Partigiani e popolo: la Resistenza fra le colline di Vignale Monferrato

Vignale Monferrato (AL) – Fonte: Wikipedia

Vignale è oggi una località nel cuore del Monferrato, a forte attrattività turistica e culturale, con una produzione vitivinicola di pregio che la caratterizza. Nel biennio 43-45, invece, Vignale e le sue colline erano un riferimento organizzativo per le varie formazioni partigiane e per l’antifascismo resistenziale. Nel perimetro fra Vignale, Altavilla, Lu, San Salvatore, Camagna, Grana, Montemagno, Fubine sorsero prima autonomamente e poi, in modo più strutturato, varie espressioni della Resistenza […] Nel Monferrato collinare, non quello a ridosso di Casale, ma quello a cerniera con le strade statali con Alessandria e con Asti, troviamo una Resistenza di grande significato ed efficacia. Possiamo tracciare un corretto paradigma di interpretazione: fu una Resistenza originale, genuina e poi organizzata, cruenta e drammatica, pluralista e aperta, identitaria per tutto il Monferrato. In questo territorio, dopo l’8 settembre ’43, si crearono subito vari gruppi di giovani ed antifascisti, allergici alla presenza tedesca occupante e alle milizie della neocostituita RSI. Sono i primi nuclei anticipatori della 107° Brigata Garibaldi, della Banda Lenti approdata poi alla Matteotti, della Banda del Tek Tek collegata con le formazioni Autonome delle Langhe, della III° Brigata della VIII° Divisione Giustizia e Libertà-G.L., della Divisione Patria. In tutto il 1944, i partigiani si rafforzarono, nonostante ripetuti attacchi e rastrellamenti dei nazifascisti, a Lu, a Vignale, a Camagna, a Montemagno. Erano mesi difficili; le bande partigiane erano composte da contadini, artigiani, renitenti alla leva, studenti, operai; erano guidate da ex militari, ex carabinieri o alpini, come Agostino Lenti, Aldo Porro, Renzo Negro e Filippo Ranieri Callori; potevano contare nell’appoggio della popolazione e del mondo cattolico, con alcuni parroci in prima linea (don Angelo Verri e don Quintino Provera a Lu, don Giuseppe Bolla, don Mario Allario e monsignor Giuseppe Angrisani, vescovo di Casale); si avvalsero del sostegno delle missioni alleate paracadutate e presenti nel Monferrato, come le americane OSS-Youngstown guidata da Giancarlo Ratti e OSS-2677-Morristown diretta da Maurizio Fracassi, come le missioni del SOE inglese comandate dai maggiori Leach e Dodson. La Resistenza di quest’area venne direttamente conosciuta nei mesi di marzo ed aprile 1945 e narrata da Beppe Fenoglio nell’opera “Il partigiano Johnny” pubblicata postuma da Einaudi nel 1978 e da me analizzata e indagata nel saggio “Fenoglio verso il 25 aprile”. Fenoglio non fu solo resistente nelle Langhe, ma anche resistente nelle colline del Monferrato, perchè accompagnò una missione inglese alla ricerca di un contatto con la missione del maggiore Leach. Fenoglio ricorda Grana, Moncalvo, Montemagno, Fubine. […] Fu una Resistenza cruenta e drammatica: a giugno 1944, dopo un rastrellamento in piazza a Camagna venne ucciso, per rappresaglia, il giovane Mario Bizzarri, originario di Cabella Ligure; a Valenza, al 12 settembre 1944 vennero prima catturati e poi uccisi dai nazifascisti 27 giovani della Banda Lenti, formazione nata a Camagna e operante in una decina di comuni del Monferrato, con tre vignalesi caduti (Aldo Bergamaschino, Biagio Mazzucco, Jofre Priatti); ad aprile 1945 a Vignale venne ucciso con un gesto eroico Nicola Marchis detto Nico, sfuggito alla cattura della Banda Lenti. Nella battaglia di Montemagno al 19 aprile 1945 venne ucciso il partigiano Valentino Bonato detto Falco, originario dal vicentino. A Fubine, il 3 aprile cadde in un duro scontro con i tedeschi e fascisti il partigiano ed ex carabiniere Aldo Porro Lepre. Le case venivano molte volte perquisite e spogliate, i raccolti requisiti, frequenti i controlli su strade e ferrovia. I tedeschi, presenti ovunque, con stazioni permanenti e squadre volanti, controllavano tutto. Dissentire era difficilissimo. Sergio Favretto su Casalenews

Fin dal settembre 1943 l’ORI collaborò alla spedizione della prima missione alleata (Law) nel Nord. Trasportata da un sottomarino e diretta a Lavagna in Liguria, essa era guidata da un nipote di Matteotti, Guglielmo (Minot) Steiner, e comprendeva Fausto Bazzi e Guido De Ferrari. Alla missione si aggiunsero poi Piero Caleffi del PDA di Genova e altri, tra cui il radiotelegrafista Giuseppe Cirillo che più tardi proseguì la sua attività presso la direzione milanese della Resistenza. Nell’ottobre l’ORI di Craveri stabilì un contatto radio con il servizio informazioni clandestino della Otto, appena organizzato a Genova da Ottorino Balduzzi, sostenitore a quell’epoca del PDA. [..] Parri fu in grado di servirsi frequentemente dei servizi della Otto e di comunicare grazie a essa con gli Alleati. Sia l’ORI che le SF si servirono in seguito regolarmente del servizio informazioni della Franchi che le succedette, istituito da Edgardo Sogno e da altri autonomi. ANPI Brindisi

Quasi contemporaneamente Giansandro Menghi della nostra missione Youngstown, approdata alla costa ligure in marzo [1944] con una delle missioni marittime che il Capitano Bonfiglio guidava da Bastia, riuscì a sottrarsi al SD che lo aveva catturato. Attraverso la Riviera raggiunse la Francia, e durante la fuga fu capace di registrare con precisione le posizioni difensive del nemico da Rapallo fino a Ventimiglia. Nascose la mappa, insieme ad altre informazioni di vitale importanza, in una casa sicura, a Nizza, e fu quindi mandato a recuperarla insieme a Bonfiglio, cosa che fecero affrontando un viaggio non poco rischioso. Le informazioni furono trasmesse al G-2 della 7^ Armata che lodò la precisione con cui la mappa era stata redatta. Ritornato a Brindisi e fatto rapporto, Menghi partì per un’altra missione […] Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006

Reclutare uomini non serve se non si hanno armi. Oltre a quelle recuperate dai fascisti (tra defezioni e assalti alle caserme o presidi) la parte più consistente arriva dagli Alleati, che in tutto il nord Italia da 152 t. di materiale lanciato nel maggio passano 361 t. nel giugno e a 446 nel luglio. 617
Il supporto indispensabile degli Alleati sul piano materiale permette di far seguire all’aumento dell’organico un notevole sviluppo militare, che è inoltre aiutato dalla presenza di missioni inglesi nel cuneese e nelle Langhe a partire dall’inizio dell’estate [1944]. 618
[…] Colti tutti di sorpresa, mentre “Otello” segue una strada autonoma, i comandanti dei tre gruppi dell’Alessandrino decidono, dopo un’attenta valutazione, di passare con “Barbato”, anche su consiglio del capitano John, capo della missione alleata “Youngstown” nell’alessandrino, 856 il quale persuade i partigiani ad unirsi alla VIII zona per ricevere più armi, tanto più che “Otello”, destinatario di diversi aviolanci – secondo quanto riportato dal commissario della 45ª brigata – non sarebbe dell’intenzione di dividere le armi con le altre formazioni non autonome. 857
617 T. Piffer, Gli Alleati e la Resistenza, cit., p. 330. Un periodo positivo per i lanci confermato dalle relazioni delle formazioni autonome, “Relazione sull’attività svolta nel periodo dal 12 al 30/06/44”, s.f., 5.7.44 in AISRP, B AUT/mb 1 i
618 Oltre alla nota missione di “Temple” presso “Mauri”, sono presenti la missione del maggiore “Hope” presso la VI divisione autonoma “Asti” a Cisterna; la missione “Youngstown” con sede a S. Maria di Mocalvo, composta di quattro ufficiali italiani che operano nell’OSS della V armata americana. Capo di questa missione è il capitano “John”, che si scoprirà essere un alessandrino, cap. Gian Sandro Menghi; e un gruppo di commandos inglesi che combattono a fianco degli autonomi nelle Langhe comandati dal cap. Mac Donald, in P. Maioglio, A. Gamba, Il movimento partigiano nella provincia di Asti, cit., pp. 79-80
856 Il “cap. John” è in realtà l’alessandrino capitano Gian Sandro Menghi, che insieme ad altri quattro ufficiali italiani, tra cui il ten. Giancarlo Ratti, operava nell’OSS alle dipendenze della V armata americana. La sede della missione era a S. Maria di Moncalvo, in P. Maioglio, A. Gamba, Il movimento partigiano nella provincia di Asti, cit., p. 80
857 «[…] considerato che tutti gli aviorifornimenti per la zona del Monferrato vengono effettuati presso il comando zona già costituito e che pertanto la nuova zona non avrebbe legami di sorta in proposito, considerato anche che per tendere alla effettiva unicità dei comandi è necessario impedire l’eccessivo frazionamento delle zone, i suddetti rappresentanti hanno deciso di mettersi a disposizione del già costituito comando di zona ed invitano le altre formazioni del settore a fare la stessa cosa», “Promemoria per la riunione dei Comandanti di formazione del Settore”, Comando VIII Divisione Garibaldi – Asti, Il commissario politico alla Delegazione, 18.2.45 in AISRP, MAT/ac 14 b, p. 4

Giampaolo De Luca, Partigiani delle Langhe. Culture di banda e rapporti tra formazioni nella VI zona operativa piemontese, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Pisa, Facoltà Lettere e Filosofia, Corso di laurea magistrale in Storia e civiltà, Anno Accademico 2012-2013

Nel 2011, il partigiano Nino Sannazzaro (nato nel 1920 e da poco scomparso), divenuto poi giornalista dell’Unità, in una intervista resami alla presenza della figlia Daniela avvocato a Torino, così ebbe a riepilogare quel momento: “Giunsi a Vignale nel giugno ’44 da Torino. Subito capii la necessità di creare un gruppo di partigiani: ci trovammo Walter Rota, Emilio Castellaro, Gino Monzeglio, Ettore Boccignone, Agostino Patrucco, Remigio Rizzetto, Angelo Barberis. Oltre ai già citati Rota, Castellaro, Gino Monzeglio, Boccignone, Patrucco, Rizzetto, Barberis, vanno aggiunti: Teresio Rizzoglio (Gin), Aldo Raimondo, Ugo Cicogna e “Uragano”, il fratello della fidanzata di Boccignone. Appena dopo il mio arrivo a Vignale, Italo Bassignana ed il sottoscritto, con Remo Monzeglio e Mario Monzeglio Leti, decidemmo di unirci al gruppo che si era già costituito a Vignale. Alcuni vignalesi antifascisti di antica data, Nalfo Gaudio, Remo Monzeglio, gli artigiani Carlo e Biagio Monzeglio, agivano come sostenitori aiutandoci con infinite azioni. Per la cronaca e la storia, inizialmente aderimmo alla formazione “Monferrato”. Dopo vari contrasti di carattere organizzativo e su azioni militari, decidemmo, all’unanimità, di aggregarci ai gruppi garibaldini che stavano facendo proseliti e organizzandosi militarmente. Così iniziarono le prime azioni di sabotaggio e di attacco alle squadre nazifasiste che da Casale raggiungevano Vignale, Altavilla, Casorzo. Grazie alla collaborazione dell’amico carabiniere, che ci aprì la caserma, ci impadronimmo delle prime armi. Ricordo il curato don Mario Allario, con le sue amichevoli conversazioni. Dalla Banda Lenti imparammo l’organizzazione, il collegamento con gli altri gruppi, con la nostra gente di campagna. Imparammo ad attaccare i tedeschi e repubblichini. Non era facile per noi, avevamo i tedeschi tutto intorno, nel Monferrato. I fascisti avevano affisso grandi manifesti: “Cinque chili di sale per un partigiano segnalato”. Era un chiaro invito alla delazione, ma i più anziani ci aiutavano e ci coprivano. I fratelli Pietro ed Agostino Lenti erano veri capi, sapevano convincere e coordinare. Furono altruisti e coraggiosi sino all’ultimo. Credevano veramente al futuro di un’Italia libera e rinnovata. Anche al momento della cattura, offersero la loro vita in cambio della salvezza dei compagni partigiani. Credettero all’intesa con i nazifascisti, ma vennero traditi. Solo il Tek Tek (partigiano a Grana, ma casualmente con i Lenti ) quell’alba si salvò, sparando all’impazzata e scomparendo nei boschi”.

[…] emerge un ruolo attivo e di organizzazione di Filippo Callori fra i vari gruppi autonomi e poi affiliati a G.L. nell’area di Lu, di Vignale, di Camagna, di Fubine e di Altavilla, di Solero e Quargnento. Callori ha redatto note e relazioni indirizzate al comando di G.L. di Torino, al comando del Gruppo Mobile Operativo di G.L. guidato da Riccardo Vanzetti Renato. Alcuni documenti, inediti e mai pubblicati, confermano un ruolo non marginale di Callori anche sugli sviluppi dell’epilogo verso la Liberazione e sui rapporti con le missioni alleate presenti in Piemonte. Di Callori si parla nelle relazioni di Ernesto Pasquarelli, comandante di G.L. nella provincia di Alessandria.

Della Resistenza fra le colline di Altavilla, Vignale e Montemagno, fu protagonista pure Bo Deris. Agricoltore, soldato artigliere, partigiano nella brigata G.L. al comando di Filippo Ranieri Callori di Vignale, era nato nel ’21 al Altavilla; organizzò la formazione G.L. a Vignale. Compì varie azioni di sabotaggio, partecipò allo scontro con i tedeschi a Montemagno. Sempre fra Altavilla e Montemagno operava il partigiano Renzo Negro Lupo, appartenente prima alla Matteotti, poi inserito nella 107° Garibaldi e poi infine nella Brigata III °G.L. di Callori a Vignale. Si era arruolato nella Marina, aveva partecipato alla guerra in Grecia. Tornato in Italia, aderì alla Resistenza con impegni crescenti. Ferito più volte in combattimento, morì nel 1947. Fu il primo sindaco di Altavilla, dopo la Liberazione.

Fu anche una Resistenza aperta, con interazioni verso l’esterno ed inclusioni nel territorio. Facevano parte della Banda Lenti due partigiani giunti dalla Valle di Lanzo, dal paese di Mathi. Erano i garibaldini Angelo Bordino e Nicola Marchis (detto Nico). Erano attivissimi, armati a dovere, coraggiosi. Subito fecero attacchi ai fascisti locali, colpendoli a morte. Durante la cattura della Banda Lenti, quel 12 settembre ’44, nel tragitto verso Valenza, Nico sterzò l’auto e riuscì a scappare fra i campi. La mamma dei Lenti, la signora Colombina, aiutò per settimane a curare Nico. Bordino venne fucilato a Valenza, mentre Nico venne ucciso a Vignale.

Bordino era deciso, non esitava. Una voltà colpì a morte un fascista che si era reso responsabile di attacchi a Vignale. I due partigiani della Valle di Lanzo erano più militarizzati, mentre le formazioni locali garantivamo la conoscenza dei posti e della gente.

Eusebio Giambone, invece, nato a Camagna nel 1903, operò nella Resistenza a Torino. Militante comunista, prima a Torino poi esule in Francia, fu più volte carcerato dai fascisti. Dopo il 25 luglio 1943 ritornò nella sua Torino e costituì, con la guida politica e organizzativa di Giuseppe Perotti, il Comando Militare Regionale Piemontese. Perotti (generale di Brigata del Genio) e Giambone, con altri tredici membri del C.M.R.P. vennero catturati dai fascisti, grazie a una delazione, nel Duomo di Torino il 31 marzo 1944. Subito il processo in Corte d’Assise, il 2 aprile. Furono condannati a morte: Perotti, Balbis, Braccini, Giambone, Bevilacqua, Montano, Biglieri, Giachino; l’ergastolo per Leporati, Giraudo, Geuna e Garlando; due anni a Brosio; assoluzione per Chignoli e Fusi. La fucilazione dei condannati avvenne al Poligono di Tiro del Martinetto (Torino) il 5 aprile 1944. La figura di Giambone è ancora oggi ricordata, come espressione genuina ed eroica dell’antifascismo monferrino.

Sergio Favretto su Casalenews

SERGIO FAVRETTO, nato a Casale Monferrato nel 1952, avvocato e giudice onorario al Tribunale di Torino, è autore di numerosi testi di diritto amministrativo e penale. A fianco della sua professione ha da sempre coltivato la ricerca sulla storia contemporanea e la Resistenza italiana, in quest’ambito ha pubblicato: Casale Partigiana (1977), Giuseppe Brusasca: radicale antifascismo e servizio alle istituzioni (2006), Resistenza e nuova coscienza civile (2009), La Resistenza nel Valenzano. L’eccidio della Banda Lenti (2012), Fenoglio verso il 25 aprile (2015) [Servio Favretto, Una trama sottile. Fiat: fabbrica, missioni alleate e Resistenza, Seb27, 2017 // Sergio Favretto, Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure, Seb27, Torino, 2019]. Casalenews

Nel febbraio del 1945 Cisterna diventa anche la sede del comando inglese guidato dal maggiore Hope (paracadutato a Mombarcaro, nelle Langhe). Ha il compito di coordinare le azioni alleate di supporto ai partigiani della zona.
Il maggiore Adrian Alexander Hope nasce a Grahamstown in Sud Africa nel 1897, laureato in giurisprudenza ad Oxford esercita la professione di avvocato a Johannesburg.
All’inizio del 1944 passa come ufficiale all’esercito britannico. Addestrato come paracadutista poi arruolato nelle forze che compiono missioni in appoggio ai partigiani.
La sua nobile figura è ben definita dal colonnello “Otello”:
«Il migliore amico che noi partigiani mai avremmo potuto sperare di avere».
Periodicamente in zona sono paracadutati grandi contenitori per aviolanci con armi, munizioni, vestiario e generi di prima necessità che i partigiani si dividono fra le varie squadre.
I materiali sganciati con i lanci sono stoccati presso i locali sottostanti la chiesa parrocchiale. Il maggiore Hope ha il compito di smistare i rifornimenti ricevuti.
La sera del 17 aprile il maggiore Hope muore per un incidente. Il comando è riunito per distribuire il materiale di un lancio. Dall’arma del maresciallo Pasquale Bolle parte un colpo accidentale. Il maggiore viene subito soccorso ma per lui non c’è più nulla da fare.
La salma del maggiore Hope prima viene ricomposta nella chiesa di san Giuseppe, poi tumulata nel cimitero di Cisterna. Nei primi anni Cinquanta viene spostata nel cimitero militare britannico di Genova.
Redazione, Il comando alleato e il maggiore Hope, Strade delle memorie partigiane