Sui servizi segreti e di polizia del Reich in Italia

Fonte: Amedeo Osti Guerrazzi, Op. cit. infra

La presenza in Italia dei servizi segreti del Reich risaliva al 1939, quando iniziò ad operare la sezione dedicata allo spionaggio estero del Sicherheitsdienst (chiamata Ausland-SD o Amt VI), ovvero l’agenzia di spionaggio civile del Terzo Reich inglobata nel Reichssicherheitshauptamt (RSHA, Ufficio per la sicurezza dello Stato) <5. Un documento del controspionaggio italiano definiva l’azione del SD nel nostro Paese «come un controspionaggio politico svolto con modalità offensive e di penetrazione» <6. Contemporaneamente era presente anche l’Abwehr, il servizio informativo della Wehrmacht, la cui centrale romana era diretta dal colonnello Otto Hellferich. Fino all’8 settembre 1943, l’Abwehr in Italia si occupava principalmente di controspionaggio (Terzo Abwehr o Abwehr III) oltre che del reclutamento di agenti da inviare in missioni in Grecia o nel Medio Oriente <7.
La situazione per entrambi i servizi cambiò radicalmente quando venne reso noto l’Armistizio tra Italia e gli Alleati. Già nell’agosto del 1943, tuttavia, il generale Karl Wolff era stato designato come ‘‘Comandante supremo della polizia e delle SS in Italia’’ il quale da Monaco aveva iniziato ad organizzare la futura struttura delle SS in Italia <8. Nonostante le rassicurazioni di Badoglio sul proseguimento della guerra a fianco del Reich, la destituzione di Mussolini aveva minato significativamente la fiducia dei tedeschi nei confronti dell’ormai ex alleato. Pertanto, nei mesi di luglio e agosto, le truppe tedesche non vennero più inviate verso il Sud e la Sicilia, dove gli Alleati avevano aperto il nuovo fronte europeo, ma iniziarono ad occupare posizioni strategiche anche in Italia settentrionale. I porti di Genova, La Spezia, Trieste, ma anche la capitale vennero letteralmente accerchiati <9. Al contrario del Regio esercito dunque, l’8 settembre non colse impreparati né la Wehrmacht né le SS, le cui forze occuparono il territorio italiano senza grandi difficoltà <10.
Anche l’Abwehr, il servizio dell’esercito, non esitò ad inviare personale che potesse organizzare anche in Italia la Prima e la Seconda sezione, rispettivamente avente compiti di spionaggio e sabotaggio. Allargò inoltre il suo raggio d’azione, espandendo in primo luogo la rete già presente nell’Italia settentrionale con sede a Milano, capeggiata dal maggiore Hans Werner, e istituendo alcuni sottocentri a Genova, Torino e, per il controllo della frontiera italo-svizzera, a Domodossola e Chiasso <11. Nelle due zone di operazioni Adriatisches Kustenland e Alpenvorland, direttamente annesse al Reich, vennero fondati tre sottocentri a Trento, Bolzano e Trieste che svolgevano, oltre ad attività di controspionaggio, anche propaganda a favore della Germania <12. I due nuovi settori aggiunti dovettero inoltre istituire delle scuole per addestrare i loro agenti.
[NOTE]
5 GENTILE, Carlo, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 462.
6 The National Archives (d’ora in avanti TNA), WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, rel. s.d., ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca’’, p. 25.
7 Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, Fondo Servizio Informazioni Militare (d’ora in avanti AUSSME, SIM), b. 66, f. 1-1-1 1943 Organizzazione informativa tedesca in Italia, rel. del 19 ottobre 1943 ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca in Italia e su alcune persone maggiormente in vista’’, pp. 1-2.
8 KLINKHAMMER, Lutz, L’occupazione tedesca in Italia (1943-1945), Torino, Bollati Borighieri, 1993, pp. 84-86.
9 GENTILE, Carlo, I crimini di guerra tedeschi in Italia, Torino, Einaudi, 2015, p. 38.
10 Ibidem, pp. 40-46. Per le conseguenze dell’armistizio vedi AGA ROSSI, Elena, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943, Bologna, Il Mulino, 2003.
11 AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 25 gennaio 1945 ‘‘Memoria circa l’organizzazione dei servizi informativi tedeschi’’, n. prot. 1229, pp. 6-7.
12 Ibidem, p. 7.
Nicola ToniettoLe reti di spionaggio e sabotaggio nazifasciste nell’Italia occupata dagli Alleati (1943-1945) in La voce del silenzio. Intelligence, spionaggio e conflitto nel XX secolo, Diacronie, N° 28, anno 4, 2016

L’ufficio del BdS a Verona era organizzato quasi esattamente come quello dello RSHA di Berlino <23: era suddiviso in cinque o sei uffici (nei comandi in Italia spesso i reparti personale e amministrazione venivano accorpati), con i seguenti compiti: I Personale (Alexander Radlherr); II Amministrazione (Alexander Radlherr); III Sd-Inland (Ernst Turowski); IV Gestapo (Fritz Kranebitter); V Kripo (Franz Gasser); VI Auslandnachrichtendienst (Klaus Huegel). <24 In tutto, l’ufficio del BdS di Verona aveva a sua disposizione circa 248 persone. <25
Ogni ufficio, come è noto, era ulteriormente diviso in sezioni. Il IV1, Opposizioni, era diretto dal sottotenente originario di Francoforte Josef Didinger; il IV2, Sabotaggio, da Kurt Lahr; IV3, da Franz Schwinhammer; Il IV4b, Ebrei, da Fritz Boßhammer. <26 Il gruppo di ufficiali del BdS, secondo Libera Picchianti, rappresentava un “gruppo omogeneo di specialisti”, tutti “professionisti dell’intelligence” con una solida esperienza alle spalle. <27
Sempre rispettando la struttura piramidale, Harster aveva diviso il territorio a lui sottoposto in vari comandi. Ogni grande città aveva un Comando avanzato (Außenkommando, AK). A Milano l’Außenkommando era agli ordini di Theo Saevecke; a Torino di Alois Schmid; a Genova di Zimmer e poi di Siegfried Engel. Questi comandi avevano a loro volta delle succursali dipendenti nei centri minori, che avevano il nome di Aussenposten (AP).
I tre comandi di Milano, Torino e Genova era raggruppati nel comando Oberitalien West, agli ordini di Walter Rauff, che aveva sede a Milano. L’ufficio di Rauff, secondo le indagini condotte nell’immediato dopoguerra dal servizio segreto inglese, <28 rispettava il modello dello RSHA. Il suo vice comandante era l’altoatesino Giuseppe Mussak, che svolgeva anche il compito di capo-segreteria e di interprete. L’Ufficio IV era diretto dal conte Ferdinand Thun-Hohenstein, austriaco, ex ufficiale superiore dell’Abwehr, passato sotto Rauff nell’autunno 1944 con la fusione tra Abwehr militare e SD Ausland (Reparto VI), <29 aiutato dal capitano Come. L’ufficio III era diretto dal capitano Hans Rainer, aiutato dal tenente Rausch. Questo ufficio aveva il compito di tenere i contatti con i fascisti e di dare informazioni sullo stato d’animo della popolazione e sulla situazione politica generale. Il reparto III, agli ordini del capitano Beuer (di cui facevano parte i fratelli Franz e Mario Durst), aveva il compito di tenere i rapporti con gli ambienti economici e industriali e con gli altri uffici economici tedeschi, come il Rüstung und-Kriegs Produktion. Quest’ultimo ufficio era sottoposto dal punto di vista amministrativo all’ufficio di Rauff, ma prendeva gli ordini operativi direttamente dallo RSHA di Berlino.
A Rauff era sottoposto un altro ufficio estremamente importante nell’ambito della persecuzione anti-ebraica, ovvero l’Außenkommando di Como – Cernobbio, che aveva la sua giurisdizione sulle provincie di Como, Varese e Lecco, cioè in pratica tutta la zona di confine tra la Lombardia e la Svizzera. Questo AK era comandato dallo SS Hauptsturmführer und Kriminalkommissar Josef Vötterl. <30 Quindi la “catena di comando”, per quanto riguarda le operazioni di polizia politica, antiebraica e antipartigiana nelle città dell’Italia Nord-occidentale, in teoria, era la seguente: Wolff, Harster, Rauff, comandanti degli AK, forze di polizia italiane.
Riguardo invece alle operazioni nelle città fuori dalla zona Oberitalien West, la catena di comando “saltava” un passaggio, cioè quello di Rauff. Quindi la gerarchia era la seguente: Wolff, Harster, comandanti locali degli AK, forze di polizia italiane.
Per quanto riguarda invece le operazioni di grande polizia, cioè i rastrellamenti anti-partigiani, sempre per la zona Oberitalien West, invece la catena di comando era la seguente: Kesselring (Wolff), Toussaint, von Kamptz, comandi italiani. <31 Anche questi comandi ebbero un ruolo nella persecuzione degli ebrei, in quanto spesso nelle retate nei paesi di campagna o sulle montagne, o nelle operazioni anti-partigiane, gli ebrei potevano cadere nelle mani dei tedeschi o dei fascisti, sia che fossero civili in fuga sia che fossero partigiani combattenti. Gli esempi di Primo Levi, Leone Ginzburg e di Emanuele Artom sono soltanto i più noti di ebrei partigiani arrestati e in seguito deportati o uccisi. <32 Inoltre alcuni piccoli reparti del BdS di Verona erano stati impiegati a loro volta nelle operazioni contro i partigiani nelle valli montane, come il cosiddetto Skikommando, una piccola unità specializzata in controguerriglia i cui uomini parteciparono a rastrellamenti contro i partigiani della Liguria e del Piemonte. <33
Fuori dalla zona Oberitalien West, Harster aveva installato un’altra serie di AK. Bologna (Julius Wilbertz); Venezia (Ernst Bach); Firenze (Otto Alberti); Perugia (Herbert Herbst); Roma (Herbert Kappler). <34 Complessivamente, secondo Gentile e Klinkhammer, il personale a disposizione del BdS nell’aprile del 1945 aveva raggiunto la cifra di 1173 uomini. <35
Mentre si stava strutturando questa rete di comandi, nell’autunno del 1943 fu attivo anche un altro reparto, l’Einsatzkommando Dannecker, un Kommando speciale inviato in Italia all’inizio di ottobre con lo scopo specifico di arrestare e deportare gli ebrei dall’Italia, e che funzionò per un breve periodo, fino a dicembre 1943. Questo Kommando, di cui si parlerà più avanti, era formato da circa 10 persone coadiuvate da 365 uomini della Polizia dell’ordine, e si spostò da Roma fino a Milano, per poi essere sciolto.
Come è ormai ampiamente noto, i compiti degli Aussekommandos (e del BdS in generale) erano principalmente quelli di gestire la repressione e informare i comandi superiori sullo stato d’animo della popolazione e sulla situazione politica generale. Ogni AK era strutturato secondo il modello berlinese dello RSHA, con sei uffici dei quali i più importanti erano il III (informazioni sulla popolazione); IV (Gestapo); e V (polizia criminale). Questa struttura era estremamente flessibile, e i vari uffici erano facilmente intercambiabili, nel senso che chi si occupava di mercato nero, spesso aveva a che fare anche con ebrei o strutture che aiutavano gli ebrei, costretti a rifornirsi al mercato non ufficiale per mancanza di tessere annonarie. Chi invece si occupava di lotta antipartigiana, poteva tranquillamente imbattersi in organizzazioni clandestine che aiutavano gli ebrei, e viceversa. Inoltre, come si vedrà, tutti questi uffici prendevano le informazioni dai “V-Leute”, cioè dagli informatori locali, che spesso davano notizie su argomenti più svariati, dai conventi che nascondevano militari alla macchia, alle organizzazioni resistenziali vere e proprie. Insomma, soprattutto a livello locale, gli uffici della polizia tedesca non erano rigidamente divisi per competenze gli uni dagli altri ma, per la scarsezza di personale e per il tipo di fonti utilizzate, spesso operavano su più fronti collaborando tra loro. Inoltre anche il personale era piuttosto eterogeneo, provenendo da diversi organi repressivi, quali lo SD delle SS, la polizia criminale e la Gestapo. Non un organismo monolitico, quindi, ma formato e gestito nella maniera più flessibile possibile.
23 Per l’organizzazione dello RSHA e della Gestapo ho utilizzato Carsten Dams – Michael Stolle, Die Gestapo. Herrschaft und Terror im Dritten Reich, Beck, Berlin, 2007.
24 Il personale del BdS in Yad Vashem Archive (d‘ora in poi YVA), Processo Boßhammer, file Tr.754. Lo staff di Harster è descritto anche in Carlo Gentile – Lutz Klinkhammer, Gegen die Verbündeten von einst. Die Gestapo in Italien, in Gerhard Paul – Klaus-Michael Mallmann, Die Gestapo im Zweiten Weltkrieg. „Heimatfront“ und besetztes Europa, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstat, 2000, pp.521-540.
25 Carlo Gentile, Intelligence e repressione politica. Appunti per il servizio informazioni del SD in Italia 1940-1945, manoscritto non pubblicato.
26 YVA, Processo Boßhammer, file Tr.754. Sulla composizione dell’ufficio di Harster si veda, anche, Carlo Gentile e Lutz Klinkhammer, L’apparato centrale della Sicherheitspolizei in Italia: struttura, uomini e competenze, in Sara Berger (a cura di), I signori del terrore. Polizia nazista e persecuzione antiebraica in Italia (1943-1945), Cierre, Verona, 2016, pp.40-41.
27 Libera Picchianti, Motivati, capaci, affidabili. Gli uomini del BdS a Verona, in Sara Berger (a cura di), I signori del terrore, cit., p.87
28 Archivio della Commissione statale sulle stragi nazi-fasciste, doc. n.50/1.
29 Informazione fornita da Carlo Gentile.

30 Archivio della Camera dei Deputati, Documenti della Commissione d’Inchiesta sull’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini di guerra tedeschi, File 051/17, doc.612.
31 Sulla strategia anti partigiana in Italia si veda Carlo Gentile, Wehrmacht und Waffen-SS im Partisanenkrieg: Italien 1943-1945, Schöning, Paderborn – Münich- Wien – Zürich, 2012.
32 Non c’è bisogno di ricordare le vicende di Primo Levi. Leone Ginzburg morì in seguito alle torture in carcere a Roma. Emanuele Artom fu seviziato nelle carceri di Cuneo e poi portato alle “Carceri Nuove” di Torino, dove morì in seguito alle torture subite.
33 Carlo Gentile e Lutz Klinkhammer, L’apparato centrale della Sicherheitspolizei in Italia, cit., p.42.
34 Gli studi sugli AK sono ancora allo stadio embrionale. Per avere informazioni sulla deportazione degli ebrei a livello locale si vedano: Renata Segre, Gli ebrei a Venezia. Una comunità tra persecuzione e rinascita, Il Cardo, Venezia, 1995; Nazario Sauro Onofri, Ebrei e fascismo a Bologna, Lavino, Bologna, 1989; Gregorio Caravita, Ebrei in Romagna (1938-1945). Dalle leggi razziali allo sterminio, Longo editore, Ravenna, 1991; Enzo Collotti (a cura di), Ebrei in Toscana tra occupazione tedesca e Rsi. Persecuzione, depredazione, deportazione (1943-1945), Carocci, Roma, 2007; su Bergamo Sandro Cavati, Ebrei a Bergamo 1938-1945: la deportazione (Seconda parte), in “Studi e ricerche di Storia contemporanea”, n.61, 2004, pp.64-73; per quanto riguarda Perugia non sono a conoscenza di studi specifici. Per Roma si veda più avanti.
35 Carlo Gentile – Lutz Klinkhammer, Gegen die Verbündeten von einst, cit., p.528.

Amedeo Osti Guerrazzi, Tedeschi, Italiani ed Ebrei. Le polizie nazi-fasciste in Italia. 1943-1945, Pensare e insegnare la Shoah, attività e materiali – Assemblea legislativa. Regione Emilia-Romagna, pp. 8-11

Anche in un secondo aspetto, strettamente legato a quanto finora esposto, la presenza dei servizi SD e della Sicherheitspolizei fu significativa. Voglio dire le trattative e le tregue intavolate tra l’estate e l’inverno del 1944 tra comandi tedeschi e formazioni partigiane, tra le quali la più nota oggi è quella stipulata in Valcamonica e studiata da Mimmo Franzinelli <99. Un esame di alcuni dei casi meglio documentati dimostra che queste operazioni, pur nella varietà delle situazioni in cui esse si svolsero e degli attori coinvolti, ebbero un elemento in comune di grande rilievo e che rimanda a quanto detto poco innanzi a proposito dei tentativi di penetrazione: il fatto che tali contatti riguardino esclusivamente le formazioni partigiane considerate moderate e quelle più nazionaliste. Bisogna considerare che i servizi tedeschi non erano nuovi a tentativi di questo genere, i quali, in fasi della guerra più favorevoli alle sorti della Germania, non erano stati affatto privi di successo, come dimostrano i fatti di Grecia, o i rapporti con Mihailovic in Jugoslavia e con il movimento nazionalista ucraino, per fare solo qualche esempio. In Italia, per quanto finora ne sappiamo, furono protagoniste di queste ingarbugliate vicende soprattutto le formazioni Autonome, come i Gruppi controllati da “Mauri” nelle Langhe, le Brigate “Julia” dei fratelli Beretta, le formazioni a sfondo cattolico, come le “Fiamme Verdi” in provincia di Brescia, o quelle più “anomale” dello schieramento di Giustizia e Libertà (e politicamente più vicine a quelle Autonome) come i GL del Piacentino e dell’Oltrepò Pavese e la IV. Divisione “Stellina”. Una costante di questi temporanei accordi è che essi furono stipulati sempre in funzione esplicitamente anticomunista. Questo vale per il primo caso conosciuto, il passaggio dell’oscura formazione del “capitano Davide” ai tedeschi nell’Astigiano, alla fine dell’inverno 1944. Anche questo sulla base di trattative tra Davide ed un inviato della Sicherheitspolizei di Torino, il tenente SS Otto Grieser di Bolzano, poi, alla vigilia della Liberazione, “esperto” di repressione antipartigiana presso il comando SS di Genova <100.
[NOTE]
99 Mimmo Franzinelli, Un dramma partigiano. Fiamme Verdi, garibaldini e tedeschi in Alta Val Camonica: la zona franca e il Caso Menici, in: Studi bresciani (Quaderni della Fondazione Micheletti) No. 8, 1995. Le trattative furono aperte con comando militare di truppe alpine e con un battaglione di polizia tedesca, ma ben presto subentrò un giovane ufficiale baltico del SD, Ilmar Kaasik, che le condusse fino alla loro tragica fine. Sul tema delle tregue e delle trattative tra tedeschi e partigiani v. inoltre Pietro Bonardi, Scambi di prigionieri e di ostaggi durante la lotta di liberazione, in: Storia e documenti 1, 1989, p. 71-95, Storia e documenti 2, 1989, p. 95-123, Storia e documenti 3, 1990, p. 65-87.
100 V. BA-MA, RH 24-75/20, LXXV. Armeekorps, Ic, Anlagen.
Carlo Gentile, art. cit.