Partigiani in alta Valtellina, nel Bergamasco, in Val Trompia, in Val Camonica…

Il Monte Guglielmo visto dalla Pianura Padana – Fonte: Wikipedia

Il 05 dicembre 1943, un gruppo di soldati russi catturati dalle truppe naziste sul fronte orientale e poi forzosamente obbligati a prestare servizio nella Wehrmacht o nella Speer (corpo ausiliario armato dell’esercito tedesco), fugge dai reparti tedeschi di stanza a Brescia e si concentra sul monte Guglielmo in Val Trompia.
Il loro comandante, Nicolaj Pankoff (Nicola), è un giovane ventenne, allievo ufficiale e studente in ingegneria. Ragazzo intelligente, deciso e coraggioso darà filo da torcere ai nazifascisti che lo braccano con ostinata persistenza.
La banda dei russi è l’unica formazione presente sulle montagne a cavallo della Val Trompia e della Valle Sabbia nell’inverno 1943/1944 in quanto i nazifascisti avevano in precedenza operato una serie impressionante di rastrellamenti e arresti che di fatto avevano lasciato le valli bresciane senza direzione operativa.
Nel frattempo nelle fila della Repubblica Sociale Italiana si distinguono in negativo il questore Candrilli ed il suo vice Quartararo impegnati a precettare uomini da inviare al lavoro coatto in Germania.
Fino al mese di aprile del 1944 il gruppo dei russi non intraprende alcuna attività militare degna di nota, ma limita la propria azione in un’operazione di mera sopravvivenza cercando di procurarsi cibo, armamento e denaro presso commercianti ed industriali fascisti evitando azioni illegali che potessero configurasi come soprusi nei confronti della popolazione civile.
All’uopo vale la pena ricordare che il primo ribelle caduto nel bresciano è proprio un componente di questa banda, passato per le armi dallo stesso Nicola per essersi reso colpevole di aver sottratto viveri ad un malgaro senza averlo remunerato.
Col passare dei giorni, il gruppo dei russi diventa un punto di riferimento imprescindibile per i giovani renitenti che scelgono la montagna.
Un capillare aiuto viene loro fornito da alcuni esponenti comunisti locali, in primis da Francesco Bertussi di Marcheno e dal lumezzanese Tranquillo Bianchi che pagheranno con la vita il loro slancio umanitario.
La casa del Bertussi diventa un punto nevralgico della Resistenza, la base di riferimento per i russi ed il centro organizzativo delle prime attività del Movimento di Liberazione in Val Trompia.
L’attività della banda dei russi, come del resto quella di altri gruppi autonomi, si fa via via più incessante e culmina il 28 giugno 1944, con l’assalto alla caserma della Guardia Nazionale Repubblicana di Brozzo, con la cattura dell’intera guarnigione e facendo ingente bottino di armi e munizioni.
Poco prima veniva demandata a Nicola la triste incombenza di eliminare il tenente Martini reo di tradimento alla causa partigiana.

Brescia – Fonte: Wikipedia

Durante il bombardamento alleato su Brescia del 13 luglio 1944, circa duecento detenuti politici riescono ad evadere dal carcere e a portarsi in Val Trompia.
Tra questi Leonardo Speziale, uno tra gli organizzatori della lotta armata e promotore dei Gruppi di Azione Patriottica (G.A.P.) nei mesi di ottobre e novembre del 1943 ed al quale il partito comunista conferirà l’incarico della costituzione della 122^ brigata Garibaldi.
Guido Assoni, La banda dei russi, Valle Sabbia non solo news, 15 giugno 2017

Con l’alta Valtellina ci sono stati contatti e iniziative che hanno avvicinato le varie formazioni; l’osmosi è stata tale che saranno ricamati nella zona di Grosio fazzoletti verdi con la dicitura «Fiamme Verdi Valtellinesi» (da non confondersi con l’omonimo raggruppamento alpino dell’esercito della Rsi), ma ancor di più nella zona dell’Aprica e del Mortirolo vedranno le varie bande sovrapporsi. Apparentemente fuori da ogni legame geografico con l’alta Valtellina e l’alta val Camonica, la bergamasca Fonteno, sulla sponda occidentale del lago d’Iseo, diventa invece sede di un collegamento radio con le forze alleate fondamentale e non solo per le Fiamme Verdi; la presenza della missione del Soe inglese Anticer non può essere rinchiusa in un recinto preciso. La trasmittente, esisteva e funzionava dal maggio 1944 per opera di Giovanni Carnesecchi, Ugo, ventinovenne arruolato nelle forze inglesi del Soe. È un indispensabile collegamento fra i gruppi delle Fiamme Verdi e dei partigiani operanti fra la Valcamonica, l’Ovest bresciano e le valli limitrofe, sia della provincia bresciana che orobica, con il Comando alleato […] Il tentativo di dare una struttura compiuta, su tutto il territorio dell’Italia occupata, che rappresenti la forza armata del Governo del Sud è il compito che si era assunto il gruppo dei Volontari Armati d’Italia con a capo il Kulczycki. I militari che sono rientrati dalla Svizzera potevano rappresentare l’ossatura di una formazione militare che si sviluppava partendo da un territorio in cui c’era una rete di appoggio. La media Valtellina appariva come un territorio ideale, difficili ma non impossibili i contatti con la Svizzera, una rete locale con cui è possibile intendersi senza troppi problemi, la possibilità dei collegamenti con la valle Camonica dove il generale Masini ha sviluppato il gruppo delle Fiamme Verdi, il collegamento naturale con le bande dell’alta valle. Una traccia che corrobora questa ipotesi è un documento che si trova in mano al Ponti, lo Statuto del V.A.I. (145). Anche le interviste a Placido Pozzi, Alonzo, e Antonio Sala della Cuma Scipione (146) confermano lo sviluppo della rete del Vai. Sala della Cuma è assistente dell’Azienda Elettrica Municipale di Milano presso il cantiere della centrale di Lovero – paese lungo la strada tra Tirano e Sondalo-, dove i lavori iniziarono nel 1942, in piena guerra, e poterono essere conclusi solo a guerra finita nel marzo del 1948. É lui che tesse la rete che lo lega tramite il direttore dei lavori alla stessa Aem e poi alla Edison dove, oltre a Parri e in subordine Corti, lavora il fratello di Kulczycki (147). Sono gruppi che si sviluppano in alta valle: nel bormiese il gruppo Alonzo, a Grosio e Grosotto il Visconti-Venosta. Nei dintorni di Sondrio il Comitato che si era formato si è andato gradualmente sbandando, nella primavera resite ancora il gruppo di Torti sopra Spriana, all’inizio della Valmalenco, è su questo gruppo e sui suoi contatti che Croce pensa di sviluppare la rete? Sembra di sì.
145 La presenza dello Statuto del Vai nell’archivio privato di Angelo Ponti è citata in M. FINI, F. GIANNANTONI, La Resistenza più lunga, cit., p. 51. Il testo dello statuto è in P. PAOLETTI, Jerzy Sas Kulczycki Colonnello Sassi”. Il primo organizzatore militare della resistenza in Veneto (settembre-dicembre 1943), Edizioni Menin, Schio, 2004, p. 92; idem, Volontari Armati Italiani (V.A.I.) in Liguria (1943-1945), cit., p. 27.
146 Intervista a Placido Pozzi e a Antonio Sala Della Cuna, Issrec, Fondo: Anpi di Sondrio, Fascicolo: “Relazioni e interviste Bassa valle”; Testimonianze, Busta 2, Fasc. 18 carte sd [1945 – 1970];
147 relazione sulla costituzione e l’attività del gruppo Visconti Venosta, Issrec, fondo ANPI, b. 2, fsc. 12 brigata Mortirolo”. Jerzy non ha fratelli ma sorelle, potrebbe trattarsi di qualcun altro famigliare

Massimo Fumagalli e Gabriele Fontana, Formazioni Patriottiche e Milizie di fabbrica in Alta Valtellina. 1943-1945, Associazione Culturale Banlieu

In Val Camonica per mano delle Fiamme Verdi del futuro generale Ragnoli, si verificherà l’assurda consegna ai tedeschi con conseguente uccisione del colonnello Raffaele Menici.
Nelle valli orobiche fu la volta di Mino del Bello e dei suoi uomini ad essere vittima dell’istituzionalizzazione ritardata a causa delle debolezze garibaldine.
Più tardi lo stesso Speziale e i quadri dirigenziali del partito comunista saranno direttamente responsabili della cattura di Giuseppe Verginella da parte di reparti della G.N.R.
Il trasferimento dello Speziale quale ispettore delle brigate Garibaldi del Veneto si rivelò alquanto tardivo.
I danni cagionati erano ormai irreparabili sebbene certa pubblicistica resistenziale si sia ostinata a celarli.
Per quanto riguarda il tragico epilogo della banda dei russi e, in primo luogo del loro comandante, mi riprometto di parlarne compiutamente in un prossimo post partendo dagli studi e dalle meticolose ricerche del grande storico valtrumplino Isaia Mensi che è riuscito, dopo un immane lavoro, a ribaltare letteralmente la storiografia consolidata sull’argomento.
Bibliografia
Leonida Tedoldi: “Uomini e fatti di Brescia partigiana”;
Rolando Anni: “Storia della brigata “Giacomo Perlasca”;
Santo Peli: “Il primo anno della Resistenza – Brescia 1943-1944”;
Rolando Anni: “Dizionario della Resistenza bresciana”;
Leonardo Speziale: “Memorie di uno zolfataro”;
Roberto Cucchini/Marino Ruzzenenti: “Memorie resistenti”;
Marino Ruzzenenti: “La 122^ brigata Garibaldi e la Resistenza nella Valle Trompia”

Guido Assoni, art. cit.

[…] con l’arrivo del comandante Giuseppe Verginella, il preesistente gruppo partigiano della Val Trompia ebbe un nuovo riconoscimento e una notevole valorizzazione da parte del Comitato di Liberazione nazionale. Si costituì ufficialmente la 122a brigata Garibaldi. Brescia era, naturalmente, un importante centro amministrativo della Repubblica di Salò. Anche la Resistenza in Val Trompia, quindi, faceva parte di una strategia diretta a portare in città la lotta di liberazione dal nazifascismo. Alle intraprese resistenziali seguirono mesi di reazione fascista, la quale, anche avvalendosi di ricatti, mezzi inumani e delazioni, riuscì a scompaginare l’organizzazione. Il 10 gennaio 1945, nelle immediate vicinanze dell’edificio adibito a caserma della brigata nera «Enrico Tognù», a Lumezzane, venne ritrovato il cadavere di Giuseppe Verginella. Il comandante della 122a brigata Garibaldi era stato tradito, catturato, sottoposto a indicibili interrogatori e, infine, in mancanza di regolare processo, assassinato dalla polizia politica fascista. Forse un tetro monito per la Resistenza valtrumplina; certamente, un vile colpo di coda sferrato da parte di un ordine repubblicano nazifascista che mai aveva suscitato consenso popolare. Nonostante ciò, la 122a brigata Garibaldi trovò la forza di riprendersi per continuare nel perseguimento dell’obiettivo: l’espulsione degli invasori tedeschi e la fine del loro regime collaborazionista. Contro la 122a brigata Garibaldi – in quel momento comandata da Luigi Guitti (Tito) – si impuntò allora, il 19 aprile 1945, l’attenzione del sanguinario apparato fascista. La sede del comando garibaldino si trovava allora sul monte Sonclino, in località «Buco» e «Tesa». Un’azione di rastrellamento partita da Lumezzane e coadiuvata da una colonna militare tedesca salita dal versante di Marcheno sfociò in battaglia, nella quale perse la vita il vice comandante Giuseppe Bruno Gheda. Caddero, inoltre, altri 11 partigiani, di cui 6 efferatamente seviziati prima di venire passati per le armi. Ancora 6 componenti della 122a, catturati dai nazisti tedeschi, furono fucilati il giorno seguente. Ma era troppo tardi, per il regime di Salò. Il 26 aprile avverrà la liberazione di Brescia […] Associazione Nazionale Partigiani d’Italia SEZIONE «GIANCARLO BRUGNOLOTTI» DI LUMEZZANE
Redazione, Il sacrificio dei partigiani, Bresciaoggi, Spazio Lettori, 18 aprile 2019

 

Gardone Valtrompia. Foto d’insieme della 122ª brigata Garibaldi e della 122ª brigata Garibaldi Bis subito dopo la Liberazione – Fonte: Isaia Mensi, op. cit. infra

Al centro, con i documenti in mano, il comandante militare Luigi (Tito) Guitti. Alla sua destra, il commissario politico Giovanni (Piero) Casari. Alla sua sinistra, Pietro (Spartaco) Damonti, dell’Ufficio di Stato maggiore. La fotografia è stata scattata a Gardone Valtrompia verso la fine di aprile 1945, e mostra i garibaldini armati una decina di giorni dopo la battaglia del Sonclino – Fonte: Isaia Mensi, op. cit. infra

La Brigata [la 122^ Brigata Garibaldi] venne ufficialmente costituita il 4 ottobre 1944, anche se dal maggio dei gruppi avevano iniziato ad operare nella zona della Valle Trompia (Gardone V.T. e monte Guglielmo) come partigiani garibaldini. Dopo il bombardamento su Brescia del 13 luglio del 1944 e la loro fuga dalle carceri cittadine di Canton Mombello, Giuseppe Gheda (Bruno) e Leonardo Speziale (Carlo) diedero vita al primo nucleo della brigata, formato da alcune decine di uomini. Cominciò così ad operare nella bassa e media Valle scontrandosi coi nazifascisti in Vaghezza (agosto) e Mura (settembre). Parte dei suoi uomini comandati da Giuseppe Verginella (Alberto), tra l’ottobre e dicembre del ’44, si spostarono in città e nei paesi vicini operando una “pianurizzazione” della formazione, caratterizzata da colpi di mano e sabotaggi.
Dal gennaio, dopo l’arresto e l’uccisione di Verginella, all’aprile del ’45 la formazione composta da circa 60 combattenti comandati da Luigi Guitti (Tito), fu impegnata in scontri con i fascisti e le truppe tedesche in ritirata, conclusi il 19 con la “battaglia del Sonclino” (Lumezzane), dove cadde il vicecomandante Gheda e furono catturati 17 partigiani, subito fucilati.
Bibliografia:
G. Porta-M. Magri, Leonardo Speziale. Memorie di un zolfataro, Luigi Micheletti editore, Brescia 1980, pp. 109-39;
M. Ruzzenenti, La 122° brigata Garibaldi a la resistenza nella Valle Trompia, Nuova Ricerca, Brescia 1977;
R. Anni, Dizionario della Resistenza bresciana (A-M), Brescia, Morcelliana, 2009, pp. 95-8
Redazione, 122^ Brigata Garibaldi, ANED Brescia, 23 febbraio 2020

Fonte: ANPI Brescia cit. infra

Luigi Guitti (“Tito Tobegia”) è stato parte fondamentale e indissolubile della lotta armata di liberazione dal nazifascismo nella sua fase storica, politicamente purtroppo sempre attuale e ancor gravida di razzismo e violenze, che rende necessario nuove risposte”.
“Tito, dopo aver creato nel 1934 a S. Eufemia una cellula clandestina del PCI e aver svolto il servizio militare su vari fronti di guerra – compresa la Russia -, dopo l’8 settembre aveva combattuto strenuamente il residuo potere nazifascista mettendosi subito a capo di una formazione ribelle e sostenendo con alcuni fidatissimi elementi il GAP di S. Eufemia comandato da Marino Micheli.
Incarcerato dopo l’attentato gappista alla Pastori ed evaso da Canton Mombello con altri detenuti politici il 13 luglio 1944, aveva contribuito a costituire la 122ª brigata Garibaldi, partecipando a numerose azioni armate in Valtrompia e in Valsabbia, fronteggiando i fascisti con coraggio assoluto.
Dopo la frammentazione della brigata in seguito al tradimento operato da alcuni elementi interni – compreso l’ispettore garibaldino Oscar Robustelli, che ha personalmente consegnato alla polizia fascista il primo comandante militare Giuseppe Verginella – Tito ha preso il comando della rinata formazione garibaldina assieme a Giuseppe Gheda, affrontando a viso aperto i rastrellatori nazifascisti sul monte Sonclino il 19 aprile 1945, dove il più giovane Gheda ha trovato la morte per mano dei tedeschi.
Il 26 aprile con i suoi uomini ha quindi liberato la Valtrompia e altri paesi del circondario, procedendo poi in alcuni comuni (Salò, Toscolano, Maderno, Gardone VT, Lumezzane) all’arresto di militari e funzionari della RSI nonché al controllo armato del territorio, fino all’ultimo giorno di guerra, l’8 maggio 1945, quando ordinò la fucilazione degli arrestati.
La persecuzione per lui cominciò l’indomani mattina. Non si faceva alcuna illusione Tito. Vedeva che la lotta partigiana non aveva eliminato i supremi demoni dell’inganno e della guerra, complici ascoltati di chi cercava la rivincita e di quanti volevano, anche con mezzi illeciti, sostituirsi nel potere. Nei 17 lunghi anni di esilio si liberò delle sue debolezze umane, ma Brescia non delle sue trame eversive e ben presto trovò la morte.”
Nella foto Tito, con le tre stellette da Capitano, dopo la guerra, accanto al feretro di un caduto della Resistenza. In primo piano, il suo compagno di lotta “Faro” (Bruno Paiardi), al suo fianco nella battaglia del Sonclino.
Isaia Mensi, Luigi Guitti, ANPI Brescia Comitato Provinciale, 17 novembre 2018

Villa Carcina, foto di gruppo post insurrezionale di partigiani e patrioti locali appartenenti alla 122ª bis. A sinistra, in prima fila, il commissario politico Domenico Omassi e al suo fianco il comandante militare Luigi Quaresmini, rimasto ferito nella liberazione di Gardone Valtrompia – Fonte: Isaia Mensi, op. cit.

[…] 4) Sull’orlo dell’impotenza
Le risposte finali della 122ª brigata al questionario Parri costituiscono un’implicita accusa allo strisciante processo di restaurazione politica in atto e partono dall’esperienza di impotenza e di abbandono in cui si sentono i partigiani. Dalle risposte traspira l’accusa di un doppio mancato capovolgimento in corso:
1) non c’è il rovesciamento dell’ordine padronale fascista
2) manca il sovvertimento reale della vecchia società fascista.
Si fa pertanto presente alla superiore autorità che i partigiani sono relegati al ruolo di semplici osservatori/sorveglianti di una mutazione solo apparente, che il loro ruolo è insufficiente e sottovalutato – se non disprezzato – rispetto alle esigenze che il momento storico richiede.
I partigiani dovrebbero quindi assumere un ruolo più consono alla loro importante missione.
In conclusione, si comunica alla superiore autorità che è stata sì conquistata la Libertà ma che non sta affatto cambiando il vecchio sistema di potere. Da qui la richiesta sottintesa di un cambio di passo.
5) La relazione post-insurrezionale del comandante Tito
La relazione autografa di Tito è conservata presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Brescia. È già stata pubblicata all’interno della ricerca Luigi Guitti. Memoria di Tito, scritta dall’autore nel giugno 2015.
6) L’elenco nominativo dei componenti la 122ª brigata Garibaldi
L’elenco manoscritto contenente i nominativi dei componenti la 122ª brigata è depositato presso la Fondazione Micheletti di Brescia, Archivio Resistenza. Esso va aggiornato con l’elenco dei partigiani componenti la stessa riportato alle pp. 23-24 del libro …e tutti quelli che passeranno…, curato da Franco Ceretti e dalla sezione Anpi di Gardone Valtrompia nell’aprile 2009.
7) Distribuzione territoriale della 122ª brigata Garibaldi Bis
Ricordiamo che la bandiera della 122ª brigata Garibaldi, operante militarmente in Valtrompia ma anche in ampie zone del territorio bresciano con la segreta struttura gemellare 122ª Bis, simboleggia lo sforzo combinato condotto nella guerra di liberazione del nazifascismo oltre che dai comuni della Valtrompia, dalle seguenti località della provincia di Brescia: Azzano, Bagnolo Mella, Bassano Bresciano, Borgosatollo, Botticino, Calcinato, Capriano del Colle, Carpenedolo, Castenedolo, Cigole, Desenzano, Gambara, Ghedi, Gottolengo, Gussago, Iseo, Mairano, Manerbio, Montichiari, Montirone, Nave, Offlaga, Ospitaletto, Palazzolo, Pontevico, Pralboino, Rezzato, Roè Volciano, Roncadelle, Rovato, San Zeno Naviglio, Torbole Casaglia, Visano, Vobarno.
Ricordiamo inoltre che in molti paesi i garibaldini non avevano formato gruppi propri, ma erano uniti alle Fiamme verdi, costituendo comandi unici. Ciò per es. è avvenuto a Capriano-Azzano, Borgo San Giacomo, Dello, Orzinuovi, Orzivecchi, Quinzano D’Oglio, Serle, Verolavecchia, ecc…
Isaia Mensi, Op. cit.