Non mi spiego l’intervento del Comando Alleato in una questione inerente fra il comando N.E. e quello Unico Parmense

Dintorni di Salsomaggiore Terme (PR). Fonte: Mapio.net

Analizzando queste ultime relazioni di Umberto e Aceti, si è visto come il compromesso sia stato raggiunto grazie ad una collaborazione tra i membri del Comando, il capitano alleato e tre rappresentanti del Nord Emilia, (Umberto, Bertini e Aceti) favorevoli al mantenimento in carica di Arta e Poe. Vediamo ora quale fu la reazione del Comandante del Nord Emilia, Bertola (Mario Roveda) il quale, davanti allo stato dei fatti, il 3 aprile 1945 inviò una relazione <157 al Comando Generale Alta Italia dove riportava le dinamiche interne della suddetta crisi e spiegava le ragioni sottostanti la decisione di dimettere il Comandante comunista dal suo incarico.
Come espone il Comandante Bertola nella sua lettera, la scelta di sostituire Arta, va ricondotta a cause di natura esclusivamente militare: dopo l’inverno, dati i successi ottenuti dagli alleati sul fronte Occidentale e orientale, “non era da escludere che presto anche il nostro fronte si mettesse in movimento”, scrive Roveda <158. Da qui la necessità di assegnare al C.U, parmense un Comandante dotato di indiscussa competenza militare, come era il caso del colonnello Gloria, di cui fu decisa la nomina al Comando Unico al posto di Arta. Come sottolinea Bertola, ciò avvenne “esclusivamente per considerazioni superiori di maggior potenziamento della lotta poiché il patriota Arta è meritevole della più alta considerazione ed ammirazione per infinite benemerenze patriottiche pur non possedendo le doti militari indispensabili” <159; al contrario di Gloria che viene ritenuto da Bertola, il migliore tra fra i dipendenti comandanti <160. La relazione del Comandante Mario Roveda prosegue esponendo ed elencando il suo punto di vista in merito al compromesso risolutivo della crisi:
“1) Non posso approvare tale decisione che lascia sussistere l’illogicità della permanenza di un Comandante militarmente incompetente al comando del più numeroso raggruppamento partigiano del Nord Emilia […] 2) […] 3) Non mi spiego l’intervento del Comando Alleato in una questione inerente fra il comando N.E. e quello Unico Parmense […] 4)Pur spiacente, non posso lasciare sotto silenzio la condotta del Vice Comandante Aceti non sempre solidale con gli altri membri del N.E.” <161
A conclusione dello scritto Bertola esorta il Comando Generale, se d’accordo con il suo punto di vista, a provvedere affinché il Comando Unico parmense sia guidato dal Colonnello Gloria. “Diversamente la mia permanenza a questo comando si renderebbe insostenibile e preferirei recarmi oltre le linee aderendo ad una nuova richiesta pervenutami, di raggiungere cioè il Comando Supremo in Roma” <162. I fatti lasciano presumere che da una parte il Comando Generale non acconsentì alla sostituzione e dall’altra che il Generale Roveda, nonostante ciò non si dimise ma continuò a rimanere a capo del Comando sino alla Liberazione, come dimostrano diverse direttive da lui emanate nell’aprile e nel maggio 1945 e da lui firmate.
La documentazione successiva al compromesso, non si esaurisce con lo scritto di Bertola; anche il Vice Comandante del Nord Emilia, Aceti, scrivendo al CMNE e al Comando Generale il 15 aprile <163, riporta le sue osservazioni sulla crisi avvenuta. Agli occhi di Aceti, l’intera questione, può essere esaminata sia da sotto l’aspetto giuridico che quello pratico. Sul piano giuridico viene ribadita l’illegalità della nomina indetta dal Nord Emilia. L’invalidità dell’atto si ricollega al contesto nazionale del Corpo Volontari della libertà dove era in atto il progetto di eliminare l’elezione dei Comandi da parte dei volontari, riforma però non confermata al momento della destituzione di Arta. Di questo, prosegue Aceti, ne erano ben consapevoli i partigiani e i comandanti le cui proteste dimostrarono che se si fosse insistito con il provvedimento, “si sarebbe mandata a rotoli l’unità con tanta fatica ottenuta e così preziosa nelle formazioni partigiane” <164. Aceti esprime chiaramente il suo pensiero sull’ordine del Nord Emilia:
“Non si manda all’aria senza una seria ragione, un comando unico, che funzionava in maniera eccellente da circa sei mesi, che riscuote la fiducia di tutti i volontari, che ha creato l’armonia e la disciplina dove prima c’era unione e disordine e che ha superato con brillante energia la durissima prova del più duro rastrellamento”. <165
Opposta alla visione di Aceti, è quella del Capo del Nord Emilia Bertola, il quale indignato e amareggiato per la mancata sostituzione chiedeva al Comando Generale se “era logico che comandi tanto importanti siano assegnati in base ad altre considerazioni? È giusto che il più notevole raggruppamento di Unità abbia un Comandante, il meno esperto militarmente tra tutti quelli dipendenti dal N.E.? <166
Ad opporsi non erano solo le opinioni di Aceti e Bertola. il Vice Comandante e il Comandante del Nord Emilia erano rappresentativi di due concezioni del comando e del ruolo di Comandante differenti a cui facevano riferimento due sistemi, in questo caso divergenti: da una parte quello delle brigate, dei loro comandanti e del Comando Unico della Zona Ovest, dall’altra il Comando del Nord Emilia. Mentre i primi si batterono in difesa del loro Comandante, che aveva riscosso la fiducia e la stima di tutti i partigiani e che era stato democraticamente votato, per il Comando Nord Emilia la legittimità del capo unico era legata principalmente alla sua capacità militare. Come abbiamo visto, sono questi i due tratti principali di un Comandante, fiducia e abilità bellica, che in esso possono divergenze o coesistere.
Quella “lotta per il potere” iniziata nell’ottobre del 1944, si risolse con una vittoria di chi difendeva i propri capi legittimamente votati. In realtà la contestazione tra comando parmense e Nord Emilia proseguì anche negli ultimi giorni della Liberazione, quando il Comandante Roveda con l’ordine del giorno n°5 del 27 aprile 1945, decretava l’unificazione dei Comandi Unici Est e Ovest, sotto il comando di Gloria <167. Questo portò alcuni capi del Comando e delle brigate a riunirsi a Salsomaggiore il giorno successivo. Nel verbale <168 della riunione i membri dichiarano incostituzionale il decreto del Comando Nord Emilia adducendo diversi motivi; nello scritto viene riportato anche l’intervento del Prof. Pelizzari:
“il prof. Pellizzari ha ritenuto di dover resistere a tre tentativi fatti in passato per dissolvere il Comando Unico esistente, sia perché quel Comando Unico godeva l’unanime fiducia dei Volontari della libertà sia perché scompaginarlo nei momenti dell’azione voleva dire danneggiare l’unità morale delle formazioni, provocare scissioni pericolose e infine danneggiare gravemente il movimento del riscatto nazionale”. <169
A fare da sottofondo alla contestazione con il Nord Emilia si colloca il piano nazionale volto ad aumentare l’accentramento dei poteri dei Comandi Militari e a diminuire le autonomie delle singole brigate, in un’ottica di maggior compattezza e militarizzazione del Corpo Volontari della Libertà. Forti di questo, non sappiamo se la decisione di Bertola sia stata presa perché consapevole di avere l’autorità, ancora ufficiosa in realtà, di poter imporre la propria nomina o se invece avrebbe comunque proceduto alla sostituzione anche senza la direttiva del Comando Generale. Con l’ordinanza emessa di voler sostituire il Comando è stata riaperta una ferita mai sanata; tuttavia la seconda crisi ha forse reso più unito quel Comando che tanto si voleva sostituire e aumentato agli occhi delle brigate, il prestigio di cui già godeva. Si tratta quindi di una seconda piccola battaglia vinta, dal Comando parmense, all’interno della grande guerra condotta. Una battaglia che se da una parte ha rafforzato la compagine già solida di chi era alla guida del movimento di Parma, ha mostrato dall’altra le fragilità del Comando Nord Emilia, che ha dimostrato una mancanza di coesione al suo interno, dal momento che il Vice Comandante e l’Ispettore Umberto si sono espressi contrari a tale decisione, e un’incapacità operativa al suo esterno, viste le lamentale emerse nella decisiva riunione di marzo. Tuttavia i dissidi tra Comando/i provinciali e regionale non si esaurirono con questa vicenda, ma riemersero alcune settimane dopo nella questione che vide protagonista il Commissario della Zona Est.
[NOTE]
157 AISRECP, Fondo Lotta di Liberazione, busta RI, fasc. QC, f.15.
158 Ibidem
159 Ibidem
160 Ibidem
161 Ibidem
162 Ibidem
163 Ivi, fasc. QA, f. 3.
164 Ibidem
165 Ibidem
166 Ivi, busta RI, fasc. QC, f.15.
167 Ivi, busta 1 OD, fasc. OC a, f. 60.
168 Ivi, busta 1 CU, fasc. OV c, f. 12.
169 Ibidem
Costanza Guidetti, La struttura del comando nel movimento resistenziale a Parma, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Anno Accademico 2017-2018