Sul nonsense di Edward Lear

Edward Lear, Autoritratto

[…] 4. Lear come poeta
Edward Lear, un abile illustratore di libri di scienza (botanica, zoologia), ha iniziato la sua carriera letteraria per puro caso. È un dato di fatto, “la maggior parte dei limerick di Lear non sono stati scritti avendone già in mente la pubblicazione, ma piuttosto come regali per i nipoti del Conte di Derby” (Rieder 1998: 50).
Fu convinto di pubblicarli a causa della reazione entusiastica del suo giovane ma ristretto pubblico.

There was an old person of Rimini
Who said, “Gracious! Goodness! O Gimini!
When they said, “Please be still!”
she ran down a hill
And was never once heard of at Rimini.

There was an old person of Sestri
Who sat himself down in the vestry,
When they said “You are wrong!”
he merely said “Bong!”
That repulsive old person of Sestri.

C’era un vecchio signore di Rimini
Che disse “Grandi! Enormi! Ai minimi!
Qualcun replicò; “Prego, stia quieta!
Lui corse giù per tutta la pineta
Ma, mai se ne parlò a Rimini.

C’era un anziano nato a Bastia
Che s’era accomodato in sacrestia,
Qualcuno osservò: “Ti sei sbagliato!”
Lui solamente rispose: “Peccato!”
Quel ripugnante vecchio di Bastia.

Questo è un tipico esempio di limerick di Lear, e un perfetto campione di ciò che si intende per Sciocchezza; vale a dire, un “linguaggio avulso dal contesto, linguaggio che si avvoltola su se stesso […] linguaggio reso ermetico, opaco” (Stewars 1979-3), linguaggio che rifiuta di essere contestualizzato, in modo da non riferirsi a nulla, invece di rivestire il senso comunemente espresso dai termini usati […] rifiutando il suo compito di comunicazione convenzionale” (Rieder 1998: 49).
In altre parole, cosa mai è capitato alla persona anziana di Rimini? Oppure Cosa ci sarebbe di sbagliato nel tizio di Bastia?
Non è possibile rispondere, perché, nonostante l’uso perfettamente grammaticale delle parole, queste non dicono molto. Sono solo bizzarramente disposte in modo da sembrare attraenti.
Se si profila l’ombra di una storia, di solito non è nulla più di questo: solo l’ombra di una vicenda (senza cause o conseguenze). Nel limerick di Lear, le parole introducono “un certo numero di possibilità, a volte pericolose e violente, ma nello stesso tempo escludono nettamente l’avverarsi di quelle possibilità nel mondo reale, da ciò che è che può accadere quando il gioco è finito” (Rieder 1996: 49) .
Nel caso dei versi, come nei due esempi di cui sopra, il Nonsense dipende in gran parte dalle esigenze di rima e ritmo. Nel limerick, l’ultima riga è una ripetizione in genere alterata della prima” (Harmon 82: 73), e non appare “una rima interna che colleghi la seconda e la quarta sillaba accentata” (Harmon 1982: 72) nella terza riga.

Questa è una spiegazione ragionevole per quello che c’è di sbagliato con la persona di Sestri: “essere sbagliato” è solo uno dei modi di far rima con ‘Bong'” (Rieder 1996: 49).

Edward Lear, Varigotti
  1. Prosa di Lear
    Se con la poesia (lirica, epica, ecc), il racconto di una storia (sensibile) non è lo scopo principale (ma piuttosto l’evocazione di sentimenti) i versi nonsense potrebbero essere in qualche modo giustificati; la stessa cosa raramente vale nel caso della prosa che è lo strumento privilegiato per fornire spiegazioni e chiarimenti, piuttosto che per semplici evocazioni.
    Ora, esiste qualcosa che si supponga essere più precisa, intenzionalmente e nella pratica di una ricetta di cucina? Probabilmente no!.
    Ecco come Lear nella sua Culinaria Nonsense utilizza la prosa per mostrare come preparare i tortini Gosky:

Prendete un maiale, di tre o quattro anni di età, legatelo con la gamba posteriore ad un pilastro. Mettete 5 chili di ribes, 3 di zucchero, 2 sacchi di piselli, 18 di caldarroste, una candela, e sei staia di rape, alla sua portata; se li mangia tutti, continuare a rifornirlo costantemente.
Quindi procurarsi un po’ di crema, alcune fette di formaggio Cheshire, quattro quaderni di carta formato protocollo, e un pacchetto di spine nere. Lavorare il tutto riducendo ad una pasta, e stenderlo ad asciugare su un foglio di biancheria pulita impermeabile di color marrone. Quando la pasta sarà perfettamente asciutta, ma non prima, procedere battendo violentemente il maiale con il manico di una grande scopa. Se esso strilla, va battuto nuovamente.
Controllata la pasta e battuto il maiale alternativamente per alcuni giorni, si deve accertare se, al termine di tale periodo il tutto è in procinto di trasformarsi in Tortini Gosky. Se non succede, allora, non lo sarà mai, e in tal caso il suino può essere lasciato libero. L’intero processo può essere considerato terminato.

Con questa ricetta vengono indicati gli ingredienti necessari, si descrivono le (irragionevoli) azioni da eseguire ed, infine, viene concluso che, resta la possibilità di considerare perduti i Tortini Gosky, lasciando tutte le aspettative del lettore insoddisfatte. Questo, in generale, è quello che succede negli scritti in prosa di Lear: dapprima egli ci presenta testi apparentemente sensati, che, evento dopo evento, violano ogni aspettativa del lettore; alla fine, la conclusione falsifica e contraddice le premesse dalle quali la storia era partita.
Consideriamo ora i testi in prosa di Lear, autore di due racconti brevi, dal titolo: La storia dei quattro bambini che fece il giro del mondo e La Storia delle Sette famiglie del Lago Pipple-Popple […]

Michele Sala su A Blog of Blosh, traduzione di Alfredo Moreschi