Sul portale della Cattedrale di Ventimiglia (IM)

L’inquadramento critico della facciata intemelia si deve soprattutto a Nino Lamboglia, che alla cattedrale seppe dedicare fra l’altro assidue cure restaurative. Proprio i resoconti dei lavori offrirono al compianto archeologo più di una circostanza per puntualizzazioni cronologiche e valutative che in genere, tuttavia, toccarono solo di sfuggita lo stile delle sculture e la tipologia del portale. Trattando dei ripristini postbellici, Lamboglia datò la struttura al «XIII secolo inoltrato»; dando conto più diffusamente dei restauri esterni del duomo, attribuì poi al «superbo portale gotico» una cronologia
più larga, che giungeva ad abbracciare il primo Trecento. Questa datazione approssimativa venne confermata dopo le campagne del 1968-70, quando fu ribadita l’estraneità del portale al resto della chiesa, di cui costituiva l’«unico elemento goticizzante», per quanto «grandioso e sproporzionato»

Un preliminare nodo da sciogliere, dunque, è relativo all’epoca del manufatto. La critica è sempre stata concorde nell’attribuirlo a dopo il 1251, ma, con la sola eccezione del Di Fabio, non ha mai cercato di restringerne i tempi di costruzione. La domanda che andrà formulata è, allora: quanto dopo?
Verifichiamo innanzitutto se esistono a questo riguardo riscontri utili di natura documentale. Una
prima pezza d’appoggio, per quanto incontrovertibile, si deve ad età troppo avanzata. È infatti un disegno del 1350, conservato nell’Archivio di Stato di Genova e pubblicato da Giuseppe Palmero, che mette in risalto la posizione dei castelli di Ventimiglia in rapporto all’abitato: fra le case emerge al centro la sagoma del duomo, aperta in facciata da un nicchione schizzato con sommarietà convenzionale, ma in cui non tarderemo a riconoscere una citazione di quel portale che,
insieme al campanile, concorre a rendere la cattedrale effettivamente riconoscibile tra la schiera delle abitazioni.
In ogni caso questa veduta di Ventimiglia (la più antica che si conosca, se escludiamo la rappresentazione simbolica come città turrita negli Annali di Caffaro) rimane per noi un sicuro terminus ante quem. Il secondo punto di riferimento è invece assai più vicino al presumibile periodo di realizzazione della compagine.
Un rogito del notaio Giovanni di Amandolesio risulta infatti actum in platea, ante portarium Sancte
Marie de Vintimilio il primo febbraio 1258, mentre in seguito la medesima parola portarium, che evidentemente doveva alludere a una struttura architettonica di un certo respiro (e quindi non a una semplice porta) viene ancora adoperata a proposito dell’ingresso principale del duomo. Il 14 febbraio di quello stesso 1258, ad esempio, il notaio roga un altro atto non ante portarium ma addirittura in portari: laddove l’ablativo di stato in luogo parrebbe del tutto improprio se il portale
in questione fosse stato una semplice soglia, e non, più verosimilmente, un sito configurato in modo da ospitare tutte le persone coinvolte nella stesura dell’atto. Vi sono quindi buone ragioni per credere che Giovanni alludesse proprio al portale ancor oggi visibile, tanto più che tipologia e declinazione stilistica non ne escludono (ma, anzi, ne corroborano) una datazione proprio sulla metà del XIII secolo.
Vediamo, allora, quali siano le peculiarità della sua struttura e della sua decorazione, ancor meglio messe in risalto dai restauri cui il portale è stato sottoposto fra il 1994 ed il 1995 a cura della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria.
Addossato al prospetto del duomo, l’avancorpo si apre verso la piazza inquadrando l’ingresso
attraverso profonde strombature. È come un blocco scavato, dalla forte articolazione plastica, e dà quasi l’impressione di essere costruito non «per via di porre» ma «per via di levare». Il sesto acuto degli archivolti è scandito da una serie di costoloni che trovano rispondenza nelle colonnine degli sguanci (tre per parte) attraverso i capitelli figurati. La zona degli archi e quella delle colonne sono raccordate da una cornice modanata in discreto aggetto, che corre anche lungo l’architrave, la fronte e i fianchi dell’avancorpo.
Un altro elemento di unificazione è dato dal fregio a denti di sega, che affiora sia sotto le cornici degli
spioventi che nella lunetta. La risoluzione di quest’ultima, perforata da un oculo, è esplicitamente astratta: come quella dell’architrave, dove le modanature sostituiscono idealmente figurazioni dipinte o scolpite

di Fulvio Cervini in La «resistenza al gotico». Il portale della cattedrale di Ventimiglia da “La pietra e la croce. Cantieri medievali tra le Alpi e il Mediterraneo” (philobiblon edizioni – luglio 2005)