Il fenomeno del cosiddetto fascismo clandestino ebbe ampiezza piuttosto larga sul territorio nazionale

[…] Il fenomeno del cosiddetto “fascismo clandestino” ebbe ampiezza piuttosto larga sul territorio nazionale, ma dar ragione di tutto il movimento della “rinascita neofascista” richiederebbe spazi che vanno al di là di questa breve nota. Soffermandoci sugli episodi più macroscopici, ricorderemo che quelli più significativi, che spesso sfociarono in processi tenuti dai tribunali militari alleati, si ebbero per esempio in Sicilia, ove agiva un gruppo che non si limitava alla sola propaganda, ma che agiva con azioni di carattere militare, che furono interpretate dagli alleati come una gravissima minaccia dell’incolumità delle truppe americane, e che vennero stroncate con una notevole durezza, come nel caso della condanna a morte decretata nei confronti di Salvatore Bramonte, le cui azioni di sabotaggio si dispiegarono tra Vittoria e Gela in Sicilia.
Molto forte fu il movimento clandestino fascista anche in Sardegna: qui gli aderenti ai gruppi del neofascismo, tra i quali massiccia era la presenza di militari, furono alla fine catturati, ma condannati a pene molto blande, o addirittura mandati assolti. Sul continente, un gruppo clandestino di una certa rilevanza fu quello guidato e fondato dal prìncipe Pignatelli, che battezzò la propria organizzazione clandestina «Guardie ai Labari», che aveva la funzione di agire alle spalle degli alleati con azioni di disturbo. Intorno al 1944 anche l’organizzazione del Pignatelli venne individuata e molti componenti di essa furono arrestati e messi sotto processo, Il gruppo di Pignatelli, del quale si contarono alcuni attentati contro le truppe alleate, si distinse anche per i suoi tentativi di stabilire contatti con la RSI, fornendo informazioni di carattere militare. La cattura avvenuta nel 1944 non si risolse con condanne a morte, ma con pene detentive che andarono da un massimo di dieci anni di reclusione a un minimo di due, con varie assoluzioni per insufficienza di prove. La pena detentiva più severa venne comminata al prìncipe Pignatelli, condannato a dodici anni di reclusione, mentre la pubblica accusa ne aveva richiesti diciotto.
Nel caso della rinascita neofascista a Roma, allorché venne presa dagli alleati,il “fascismo clandestino”, più che con atti di sabotaggio si mise in evidenza per atti di spionaggio e per i contatti con la RSI. Alla cattura di numerose spie seguì l’ipotesi che dietro le linee alleate agisse una sorta di “quinta colonna” sulla cui consistenza numerica è difficile dire, ma che certamente si rivelò efficace a livello propagandistico, cercando di seminare lo scontento tra la popolazione, spesso soggetta a requisizioni e al carovita, come testimonia l’articolo del Barbagallo sull’Avanti del novembre 1944, dal titolo emblematico: “Neofascismo”.
Il revival neofascista comunque preoccupò notevolmente le forze politiche in campo, anche perché, effettivamente, accanto a gruppi che agivano più che altro come una rete di informazioni per la RSI, in Campania furono paracadutati numerosi elementi della X MAS guidati da Luigi Locatelli, i quali agivano sul territorio con caratteri tipicamente militari, tanto che, alla loro cattura, gli aderenti rischiarono la pena di morte. Il processo comunque andò per le lunghe perché gli atti furono poi trasferiti al Tribunale Militare di Milano, in quanto il giudice aveva dichiarato la propria incompetenza per vari fatti ascritti a molti imputati.
Quale fu l’importanza del fascismo clandestino nell’Italia 1943-1945? Esso ebbe indubbiamente un valore indiscutibile nel ridare vigore e fiato alla RSI, con la quale tutti i gruppi menzionati tentarono con alterna fortuna di entrare in contatto. Il problema, umano e storiografico, nato in quegli anni e mai in fondo definitivamente “risolto” sta tutto nel chiarire il senso della vera e propria guerra civile che si scatenò in Italia tra i gruppi partigiani e coloro che aderirono alla Repubblica di Salò; cosa che scatenò, all’interno di un conflitto tra i più cruenti nella storia del mondo contemporaneo, quello che Pavone definì “ un supplemento d’odio” che comportò una lotta terribilmente cruenta e ricolma di episodi, da una parte e dall’altra, di inenarrabile crudeltà tra gli italiani divisi tra le due opposte sponde, con “reciproche denunce di aver dato avvio alla lotta fratricida”MAS.
Ricostruendo, sia pure per sommi capi, quelle tragiche vicende, si ricorda brevemente che verso la fine del 1943 fu bandita dalla repubblica di Salò la leva per i nati fra il ’24 e il ’25. Si trattò di una chiamata che non ebbe una risposta massiccia; gli studi mettono in vista che solo un 40 per cento dei giovani si presentò ai rispettivi distretti militari. In sostanza l’esercito di Salò poteva contare effettivamente sui 200.000 uomini circa, oltre ovviamente su qualche migliaio di soldati raggruppati in formazioni minori, delle quali sicuramente la più famosa era costituita dalla X flottiglia MAS. La storiografia più seria e avvertita ha comunque alla fine stabilito alcuni dati di fondo inoppugnabili e non smentibili: qualunque ne fossero le ragioni, molti giovani aderirono con passione alla Repubblica di Salò, e le testimonianze in nostro possesso ne danno prova sicura […]
Enzo Sardellaro, La Repubblica di Salò. La nascita del ‘fascismo clandestino’, TuttoStoria.net

Daniele Lembo, La Resitenza fascista dietro le linee alleate – Fascisti e agenti speciali dietro le linee – La “Rete Pignatelli” e la resistenza fascista nell’Italia invasa dagli angloamericani”
Casa Editrice MA.RO. di Copiano (PV), 2004
Il libro di Daniele Lembo ha come oggetto, come si evince dal titolo, la resistenza fascista agli angloamericani nel Sud Italia invaso.
L’autore, per la redazione del testo, oltre che consultare tutta la bibliografia esistente sull’argomento, si è avvalso delle testimonianze e di memoriali di alcuni di quelli che, considerando gli alleati invasori e non liberatori, continuarono a combatterli anche nell’Italia invasa, venendo per questo arrestati e processati. Il punto di forza del libro è costituito proprio da queste testimonianze che, assieme ad alcuni documenti inediti provenienti dal National Archives di Washington, costituiscono un vero e proprio elemento di novità sull’argomento. Il volume si articola in due parti.
La prima di queste è destinata all’esame delle attività resistenziali fasciste nelle varie regioni del Sud.
Dopo un capitolo dedicato al “processo degli 88”, un famoso procedimento giudiziario che vide alla sbarra 88 giovani, e meno giovani, che intesero opporsi agli invasori Alleati, Lembo illustra al lettore quali furono, in vista dell’invasione delle regioni meridionali, i progetti militari per le operazioni di stay behind.
Nell’ambito di tali progetti vengono inclusi quelli approntati dal Regio Esercito e dalla Regia Marina, nonché dal P.N.F. che, prevedendo l’invasione della Penisola, costituì la “Guardia ai Labari.”
Dopodiché, viene considerata la resistenza clandestina in Sicilia fino al settembre 1943 – e da tale periodo alla fine della guerra – e il fascismo clandestino in Sardegna. Oltre ai moti dei “non si parte”, ovvero le manifestazioni popolari, spesso violente, di coloro i quali si rifiutarono di tornare alle armi per il Regno del Sud, per quanto riguarda la Sicilia vengono trattate le repubbliche di Palazzo Adriano, Piana degli Albanesi e Comiso. Furono queste vere e proprie repubbliche indipendenti che nacquero dalla ribellione popolare al Regno del Sud. Ci fu bisogno dell’intervento del Regio Esercito e dell’aviazione alleata per normalizzare la situazione in tali località.
Per la Sardegna vengono prese in esame le attività clandestine, l’invio di agenti speciali nell’isola e la propaganda della R.S.I. destinata ai sardi.
Esauriti gli episodi avvenuti nelle isole, si passa ai fatti di Calabria (con numerose interviste ed atti in appendice) e al fascismo clandestino in Campania e in Puglia. Un approfondito esame viene fatto per quanto riguarda l’attività del Principe Valerio Pignatelli di Val Cerchiara e di sua moglie, che furono i propulsori di una rete clandestina fascista operante al Sud.
La rete Pignatelli, che trasse origine dalla “Guardia ai Labari”, fu un’organizzazione articolata ed efficiente con continui e proficui contatti con il territorio della R.S.I.
Pignatelli ed i suoi, in generale, si occuparono di attività informativa fornendo notizie di carattere militare e generale al Nord, ma in casi particolari passarono a vere e proprie azioni militari.
La mancanza di fondi, alla quale il principe sopperì con propri fondi personali, e la stessa cattura del principe e di sua moglie non furono sufficienti a disarticolare la complessa organizzazione che si occupò anche di dare appoggio ad agenti speciali della R.S.I. giunti dal Nord con il compito di meglio organizzare la rete e di fare da consiglieri militari.
La seconda parte del libro è dedicata proprio ai servizi segreti e agli agenti speciali della R.S.I., operanti nei territori invasi.
L’autore, che trattando della resistenza fascista, definisce gli agenti speciali “l’altra faccia della medaglia”, dopo aver descritto la nascita e la struttura dei servizi segreti della R.S.I., passa alla disamina dei vari servizi speciali, ovvero quelle organizzazioni della Repubblica del Nord che inviavano agenti informativi e sabotatori oltre le linee.
Vengono esaminati il Gruppo David di Tommaso David (e la sua più nota agente, Carla Costa), ma anche i servizi speciali della X° Flottiglia Mas e dell’Aeronautica Repubblicana.
Numerosi furono gli agenti speciali che, catturati in missione, furono passati per le armi dagli alleati. Molte di queste catture furono possibili grazie ad un elenco degli agenti speciali italiani, in possesso dei servizi segreti alleati. L’autore, oltre a svelare il mistero dell’origine di questa rubrica, tenta anche di enumerare gli agenti che, catturati, furono processati e fucilati.
Il volume si chiude con un capitolo dedicato al dopoguerra che si collega ad un precedente capitolo dedicato al M.I.F., ovvero il Movimento Italiano Femminile Fede e Famiglia. Il M.I.F. potrebbe essere agevolmente indicato come: “Quello che restò della Rete Pignatelli nel dopoguerra”, perché è proprio nel dopoguerra che il M.I.F. venne allo scoperto. A crearlo fu la principessa Maria Pignatelli che riunì attorno a sé un gruppo di donne per creare un comitato che desse assistenza agli ex appartenenti alla R.S.I.
Augusto Carletti

La presenza in Italia dei servizi segreti del Reich risaliva al 1939, quando iniziò ad operare la sezione dedicata allo spionaggio estero del Sicherheitsdienst (chiamata Ausland-SD o Amt VI), ovvero l’agenzia di spionaggio civile del Terzo Reich inglobata nel Reichssicherheitshauptamt (RSHA, Ufficio per la sicurezza dello Stato) <5. Un documento del controspionaggio italiano definiva l’azione del SD nel nostro Paese «come un controspionaggio politico svolto con modalità offensive e di penetrazione» <6.
Contemporaneamente era presente anche l’Abwehr, il servizio informativo della Wehrmacht, la cui centrale romana era diretta dal colonnello Otto Hellferich. Fino all’8 settembre 1943, l’Abwehr in Italia si occupava principalmente di controspionaggio (Terzo Abwehr o Abwehr III) oltre che del reclutamento di agenti da inviare in missioni in Grecia o nel Medio Oriente <7.
La situazione per entrambi i servizi cambiò radicalmente quando venne reso noto l’Armistizio tra Italia e gli Alleati. Già nell’agosto del 1943, tuttavia, il generale Karl Wolff era stato designato come ‘‘Comandante supremo della polizia e delle SS in Italia’’ il quale da Monaco aveva iniziato ad organizzare la futura struttura delle SS in Italia <8.
Nonostante le rassicurazioni di Badoglio sul proseguimento della guerra a fianco del Reich, la destituzione di Mussolini aveva minato significativamente la fiducia dei tedeschi nei confronti dell’ormai ex alleato. Pertanto, nei mesi di luglio e agosto, le truppe tedesche non vennero più inviate verso il Sud e la Sicilia, dove gli Alleati avevano aperto il nuovo fronte europeo, ma iniziarono ad occupare posizioni strategiche anche in Italia settentrionale. I porti di Genova, La Spezia, Trieste, ma anche la capitale vennero letteralmente accerchiati <9. Al contrario del Regio esercito dunque, l’8 settembre non colse impreparati né la Wehrmacht né le SS, le cui forze occuparono il territorio italiano senza grandi difficoltà <10.
Anche l’Abwehr, il servizio dell’esercito, non esitò ad inviare personale che potesse organizzare anche in Italia la Prima e la Seconda sezione, rispettivamente avente compiti di spionaggio e sabotaggio. Allargò inoltre il suo raggio d’azione, espandendo in primo luogo la rete già presente nell’Italia settentrionale con sede a Milano, capeggiata dal maggiore Hans Werner, e istituendo alcuni sottocentri a Genova, Torino e, per il controllo della frontiera italo-svizzera, a Domodossola e Chiasso <11. Nelle due zone di operazioni Adriatisches Kustenland e Alpenvorland, direttamente annesse al Reich, vennero fondati tre sottocentri a Trento, Bolzano e Trieste che svolgevano, oltre ad attività di controspionaggio, anche propaganda a favore della Germania <12. I due nuovi settori aggiunti dovettero inoltre istituire delle scuole per addestrare i loro agenti. Il Primo Abwehr aveva scelto Firenze e Milano, la prima per l’esercito e la marina e la seconda per l’aviazione, come sedi per il reclutamento e l’addestramento di agenti informatori da inviare nel territorio occupato dagli Alleati. Al personale veniva insegnato come riconoscere gli stemmi e le armi alleate, oltre che individuare le loro navi mercantili e da guerra, gli aerei e aeroporti, nonché segnalarne la posizione. Al termine dell’addestramento, gli agenti venivano inviati in coppia, un informatore ed un radio-telegrafista, aventi rispettivamente il compito di raccogliere notizie e di trasmetterle <13. Essi dovevano attraversare le linee nemiche a piedi oppure venivano aviolanciati o fatti sbarcare sulla costa da imbarcazioni o sommergibili. Erano forniti di sistemi di riconoscimento, in particolare il Servizio provvedeva a dotarli di un fazzoletto bianco «con al centro, riportata con inchiostro simpatico la dicitura che l’agente fa[ceva] parte del servizio tedesco di informazione» <14. Il Secondo Abwehr, capeggiato dal conte di origine sudtirolese Thun von Hohenstein, aveva invece istituito inizialmente due scuole per sabotatori nell’isola di S. Andrea a Venezia e a Perugia <15. I corsi duravano solitamente dalle 6 alle 7 settimane e ciascun corso era seguito da un numero limitato di agenti <16. L’addestramento nell’uso degli esplosivi era meticoloso: le reclute dovevano fare molta pratica in allenamento prima che venisse permesso loro di mettere in atto le capacità acquisite contro il nemico. Alla fine dell’addestramento gli agenti venivano paracadutati oltre le linee nemiche oppure abbandonati in caso di ritirata. Venivano impiegati individualmente o in gruppi e nel secondo caso, il capo del gruppo aveva a disposizione un radio-telegrafista. Era inoltre l’unico a conoscere dove poter rinvenire l’esplosivo nascosto dall’esercito tedesco in ritirata <17. Le loro azioni avrebbero dovuto essere dirette principalmente contro linee ferroviarie, treni, magazzini, depositi di armi e carburante, centraline elettriche e telefoniche <18.
Agli agenti dell’Abwehr venivano assegnati un nome in codice (che differiva a seconda dell’unità di appartenenza), un nome e una storia di copertura <19. Solitamente, come riportato dall’intelligence italiana, gli agenti avrebbero dovuto raccontare di essere scappati dal Nord per evitare di essere obbligati a lavorare nell’Organizzazione Todt <20.
Erano inoltre provvisti di documenti falsi (carta d’identità e carta di appartenenza alla Todt) che avrebbero aiutato a supportare la loro storia se fossero stati catturati <21. Prima della partenza veniva anticipata una parte del compenso, il rimanente invece era riscosso nel momento del ritorno alla loro unità, una volta completata la missione <22.
Secondo lo stesso SIM, nonostante l’addestramento di alto livello, i risultati ottenuti dal Secondo Abwehr erano però nettamente inferiori se comparati all’azione degli agenti del SD.
Anche il servizio segreto delle SS aveva dovuto modificare ed incrementare la propria struttura in seguito all’apertura del fronte italiano. Innanzitutto il generale Wilhelm Harster, giurista bavarese, venne designato come comandante della Sicherheitspolizei (Sipo, Polizia di sicurezza) e del SD in Italia con sede a Verona, ovvero l’organismo che coordinava l’attività della Gestapo, della Kripo (Polizia criminale) e del SD, diviso tra Inland e Ausland (Interno ed Estero) <23. Pertanto, anche le altre due polizie iniziarono ad operare nel territorio italiano e, secondo i Servizi italiani, erano dirette inizialmente da Eugen Dollmann e Herbert Kappler <24. L’Ausland-SD, diretto da Karl Hass, prima a Roma e poi a Verona, iniziò ad interessarsi anche all’attività di sabotaggio sia materiale che morale, la cosiddetta attività di ‘‘quinta colonna’’, andando a scontrarsi e intralciarsi con il Secondo Abwehr <25. Per operazioni di spionaggio e sabotaggio il Servizio reclutava ed addestrava agenti in una scuola situata a Bologna. Un’altra scuola per sabotatori era stata predisposta a Roma mentre inizialmente gli agenti venivano inviati per l’addestramento a L’Aia in Olanda <26. Durante i corsi, di circa un mese, i sabotatori venivano istruiti nell’impiego di esplosivi, nell’uso di armi tedesche e alleate, nella tattica del sabotaggio e nell’uso di automezzi <27. Agli agenti del SD veniva consegnato, oltre che materiale esplosivo, del cianuro per potersi suicidare in caso di cattura <28.
Ma chi erano questi agenti e da dove venivano? Tra la seconda metà del 1943 e i primi mesi del 1944, Abwehr e Sicherheitsdienst arruolarono principalmente tedeschi e sudtirolesi che conoscessero la lingua italiana, in modo tale da permettere loro di operare più facilmente alle spalle della linea del fronte. Verso la fine del 1944, come ci informa il contro-spionaggio italiano, la situazione era molto differente. Tra gli agenti nemici arrestati sia dal SIM che dagli Alleati nel corso del 1944 infatti, più dell’85% erano italiani <29. Lo stesso report ci illustra che tra costoro figuravano disertori, persone ricercate per crimini comuni, ma la maggior parte erano fascisti fanatici <30. L’iniziale difficoltà per i Servizi tedeschi nell’arruolare personale in loco, aveva portato ad ingaggiare persone poco affidabili che avevano accettato di diventare agenti solamente per la generosa remunerazione che veniva loro garantita <31. Tuttavia, nel corso del 1944, la situazione cambiò quando i Servizi tedeschi riuscirono ad arruolare agenti provenienti da organizzazioni fasciste che potessero essere più affidabili come per esempio la Decima MAS di Junio Valerio Borghese, la Guardia nazionale repubblicana o la banda Koch <32.
Già all’indomani dell’8 settembre i tedeschi si premurarono di annunciare agli italiani la proclamazione di un governo nazionale fascista nonostante Mussolini fosse ancora prigioniero <33. Con la liberazione del Duce da parte del commando guidato da Otto Skorzeny, fu finalmente possibile fare insediare il nuovo governo fascista. Il 23 settembre 1943 nasceva, dunque, la Repubblica Sociale Italiana, anche se il nome divenne ufficialmente tale solo il 1° dicembre <34.
Secondo un’informativa conservata nell’archivio della divisione Servizi informativi e speciali del Ministero dell’Interno, «[n]el mese di ottobre del 1943 per ordine di Mussolini, Alessandro Pavolini formò dei gruppi di elementi fascisti di provata fede per creare un movimento di rinascita del fascismo nell’Italia meridionale» <35. Fu quindi fin dai primi giorni del neonato governo che il Duce si preoccupò dell’organizzazione di ‘‘quinte colonne’’ fasciste nel territorio occupato dagli Alleati. A dirigere l’ufficio creato per tale scopo fu chiamato Puccio Pucci, identificato come «ex ufficiale dei moschettieri di Mussolini e Capo di stato maggiore generale delle Brigate Nere» <36.
L’organizzazione, tuttavia, indicata nelle carte del controspionaggio alleato con il nome di Servizio Informativo Fascista Repubblicano, non svolse attività particolari fino all’arrivo dello scrittore Aniceto del Massa, il quale negli ultimi mesi del 1944, su incarico di Pavolini, affiancò Pucci nella direzione del Servizio <37. Ufficio che prese pertanto il nome di PdM dalle iniziali dei cognomi dei due direttori. Non era, d’altronde, la sola iniziativa che cercasse di creare dall’alto una resistenza fascista nel Sud Italia. Secondo Alfredo Cucco, tra i membri fondatori del Movimento Sociale Italiano (MSI) ed ex vice segretario del Partito Nazionale Fascista (PNF) nel 1943, Carlo Scorza, ultimo segretario del PNF, aveva incaricato il principe Valerio Pignatelli di Cerchiara, nella primavera del 1943, di dare vita ad una organizzazione di volontari che avrebbero dovuto agire alle spalle degli invasori con azioni di guerriglia e sabotaggi <38.
Le cosiddette Guardie ai Labari, questo il nome del gruppo, sarebbero state tuttavia liquidate dallo stesso Mussolini nella fase embrionale del progetto <39.
Contemporaneamente all’instaurazione dell’Ufficio PdM, nell’ottobre 1943 veniva creato il servizio informativo della Repubblica Sociale Italiana, nominato Servizio Informazioni Difensivo (SID), e dipendente del Ministero delle Forze Armate della Repubblica di Salò <40. Il Servizio, che aveva sede a Volta Mantovana, venne affidato a Vittorio Foschini, giornalista ma anche ex agente del cosiddetto servizio 6x, un servizio informativo attivato verso la fine del 1942 su iniziativa dello stesso Foschini, approvato prima dal Ministro della Cultura Popolare Buffarini Guidi, e in seguito dal Duce stesso al quale venivano indirizzate le ‘‘veline’’ <41. In realtà, il Servizio era subordinato agli stessi
tedeschi e quindi non poteva, secondo l’accordo stipulato tra Rodolfo Graziani e Otto Hellferich, svolgere alcuna attività di spionaggio. L’organizzazione pertanto poteva dedicarsi esclusivamente all’attività di contro-spionaggio e contro-sabotaggio, nonché all’attività antipartigiana, in collaborazione con i tedeschi <42.
I fascisti tuttavia non si accontentavano di operare secondo l’ordine tedesco o fornire uomini ai Servizi germanici. La loro azione era invero spesso disorganizzata o portata avanti dall’iniziativa di singoli gerarchi. Ad esempio possiamo citare il tentativo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della RSI, Francesco Barracu, di organizzare un gruppo di persone di fiducia, capitanate da padre Luciano Usai, con lo scopo di costituire una rete informativa politico-militare e di propaganda in Sardegna, sua regione di origine <43. Il gruppo venne addestrato e in seguito paracadutato nell’isola dai tedeschi, i quali inizialmente, come abbiamo visto, pur di avere personale a disposizione non si curavano più di tanto della lealtà degli agenti inviati in missione <44.
Anche questa iniziativa tuttavia fallì poiché il gruppo venne arrestato dalle autorità alleate <45.
Altra iniziativa personale fu quella di Borghese il quale, nell’ottobre 1944, a causa del trattamento ritenuto inadeguato riservato ai suoi uomini da parte dei Servizi tedeschi (addestramento lacunoso, incuranza della sicurezza personale degli agenti), decise di ridurre la sua collaborazione e di istituire il battaglione Vega inquadrando in esso tutti gli elementi legati allo spionaggio e al sabotaggio e iniziando ad operare in maniera indipendente, limitandosi ad inviare rapporti mensili alle autorità germaniche <46. La nuova unità venne costituita per raccogliere informazioni e compiere atti di sabotaggio nelle zone occupate dagli Alleati nonché di predisporre attività di spionaggio e
sabotaggio nelle principali città dell’Italia settentrionale all’indomani dell’occupazione alleata <47. Come spiega un documento redatto dall’Office of strategic services (OSS), il servizio segreto statunitense, le attività del Vega si svilupparono parallelamente a quelle «del servizio segreto germanico, del servizio segreto agli ordini di Pavolini [l’ufficio PdM, n.d.a.], e probabilmente del Mgir (Movimento giovani italiani repubblicani)» <48. Il Movimento giovani italiani repubblicani era un gruppo clandestino nato a Firenze nel 1943 il quale aveva l’obiettivo di eliminare i gerarchi tramite un colpo di Stato e restaurare la ‘‘purezza’’ del Fascismo. Secondo il controspionaggio alleato, essi avrebbero avuto contatti con Thun von Hohenstein (ma anche con la X Mas) il quale utilizzò il gruppo come serbatoio di spie da inviare oltre le linee, ben sapendo che in realtà il loro primo obiettivo era quello di mettersi in contatto con i membri del gruppo che si trovavano nel territorio occupato dagli Alleati <49.
5. GENTILE, Carlo, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 462.
6. The National Archives (d’ora in avanti TNA), WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, rel. s.d., ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca’’, p. 25.
7. Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito, Fondo Servizio Informazioni Militare (d’ora in avanti AUSSME, SIM), b. 66, f. 1-1-1 1943 Organizzazione informativa tedesca in Italia, rel. del 19 ottobre 1943 ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca in Italia e su alcune persone maggiormente in vista’’, pp. 1-2.
8. KLINKHAMMER, Lutz, op.cit., pp. 84-86.
9. GENTILE, Carlo, I crimini di guerra tedeschi in Italia, Torino, Einaudi, 2015, p. 38.
10. Ibidem, pp. 40-46. Per le conseguenze dell’armistizio vedi AGA ROSSI, Elena, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943, Bologna, Il Mulino, 2003.
11. AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 25 gennaio 1945 ‘‘Memoria circa l’organizzazione dei servizi informativi tedeschi’’, n. prot. 1229, pp. 6-7.
12. Ibidem, p. 7.
13. Ibidem, pp. 7-8.
14. Ibidem, p. 12.
15. Ibidem, pp. 16-17.
16. Ibidem, p. 16.
17. Ibidem.
18. AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 20 febbraio 1945 ‘‘Studio orientativo sull’organizzazione, metodi e attività dei servizi informativi tedesco e repubblicano in Italia’’, n. prot. segreto, p. 16.
19. AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 25 gennaio 1945 ‘‘Memoria circa l’organizzazione dei servizi informativi tedeschi’’, n. prot. 1229, pp. 13-14.
20. AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 20 febbraio 1945 ‘‘Studio orientativo sull’organizzazione, metodi e attività dei servizi informativi tedesco e repubblicano in Italia’’, n. prot. segreto, pp. 22-23.
21. Ibidem, p. 23.
22. Ibidem, p. 17.
23. Wilhelm Harster aveva ricoperto lo stesso incarico in Olanda, dove nel dopoguerra venne processato e condannato per la sua attività in quel paese, in particolare per quanto riguardava la deportazione degli ebrei. Fu anche un alto funzionario ministeriale bavarese fino agli anni Sessanta. GENTILE, Carlo, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 468.
24. TNA, WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, rel. s.d., ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca in Italia’’, p. 24. Per quanto riguarda il ruolo di Dollmann in Italia, secondo Gentile, tuttavia, egli non fu altro che un «esperto di pubbliche relazioni delle SS in Italia», dove era presente già dal 1937. Vedi GENTILE, Carlo, I servizi segreti tedeschi in Italia 1943-1945, p. 465.
25. TNA, WO 204/12293, History of German intelligence organization in Italy 1943-1945, rel. s.d., ‘‘Appunti sull’organizzazione informativa tedesca in Italia’’, p. 25. Si tratta del noto Karl Hass, tra i responsabili, assieme a Kappler ed Erich Priebke dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
26. AUSSME, SIM, b. 334, f. 1-1-2/6 1945 Studio sull’organizzazione del S.I. tedesco e repubblicano in Italia, rel. del 20 febbraio 1945 ‘‘Studio orientativo sull’organizzazione, metodi e attività dei servizi informativi tedesco e repubblicano in Italia’’, n. prot. segreto, p. 25.
27. Ibidem.
28. Ibidem, p. 26.
29. AUSSME, SIM, b. 150, f. 1-18-85 Relazione annuale sull’attività di C.S., rel. del 17 dicembre 1944 ‘‘Relazione sull’attività svolta dai Centri e Sezioni C.S. nell’anno 1944’’, p. 3.
30. Ibidem.
31. Ibidem, p. 2, ma anche TNA WO 204/12987 German intelligence service vol.1, rel. del 15 Aprile 1944 ‘‘Enemy intelligence service in Italy’’, pp. 3-4.
32. La Decima, nonostante appartenesse formalmente alla Marina della Repubblica Sociale Italiana, era un reparto militare indipendente e direttamente alleato ai nazisti tramite un accordo siglato dallo stesso Borghese con il capitano di vascello della Kriegsmarine Max Berninghaus. La banda Koch era invece uno corpo speciale di Polizia con a capo Pietro Koch incaricata di dare la caccia ai partigiani sotto la protezione di Kappler. Per approfondire vedi: GANAPINI, Luigi, op. cit., pp. 60-70; GRINER, Massimiliano, La «Banda Koch» reparto speciale di polizia (1943-1944), Torino, Bollati Boringhieri, 2000.
33. KLINKHAMMER, Lutz, op. cit., p. 49.
34. OSTI GUERRAZZI, Amedeo, Storia della Repubblica Sociale Italiana, Roma, Carocci, 2012, p. 87.
35. Archivio Centrale dello Stato, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Servizio informazioni speciali-Sezione II (d’ora in avanti ACS, DGPS, SIS-II), b. 38, f. HP40 Penne stilografiche esplosive, relazione senza data, senza protocollo, p. 1.
36. Ibidem. Di famiglia nobile fiorentina, Puccio Pucci fu dapprima segretario del CONI dal 1939 al 1943 e in seguito capo di gabinetto di Alessandro Pavolini, oltre che capo del Servizio Informativo Fascista Repubblicano o Ufficio PdM. Al contrario di quanto citato nella nota informativa, non risulta invece che abbia ricoperto l’incarico di Capo di stato maggiore delle Brigate nere, affidato in primo luogo a Giovan Battista Riggio e in seguito a Edoardo Facdouelle. Vedi GAGLIANI, Dianella, op. cit., p. 154.
37. TNA, WO 204/12441 Republican fascist intelligence organisation in Italy, rel. del 1 Maggio 1945 ‘‘Allied Force Headquarters counter espionage and counter sabotage summary for April 1945, Appendix A – The republican fascist intelligence service’’, p. 2. Aniceto Del Massa, fascista della prima ora, fu uno scrittore amico e collaboratore di Julius Evola. Nel dopoguerra diresse le pagine culturali del quotidiano del Movimento Sociale Italiano «Il Secolo d’Italia».
38. CUCCO, Alfredo, Non volevamo perdere, Bologna, Cappelli, 1950, p. 117-118, cit. in CONTI, «La RSI e l’attività del fascismo clandestino nell’Italia liberata dal settembre 1943 all’aprile 1945», in Storia contemporanea, 10, 4-5/1979, pp. 941-1013, p. 954. Valerio Pignatelli, nato a Chieti nel 1886, era stato comandante degli Arditi nella Grande Guerra, aveva combattuto in Russia, Etiopia e Spagna, aveva aderito al fascismo ma era stato espulso fino a che nel 1943 Carlo Scorza lo nominò ispettore dei Fasci. Nel dopoguerra fu tra i fondatori del MSI. Vedi PARLATO, Giuseppe, Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 39.
39. CUCCO Alfredo, op. cit., p. 118.
40. AUSSME, SIM, b. 68, f. 1-1-7 Organizzazione e attività del SID, rel. ‘‘Servizio informazioni difesa’’, s.d., p. 1; PALA, Elena, op. cit., p. 160.
41. VENTO, Andrea, In silenzio gioite e soffrite, Milano, Il Saggiatore, 2011, p. 282; ma anche AUSSME, SIM, b. 186, f. 1-1-7 Organizzazione e attività del SID, sottof. Documenti riguardanti il SID, lettera del 24 marzo 1943 di Vittorio Foschini a Benito Mussolini; Foschini venne però molto presto sostituito (gennaio 1944) dal colonnello dei Carabinieri Candeloro De Leo e addirittura internato dai tedeschi. Vedi PALA, Elena, op. cit., p. 162.
42. AUSSME, SIM, b. 68, f. 1-1-7 Organizzazione e attività del SID, rel. ‘‘Servizio informazioni difesa’’, s.d., p.1. In realtà esisteva una sezione Alfa addetta allo spionaggio ma come si evince dallo stesso documento la sua attività al di fuori dalla Repubblica è sempre stata impedita dai tedeschi. Ibidem, p. 4.
43. AUSSME, SIM, b. 27, f. 1-7-40 Lancio nelle campagne di Cabras a mezzo paracadute di presunti agenti nemici, Appunto del 27 luglio 1944, prot. n. 290/1944.
44. ACS, Allied Control Commission (d’ora in avanti ACC), Legal, f. 443 Case of Usai Luciano & others (enemy agents, Sardinia), Report ‘‘Case of Usai Luciano and others’’, p. 1-4.
45. Ibidem.
46. National Archives and Record Administration, rg. 266, s. 108A, b. 254, f. Prince Valerio Borghese, Preliminay interrogation of Prince Valerio Borghese, cfr. TRANFAGLIA, Nicola, Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani, Milano, Bompiani, 2004, p. 13.
47. Ibidem.
48. Ibidem.
49. Vedi TNA, WO 204/12442 Movimento Gioventù Italiana Repubblicana (MGIR), rel. s.d., ‘‘Movimento Giovani Italiani Repubblicani (MGIR)’’.
Nicola Tonietto, Le reti di spionaggio e sabotaggio nazifasciste nell’Italia occupata dagli Alleati (1943-1945), Diacronie, N° 28, 4 – 2016