Per un intero decennio, comunque, nessuno organizzò grandi operazioni di polizia contro i centri di produzione mediatici dei movimenti radicali

L’anticomunismo può essere considerato, seppure in un quadro generale in continua trasformazione, una costante della politica statunitense del XX secolo. Generalmente attribuito al clima di ostilità tra Stati Uniti e Urss durante la Guerra Fredda, l’anticomunismo vanta in realtà un’origine molto più lontana nel tempo, e si spiega in parte con alcune caratteristiche di fondo della società americana, come l’americanismo e la scarsa fortuna che gli ideali socialisti, in particolare marxisti, hanno sempre riscosso negli Stati Uniti <39.
La nascita dell’anticomunismo negli Stati Uniti può essere ricondotta alla Rivoluzione bolscevica del 1917. Una vasta produzione storiografica è tuttavia concorde nel considerare l’anticomunismo un fenomeno molto più sfaccettato e complesso, le cui prime tracce possono essere individuate nel sistema americano sin dalla fine XVIII secolo <40. Difatti sono diversi, nella storia degli Stati Uniti, gli episodi di esclusione e di delegittimazione nei confronti di tendenze considerate sovversive e, di conseguenza, una minaccia non soltanto per il sistema di valori alla base della società americana e della Repubblica delle origini, ma anche per l’unità e la coesione del paese. Patria dei valori esaltati dal repubblicanesimo rivoluzionario e dalla retorica nazionale, come la libertà e l’indipendenza, anche gli Stati Uniti hanno dunque conosciuto forme di costruzione del “nemico interno” che, per certi aspetti in maniera ancora più istituzionalizzata che in Europa, avrebbero inciso profondamente sulla definizione dell’identità americana e sul tessuto politico e sociale del paese <41. Questa situazione ha spesso comportato la propensione del paese “a sacrificare la libertà in nome degli imperativi di sicurezza; a trasformare il dissenso politico in tradimento; l’opposizione al governo e alle sue scelte di politica estera in sedizione” <42. Una delle prime manifestazioni di tale tendenza si ebbe nel 1798, in occasione della Quasi-guerra contro la Francia e dell’Affaire XYZ <43. Il conseguente clima di crescente diffidenza nei confronti della Francia provocò una potente ondata di patriottismo, ed ebbe tra le sue conseguenze più immediate l’approvazione delle quattro leggi note come Alien and Sedition Acts <44. I provvedimenti contenuti nel pacchetto legislativo ponevano forti limitazioni alla libertà di individui, prevalentemente francesi e Wild Irish, giustificate con l’esigenza di pace e di sicurezza nazionale <45.
[…] Dopo le Alien and Sedition Acts, in altri momenti della storia degli Stati Uniti vi furono tentativi di stigmatizzare il nemico interno allo scopo di cementare la coesione e difendere i valori del paese. Nel XIX secolo, questa tendenza coincise prevalentemente con la repressione anti-operaia. Dalla metà del secolo e fino al New Deal (1930), infatti, le associazioni di mestiere, socialisti e anarchici, si confermarono tra i maggiori grattacapi delle corti americane e degli industriali, andando incontro ad una durissima repressione che avrebbe segnato irrimediabilmente la fine delle loro attività <51. Durante la prima metà del secolo, la rapida crescita economica e le grandi trasformazioni sociali avevano portato prosperità e sviluppo al paese. Al contempo, tuttavia, avevano rafforzato le forme di sfruttamento del lavoro e di emarginazione sociale, provocando l’emergere di tensioni e conflitti sociali <52. In questo contesto nacquero le prime associazioni di lavoratori e, con esse, le prime forme istituzionalizzate di protesta per il riconoscimento di migliori condizioni di lavoro. Gli Stati Uniti furono tuttavia posti di fronte all’esistenza della questione sociale soltanto a partire dagli anni settanta del XIX secolo, con il convergere di tre eventi di carattere storico e politico, rispettivamente la fine della guerra civile americana (1865), la Comune di Parigi (1871), e l’avvio della Grande Depressione (1873), che esasperarono il clima sociale, instillando la paura della sovversione e rendendo particolarmente dura la risposta dello stato <53. La guerra civile americana, infatti, oltre a porsi l’obiettivo dell’abolizione della schiavitù, intendeva eliminare le minacce che la schiavitù stessa poneva al lavoro libero. La fine della guerra, con la Grande depressione e l’aumento di disoccupazione e povertà tra la working class, rese evidente il fallimento del programma repubblicano “Free Soil, Free Labor, Free Men”, generando forti divisioni di classe, malcontento e proteste sociali <54. Si tratta della cosiddetta “Gilded Age” (età dorata), un periodo di grandi problemi sociali e disuguagliane economiche, mascherati tuttavia dalla lieve doratura dell’espansione economica, industriale e demografica senza precedenti che gli Stati Uniti stavano vivendo <55. Inoltre, la Comune di Parigi, fondata sui principi dell’autogoverno e del socialismo, generò la paura che, sull’esempio francese, anche la classe operaia americana potesse arrivare alla presa del potere <56.
È esattamente in questo periodo che, secondo molti storici, va collocata l’origine dell’anticomunismo americano, di cui le istituzioni politiche americane si servirono per occultare la loro inadeguatezza nel far fronte alle sfide poste dal XIX secolo <57. Il crescente disagio sociale fu testimoniato dalla diffusione a macchia d’olio di grandi manifestazioni di protesta nei settori chiave dell’economia americana <58. Ciascuno di questi casi avvalorò la convinzione, nutrita da grande parte delle istituzioni e dagli industriali, che le associazioni di mestiere rappresentassero una minaccia concreta di una rivoluzione sociale, e che fosse necessaria una risposta decisa da parte dello Stato. In occasione di ogni protesta, venne quindi mobilitato un apparato repressivo grande ed efficiente, composto da forze dell’ordine, esercito federale, ma anche vigilantes privati, crumiri (spesso di colore, per creare divisioni fra i lavoratori), provocatori, e infine la stampa in funzione antioperaia <59.
In questo clima di grande tensione, le manifestazioni si risolsero quasi sempre in violenza e scontri sanguinosi tra milizie e manifestanti. Un episodio particolarmente significativo si verificò il 4 maggio 1886, durante la protesta di Haymarket Square (Chicago), quando una bomba esplose tra la folla, provocando l’uccisione di un poliziotto e il ferimento di altri presenti. La vicenda, che peraltro è all’origine della Festa dei lavoratori, portò alla condanna a morte per impiccagione di otto anarchici, quasi tutti di origine tedesca, che avevano partecipato direttamente o indirettamente all’organizzazione della manifestazione, ma che erano totalmente estranei all’esplosione <60.
L’anticomunismo americano fu, in questo contesto, il prodotto di una serie di stati d’animo, abilmente creati e diffusi nella società attraverso i discorsi dei politici e la stampa, come ad esempio la paura del disordine e del complotto, che parte della società cominciò a sperimentare in una congiuntura economica, sociale e politica di grande impasse per gli Stati Uniti <61. La peculiarità di questa “retorica” non stava soltanto nel fornire una giustificazione allo sfruttamento del lavoro e alla repressione dell’azione collettiva del movimento operaio, ma nell’attribuire agli immigrati, che in quegli anni si riversavano a milioni sulle coste americane, e alle loro idee “sovversive”, la responsabilità dei problemi sociali che le istituzioni americane non riuscivano a gestire. La conseguenza più immediata fu la creazione di un pesante clima di sospetto, nei confronti degli attivisti di sinistra, ma anche nei confronti di individui colpevoli semplicemente di avere un atteggiamento progressista nei confronti dei diritti civili. Da quel momento in poi, l’epiteto “comunista” iniziò ad essere utilizzato in senso fortemente spregiativo per stigmatizzare ogni forma di violenza sul luogo di lavoro, ma anche ogni forma di protesta al di fuori del posto di lavoro, generalmente attribuita all’azione di “sobillatori stranieri” <62. La dottrina dell’anticomunismo entrò così a far parte della “tradizione contro-sovversiva” del paese e, più in generale, degli strumenti di costruzione della identità politica americana, dando origine a forme di repressione esclusorie e violente, e producendo il primo caso di Red Scare della storia americana <63.
[NOTE]
39 M. Margiocco, Stati Uniti e Pci. 1943-1980, Bari, Laterza, 1981, p. XI.
40 R. Schmidt, Red Scare. FBI and the Origins of Anticommunism in the United States, 1919-1943, Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 2000, p. 24.
41 M. Rogin, Ronald Reagan, the Movie and Other Episodes in Political Demonology, Berkely and Los Angeles, University of California Press, 1987, p. XIII. Sulla costruzione del nemico interno durante la guerra fredda, si veda: G. Périès, Du corps au cancer: la construction métaphorique de l’ennemi intérieur dans le discours militaire pendant la Guerre Froide, in “Cultures & Conflits”, 43 (2001): pp. 91-125. Per una storia della costruzione del nemico interno in Europa e in Italia, invece, si possono prendere in considerazione: A. Ventrone, Il nemico interno. Immagini e simboli della lotta politica nell’Italia del ‘900, Roma, Donzelli, 2005; F. Cammarano, S. Cavazza, Il nemico in politica: la delegittimazione dell’avversario nell’Europa contemporanea, Bologna, Il Mulino, 2010.
42 M. Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo. 1776-2006, Bari, Laterza, 2008, p. 73.
43 La quasi-guerra, che coinvolse Stati Uniti e Francia dal 1798 al 1800, non fu mai dichiarata, né combattutta come le guerre tradizionali, ma si svolse principalmente in mare. Le origini della quasi-guerra vanno rintracciate nel risentimento nutrito dalla Francia rivoluzionaria nei confronti degli Stati Uniti, dichiaratisi in un primo momento neutrali durante il conflitto tra Francia e Gran Bretagna, salvo poi stipulare con quest’ultima il Trattato di Jay, che faceva della Gran Bretagna il partner commerciale privilegiato degli Stati Uniti. Questo risentimento sfociò in un blocco navale e nell’attività di pirateria ai danni delle navi americane, allo scopo di compromettere il commercio con la Gran Bretagna. Il culmine di questa vicenda si raggiunse con lo scandalo legato all’affare XYZ. Tre rappresentanti delle istituzioni francesi, in un incontro con una commissione americana, avevano chiesto una cospicua tangente per aprire la trattativa destinata a risolvere i contrasti con gli Stati Uniti. Questo episodio destò un grande sdegno presso le istituzioni e l’opinione pubblica statunitense. Le ostilità si conclusero con la firma del Trattato di Mortefontaine, nel 1800. A. DeConde, The Quasi-War: The Politics and Diplomacy of the Undeclared War with France 1797-1801, New York, Schribner’s, 1966.
44 M. Del Pero, Libertà e impero, cit. p. 73.
45 I Wild Irish erano irlandesi filofrancesi emigrati negli Stati Uniti dopo la ribellione irlandese contro la Gran Bretagna (1798). Ibidem.
51 Le organizzazioni sindacali erano generalmente accusate di “cospirazione”, per il fatto di indurre gli operai, attraverso la violenza e altri mezzi illeciti a compiere azioni di protesta sul lavoro. Un altro capo di accusa sollevato a loro carico era quello di “danni contro la collettività”, in quanto l’aumento dei salari da esse rivendicato avrebbe generato un aumento generale dei prezzi dei beni prodotti. R. Schmidt, Red Scare, cit. p. 24; Philadelphia Mayor’s Court, Philadelphia Cordwainers’Case [Commonwealth v. Pullis], 1806, disponibile al link: https://blogs.umass.edu/ulaprog/files/2008/06/commonwealth-v-pullis.pdf. Frederick O. Vegelahn v. George M. Guntner&others, 167 Mass. 92 March 24, 1896 – October 26, 1896, Suffolk County, disponibile al link: http://moses.law.umn.edu/darrow/documents/Vegelahn%201896.pdf. Per un resoconto delle attività repressive contro il movimento operaio statunitense, si può far invece riferimento a: W. E. Forbath, Law and the Shaping of the American LaborMovement, Harvard University Press, 1991.
52 O. Bergamini, Storia degli Stati Uniti, Bari, Laterza, 2009, p. 83.
53 R. Goldstein, Political Repression in Modern America from 1870 to 1976, Urbana, University of Illinois Press, 2001, p. 25.
54 Riferendosi a questo frangente storico, R. Slotkin fa un’osservazione molto interessante. Nota cioè come, dopo la guerra civile, nell’opinione pubblica e sui giornali dell’epoca, agli indiani del West (“The Hostile Reds”) e agli schiavi neri del Sud (“Black slaves”), si aggiunse la categoria del proletariato urbano del Nord (“The Specter of Red Commune”) come obiettivo della lotta contro la barbarie e della missione civilizzatrice americana. Questo accostamento aiutò a giustificare l’impiego, anche nei confronti della classe operaia, delle stesse tecniche di repressione brutali utilizzate per le altre categorie di “selvaggi”. R. Slotkin, The Fatal Environment: The Myth of the Frontier in the Age of Industrialization, 1800-1890, New York, 1985, p. 450.
55 M. Twain, C. D. Warner, The Gilded Age. A Tale of Today, Portland, The Floating Press, 2011.
56 R. Goldstein, Political Repression in Modern America from 1870 to 1976, cit. p. 25.
57 N. Fischer, Spider Web. The Birth of American Anticommunism, Urbana, University of Illinois Press, 2016, p. 281.
58 Oltre alla rivolta di Tompkins Square a New York (1894) e allo sciopero delle ferrovie (1877), che si diffuse in tempi rapidissimi dalla Pennsylvania fino alla California, è il caso delle manifestazioni nelle acciaierie di Carnegie (Pennsylvania, 1892) e nelle fabbriche Pullmann (Chicago, 1894). In questo contesto, viene ricordata anche la marcia di oltre 20.000 lavoratrici del settore tessile, organizzate nell’International Ladies’ Garment Workers Union (New York, 1909). Sul fronte delle organizzazioni sindacali, ricordiamo invece le più attive: i Workingmen’s Parties (1876); l’associazione dei Knights of Labour (1863); la National Labor Union (1866); l’American Federation of Labour (1886), da cui nel 1898 si separarono i minatori per costituire l’American Labour Union of the West; l’Industrial Workers of the World (1905), i cui membri (Wobblies) subirono una durissima repressione durante la Prima guerra mondiale, e infine e la Molly Maguires, cioè una setta segreta di minatori irlandesi attiva nelle miniere della Pennsylvania. Per una disamina completa delle associazioni di lavoratori, si vedano principalmente: D. Mongomery, Beyond Equality, New York, Knof, 1967; H. Gutman, The Tompkins Square Riot in New York City on January 13, 1874: a Re-examination of its Causes and Aftermath, in “Labor History” 6, 1965: pp. 44-70; L. Fink, Workingmen’s Democracy, Champaign, University of Illinois Press, 1983; C. B. Craver, Can Unions survive? The Rejuvenation of the American Labor Movement, New York, NYU Press, 1995; K. Kenny, Making Sense of the Molly Maguires, New York, Oxford University Press, 1998; R. O. Boyer, H. M. Morrais, Storia del movimento operaio degli Stati Uniti, 1861-1955, Bologna, Odoya, 2012.
59 Sul ruolo della stampa in questo ambito, si può far riferimento soprattutto a: G. Goldstein, Political Repression, cit. pp. 27 e ss.
60 Gli otto anarchici giustiziati sono passati alla storia come “i martiri di Chicago”. H. David, The History of the Haymarket Affair: A Study in the American Social Revolutionary and Labor Movements, New York, Russell & Russell Publishers, 1958; R. Ginger, Altgeld’s America. The Lincoln Ideal Versus Changing Realities, New York, New Viewpoints, 1958, pp. 35-88.
61 M. Maffi, C. Scarpino, C. Schiavini, S. M. Zangari, Americana. Storie e culture degli Stati Uniti dalla A alla Z, Milano, il Saggiatore, 2012, p. 570.
62 Ibidem.
63 M. Rogin, Ronald Reagan, the Movie and Other Episodes in Political Demonology, Berkely and Los Angeles, University of California Press, 1987, p. XIII.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020

Le società filantropiche da un lato e le tirate dei nazionalisti dall’altro dimostrano che il nucleo mitologico fondamentale degli States, quello di «attrazione-repulsione», è ancora fortissimo ed è capace di riflettere chiaramente i sentimenti della nostra opinione pubblica. L’America sta diventando un altrove sempre più importante: mentre si chiudono i canali migratori e l’Italia viene fascistizzata (1918-1924), gli Stati Uniti diventano un territorio dove spostare la battaglia politica ormai interdetta, le relazioni culturali scoraggiate, le aspirazioni personali frustrate. Proprio qui, durante la guerra, con Tropeano e i nazionalisti, il mito si stacca definitivamente dalla terra – e dalla gente – che lo ha generato, arrivando ben presto a trasformarsi, secondo Marazzi, in “una storia di pregiudizi, sommarie condanne, nobili illusioni, ripetute sino a formare un’imbarazzante enciclopedia di stereotipi”. <67
Che gli italiani venissero proverbialmente considerati degli anarchici ce lo testimoniano una infinità di vignette, articoli e altri pezzi satirici di qualsiasi società occidentale. L’italiano (in particolare quello del Mezzogiorno) era considerato un uomo poco civile e incline alla violenza, che poteva deviare a tal punto da finire nei circoli anarchici e socialisti, malattie politiche considerate tipicamente nostrane.
8. La paura rossa
Che gli italiani venissero proverbialmente considerati degli anarchici ce lo testimoniano una infinità di vignette, articoli e altri pezzi satirici di qualsiasi società occidentale. L’italiano (in particolare quello del Mezzogiorno) era considerato un uomo poco civile e incline alla violenza, che poteva deviare a tal punto da finire nei circoli anarchici e socialisti, malattie politiche considerate tipicamente nostrane.
La “Paura Rossa” fu un fenomeno inquietante che per un paio d’anni infiammò l’opinione pubblica americana del primo Dopoguerra. Gli Stati Uniti erano in netta ripresa economica (gli unici, tra tutti gli Stati coinvolti nel conflitto) e mentre il capitalismo americano continuava a prosperare l’Europa diventava un calderone rivoluzionario. Nelle terre disastrate dal conflitto, molte formazioni estremiste (si pensi agli spartachisti in Germania e ai bolscevichi in Russi) cercarono di instaurare delle rivoluzioni politiche nelle città più importanti del vecchio continente. La “Paura Rossa” fu dunque innanzitutto paura europea, che si spostò negli Stati Uniti assieme a molti rivoluzionari cacciati dai loro paesi d’origine. <68
Durante il “Red Scare” si può parlare di vera e propria caccia alle streghe: le forze dell’ordine utilizzarono molto spesso provvedimenti severi per limitare le proteste sindacali, indebolire le associazioni di lavoratori e interrompere le riunioni dei circoli politici di sinistra. Ci fu un giro di vite avallato dal Congresso e richiesto a gran voce dall’opinione pubblica, <69 e a farne le spese furono soprattutto gli italiani, che erano già stati vittime di episodi razzisti nei decenni precedenti. Culmine di questi due anni di repressione fu l’arresto di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, anarchici accusati senza prove fondanti di un omicidio che non avevano commesso. Il loro processo sarebbe durato sette anni e fu la dimostrazione di come i sentimenti xenofobi diffusi nella società americana potessero influenzare e distorcere i corretti meccanismi legali, portando addirittura all’ingiusta condanna a morte di due individui senza colpe dimostrate.
Il “Red Scare” aiuta quindi a comprendere un ulteriore sfaccettatura del mito americano visto dalla prospettiva italiana. L’isteria collettiva verso il radicalismo di sinistra fu contemporanea alla dottrina wilsoniana dell’autodeterminazione dei popoli. Con singolare tempismo, le brutali repressioni degli scioperi sindacali e l’omicidio legalizzato di Sacco e Vanzetti si intrecciarono con l’opinione sostanzialmente negativa che l’intellighenzia italiana riservava all’alleato americano, reo di aver tradito le promesse fatte all’Italia in tempo di guerra. La grande democrazia a stelle e strisce non era più – semplicemente ed ingenuamente – la terra della libertà, così come la si pensava nell’Ottocento; diventava anche un gigantesco sistema d’oppressione, capace di colpire soprattutto chi non aveva il denaro o l’influenza per difendersi. È il rovescio della medaglia: nel clima fosco e incerto del primo Dopoguerra, era normale che anche il mito cristallino e puro dell’America Terra Promessa venisse intaccato dalla disillusione generale portata dalla catastrofe umanitaria della Grande Guerra, che trascinò con sé tutti i vecchi valori del «secolo lungo» lasciando un angosciante vuoto di ideali.
L’America era pur sempre una grande democrazia, ma i nostri intellettuali, ragionando sempre più in termini di «masse» e mobilitazione sociale, cominciavano a vedere i limiti di quel sistema di governo; complice la generale disillusione verso i governi parlamentari che avevano portato al conflitto mondiale, quando si attaccava il sistema di governo americano si attaccava implicitamente quella società distrutta dalle trincee che aveva lasciato in eredità all’Europa solo morte e devastazione. Gli intellettuali italiani cominciarono dunque a fare i conti con un mito americano sempre più complesso e sfaccettato; sono passati meno di settant’anni dalle canzoni degli emigranti, dal mito edenico della Terra Promessa, dalle ambiguità talvolta sfuggenti dell’alterità americana. Ora gli Stati Uniti sono sensibilmente più vicini all’Italia e all’Europa, appaiono certamente come un paese dalle grandi opportunità, ma anche come un mostro terrificante, violento, meccanizzato e spersonalizzato, dove milioni di uomini privati di ogni aspirazione personale lavorano sino allo sfinimento, senza tutele né garanzie. Queste frizioni ideologiche tra Italia e Stati Uniti si trascinarono sin dentro gli anni Venti, quando il nuovo corso portato dal regime fascista produsse dei sensibili cambiamenti nei reciproci rapporti tra italiani, americani e italo-americani, dando nuova forma all’ideale «triangolo» individuato dalla nostra introduzione.
[NOTE]
67 MARAZZI Martino, Little America: gli Stati Uniti e gli scrittori italiani del Novecento, cit., p. 17.
68 Non è un caso se le leggi in materia di immigrazione rimasero relativamente permissive sino al 1924. Fu proprio il Red Scare a dare un colpo decisivo alla natura tipicamente accogliente e inclusiva della società americana. L’opinione pubblica sacrificò l’ideologia del melting pot perché si sentì minacciata dagli esuli, dai fuoriusciti e dai rivoluzionari che cercavano di instaurare progetti politici di sinistra in giro per gli Stati Uniti.
69 Quest’isteria nei confronti del radicalismo di sinistra è cosa nota ed endemica, nella società americana. Le risposte delle forze dell’ordine ricordano quelle del maccartismo, che nel secondo Dopoguerra caratterizzò la politica interna ed estera degli Stati Uniti.
Federico Sessolo, America opaca. Il mito americano in Italia dalle origini al fascismo, Tesi di Laurea magistrale, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2017/2018

Negli Stati Uniti d’America, il periodo compreso tra i due conflitti mondiali (1918-1941) fu caratterizzato dal susseguirsi di un gran numero di campagne di repressione del radicalismo rivoluzionario. Immediatamente dopo la fine della Grande Guerra, le commissioni parlamentari d’inchiesta Overman e Lusk (1919-1920) indagarono – a livello federale la prima e nello stato di New York la seconda – sulla produzione e la conseguente diffusione di campagne di propaganda dei movimenti della sinistra radicale nel paese. <1 Nel frattempo, il procuratore generale degli Stati Uniti, A. Mitchell Palmer, organizzò decine di retate a livello nazionale, delle operazioni di polizia che culminarono con l’arresto di centinaia di propagandisti ed il sequestro di tonnellate di materiale di divulgazione. Uno scenario del tutto analogo si materializzò poi negli anni ’30 del ’900, quando alcuni membri del congresso, come Hamilton Fish, Samuel Dickstein o Martin Dies, Jr., istituirono delle commissioni d’inchiesta per esaminare le campagne mediatiche di comunisti e nazisti. Le loro iniziative ebbero luogo in un momento storico in cui il Federal Bureau of Investigation di J. Edgar Hoover stava realizzando grandi operazioni di repressione in tutto il territorio nazionale. <2
Nel contesto del turbolento periodo interbellico, gli anni ’20 sono spesso ricordati come una vera e propria oasi di serenità, un decennio caratterizzato da armonia sociale, benessere e spensieratezza. Nel corso di quegli anni, in effetti, non furono organizzate grandi campagne di repressione da parte del dipartimento di Giustizia, né furono istituite, nelle assemblee legislative statali e federali, commissioni d’inchiesta sulla propaganda radicale. Tradizionalmente, l’assenza di operazioni importanti di contenimento del radicalismo è stata attribuita a una parallela riduzione delle attività dei movimenti anti-sistema. Fortemente indeboliti dal benessere che il capitalismo stava offrendo ai cittadini di tutte le classi sociali, i distinti gruppi della sinistra radicale sarebbero rimasti semplicemente senza argomenti. Come sottolineato anche da Thomas Vadney, la fine della cosiddetta “Paura rossa” (definizione comune di quel periodo di lotta al radicalismo che ha segnato i primi anni del dopoguerra), coincise per esempio con il declino del Partito socialista. <3
Rasserenati dalla conclusione delle perverse macchinazioni dei movimenti sovversivi, dunque, fin dall’inizio degli anni ’20 gli statunitensi potettero lasciarsi stregare dalle portentose opportunità che la nuova situazione di prosperità offriva loro.
Come affermò Robert K. Murray, il cittadino medio fu improvisamente affascinato dalle seducenti dinamiche del consumismo: «By the fall of 1920 the average citizen seemed less concerned about the Bolsheviki than about how he could afford one of those new Lexington touring cars, an Overland sedan, or a Paige Light Six». <4 Effettivamente, al di là di alcune significative eccezioni – come ad esempio gli accesi dibattiti legati al consumo di bevande alcoliche (erano i tempi del Proibizionismo) – gli anni ’20 sono generalmente rappresentati come un’epoca di grande consenso sociale, una congiuntura caratterizzata dall’incessante silenzio delle organizzazioni socialiste, anarchiche e comuniste.
Ma i gruppi anti-capitalisti in quegli anni rinunciarono davvero al proselitismo ideologico? O furono invece i dirigenti politici che, nonostante la persistenza di tali attività, decisero di non dirigere l’attenzione dei cittadini verso i potenziali pericoli delle campagne rivoluzionarie?
Il presente articolo metterà in discussione la popolare concezione secondo la quale, negli anni ’20, i movimenti radicali persero la loro capacità di svolgere delle attività propagandistiche. Grazie all’analisi e alla contestualizzazione di fonti primarie consultate nella National Archives and Records Administration (principalmente presso la sede di College Park, in Maryland), verrà dimostrato che, nel corso dell’intero decennio, furono numerosi i gruppi politici rivoluzionari che condussero nel paese intense campagne di propaganda. Si segnalerà piuttosto l’emergere delle aggressive campagne propagandistiche di un nuovo inquietante movimento anti-sistema – il fascista – e si mostrerà come in quegli anni si verificò un significativo miglioramento – e non quindi una riduzione – delle capacità mediatiche dei movimenti rivoluzionari (basti pensare per esempio all’impiego della nuova tecnologia cinematografica). In particolare, le attività dei diversi gruppi rivoluzionari e anti-democratici di quel periodo saranno ricostruite attraverso l’esame dei rapporti e dei resoconti stesi dagli agenti di importanti organismi federali di sorveglianza, come il dipartimento di Stato o l’Intelligence.
L’ipotesi che verrà difesa nel presente articolo si fonda sull’idea che le profonde preoccupazioni popolari in merito alla propaganda radicale dei primi anni del dopoguerra – e posteriormente anche degli anni ’30 – furono deliberatamente istigate da dirigenti politici nazionali e locali, che, tuttavia, durante gli anni ’20 non ebbero né la necessità né l’interesse di generare un clima di isteria collettiva intorno alle attività mediatiche di coloro che promuovevano un cammino alternativo alla democrazia liberal-capitalista.
Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, infatti, il radicalismo politico fu frequentemente indicato come la causa principale – se non unica – della conflittualità sociale, una narrativa che permise ai politici di scagionarsi, agli occhi della opinione pubblica, per le penurie sofferte da gran parte della popolazione.
Secondo quanto riferito dai dirigenti, inoltre, scioperi e manifestazioni di piazza non erano legati all’alto tasso di disoccupazione o all’aumento del costo della vita, bensì alle perfide menzogne dei rivoluzionari. Conseguentemente, le capacità di propaganda dei gruppi anti-sistema furono deliberatamente ingigantite. Al contrario, a causa del crescente entusiasmo dei cittadini-consumatori nei confronti di un sistema che generava l’illusione di una crescita economica illimitata, nel corso degli anni ’20 i politici rinunciarono a stimolare i timori degli elettori verso le tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica dei radicali.
Sebbene i diversi gruppi della sinistra statunitense dell’epoca continuassero a produrre e diffondere ampie campagne di propaganda, le loro iniziative vennero tuttavia quasi sempre ignorate dai membri del congresso e dagli esponenti del governo.
1. Dalla “Paura rossa” agli “Anni ruggenti”
Il periodo compreso tra gli anni 1918 e 1920 è conosciuto negli Stati Uniti con il nome di First Red Scare (“Prima Paura rossa”). <5 Si trattò di un’epoca caratterizzata da intense mobilitazioni politiche e sindacali, con incessanti operazioni di propaganda organizzate per tutto il paese da movimenti socialisti, comunisti e anarchici. Gli anni della “Paura rossa”, in ogni caso, sono ricordati soprattutto per le impetuose iniziative di repressione che numerosi dirigenti nazionali e statali misero in atto in quei frangenti per replicare alla sfida che la diffusione di campagne anti-capitaliste rappresentava per il potere costituito. <6
In un’ottica generale, tali campagne godevano, almeno in un primo momento, di un ampio appoggio popolare. Il lavoro svolto durante il conflitto mondiale dal Committee on Public Information – l’apparato di propaganda istituito dal presidente Woodrow Wilson per stimolare il patriottismo dei cittadini – aveva infatti generato una profonda inquietudine intorno alla questione della manipolazione dell’opinione pubblica. <7 Se l’idea che il governo potesse adulterare la verità era da molti giudicata incresciosa, la possibilità che fossero i movimenti rivoluzionari a produrre e diffondere campagne di propaganda risultava essere, per molti cittadini, assolutamente intollerabile. Non può pertanto sorprendere il constatare l’elevato numero di elettori pronti a sollecitare l’organizzazione, da parte dei dirigenti nazionali e locali, di severe misure di repressione di tali attività. La risposta degli esponenti del ramo legislativo fu rapida e vigorosa. Nella commissione di giustizia del senato, Lee Slater Overman indagò le attività dei sostenitori dei bolscevichi (oltre a quelle di alcuni settori della comunità tedesca degli Stati Uniti). Clayton Riley Lusk, da parte sua, presiedette una commissione d’inchiesta congiunta delle assemblee legislative di Albany, grazie alla quale mise sotto scrutinio le attività sovversive che si stavano perpetrando nello stato di New York. <8
Durante le audizioni pubbliche, molte persone furono accusate, spesso senza prove sostanziali, di aver appoggiato i movimenti sovversivi, delle insinuazioni che danneggiarono seriamente la loro reputazione. <9 Palmer e Lusk, inoltre, condussero una lunga serie di severe operazioni di polizia. Agenti al servizio della commissione d’inchiesta di New York e del dipartimento di Giustizia irruppero nelle redazioni di dozzine di giornali, in numerose sedi di movimenti politici e persino in alcuni centri culturali. Tra i blitz più controversi, possono essere sicuramente segnalate le retate contro la Rand School of Social Science e contro il Soviet Russian Information Bureau. <10
Tali operazioni si distinsero per la brutalità con la quale furono eseguite. Il numero uno del Soviet Russian Information Bureau, Ludwig Martens, denunciò che, visti i danni che erano stati inferti al suo ufficio, la retata poteva essere accostata a un pogrom. <11
Lungi dal rimontarsi alle distinte cause che si trovavano all’origine dei disordini sociali di quegli anni, i dirigenti politici sostennero che le agitazioni di piazza di quel periodo erano dovute esclusivamente alla propaganda dei movimenti radicali. Scioperi e manifestazioni erano rappresentati come l’inevitabile conseguenza della diffusione di campagne ingannevoli e disoneste, delle operazioni mediatiche che descrivevano il percorso rivoluzionario come l’unico mezzo per ottenere una forma di giustizia sociale e che spronavano i lavoratori a porre fine al capitalismo e alla democrazia rappresentativa. Con il passare del tempo, si plasmò la teoria che accusava le campagne dei gruppi radicali di favorire l’odio verso le istituzioni della repubblica e l’avversione contro le classi sociali più agiate. In numerosi organi di stampa, per esempio, si poteva leggere che gli imponenti scioperi del settore tessile erano dovuti principalmente alla propaganda comunista. <12 Importanti giornali come il «New York Times» denunciarono senza tregua il proselitismo dei bolscevichi. In un gran numero di articoli si segnalò ai lettori che i comunisti erano senza dubbio i principali responsabili dei numerosi disordini che segnavano in quel periodo numerose regioni del paese. <13
Politici e mezzi di comunicazione decisero di ignorare deliberatamente il fatto che un gran numero di lavoratori partecipasse spontaneamente alle proteste, un gesto legato soprattutto alle precarie condizioni di vita di un periodo segnato dalla difficile riconversione dell’economia alle dinamiche del tempo di pace (da segnalare per esempio la crisi che la caduta di richieste di materiale bellico da parte degli alleati provocò nel settore industriale). Lo stesso Palmer, l’implacabile procuratore che aveva organizzato decine di retate contro i creatori di propaganda rivoluzionaria, finì per ammettere che, contrariamente a quanto ripeteva allora la maggior parte dei politici e dei giornalisti, le origini dei disordini di piazza non dovevano essere ricercate nelle attività di propaganda dei gruppi rivoluzionari, bensì nelle precarie condizioni socioeconomiche dei lavoratori. <14
Al contrario, per gli esponenti del governo e per i membri delle assemblee legislative le campagne propagandistiche dei movimenti radicali si trasformarono ben presto in una opportunità imperdibile. Ingigantendo l’impatto che esse potevano arrivare ad avere sui lavoratori, congressisti e membri del governo riuscivano così a togliersi di dosso lo stigma di non aver messo in atto azioni concrete volte a prevenire, o almeno ad alleviare, il malessere di determinati settori sociali. Nel rapporto finale della commissione d’inchiesta di Lusk si poteva leggere che la crescita del movimento radicale e rivoluzionario era dovuta in gran parte all’effetto della propaganda. <15 Lo stesso presidente Wilson negò di aver trascurato i bisogni dei più vulnerabili, attribuendo le proteste di quei mesi alle bugie del bolscevismo: «There are apostles of Lenin in our own midst […] [which] means to be an apostle of the night, of chaos, of disorder». <16
A partire dall’inizio degli anni ’20, con il graduale diffondersi del benessere economico, le azioni repressive contro la propaganda radicale divennero sempre più sporadiche. Pian piano politici e mezzi di comunicazione finirono per ignorare quasi del tutto il problema. <17 L’aumento della qualità della vita fece sì che sempre meno lavoratori aderissero a scioperi e proteste di piazza. Se il 1° maggio 1919 si verificarono delle imponenti manifestazioni (e gravi disordini) in numerose città statunitensi, la Giornata dei lavoratori del 1920 fu invece relativamente tranquilla. <18 La caccia al propagandista sovversivo perse così tutta la sua utilità e fu dimenticata quasi completamente.
Per un intero decennio, comunque, nessuno organizzò grandi operazioni di polizia contro i centri di produzione mediatici dei movimenti radicali, non vi furono clamorosi processi pubblici nei confronti di cittadini statunitensi coinvolti nella creazione di campagne anti-capitaliste, né deportazioni di massa di propagandisti stranieri. All’interno del congresso, non vi furono commissioni d’inchiesta riguardanti tale tematica fino al 1930, quando Hamilton Fish istituì un’indagine incentrata sulle campagne mediatiche dei comunisti. <19
Ancora alle prese con penosissimi procedimenti processuali originatosi negli anni della “Paura rossa” (basti pensare che gli anarchici Sacco e Vanzetti furono messi a morte solo nel 1927), la sensazione è che, durante gli anni ’20, le autorità preferissero evitare di lasciarsi coinvolgere in nuove campagne repressive, ancor più quando esse riguardavano dei casi non violenti, come la diffusione di campagne di propaganda. <20
Quando nel 1925 il quotidiano newyorkese «Uus Ulm» fu accusato di diffondere tra i suoi lettori le dottrine dell’anarchismo, il commissario per l’Immigrazione della stazione di Ellis Island si rifiutò di avviare una procedura di deportazione contro i suoi responsabili. <21 Assolutamente significative, per una corretta comprensione di tale periodo storico, furono inoltre le decisioni politiche prese in relazione con le funzioni del Bureau of Investigation.
Appena arrivato alla Casa Bianca, il presidente Calvin Coolidge chiese che il suo potere fosse drasticamente ridotto. Il procuratore generale degli Stati Uniti, Harlan Fiske Stone – un avvocato che si era opposto pubblicamente alle grandi operazioni di repressione dell’epoca della “Paura rossa” – pose fine alle indagini politiche del Bureau nel 1924. La Bureau’s General Intelligence Division – la cosiddetta “Radical Division” dalla quale Hoover aveva attaccato senza pietà i rivoluzionari – fu smantellata interamente.
Si dovrà però attendere la metà degli anni ’30 – quando la Grande Depressione fece ripiombare milioni di statunitensi nell’incubo della miseria – per vedere nuovamente l’allestimento, da parte del dipartimento di Giustizia, di grandi azioni repressive nei confronti dei movimenti rivoluzionari.
[NOTE]
1 Senate Resolution 439, February 4, 1919, in SENATE SUBCOMMITTEE ON THE JUDICIARY, Brewing and Liquor Interests and German and Bolshevik Propaganda: Report and Hearings of the Subcommittee on the Judiciary, vol. 1, Washington D.C., Government Printing Office, 1919, p. XXIX; e Concurrent Resolution Authorizing the Investigation of Seditious Activities, March 20, 1919, in JOINT LEGISLATIVE COMMITTEE INVESTIGATING SEDITIOUS ACTIVITIES, Revolutionary Radicalism: Its History, Purpose and Tactics with an Exposition and Discussion of the Steps being Taken and Required to Curb It, Being the Report of the Joint Legislative Committee Investigating Seditious Activities, vol. 1, Albany, J.B. Lyon, 1920, p. 1.
2 House Resolution 220, May 22, 1930, in SPECIAL COMMITTEE TO INVESTIGATE COMMUNIST ACTIVITIES IN THE UNITED STATES, Investigation of Communist Propaganda: Report, Washington D.C., Government Printing Office, 1931, p. 3; House Resolution 198, March 20, 1934, in SPECIAL COMMITTEE ON UNAMERICAN ACTIVITIES, Investigation of Nazi Propaganda Activities and Investigation of Certain other Propaganda Activities: Public Hearings before the Special Committee on Un-American Activities, part 1, Washington D.C., Government Printing Office, 1935, p. 5; e House Resolution 282, July 21, 1937, in SPECIAL COMMITTEE ON UN-AMERICAN ACTIVITIES, Investigation of Un-American Propaganda Activities
in the United States, Hearings before a Special Committee on Un-American Activities, vol. 1, Washington D.C., Government Printing Office, 1938, p. 1.
3 Cfr. T.E. VADNEY, The Politics of Repression: A Case Study of the Red Scare in New York, in «New York History», XLIX, 1, 1968, pp. 56-75.
4 Cfr. R.K. MURRAY, Red Scare: A Study in National Hysteria, 1919-1920, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1955, p. 241.
5 La “Seconda Paura rossa” sarà l’epoca della tristemente celebre caccia alle streghe (detta anche Maccartismo), che si sviluppò tra gli anni ’40 e ’50 del ’900.
6 Cfr. G. FARIELLO, Red Scare: Memories of the American Inquisition, an Oral History, New York-London, W.W. Norton, 1995; J.F. JAFFE, Crusade against Radicalism: New York during the Red Scare, 1914-1924, Port Washington, NY, Kennikat Press, 1972; MURRAY, Red Scare: A Study in National Hysteria, 1919-1920, cit.; e T.J. PFANNESTIEL, Rethinking the Red Scare: The Lusk Committee and New York’s Crusade against Radicalism, 1919-1923, New York, Routledge, 2003.
7 Cfr. S.L. VAUGHN, Holding Fast the Inner Lines: Democracy, Nationalism, and the Committee on Public Information, Chapel Hill, The University of North Carolina Press, 1980; D. MIGLIUCCI, Opinión pública y propaganda: su definición, interpretación, y significado en los Estados Unidos de la primera posguerra (1918–1922), in «Historia y Política», 40, 2018; e D. MIGLIUCCI, Control gubernamental de la opinión pública: prácticas y polémicas en la arena política estadounidense, in A. NIÑO RODRÍGUEZ – J.I. ROSPIR ZABALA, eds., Democracia y control de la opinión pública en el periodo de entreguerras, 1918-1939, Madrid, Polifemo, 2018.
8 JOINT LEGISLATIVE COMMITTEE INVESTIGATING SEDITIOUS ACTIVITIES, Revolutionary Radicalism, cit.; e SENATE SUBCOMMITTEE ON THE JUDICIARY, Brewing and Liquor Interests and German and Bolshevik Propaganda, cit.
9 Tra loro c’era persino il sindaco di New York, J.F. Hylan, che in una lettera a Overman espresse il suo sdegno per essere stato coinvolto nell’inchiesta da un testimone. Cfr. Hylan to Overman, New York, January 29, 1919, NATIONAL ARCHIVES AND RECORDS ADMINISTRATION (d’ora in avanti, NARA), RG46, Records of the U.S. Senate, 66th Congress, Committee on Foreign Relations, Committee Papers Including Hearings, b. 68.
10 Il primo era un celebre centro universitario. Fondato nel 1906, vi ci insegnavano diversi accademici di ideologia radicale, come l’economista Scott Nearing e lo storico Charles Beard, nonché attivisti politici come il leader del Partito socialista statunitense, Norman Thomas. Per quanto riguarda il Soviet Russian Information Bureau, si trattava di una agenzia che il governo bolscevico russo aveva aperto a New York ufficialmente con lo scopo di favorire il riallacciamento delle relazioni economiche e diplomatiche tra la Russia e gli Stati Uniti.
11 Cfr. Sworn testimony of L.C.A.K. Martens before the New York Supreme Court, New York, November 29, 1919, NEW YORK STATE ARCHIVES, Records of the Joint Legislative Committee to Investigate Seditious Activities, Legal Papers Relating to the Searches and Prosecutions of Suspected Radical Individuals and Organizations, 1919-1920, b. L0037-78, 2 of 2, Legal Papers, Russian Soviet Bureau [Folder 1 of 2].
12 Cfr. «New York Times», January 2, 1920.
13 Cfr. «New York Times», January 23, 1919; May 27, 1919, November 10, 1919; November 11, 1919.
14 Cfr. Summary Report on the Progress of Radicalism in the United States and Abroad, nº 2, Washington, DC, December 13, 1919, NARA, RG59, General Records of the Department of State (d’ora in avanti: RG59), Department of State Decimal File, 1910-29 (d’ora in avanti: DSDF), b. 8678, c. 840.00B/7.
15 Cfr. JOINT LEGISLATIVE COMMITTEE INVESTIGATING SEDITIOUS ACTIVITIES, Revolutionary Radicalism, cit., p. 1143.
16 T.W. WILSON, Discorso nel Fairgrounds Auditorium di Billings, Montana, 11 settembre 1919, in THE AMERICAN PRESIDENCY PROJECT, University of California, Santa Barbara, consultato il 7 dicembre 2020 (https://www.presidency.ucsb.edu/documents/address-the-fairgrounds-auditorium-billings-montana).
17 In molte regioni del paese la cosiddetta “Paura rossa” si dissipò già nel corso del 1920. Tuttavia, in determinate zone (ad esempio nello stato di New York) le campagne di repressione durarono anche fino al 1923.
18 Già dalla fine del XIX secolo, negli Stati Uniti il giorno dei lavoratori si festeggiava a settembre. In ogni caso, in occasione del 1º maggio (Giornata internazionale del lavoro e anniversario dello sciopero di Chicago del 1886 per la giornata di otto ore) i movimenti della sinistra radicale generalmente organizzavano manifestazioni di piazza.
19 Cfr. H. FISH, Hamilton Fish, Memoir of an American Patriot, Washington, DC, Regnery Gateway, 1991, p. 41.
20 L’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti arrivò dopo un processo che molti osservatori dell’epoca reputarono poco trasparente. Furono accusati di rapina a mano armata e di due omicidi, crimini che secondo l’accusa avevano commesso nel 1920.
21 Cfr. Report of the Bureau of Immigration, Washington DC, February 3 – August 5, 1925, NARA, RG85, Records of the Immigration and Naturalization Service, Subject and Policy Files, 1893-1957, b. 4399, cc. 55119/173. In quell’epoca la stazione di Ellis Island – nella baia di New York – era il principale porto d’entrata agli Stati Uniti per coloro che raggiungevano il continente americano attraversando l’Oceano Atlantico […]
Dario Migliucci, Un decennio di rassegnato silenzio? La diffusione di propaganda eversiva e rivoluzionaria negli Stati Uniti degli “Anni ruggenti”, in Eunomia. Rivista semestrale di Storia e Politica Internazionali, X n.s. (2020), n. 2, 31-57, Università del Salento