Coinvolto della deposizione da Lauro, Carmine Dominici, definito il punto di contatto tra destra e ‘ndrangheta in un appunto <399 dei ROS (maggio 1993) sul sequestro Celadon, descrisse nei dettagli la linearità strategica intercorrente tra il tentato comizio del settembre ’70 e la preparazione al golpe dell’immacolata del 7-8 dicembre: “Nel dicembre 1970, e cioè pochi mesi dopo tale fallito comizio, vi fu il tentativo noto appunto come golpe Borghese. Anche a Reggio Calabria eravamo tutti pronti per dare il nostro contributo. […] In tale occasione gli avanguardisti, provviste di divise da Carabiniere, avrebbero effettuato un’azione di rastrellamento degli avversari politici, sino alla delineazione degli elementi essenziali della struttura occulta e ben rifornita di esplosivi di A.N. in Calabria” <400.
Ragion per cui, in contrasto con quella che era stata la realtà storica, il neofascismo si trovò ad un certo punto vicino alle organizzazioni storiche della criminalità italiana in nome di un esasperato anticomunismo e della salvaguardia di tradizioni e valori che queste organizzazioni sembrarono voler difendere e incarnare. In egual misura, però, fu proprio il triennio ’68-’70 a proporre le condizioni di una cointeressenza convergente affinché anche nella ‘ndrangheta fosse portata a compimento una parabola evolutiva verso un avvicinamento ai modelli organizzativi di Cosa Nostra <401 e, ad una dinamica di autofinanziamento, imperniata sui sequestri di persona e la costituzione di batterie criminali ibride. Lo storico Nicaso ha richiamato sul punto la corrispettività delle scelte strategiche palesate dopo Montalto, accostandole quale riflesso incondizionato alle posizioni delle anime rinnovatrici presenti all’interno dell’assise ‘ndranghetista: la ‘ndrina di Gioia Tauro, fautrice della verticalizzazione gerarchica; la consorteria emergente di Reggio Calabria vicina alle formazioni neofasciste; e il gruppo di San Luca, ideatore e artefice della maggioranza dei sequestri di persona perpetrati dal cartello <402.
Per di più, la prospettiva analitica offerta dalle parole dei tre pentiti impone di incardinare l’evento storico del 26 ottobre 1969 in relazione alla sua prossimità con il fenomeno eversivo, in quanto rivelatore di due caratteri peculiari della ‘ndrangheta postbellica: l’aspirazione imprenditoriale e il salto di qualità nell’uso della risorsa violenta ed intimidatrice <403. A questi, vanno integrandosi -quasi in concomitanza- un novero di tematiche richiamate nell’inchiesta Mammasantissima <404 e riprese finanche dallo storico Cuzzola <405. Non sorgono dubbi di alcuna natura circa l’essenza riconciliatrice racchiusa nel summit di Montalto. D’altro canto, la medesima sentenza del Tribunale di Locri <406 espose al suo interno i punti all’ordine del giorno illustrati dal vecchio capobastone Zappia: 1) l’opportunità di unificare in una sola organizzazione, che sarebbe stata più efficiente, i gruppi di malavita facenti capo rispettivamente a Domenico Tripodo, ad Antonio Macrì e a Giuseppe Nirta; 2) l’inderogabile esigenza del rispetto della tradizione in ordine al luogo dell’assemblea annuale, luogo che doveva continuare ad esser scelto nella zona del Santuario di Polsi; 3) la necessità di inasprire la lotta contro la polizia, ricorrendo perfino ad attentati dinamitardi.
Ad ogni buon conto, la sentenza poc’anzi citata appare esemplare nel saper intaccare la radice di un problema accomunante il lavoro delle Procure del tempo, e già segnalato in apertura della nostra opera. In maniera del tutto analoga a quanto avvenuto per i procedimenti giudiziari contro il terrorismo politico, anche l’allora Procura di Locri sembrò difettare in un approfondimento sulle sinergie occulte emerse dai fatti di Montalto e sull’approdo a Reggio di un cospicuo numero di eversori neri al cospetto di Valerio Junio Borghese, polarizzando la sua valutazione di merito sul thema probandum della configurabilità dei reati di associazione a delinquere e di resistenza a pubblico ufficiale. A distanza di vent’anni, il compito di integrare il quadro d’insieme è spettato alle indagini condotte dalla DDA di Reggio Calabria (Operazione Olimpia <407), le quali hanno potuto certificare la strumentalità dell’incontro di Montalto al fine di deliberare una pubblica posizione a sostegno della campagna golpista di Borghese, e la conseguente acquisizione di meriti in campo politico utili nel ridisegnare gli equilibri di forza interni al sodalizio <408.
Restano comunque sullo sfondo della vicenda significative incongruenze storiche.
a) Il summit quale organo di coordinamento politico
Esiste la prova documentale attestante la storicità dell’assemblea annuale della ‘ndrangheta. Già con la sentenza della Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria del 28 febbraio 1968 <409 pronunciata contro Vincenzo Romeo, imputato di omicidio in persona di Pietro Casile, l’organo inquirente accennava a più riprese ad una adunanza che normalmente – e istituzionalmente – si sarebbe svolta a Polsi con cadenza annuale.
L’assemblea, tenutasi nell’agosto-settembre 1951, indicò la scuderia politica da sostenere nelle elezioni del 7-8 giugno seguente segnando, come sostenuto anche dalle parole del Tribunale di Locri, la continuità istituzionale dell’assemblea malavitosa. Essa si sarebbe posta come una grande assise mediante cui rinsaldare il vincolo associativo e trasmutare le preferenze politiche da un fatto personalistico ad una manifestazione fisiologica di un nuovo agire mafioso <410. Ribadito ciò, merita attenzione la sequela di scelte impugnate dal cartello rispetto alle imminenti tornate elettorali. Così come il summit del 1951, anche quello del 1969, pur nell’anomalia delle celebrazioni in ottobre, anticipò le consultazioni estive.
Resta nostro malgrado molto nebulosa la valutazione, promossa dalla maggioranza degli studiosi, di annoverare fra i motivi della scelta l’appoggio al putsch militare promosso da Borghese, collocato temporalmente a distanza di oltre un anno dalla riunione.
Appare invece più convincente la lettura promossa dallo storico Ciconte <411, il quale inquadra il fatto nella cornice degli avvenimenti propiziatori l’inizio della strategia della tensione. Non a caso nella notte a cavallo tra il 6 e 7 dicembre ’69 la Questura di Reggio Calabria sarà oggetto di un fragoroso attentato dinamitardo, fatto per il quale saranno arrestati gli eversori Pardo e Schirinzi e di cui, nonostante ciò, non verrà mai individuato il movente.
Rito propiziatorio per Piazza Fontana o reazione della ‘ndrangheta dopo l’irruzione guidata dal questore Santillo durante il summit di Montalto? La risposta è stata in parte formulata nella sopracitata inchiesta Olimpia412 che ha saputo dimostrare l’inserimento progressivo della ‘ndrangheta in un progetto politico ben più ampio, necessitante di una componente armata trasversale e infarcita di esperienze multiformi <413.
Quel che resta in chiave incontrovertibile è comunque la rinsaldata prossimità dei due campi organizzativi, divenuti nei mesi successivi unico corpo armato dei moti reggini, e fucina di politiche criminali spesso sbocciate nel traffico di materiali esplosivi e armi da fuoco <414.
b) Il rapporto Sabatino
Mentre il vecchio capobastone Peppe Zappia era intento a presiedere il summit nel tentativo di sedare verbalmente i dissapori sorti, un esiguo gruppo di esponenti delle forze dell’ordine (sei membri) guidato dal commissario Alberto Sabatino fece irruzione nella radura di Montalto. Si trattò di un evento di assoluta rarità per le forze di Polizia in quanto, per loro stessa ammissione <415, soltanto in un singolo caso – nel 1960 – i pubblici ufficiali erano riusciti ad individuare il luogo della riunione senza tuttavia cogliere i partecipanti in flagranza di reato. Altresì, nel verbale in oggetto fu fatto riferimento ad un’intensa attività di monitoraggio conseguente alla rilevazione di un transito anomalo di pregiudicati provenienti dalla piana di Gioia Tauro e dalla zona Jonica scaturita, infine, nella determinazione dell’area di incontro prevista.
Verbali alla mano, un primo dato inconsueto può essere segnalato nella composizione organica del gruppo di uomini selezionati da Sabatino e dal questore Santillo. Sebbene nel reperto si parli di “colonne mobili, costituite da elementi particolarmente esperti, che muovendosi agilmente da determinati punti nevralgici convergessero verso la zona del santuario, procedendo con estrema cautela lungo le arterie consortili che intersecano sul citato altopiano416”, le prove documentali certificano la partecipazione di soli 20 militari della Mobile e di 4 Marescialli <417, a fronte di un contingente ‘ndranghetista costituito da oltre 200 uomini d’onore. Interrotto l’evento durante l’orazione di Zappia, e dispersasi una parte del nucleo di malavitosi, la ricostruzione storica vacilla anche al cospetto di un’ulteriore discrasia numerica. Il rapporto giudiziario di denuncia fu formulato a carico di 19 elementi identificati <418 contro gli oltre duecento accorsi sull’Aspromonte. Per di più, come rimarcato nella sentenza del Tribunale di Lori, a processo finiranno solo 72 imputati, quasi tutti afferenti alla vecchia mafia agropastorale e vicini alle cosche Nirta, Tripodo e Macrì. Spicca così l’assenza dei giovani rampolli del quartiere Archi e dei famigerati eversori accorsi all’incontro dopo i disordini di piazza del giorno precedente, uniti da una dinamica di impunità che negli anni a venire si legherà indissolubilmente con quell’opacità del potere raccontata da Bobbio <419 e di cui la “Santa” sarà massima espressione.
[NOTE]
399 Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri, Reparto Anti Eversione, Appunto su Alternativa Nazional Popolare (1993 mag.24), a firma Cap. Giraudo e Ten. Col. Ganzer, 24 maggio 1993. Tratto da ACS, Raccolte speciali, Direttiva Renzi, Ministero della Difesa, Arma dei Carabinieri, Piazza della Loggia (1994), Raggruppamento Operativo Speciale ROS, Reparto anti-eversione (1993-2008), Attività di supporto alle indagini del giudice istruttore Salvini nell’ambito delle inchieste sull’eversione di destra (proc. Pen. 721/88F, poi 2/92F).
400 Ivi, pag.3.
401 N. GRATTERI, A. NICASO, Fratelli di sangue, Mondadori, Milano, 2010, pp. 49-51.
402 Ibidem.
403 Tribunale di Locri, Proc. Penale contro Zappia Giuseppe + 71. Sent. n.299, N.75-70 Reg. Gen. Depositata 24 marzo 71, pp. 249-271.
404 Tribunale di Reggio Calabria, Sezione G.I.P.-G.U.P, Proc. Penale n.9339/2009 R.G.N.R.D.D.A, Proc. n. N. 5448/2010 R.G.I.P. D.D.A, N. 50/2015 R. O. C. C. D. D. A, Ordinanza di applicazione delle misure cautelari contro De Stefano Giorgio + altri.
405 F. CUZZOLA, Reggio 1970. Storie e memorie della rivolta, Donzelli editore, Roma, 2007, pag.147.
406 Tribunale di Locri, Proc. Penale contro Zappia Giuseppe + 71. Sent. n.299, N.75-70 Reg. Gen. Depositata 24 marzo 71.
407 Tribunale Di Reggio Calabria Corte Di Assise Seconda Sezione P.P. Olimpia Sentenza Procedimento Penale Olimpia Nr. 46/93 R.G.N.R. D.D.A. Nr. 72/94 R. G.I.P. D.D.A N. 3/99 Sentenza N. 18/96 R.G. Assise. Atti dell’istruttoria, cap. XXVIII.
408 F. CUZZOLA, Reggio 1970. Storie e memorie della rivolta, Donzelli editore, Roma, 2007, pag.149.
409 Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria, Proc. Penale contro Romeo Vincenzo, 28 febbraio 1968. Tratto da Tribunale di Locri, Proc. Penale contro Zappia Giuseppe + 71. Sent. n.299, N.75-70 Reg. Gen. Depositata 24 marzo 71, pp. 121-122.
410 Tribunale di Locri, Proc. Penale contro Zappia Giuseppe + 71. Sent. n.299, N.75-70 Reg. Gen. Depositata 24 marzo 71, pp. 122.
411 E. CICONTE, Storia criminale. La resistibile ascesa di mafia, ‘ndrangheta e camorra dall’Ottocento ai giorni nostri, Rubettino editore, Cosenza 2008, pp. 315-316.
412 Richiesta di custodia cautelare in carcere a carico di Condello Pasquale + altri, n. 46/93 RGNR DDA, in data 21.12.1994.
413 Sent. Tribunale di Reggio Calabria, Corte di Assise Penale n.3/99, Sez. II, Procedimento Penale Olimpia, a carico di Condello Pasquale + altri, n. 46/93 RGNR DDA, nr. 72/94 G.I.P D.D.A., nr. 18/96 R.G. ASSISE, 19 gennaio 1999.
414 Nei paragrafi precedenti si è fatto riferimento alla comprovata attività di traffico d’armi ed esplosivi avviata da Avanguardia Nazionale.
415 Rapporto di polizia n.36950/2, Squadra Mobile di Reggio Calabria a firma del Commissario Capo di P.S Dott. Sabatino A., 31 ottobre 1969, pag. 3.
416 Rapporto di polizia n.36950/2, Squadra Mobile di Reggio Calabria a firma del Commissario Capo di P.S Dott. Sabatino A., 31 ottobre 1969, pag. 4.
417 Il commando risultava condotto dal Maresciallo di Polizia Gregorio Anello, coadiuvato dai Brigadieri Francesco Mondo, Pasquale Barracato, Antonino Licandro, Antonio Lombardi e Pietro Medico.
418 Zappia, Scopelliti, Rodà, Giorgi, Greco, Patea, Fortugno, Morena, Strati, Romeo A., Romeo A., Sergi, Pellegrino, Battaglia, Minniti, Olivieri, Calabrò, Tripodi, Furfari.
419 N. BOBBIO, La democrazia e il potere invisibile, Rivista italiana di scienza politica, X, 1980, p.181-203.
Giuliano Benincasa, Criminalità Organizzata. Sviluppo, metamorfosi e contaminazione dei rapporti fra criminalità organizzata ed eversione neofascista: ibridazione del metodo del metodo mafioso o semplice convergenza oggettiva?, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno Accademico 2020-2021