
Il summit di Paderno Dugnano
Infinito scosse l’opinione pubblica anche per un summit che gli inquirenti riuscirono a video-registrare in un luogo altamente simbolico per il nome che portava. I vertici della ‘ndrangheta lombarda avevano deciso infatti di tenere il summit più importante, quello che sanciva la definitiva riappacificazione tra le ‘ndrine dopo l’omicidio di Carmelo Novella, in un Circolo Arci intitolato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino situato nell’omonima piazza a Paderno Dugnano, in provincia di Milano, il 31 ottobre 2009. Nella sala sotto l’iconica foto dei due giudici, 41 affiliati delle Locali lombarde si riunirono per eleggere Pasquale Zappia, calabrese originario di Platì trasferitosi a Cesano Boscone nel 1977 e affiliato alla Locale di Corsico, a Mastro Generale, cioè la figura al vertice della Camera di Controllo incaricata di tenere i rapporti e i contatti con la Calabria.
Il summit fu l’ultimo di una serie di incontri tra i boss calabresi, avvenuti dopo l’omicidio del boss «indipendentista» Carmelo Novella, e venne organizzato principalmente da Vincenzo Mandalari, capo-locale di Bollate, che programmò orario e luogo del summit, le modalità attraverso cui occultarlo e i partecipanti legittimati a prendervene parte (due esponenti per ciascuna locale attiva) <1059.
A prendere la parola per primo fu Pino Neri <1060, che in qualità di traghettatore relazionò i presenti su quanto si era deciso in una riunione a Reggio Calabria nell’agosto precedente. La linea era precisa: «non parliamo di quello che è passato, di quello che è, perché non ha senso! Perché noi dobbiamo pensare a “cogghimu” (N.D. raccogliere, riunire, sistemare) e non a dividere» <1061.
L’obiettivo, quindi, era trovarsi pronti in vista dei lucrosi appalti di Expo 2015, lasciando da parte i contrasti interni e ritrovando un’unità organizzativa per intercettare quanti più affari possibili. Alla fine della riunione, gli affiliati elessero Pasquale Zappia a Mastro Generale per la Lombardia, a fronte di una sovranità delle locali nelle loro azioni, benché limitate dalle linee strategiche decise in Calabria, con una sospensione sia nella «madrepatria» che nella «colonia» della concessione di nuove doti per un anno, dandosi appuntamento alla scadenza per rivalutare la situazione <1062.
Le reazioni all’inchiesta
La gravità di quanto era emerso dall’inchiesta Infinito produsse uno scossone tale in seno all’opinione pubblica, che da quel momento iniziò un processo di consapevolizzazione collettiva che in pochi anni avrebbe portato tanto le istituzioni come il Comune e la Regione quanto la politica, l’informazione e la società civile in generale a dare per assodata e scontata la decennale presenza del potere mafioso nella Regione <1063.
Nonostante in quei mesi i temi sollevati dall’inchiesta, e da quelle precedenti, tenessero banco in diverse trasmissioni televisive, come Annozero su Rai2, Presa Diretta su Rai3, l’Infedele su La7, la polemica politica diventò rovente dopo la puntata del 15 novembre 2010 della trasmissione di Rai3 “Vieni Via con me”, durante la quale Roberto Saviano riprese quanto emerso dall’inchiesta, evidenziando come la ‘ndrangheta avesse messo radici nella culla del potere della Lega Nord, partito con cui Pino Neri aveva anche interloquito in occasione delle elezioni <1064.
Il riferimento alla vicenda provocò la reazione indignata dell’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni, che invocò l’intervento anche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per ottenere il diritto di replica a quelle che giudicava «accuse così infamanti che devono essere smentite» <1065.
Nella puntata successiva del 22 novembre Maroni intervenne durante la trasmissione, rivendicando i successi in tema di criminalità organizzata del Governo di cui era Ministro, senza tuttavia smentire quanto detto da Saviano <1066. In compenso Il Giornale diretto da Vittorio Feltri ed edito dalla famiglia Berlusconi organizzò invece la campagna «Una firma contro Saviano che dà del mafioso al Nord», per dire al «signor Gomorra» che «Sondrio non è Casoria, Como non è Torre Annunziata e Brescia non è Corleone» <1067.
Carlo Antonio Chiriaco e la sanità lombarda
In anticipo di qualche anno rispetto agli scandali che avrebbero investito la Regione guidata da Roberto Formigoni, l’indagine Infinito documentò anche in maniera precisa tanto l’interesse della ‘ndrangheta per la sanità lombarda, quanto il decisivo e fondamentale contributo di soggetti esterni all’organizzazione per infiltrare un settore economico prospero, per via del modello già descritto messo in piedi dal centrodestra a trazione formigoniana a partire dalla seconda metà degli anni ’90.
La vicenda di Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario della Asl di Pavia <1068 dal 1° febbraio 2008 fino alla data del suo arresto, ci permette inoltre di fare alcune considerazioni. Anzitutto, Chiriaco era originario di Reggio Calabria, quindi presentava un habitus primario che presentava «un aspetto di famiglia immediatamente percepibile» <1069 rispetto a un’operazione di individuazione da parte dell’habitus mafioso di un boss della ‘ndrangheta come Pino Neri, cui si legò sin dagli anni dell’Università. Chiriaco aveva infatti studiato a Pavia e si era laureato in Medicina e Chirurgia, iniziando la sua carriera come Ispettore Sanitario presso il Policlinico San Matteo di Pavia <1070. Gli studi universitari in una città lombarda come Pavia, che avrebbero potuto portare alla costituzione di un habitus secondario fondato su schemi cognitivi e comportamentali incompatibili con quelli mafiosi, finirono per favorire l’incontro e l’affinità elettiva con Neri, che lì studiava giurisprudenza. Lo ammise un’intercettazione telefonica agli atti del processo lo stesso boss della ‘ndrangheta, che riguardo a Chiriaco dice:
«Ha fatto il direttore sanitario qua al Policlinico… adesso è andato al Santa Margherita come direttore sanitario da lì è passato come direttore generale dell’ASL sanitario di tutta la provincia, una delle province più grosse d’Italia… come estensione è la più grande d’Italia…ha tutta la provincia sotto di lui. Inoltre politicamente… praticamente decidono tutto a tavolino insomma eh. E noi siamo sempre vicini a lui e lui ci tiene sempre in considerazione… poi fa centomila favori, si è sempre messo nei guai per questo e per quello. […] È molto vicino a me eh… è sempre stato vicino a me… da anni siamo un tutt’uno, insomma con lui avevamo la discoteca insieme compare Giorgio (Pizzata) <1071, abbiamo avuto per anni con un gruppo di amici una delle più grosse discoteche…» <1072.
Chiriaco per altro era stato condannato in primo e secondo grado per un’estorsione che aveva commesso a Pavia il 26 settembre 1991, insieme a Renato Ferrari, Fortunato Pellicanò e Fortunato Valle, capo dell’omonima spietata ‘ndrina. Mentre i complici, giudicati separatamente, vennero condannati in via definitiva, lui riuscì, grazie a due annullamenti con rinvio da parte della Corte di Cassazione, a ottenere la prescrizione del reato. Ai tempi di quel grave episodio portato avanti con modalità tipicamente mafiose a cui si era prestato, Chiriaco ricopriva già il ruolo di vice-direttore sanitario e di direttore del presidio presso il Policlinico San Matteo ed era presidente delle II.AA.RR. (Istituzioni Assistenziali Riunite). Sul perché avesse aiutato i Valle a compiere quell’estorsione, dalle conversazioni intercettate riportate dal pm emergeva come Chiriaco preferisse avere addosso la magistratura e affrontare un processo, anziché avere addosso i Valle e subire «un processo» da parte loro <1073.
Già da questo primo dato emerge come l’habitus di Chiriaco, condannato in via definitiva a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa a conclusione del rito ordinario <1074, fosse estremamente affine a quello di Neri e della galassia ‘ndranghetista. A confermarlo, però, è proprio lui, in una conversazione intercettata, in cui racconta della sua partecipazione a un omicidio:
«il primo processo l’ho avuto a 19 anni per tentato omicidio… comunque la legge è incredibile… quando tu fai una cosa… puoi star certo che ti assolvono. Se invece la cosa non la commetti… rischi di essere condannato. Quella roba lì è vero che gli abbiamo sparato (bestemmia)… è vero che gli abbiamo sparato… non per ammazzarlo… però è anche vero che l’abbiamo mandato in ospedale… (pausa)… assolto per non aver commesso il fatto… (sarcastico)» <1075.
In un’altra conversazione intercettata il 30 dicembre 2009, questa volta con l’allora assessore al commercio di Pavia Pietro Trivi <1076 sull’eventuale sostegno elettorale alle elezioni regionali a Giancarlo Abelli, deputato e vicecoordinatore nazionale del Popolo della Libertà, Chiriaco dimostrava di capire l’importanza del momento storico indicando in Abelli un possibile assessore alle infrastrutture, dato che «nei prossimi cinque anni c’è l’Expo 2015… ma sai cosa c’è da fare nei prossimi 5 anni… proprio a livello di infrastrutture in Lombardia? Ma a voglia… è l’assessorato più importante…» <1077.
Le ingenti scorte di capitale sociale di cui Chiriaco disponeva grazie alla sua professione di medico e alla vicinanza con Neri gli assicuravano un potere enorme nella sua posizione, di cui lui stesso è consapevole, come emerge in un’altra conversazione intercettata:
«faccio il capo, qua trattiamo tutto, allora dai medici di base ai medici di famiglia, li paghiamo noi, li gestiamo noi… questo è il centro di potere più grosso della provincia, perché da noi dipendono tutti gli ospedali della provincia, tutti i medici di medicina generale, i cantieri, quindi noi andiamo a verificare i cantieri, li chiudiamo… la veterinaria, gli ospedali che noi praticamente siamo noi che gli diamo i soldi, noi che controlliamo. Mi sono fatto un culo così per un anno e mezzo… poi mi sono organizzato ora c’ho la squadra che funziona che è una meraviglia» <1078.
La sentenza d’appello, confermata in Cassazione, mise nero su bianco la condivisione da parte di Chiriaco dello «stile di vita» e dei relativi metodi violenti e valori della ‘ndrangheta, cioè in definitiva dell’habitus mafioso, partendo dal clima di omertà e di diffusa soggezione che il medico aveva introdotto nell’ambiente sanitario pavese, al quale non si ribellò mai nessun «medico autoctono». Chiriaco si compiaceva di questo clima, come emerge da un’altra intercettazione:
«Io ho sempre avuto un buon rapporto che nasceva dal timore che questi avevano nei miei confronti. Perché non riuscivano a focalizzarmi, a catalogarmi… e non c’è niente di peggio di uno che non sai definire, dici: ma questo da dove cazzo esce fuori, da quale cilindro, no? Me le hanno attaccate di tutte: figlio di un potente mafioso, figlio di una famiglia ricca, no? Quella di mafioso era quella che mi accompagnava di più… Azzaretti, per quanto di me ha stima, affetto, cosa, ha anche, più di una volta si è rivolto seriamente: dottor Chiriaco, poi le devo chiedere una cortesia, questo mi sta rompendo i coglioni, dobbiamo dargli una lezione!» <1079.
Giovanni Azzaretti, già senatore democristiano, fu definito alla sua scomparsa nel 2015 come «uno dei politici più noti e potenti della provincia di Pavia ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica e non solo» <1080, e per 27 anni, fino al 2007, aveva guidato il San Matteo di Pavia, chiudendo la sua carriera come consigliere della Fondazione Cariplo. Nato a Varzi, paesino di poco più di 3mila abitanti in provincia di Pavia, di cui divenne sindaco per la prima volta a 25 anni, era quindi lombardo al 100% ma più di una volta, secondo la testimonianza di Chiriaco inconsapevolmente intercettato, si rivolse al futuro direttore della ASL per chiedergli di «dare una lezione» ad un collega, lasciando basiti anche i giudici di primo grado e d’appello che riportavano il fatto a sostegno dell’accusa.
La totale assenza di resistenza e di ripulsa nei confronti di Chiriaco da parte dell’ambiente sanitario, finanche dei suoi sottoposti di «centrosinistra» che da lui non presero mai le distanze, anzi, finirono per «adorarlo» perché li valorizzò senza guardare alle loro idee politiche, conferma ancora una volta i nostri assunti di partenza, cioè «la vera forza della mafia è fuori dalla mafia» e «la mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano». E che il contagio, e quindi l’ibridazione degli schemi cognitivi e comportamentali dell’habitus, necessita di figure cerniera che introducono determinate condotte all’interno di un ambiente di per sé già viziato da logiche politiche di spartizione e guerra tra bande per quello che Max Weber avrebbe definito il «patronato degli impieghi» <1081.
Significativa poi dell’assoluta contiguità culturale di Chiriaco è la sua disponibilità a ricorrere all’intimidazione e all’uso della violenza fisica nei confronti di chi ostacolava i suoi interessi, ad esempio quando si rammaricava con uno dei suoi sodali di essere a Pavia e non a Reggio Calabria per poter buttare una bomba contro un locale o esprimeva il proposito di «ammazzare di botte» se ce ne «è bisogno» <1082.
Alla fine Chiriaco è stato riconosciuto colpevole di aver piegato le sue funzioni di direttore dell’Asl di Pavia per rafforzare il sodalizio mafioso, consentendo alla ‘ndrangheta di infiltrarsi nelle competizioni elettorali e nell’ambiente sanitario, amministrativo, bancario, imprenditoriale e tentando, fortunatamente senza successo, addirittura l’infiltrazione nel sistema carcerario attraverso l’appalto dei servizi infermieristici nel carcere di Opera e di altre case circondariali <1083. Chiriaco non si limitava a fare l’uomo cerniera tra i due mondi, quello «legale» e quello criminale, ma spesso era l’ideatore e il garante dei reciproci favori che era in grado di assicurare alle due parti. Favori che nel caso della ‘ndrangheta prevedevano anche ricoveri e «cure mediche compiacenti» a importanti esponenti dell’organizzazione mafiosa, della quale riciclava capitali in investimenti immobiliari <1084, come quello del boss Francesco Pelle alla Clinica Maugeri di Pavia.
Quella di Chiriaco resta, a oltre dieci anni dall’indagine Infinito, la vicenda più eclatante dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’ambiente sanitario lombardo, per il quale l’organizzazione calabrese continua ancora oggi ad avere un forte interesse <1085. Non solo dal punto di vista economico e politico, data la rilevanza degli interessi in campo, si pensi a Expo 2015, ma soprattutto sul piano culturale, con un settore come quello della sanità, fiore all’occhiello della tanto decantata «eccellenza lombarda», che veniva piegato a interessi criminali di «formazioni predatorie» (mafiose e non, come le inchieste sull’ex-presidente della Regione Roberto Formigoni hanno accertato). Un settore ad alto contenuto tecnologico-scientifico che richiede un personale altamente specializzato, che si presuppone abbia arricchito il proprio habitus sui banchi dell’università con un’etica delle professioni che invece in questa, come in altre vicende, risulta drammaticamente assente.
[NOTE]
1059 Ghinetti, op. cit., p. 96.
1060 Neri, trasferitosi a Pavia alla fine degli anni ’70 dove conseguì la laurea in giurisprudenza, fu arrestato il 15 giugno 1994 nell’operazione “I Fiori della Notte di San Vito” in qualità di Capo della Locale di Pavia, ma fu condannato a soli 9 anni per traffico di droga: l’accusa di mafia era stata respinta dal GIP perché Neri era stato accusato di far parte del gruppo di Mazzaferro, quando invece era parte del gruppo rivale. Gli atti furono rinviati al pm per la riformulazione del capo d’accusa, ma questi venne trasferito e non si procedette più in tal senso. Ecco perché Neri arrivò fino a Infinito senza una condanna per mafia, ma solo per droga. Fonte: dott.ssa Alessandra Dolci.
1061 Ghinetti, op. cit., p. 96.
1062 Ivi, p. 72.
1063 Sul tema si rimanda a Farina, Meli, op. cit., p. 252 e ss.
1064 Neri era stato filmato dai Carabinieri mentre si incontrava con Angelo Ciocca, all’epoca assessore leghista alle attività produttive della Provincia di Pavia, per far eleggere Francesco Rocco Del Prete, suo uomo candidato nella lista “Rinnovare Pavia” alle comunali 2009, poi non eletto. Ciocca alle regionali 2010 fu il primo degli eletti con 18.910 voti, che scendono a 7.763 alle elezioni del 2013. Nel 2014 fu primo dei non eletti della Lega al Parlamento Europeo, con 22.479, subentrando due anni dopo al leghista Bonanno, morto in un incidente stradale. Nel 2019 è stato rieletto con 89.752 voti.
1065 Maroni: “Infamie, intervenga Napolitano”. Saviano: “Sono stupito e allarmato”, la Repubblica, 16 novembre 2010
1066 Fazio-Saviano, arriva la replica di Maroni. “Lotta alle mafie è arrestare i latitanti”, la Repubblica, 23 novembre 2010
1067 Elena Rosselli, Il Giornale, Feltri: “Firmate contro Saviano che dà del mafioso al Nord”, il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2010
1068 Dalla relazione prefettizia che portò al commissariamento della Asl di Pavia dopo l’arresto di Chiriaco, emerse che la sua nomina avvenne per ragioni politiche e non per competenze tecniche, sulla base di un falso curriculum. Si veda la sentenza d’appello, MALACARNE, M. (2014). Sentenza n. 5339/14 contro “Agostino + 40”, Corte di Appello di Milano – I Sezione Penale, 28 giugno, p. 217.
1069 Bourdieu, La Distinzione, p. 178. Si veda il primo capitolo sulle operazioni di individuazione degli habitus e le caratteristiche che predispongono ad affinità di stile immediate.
1070 Ghinetti, op. cit., p. 377.
1071 La discoteca in questione era il Vertigo. Pizzata venne condannato a metà degli anni ’90 per associazione mafiosa, pena poi confermata in Cassazione.
1072 Ivi, p. 378. Corsivo nostro.
1073 Ghinetti, op. cit., p. 379.
1074 In primo grado era stato condannato a 13 anni, scesi a 12 anni in Appello, confermati poi in Cassazione. Si veda la sentenza d’Appello (MALACARNE, M. (2014). Sentenza n. 5339/14 contro “Agostino + 40”, Corte di Appello di Milano – I Sezione Penale, 28 giugno, p. 210 e ss.) e quella di Cassazione (ESPOSITO, A. (2015). Sentenza n. 34147/15 contro “Agostino + 40”, Suprema Corte di Cassazione – II Sezione Penale, 30 aprile, p. 259).
1075 Ivi, p. 379-380.
1076 Indagato per corruzione elettorale, nel 2011 venne assolto da ogni addebito insieme a Chiriaco.
1077 Ghinetti, op. cit., p. 380.
1078 Malacarne, Sentenza d’Appello Infinito – Rito Ordinario (op. cit.), p. 218.
1079 Ivi, p. 219.
1080 VogheraNews, Scomparso Giovanni Azzaretti. Aveva 82 anni. È stato uno dei politici più abili e potenti della provincia di Pavia, 27 febbraio 2015.
1081 Si veda al riguardo il testo della conferenza La politica come professione, pubblicato nel 1919.
1082 Malacarne, Sentenza d’Appello Infinito – rito ordinario, p. 233.
1083 Ivi, p. 224.
1084 Ivi, p. 225.
1085 Si veda sul punto CROSS (2019). Monitoraggio sulla presenza mafiosa in Lombardia – Parte II, Milano, 11 marzo, p. 74 e ss.
Pierpaolo Farina, Le affinità elettive. Il rapporto tra mafia e capitalismo in Lombardia, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2019-2020