Seborga / Prunetti: storie operaie a confronto nell’Italia del secondo dopoguerra

Oltre cinquant’anni separano la pubblicazione de Gli innocenti (1961) di Guido Hess
Seborga da quella di Amianto. Una storia operaia (2012)1 di Alberto Prunetti. I due
scrittori appartengono a generazioni distanti e hanno anche un diverso statuto di
‘testimoni-auctores’2 in relazione ai fatti narrati: il primo raccolse da chi l’aveva
vissuta le cronache della grave crisi siderurgica degli anni Cinquanta a Savona, il
secondo ha ricostruito la vita del proprio stesso padre morto nel 2004. Le opere di
Seborga e Prunetti si basano però sull’intento transitivo comune di raccontare storie
ai cui protagonisti – vittime innocenti di una ristrutturazione industriale decisa
dall’alto o dell’amianto respirato in una vita di lavoro – mancò quella possibilità di
parola e di denuncia di cui entrambi gli autori si sono invece fatti carico.
Guido Hess nacque a Torino nel 1909 da una famiglia di origini tedesche
(discendente di Moses Hess, ammirato dal giovane Marx) e si formò negli ambienti
antifascisti cittadini al fianco dei compagni di scuola Norberto Bobbio, Cesare
Pavese, Leone Ginzburg e Giulio Einaudi. Dopo avere viaggiato e lavorato per
l’Europa, negli anni Trenta esordì come poeta e cronista iniziando con la fine della
seconda guerra mondiale a farsi chiamare Seborga in omaggio all’omonima cittadina
della Liguria, una regione che molto amava e in cui ambientò quasi tutte le sue
opere. Col nome d’arte firmò i primi due libri editi da Mondadori, L’uomo di
Camporosso
(1948) e Il figlio di Caino (1949), un romanzo in prosa e uno in versi che
lasciò la critica italiana del tempo stupita e spaesata. Se questi testi erano dedicati
alla presa di coscienza antifascista e alla lotta di Liberazione di alcuni personaggi di
lavoratori liguri, i successivi Amori capitali (1959), il cui primo titolo era Morte
d’Europa
, Gli innocenti (1961) ed Ergastolo (1963) raccontano invece la crisi degli
ideali resistenziali nell’Italia degli anni Cinquanta.
Gli innocenti è un romanzo corale che ha per protagonisti Matteo e la sua
squadra di operai dell’Ilva di Savona in lotta per non restare senza lavoro contro un
antagonista ‘astratto’ ma implacabile, il temuto Piano Schuman cui l’Italia aderì nel
1950 e che riorganizzava la produzione europea di carbone e acciaio. Sugli obsoleti
impianti savonesi gravava inoltre il piano di razionalizzazione degli stabilimenti della
Finsider (di cui l’Ilva era parte) voluto dal presidente Oscar Sinigaglia, che ne
prevedeva il ridimensionamento a vantaggio di quelli di Cornigliano, Bagnoli e
Piombino e che influenzerà anche le sorti della famiglia Prunetti.
Infatti, Alberto Prunetti è nato proprio a Piombino il 16 luglio 1973, nello stesso
giorno in cui suo padre era nato nel 1945, poche settimane dopo la fine della guerra,
e questi, saldatore trasfertista sempre in viaggio di fabbrica in fabbrica, lavorò per
un periodo anche in quella città. Da ragazzo, l’autore è invece cresciuto a Follonica
dove c’era una fonderia Ilva definitivamente dismessa nel 1960, in modo analogo a
quanto accadde a Savona, nei cui ex locali 3 il futuro scrittore e traduttore ha studiato
e giocato. Quando la madre gli rivela che è stato concepito a Casale Monferrato, sede
della famigerata Eternit, Prunetti comprende di essere nato sotto il segno
dell’’acciaio ascendente amianto’ 4 e iscrive così la sua stessa esistenza in una
parabola che ha portato la classe operaia da una posizione di centralità nella società
italiana all’emarginazione e all’annichilimento della sua forza conflittuale, fino
all’annientamento definitivo simboleggiato dalla malattia ai polmoni e dalla morte
del padre.
Amianto è quindi ‘una storia operaia’ che coinvolge diverse generazioni di
lavoratori italiani successive a quella dei personaggi di Seborga. Per questi ultimi si
potrebbe citare il quindicesimo verso della nota poesia Una visita in fabbrica di
Vittorio Sereni che evocava una voce ‘operaia, nella fase calante’ riferendosi proprio
all’affievolirsi dell’empito rivoluzionario di metà anni Cinquanta. La generazione del
padre di Prunetti, Renato, operaio tubista orgoglioso del suo mestiere, trovò invece
negli anni Sessanta e Settanta una rinnovata solidarietà di classe e un maggiore
potere contrattuale, andati però nuovamente peggiorando negli Ottanta al punto da
costringere Renato stesso a lavorare con la Partita Iva (trappola dell’auto-
imprenditorialità oggi quanto mai diffusa). La generazione di Alberto è infine quella
dei lavoratori intellettuali precari di oggi, non in grado di ricomporsi in classe a causa
della frammentazione dei lavori flessibili e inevitabilmente privi di illusioni come
quella che qualsiasi lavoro nobilita l’uomo o quella che i figli staranno per forza
meglio dei padri. D’altronde, come affermò Paolo Volponi, ‘la crisi, poi, è la
condizione perenne della supremazia capitalistica’.5
Se Seborga non avesse dato voce alle vite sfruttate e dismesse dall’Ilva
savonese, l’unica traccia letteraria di quella vicenda sarebbe rimasta l’evocazione
ambigua che ne fece Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia (1957) ricordando ‘il
triste pittoresco di qualche sciopero veramente totale’ e di essere ‘stato accerchiato
da un gruppo di donne stizzose che [gl]i esponevano con voce stridula le loro miserie’
per poi concludere con fatalismo: ‘Molti di quelli che erano scesi a Savona per finire
nell’Ilva rifluiscono alle industrie delle colline’. 6 Quelle colline e le industrie
chimiche della valle di Vado, detta ne Gli innocenti ‘anticamera del cimitero’,
appaiono il luogo emblematico della ‘morte lenta’ 7 che è il destino di troppi
lavoratori in un sistema di sfruttamento che Seborga accusa amaramente, chiosando
alcuni episodi tra i più tragici del romanzo con parole quali: ‘Ma tutto sembrava
naturalissimo’. 8
Se Prunetti non avesse scritto Amianto non avrebbe recuperato la memoria del
padre, working class hero sconfitto ma pur sempre eroe al pari di Steve McQueen
(che morì per la stessa malattia), rivelandoci al contempo con vivida chiarezza quale
miseria hanno ‘creato il capitale e i suoi armigeri, che hanno vinto lasciando la terra
desolata e sciapa, perché il sale della terra eravamo noi, loro sono solo gli
utilizzatori finali di un mondo al collasso’. 9
Di seguito, si possono leggere l’incipit de Gli Innocenti e le ultime pagine di
Amianto.
Intervista a Massimo Novelli
Abbiamo chiesto a Massimo Novelli, giornalista di la Repubblica e scrittore con la
vocazione a far riemergere figure ed episodi dimenticati della storia italiana, dal
Risorgimento alla Resistenza, come ha contribuito alla riscoperta di Guido Seborga
cui ha dedicato L’uomo di Bordighera (2003).
Diversi anni fa, mentre pensavo a un libro sullo scrittore dimenticato Stefano
Terra che ho poi concluso soltanto nel 2013, mi trovavo a San Fruttuoso dove c’è il
Cristo negli abissi e mi è tornato in mente Guido Seborga, che aveva dedicato un
testo teatrale a quella statua del Cristo nelle profondità marine. Di Seborga avevo
scritto su la Repubblica in occasione della sua morte avvenuta nel 1990 perché al
giornale ero uno dei pochi che si ricordava chi era. Mi sono quindi convinto della
necessità di fare riemergere una figura importante di scrittore, partigiano e militante
socialista precipitata nell’oblio. Così è nato L’uomo di Bordighera (2003), una vera e
propria indagine ‘poliziesca’ per capire come fosse scomparso dalle storie letterarie
un romanziere che aveva esordito nel dopoguerra per la prestigiosa Medusa degli
Italiani di Mondadori con L’uomo di Camporosso (1948) e Il figlio di Caino (1949).
Grazie al contributo della figlia Laura, di amici di Guido quali il compianto Francesco
Biamonti, Giorgio Loreti e Ciacio Biancheri ho rimesso insieme i fili di questa
esistenza in una biografia un po’ singolare ma ben accolta dalla critica. Ho poi fatto
ripubblicare da Spoon River i due romanzi succitati, Morte d’Europa con Ergastolo
(2009) e il diario Occhio folle occhio lucido (2012): una volta tanto, in un panorama
editoriale difficile come quello italiano, l’operazione è riuscita e di Seborga si è
ricominciato a parlare sui giornali e sulle riviste.
Nel 2006 la Società Savonese di Storia Patria ha promosso una nuova edizione de Gli
innocenti, premiato a Peagna come Miglior Libro Ligure dell’Anno. Come si può
inquadrare questo romanzo nell’ambito della letteratura italiana d’ambientazione
industriale?
Seborga aveva pensato e scritto Gli innocenti già alla metà degli anni Cinquanta
per raccontare la crisi dell’industria siderurgica savonese giostrandola però sulle
condizioni esistenziali individuali di ciascuno dei lavoratori protagonisti del romanzo,
e precedendo quel filone in verità non molto longevo di letteratura così detta
‘operaia’ che lasciando ingiustamente da parte il libro di Guido si declinò in Tempi
stretti (1957) e Donnarumma all’assalto (1959) di Ottieri e in Memoriale (1962) di
Volponi. Gli innocenti resta l’unico romanzo italiano sulle lotte operaie di quel
decennio, che sono narrate senza perdere di vista la condizione umana dei
lavoratori. Il libro fu pubblicato nel 1961 dopo varie vicissitudini editoriali e il critico
Giancarlo Vigorelli, a lungo presidente del Centro Nazionale di Studi Manzoniani e
della Casa del Manzoni, scrisse sul settimanale Tempo che Seborga era rimasto forse
l’unico a scrivere romanzi di ‘rivolta sociale’. Effettivamente, il romanzo uscì nel
cuore del miracolo economico italiano ed era in controtendenza rispetto alle sorti
presuntamente magnifiche e progressive della condizione operaia e dei lavoratori,
presto disilluse da una lunga crisi che persiste tuttora. Era un romanzo coraggioso e
attuale e lo è anche oggi.
Intervista ad Alberto Prunetti
Tuo padre ha lavorato come trasfertista in tutt’Italia e anche in Liguria. Hai
ritrovato ne Gli innocenti di Seborga, ambientato negli anni Cinquanta, qualche
corrispondenza con le esperienze che Renato ebbe nei decenni successivi?
So che Renato ha lavorato molto tra La spezia, Genova e Savona. Raffinerie,
acciaierie, centrali elettriche. Certe atmosfere di Seborga mi hanno aiutato a
riflettere su come doveva essere quel mondo prima di un’accelerazione tecnologica
che ha moltiplicato i profitti senza ridurre le nocività, i rischi per la salute e
l’ambiente. Il cuore della condizione operaia è già descritto al meglio nelle pagine de
Gli innocenti. È un grande merito: la vita degli operai spesso non arriva sulle pagine
della narrativa italiana, mentre ‘i colpevoli’ dettano le proprie agiografie di grandi
capitani d’industria.
Cos’hai scoperto del mondo del lavoro di oggi ripercorrendo tutta la storia di Renato
e della sua generazione per scrivere il libro?
Sono due modi completamente diversi di lavorare. Oggi non è possibile
apprezzare niente del lavoro che si fa perché bisogna intanto cercarsene un altro. Vi
è però una continuità che sta nella causalità: è sconfiggendo le resistenze della
generazione dei lavoratori come Renato che è stato possibile precarizzare la
generazione di lavoratori successiva.
Prima o dopo la scrittura di Amianto ti sei confrontato con altri autori di romanzi su
padri operai rimasti vittima del lavoro quali Emanuele Tonon (Il nemico, 2009) e
Stefano Valenti (La fabbrica del panico, 2013) o con le loro opere?
Mi è piaciuto molto il libro di Stefano Valenti, che è uscito alcuni mesi dopo il
mio. Con lui mi sono incontrato nel dopolavoro della Breda a Pistoia, quando
entrambi i nostri libri erano usciti, anche se mi aveva scritto dopo aver letto il mio. È
interessante come si stia formando una generazione di hijos, di figli di lavoratori
stroncati dal lavoro nocivo che stanno raccontando il lavoro dei genitori nelle loro
opere. Tra queste un posto di rilievo lo conserverei per Ferriera (2014) di Pia
Valentinis, un graphic novel straordinario scritto dalla figlia di un operaio friulano.
Partendo da una storia familiare, il tuo romanzo riesce a trasmettere l’universalità
del problema amianto. Sai se c’è una storia simile di patologie legate all’esposizione
all’amianto in Olanda?
Ho percepito la gravità della situazione olandese parlando con alcuni esperti
del settore.10 In Italia siamo vicini ad avere 3000 mesoteliomi all’anno su una
popolazione di più di cinquanta milioni di abitanti. In Olanda ci sono circa 1500
mesoteliomi all’anno su una popolazione di circa sedici milioni. Il rapporto tra
mesotelioma e tumore polmonare è di 1:3. Le conclusioni sono evidenti. C’è un
grosso problema con l’asbesto in Olanda, una situazione grave quanto quella italiana.
Assieme a Inghilterra e Belgio, l’Olanda è uno dei paesi più problematici in Europa.
Temo che il senso comune però non sia molto informato al riguardo.
Gli attivisti dovrebbero lanciare delle campagne, a partire proprio dalla memoria delle vittime.

1 G. Seborga, Gli innocenti, Milano, Ceschina, 1961 poi Savona, Sabatelli, 2006; A. Prunetti, Amianto. Una storia operaia, Milano, Agenzia X, 2012 poi Roma, Alegre, 2014. Nel testo si citano le ultime edizioni di entrambi i volumi.
2 Cfr. la distinzione, ripresa da Agamben, tra testimoni-superstites e testimoni-auctores proposta da B. Manetti, ‘Esperienze che non sono la mia. Vissuto dell’io e memoria dell’altro in Helena Janeczek e Andrea Bajani’, in CoSMo, I, 1 (2012), pp. 137-143.
3 Cfr. Prunetti, Amianto, cit., pp. 29-34.
4 Ivi, p. 110.
5 P. Volponi in Idem e F. Leonetti, Il leone e la volpe. Dialogo nell’inverno 1994, Torino, Einaudi, 1995, p. 115.
6 G. Piovene, Viaggio in Italia, Milano, Mondadori, 1957, pp. 181-182.
7 Seborga, Gli innocenti, cit., pp. 76, 78.
8 Ivi, p. 144.
9 Prunetti, Amianto, cit., p. 164.
10 Alberto Prunetti ringrazia Yvonne Waterman per le informazioni sulla situazione olandese delle patologie legate all’amianto.

Claudio Panella in INCONTRI Anno 30, 2015 / Fascicolo 2 / pp. 118-122
Claudio Panella è dottore di ricerca in Letterature e Culture Comparate e docente a contratto di Italiano presso l’Università degli Studi di Torino.11 Si occupa prevalentemente di letteratura italiana e francese del Novecento. È autore con Stefano Tubia del volume Pistoia in parole (ETS, 2013), edito nella collana ‘Città firmate’ curata da Alba Andreini, e ha pubblicato numerosi saggi in volume e in rivista sulle interazioni tra la parola e le arti visive, sulla rappresentazione letteraria del paesaggio e della città e su quella del mondo del lavoro industriale e post-industriale.
Torino (Italia)
claudio.panella@unito.it
11 Ad aprile del 2015 la sede della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Torino è stata chiusa per la sospetta presenza di amianto nell’edificio. Non sarà riaperta per intero almeno fino alla fine del 2016. In Piemonte sono stati ufficialmente censiti circa 125000 interventi di bonifica necessari per eliminare l’amianto dal territorio regionale, ma mancano i fondi per realizzarli.