durante l’occupazione tedesca, Marsilio (Venezia, 1991), p. 213.
Massimo Novi, L’epurazione negli Enti Locali della Provincia di Pisa (1945-1946), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-14

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