Totalmente gestita dalle forze di polizia germaniche appare invece la rappresaglia per l’attentato dinamitardo contro il ristorante di Piazza Statuto, frequentato dalle SS e da militari tedeschi

La condizione minoritaria del fascismo torinese, in confronto ad una provincia che si sentiva sempre più “aliena” ed “alternativa” rispetto agli appelli alla resistenza ad oltranza del centro del partito di Pavolini e della federazione di Giuseppe Solaro, venne però utilizzata da quest’ultimo per rafforzare i propri meriti di fronte a Mussolini, mentre presentava alcuni mesi dopo i risultati ottenuti dalla “sua” Brigata Nera. Il concetto di “isolamento” piemontese e torinese, in una fase che preconizzava la conquista militare e politica del territorio provinciale e della regione da parte delle bande partigiane, era stato utilizzato da Pettinato per rafforzare il suo attacco al governo repubblicano, con particolare riferimento alla possibilità di spostamento di uffici e direzioni ministeriali a Torino, anche solo per valenza simbolica <538.
Solaro appare invece come “orgoglioso” della scarsità numerica iniziale, dalla quale trasse i primi uomini per costituire la “Ather Capelli”, intitolata al direttore della Gazzetta del Popolo, ucciso dai gappisti il 31 marzo 1944 <539. “Furono dapprima pochi i fascisti che si mobilitarono nella Brigata Nera torinese. All’inizio sette dirigenti e collaboratori federali, capeggiati dal Commissario federale, insieme con il vice-federale Carlo Pollone, diciannovista e squadrista di 61 anni, gettarono le prime basi dell’organizzazione, prendendo possesso della vecchia caserma di via Giuseppe Verdi (…) <540. Questi furono gli stentati inizi della “Capelli” secondo Solaro, in realtà smentito da quella che appare una diretta filiazione, almeno nelle intenzioni del commissario, tra “Muti”, Battaglione Ausiliario, Compagnia della morte e Brigata Nera <541. A quest’ultima si aggregarono parte dei “giovanissimi” del GAG “Onore e Combattimento”, organizzazione giovanile federale già incontrata e che dimostrò nel periodo successivo una piena volontà di adesione alla violenta condotta, propria della guerra civile, ed in particolare a quella che Adduci chiama, giustamente, “guerra totale alla comunità” <542.
La costituzione della “Capelli” incontrò i problemi generalmente descritti in precedenza, in particolare nella ricerca difficoltosa di armi ed equipaggiamento in generale, supportata “a singhiozzo” dalle altre strutture statali e dai comandi tedeschi <543. Così come visto in altre situazioni, la problematica dell’armamento degli squadristi si inserì nella generale ed ampia adozione di metodi illegali di approvvigionamento, come il mercato nero provinciale e regionale per ottenere armi e vestiario <544. Inoltre, come visto in una fase precedente, le strutture locali del partito impostarono una strategia portatrice di costanti “richieste” e più o meno violente minacce, finalizzate alla raccolta di finanziamenti dagli enti e dalle personalità più facoltose della provincia. Al taglieggiamento si unì un’attività di “polizia” particolare che al solito si concretizzò in numerose azioni illegali, solo saltuariamente sanzionate dai comandi della Brigata Nera <545. Del resto le notizie di illeciti finanziari colpivano gli stessi vertici della Brigata e quindi della federazione torinese, come nel caso del vice-comandante Tealdy, che venne accusato nel gennaio successivo di non ver pagato cambiali per 940.000 lire, “scadute avvalendosi (della) sua appartenenza (alla) Brigata nera” <546.
Il provvedimento riguardante la militarizzazione del PFR venne sfruttato da Solaro per stabilizzare la propria posizione e quella della dipendente struttura federale. La scelta delle autorità preposte al comando della Brigata toccò i due vice-federali <547, automaticamente passati nel ruolo di vice-comandanti della “Capelli”, ai quali si unì il capo di stato maggiore Aldo Musso, già ufficiale della GNR e responsabile di alcuni rastrellamenti provinciale nella primavera precedente <548. La strategia messa in campo dal federale manifestava una certa “volitività” personale <549, unita ad una posizione di effettivo isolamento, del fascismo nella società. Si può quindi accettare una pur sintetica logica di derivazione diretta del rafforzamento della violenza, contro i ribelli e contro tutta la comunità cittadina, in conseguenza del fallimento della politica e della strategia amministrativa di “occupazione di spazi e consensi” della società repubblicana <550. La formazione rapida della “Capelli” come attestato nei documenti relativi alla “Marcia contro la Vandea”, pare quindi rispondere ad un isolamento sempre più opprimente, sia sul piano nazionale, sia su quello provinciale per il fascismo repubblicano <551; l’esito fu caratterizzato da un’estesa adozione di condotte improntate all’aggressione verso l’intera comunità civile della provincia ed alle già abbondantemente registrate attività illecite di “polizia” <552. La “Capelli” partecipò direttamente ai cicli di rastrellamenti della “Marcia”; durante l’imboscata a Pavolini ed ai comandanti della colonna in cui era inserito il commissario, l’anziano vice-comandante Tealdy, venne ferito nelle stesse circostanze già riportate <553.
Come già anticipato, né la “marcia” né la successiva militarizzazione dei fasci “distali” della provincia riuscì in questa fase a limitare gli attacchi delle Brigate partigiane e dei GAP cittadini. Ad Exilles, comune della Val Susa, a metà agosto venne ucciso il commissario del fascio locale; per rappresaglia, il 24 agosto, la Brigata Nera “Capelli” occupò il paese, insieme ai reparti della GNR di Torino, e dell’UPI. Il paese venne in parte saccheggiato dai reparti fascisti, prima che la brigata autonoma “Monte Assietta”, potesse intervenire, portando alla ritirata dei brigatisti neri, comprendenti anche i “giovanissimi del GAG” di Dechiffre <554.
Fu nel contesto segnato dalle operazioni in grande stile contro la “Vandea” che Solaro poté sfruttare la debolezza dell’“agire politico” del capo della provincia Salerno, per dotare la federazione di un “nuovo” ufficio investigativo e politico, comandato da Ferraris stesso e dall’ex-vice-federale Giuseppe Costa <555.
Sottoposto ad interrogatorio da parte delle autorità statunitensi, dopo la Liberazione, Costa riferì, in realtà in maniera probabilmente falsa, di essere entrato in contrasto con Solaro e di aver per questo fondato una polizia autonoma, il fine della quale sarebbe stato quello di investigare sui crimini delle autorità della provincia. Dall’agosto risultò essere attivo il cosiddetto “Ensi”, “Ente Nazionale Strade Italiane”, nome di copertura per un servizio di informazioni particolare <556. L’Ensi venne in realtà trasformato nell’estate del 1944 in SIR (Servizio Informativo Riservato) e comprendeva al suo interno varie personalità provenienti dalla federazione di Solaro. Le parole di Costa circa la situazione “insostenibile” creatasi nella federazione probabilmente possono conformarsi alla creazione di una sorta di alibi personale, così da rigettare le responsabilità maggiori sull’attività di polizia al commissario Solaro, nel frattempo giustiziato il 2 maggio a Torino, nelle conseguenze della Liberazione.
Successivamente, così come abbiamo visto a Milano, Giuseppe Costa fa riferimento all’attività espletata del SIR, sia a Torino, sia successivamente a Milano, dove si trasferì nel gennaio del 1945, in cooperazione con l’incaricato germanico per la gestione della stampa Ludvig Alwens, funzionario residente a Torino, vicino a Rahn e futuro vice console della città <557. In realtà secondo Adduci, pur essendo probabile un’ingerenza diretta dei funzionari civili dell’amministrazione germanica, il SIR appare corrispondere agli strumenti preposti dalla federazione alla “lotta segreta” da avviare contro la Resistenza piemontese, in una fase caratterizzata dai timori di “sommersione” antifascista <558. Il difficoltoso controllo territoriale portò quindi a dinamiche chiaramente dirette al rafforzare condotte violente e brutali <559, anche contro i civili, spesso oggetto di arresti se non di aggressioni armate, per motivazioni “futili”, o collegate alla volontà di impartire la particolare pedagogia luttuosa della Repubblica <560. Ad una strategia politica indirizzata al controllo della cittadinanza, difficoltoso anche nella stessa città di Torino, dove interi quartieri operai erano difficoltosamente tenuti sotto controllo dalle autorità nazifasciste, i fascisti in armi di Solaro univano una chiara volontà di contrasto alle prerogative delle autorità statali repubblicane, considerate come inadatte ed incapaci, rispetto alla repressione dell’antifascismo piemontese.
Nel corso di settembre ed ottobre del 1944, per volontà di Buffarini e di Mussolini, venne sostituito, con la solita modalità della “promozione”, il capo della provincia Salerno, “apparso inadeguato per la realtà torinese, a tratti addirittura succube di Solaro” e investito anche dalle critiche della federazione per la mancanza di polso nella gestione del ribellismo <561. La sostituzione ricadde sul già incontrato Raffaele Manganiello, ex-capo della provincia di Firenze, tra le ultime autorità a lasciare la città dopo della ritirata tedesca, nelle ore immediatamente precedenti all’avvio della resistenza nera, organizzata sui tetti del capoluogo toscano.
Manganiello fu probabilmente scelto per rivestire un ruolo simile a Zerbino, quindi per non lasciare che la federazione di Solaro agisse in totale autonomia, usurpando le prerogative delle strutture tradizionali dello Stato e agendo costantemente per “rompere” il complesso equilibrio di poteri cittadini, sia contro l’arcidiocesi torinese <562 sia contro il “potere industriale” <563. Tuttavia, per puro caso <564, la macchina di Manganiello fu bloccata ed il prefetto arrestato dalla 4° Divisione Garibaldi, sull’autostrada Milano-Torino. I partigiani, braccati successivamente dai reparti della GNR “Guardia del Duce” uccisero l’ostaggio, per poi sganciarsi dai combattimenti <565.
Due settimane dopo l’uccisione di Raffaele Manganiello, il 31 ottobre, il nuovo sostituto fu selezionato nella persona di Emilio Grazioli, ex-capo della provincia di Ravenna e Bergamo, nonché Alto Commissario di Lubiana dal 1941 al giugno del 1943 <566. Una somiglianza significativa con la carriera di Zerbino, poco dopo investito del ruolo di commissario straordinario per il Piemonte <567, regione che fino all’autunno inoltrato avrebbe manifestato anticipatamente una grave “disgregazione” del sistema di autorità repubblicane preposte al controllo territoriale, incentivando autonome e violentissime condotte, sia degli squadristi della “Capelli”, sia delle altre formazioni armate e di polizia fasciste. Fu per tentare di limitare tale autonomia che il questore Borntraeger, come accennato, richiese l’invio della “banda Bernasconi”, servizio di sicurezza presente a Milano nello stesso periodo e guidato da un ex-appartenente alla “Banda Koch” <568.
Come abbiamo già descritto per Milano, l’aumento di attentati gappisti contro le autorità nazifasciste, veniva di fatto contrastato con la sregolata formazione di “servizi di sicurezza”, legittimati dalla mera conoscenza personale con particolari autorità e dall’appoggio diretto di singoli comandi o ufficiali delle SS.
Totalmente gestita dalle forze di polizia germaniche appare invece la rappresaglia per l’attentato dinamitardo contro il ristorante di Piazza Statuto, frequentato dalle SS e da militari tedeschi <569. Con una dinamica che in parte richiama la catena di comando responsabile della strage e dell’esposizione di cadaveri in Piazzale Loreto, il generale Tensfeld, alla notizia del ferimento di 10 militari tedeschi, richiese una cifra uguale di prigionieri da fucilare. Fu il colonnello della SiPo-SD Alois Schmid a selezionare gli arrestati, in numero di nove, ed a fucilarli il giorno seguente l’attentato, il 12 ottobre 1944. I corpi dei nove antifascisti, tratti dalle Carceri “Nuove”, furono lasciati sul luogo dell’attentato fino alla notte successiva <570.
In questa situazione, il ministro Buffarini, in parallelo con la svolta “moderata” del capo del governo, prese la decisione di sostituire Borntraeger con Protani, funzionario di Pubblica Sicurezza, fortemente ostile alle prerogative del PFR, ma responsabile diretto delle sregolate e feroci condotte dei suoi sottoposti.
Tuttavia, come attestato in altre contingenze, lo spazio per “l’agire politico” <571 dei prefetti parve esaurirsi rapidamente negli ultimi mesi del’44, non solo per la rigorosa volontà di perseguire una strategia totalitaria ed intransigente da parte della federazione fascista <572.
Siamo quindi giunti nella fase finale dell’occupazione, dal novembre del 1944, pur in concomitanza con la “campagna invernale” partigiana, le violenze anomiche dei fascisti di Torino continuarono in spregio alle basilari regole di convivenza della comunità e con tendenze che, di fatto, inserirono gli squadristi ed i militi della RSI in una posizione di ostilità ed estraneità rispetto all’intera popolazione provinciale e nazionale. Tale violenta intransigenza, in realtà, fu perseguita dai fascisti repubblicani, sia delle Brigate Nere, sia delle altre formazioni militari e di polizia repubblicane, fino agli ultimi giorni precedenti alla Liberazione, come attestato dalla quasi totalità degli studi sull’argomento <573.
Un comportamento che più o meno volontariamente portò a “bruciare i ponti” con gran parte della popolazione della Repubblica, descritta come vile, in un parallelismo che legava l’estremo atteggiamento dei fascisti repubblicani alle prospettive dell’alleato nazionalsocialista <574; prova ne furono, oltre alle condotte materiali degli stessi “ultimi fascisti”, i riferimenti razzisti alla viltà di una popolazione da “punire” in quanto esclusivamente formata da “camerieri e zingari” <575 o da “banditi” <576, e che aveva tra i suoi caratteri quello di esser mutevole come l’“argilla” e non fatto di “marmo”, anche nelle interpretazioni del vertice della RSI <577. La limitazione dell’atteggiamento politico e paternalistico delle autorità tradizionali dello Stato <578, simboleggiato a Torino dalla scarsa “duttilità” e prontezza dell’azione politica del prefetto Grazioli, ebbe la conseguenza di incentivare un diffuso ricorso a pratiche sadiche, non solo eseguite dalla “Capelli”, ma proprie anche dei servizi numerosi di “polizie segrete”, dedite alla tortura ed alle uccisioni in carcere dei sospetti e degli antifascisti. <579
La volontà di Solaro, in questa fase, fu quella di continuare nella politica di intransigente lotta all’antifascismo, concetto che, come detto, finiva per comprendere la totalità dei “non-fascisti”; un atteggiamento che era stato incentivato dagli ordini superiori di Pavolini <580 ed imitato dalle altre autorità preposte alla repressione del ribellismo <581. Le stragi di questa fase vengono quindi perpetrate sia con modalità tendenti a salvaguardare, almeno esteriormente, una procedura giuridico-militare con la costituzione affrettata di un tribunale militare straordinario <582, sia con le note modalità “micro-decisionali”, autonomamente adottate da comandanti e singoli referenti della GNR, del partito/Brigata Nera <583 o delle altre formazioni militari e di polizia della RSI.
[NOTE]
538 Parlato, Se ci sei, op. cit. pp. 60, 61.
539 Adduci, Gli altri, op. cit. p. 451.
540 Opuscolo della federazione dal titolo “I Brigata Nera Ather Capelli, Come è sorta e come agisce, sd. a firma Solaro, ma del gennaio, febbraio 1945, in ACS, SPD, CR, RSI, b. 48, f. Torino, Brigata Nera.
541 Adduci, Gli altri, op. cit. pp. 220-223; l’autore parla di “surrogato di Stato” nel settore della repressione antipartigiana del PFR torinese.
542 Ivi, pp. 218, 243-255.
543 Ivi, pp. 223, 224.
544 Gagliani, Brigate Nere, op. cit. p. 166.
545 Chevallard, op. cit. pp. 386 e seg.
546 Minuta per telegramma indirizzato dal capo della provincia Grazioli al ministero dell’Interno del 10 gennaio 1945, in AS TO, G. P. b. 33/1, f. Federazione partito fascista repubblicano.
547 Tealdy, in particolare, parrebbe avere un ruolo fondamentale anche nella raccolta di informazione sugli antifascisti, la vera “eminenza grigia” della federazione cfr. articolo Il carteggio Solaro-Tealdy, apparso su ‹‹Sempre Avanti›› del 2 ottobre 1945, presente nella docuemntazione del processo a Pollone, in AS TO, CASS TO, b. 238, f. 140 Pollone Carlo, 1945. Una sorta di “federale ombra” per Adduci, in id. Gli altri, op. cit. p. 238.
548 Le informazioni sui singoli ufficiali della Brigata Nera sono desunte dalle copie fotostatiche presenti negli incartamenti del processo contro Carlo Pollone, in AS TO, CASS TO, b. 238, f. 140, Pollone Carlo, 1945, in particolare la circolare di Solaro alle strutture inferiori federali del 21 gennaio 1945, e carte seg.; oltre che in Adduci, Gli altri, op. cit. Appendice Biografica.
549 “volitivo”, “giovane” e dun riferimento costante alle due lauree ottenute sono i riferimenti che più spesso accompagnano la descrizione di Solaro, quasi a giustificarne gli impeti di intransigenza politica e “sociale”, eg. Relazione di Montani del 10 giugno, doc. cit. e Relazione del sottosegretario agli Interni Giorgio Pini sulla situazione politica della provincia di Torino, del 10 gennaio 1945, in NARA, Rg. 226, e. 174, b. 22, f. 175.
550 Solaro, insieme al fratello, nominato capo della propaganda federale, fu tra i fautori più attivi dei programmi di esposizione pubblica della legge sulla socializzazione, il cui fallimento venne imputato alle “solite” alte gerarchie economiche della provincia, cfr. Adduci, Gli altri, op. cit. p. 291.
551 I “Numeri” della Brigata Nera fanno riferimento a mino di 500 squadristi mobilitati fino all’ottobre del’44, con un aumento a 650 tra novembre e gennaio, numeri simili alla “Begon” di Padova, ma con una popolazione provinciale che risulta essere più che doppia rispetto a quella del capoluogo provinciale veneto (tra le 600 e le 650.000 unità).
552 Eg. relazione del questore di Torino Protani alla DGPS, del 15 ottobre 1944, in ACS, Min. Int. DGPS, SCP, RSI, b. 63, f. Torino.
553 “Il vice-federale di Torino Tebaldi (sic, ma recte Tealdy) ferito leggermente” in relazione sull’azione della I brigata nera mobile e del “gruppo Borghese” del 12 agosto 1944, in ACS, SPD, CR, RSI, b. 30, f. 234.
554 Adduci, Gli altri, op. cit. pp. 242, 243.
555 Costa aveva aderito all’impostazione di radicale intransigenza di Solaro, nel contesto dello sciopero generale del marzo, guidando alcuni fascisti armati nei quartieri a più alta densità operaia, con il plauso del console Spallone, cfr. Adduci, Gli altri, op. cit. p. 180.
556 Interrogatorio di Giuseppe Costa, alias Mario o Walter Raineri, completato dal SIM-CVL, il 25 giugno 1945, per conto del CICV della V armata, in NARA, Rg. 226, e. 174, b. 88, f. 733.
557 Klinkhammer, L’occupazione, op. cit. pp. 115-117.
558 Adduci, Gli altri, op. cit. p. 248.
559 S. Kalyvas, Micro-Level Studies, op. cit. pp. 660 e seg.
560 Adduci, Gli altri, op. cit. pp. 246, 247. L’autore fa riferimento all’uccisione di uno studente che invertì la direzione della propria bicicletta all’arrivo del corteo funebre, organizzato per la morte di sei brigatisti, il 24 febbraio 1945.
561 Ivi, op. cit. p. 255.
562 Valga per tutto il caso dell’arresto di sacerdoti vicini al cardinale Fossati, il segretario personale mons. Barale, “restituito” in tutta fretta dal comando SiPo di Schmid, dopo l’arresto operato dall’Upi di Serloreti, cfr. ivi, pp. 261-263.
563 SI fa riferimento in tal senso all’arresto del presidente Daniele De Rossi, della Microtecnica, in ibidem.
564 In un documento della questura di Milano, riportanto una relazione della Pubblica Sicurezza lodigiana, del 12 dicembre successivo, Larice riporta a Bassi notizie sui sequestratori di Manganiello, riportando una testimonianza che fa riferimento alla “macchina di Manganiello, attesa” dal sospetto comunista Malacarne, in AS MI, G. P. II versamento, b. 401, f. Malacarne Romeo.
565 Relazione sull’attentato del 19 settembre 1944, telegramma inviato dal capo della provincia di Torino alla DGPS, in Min. Int. DGPS, DAGR, b. 8, f. Torino, sf. Prelevamento del prefetto Manganiello Raffaele.
566 Missori, Governi, op. cit. ad indicem.
567 Adduci, Gli altri, op. cit. pp. 259, 260.
568 In una comunicazione della direzione dell’Hotel “Terminus” di Torino, inviata alla questura il 2 febbraio 1945, si ha notizia della presenza della squadra di Giuseppe Bernasconi; i suoi uomini hanno bivaccato nelle camere, per più mesi e non hanno pagato nulla, in ACS, Min. Int. DGPS, SCP, RSI b. 33 f. Torino, Squadra Speciale di Polizia.
569 Peli, Storie di GAP, op. cit. p. 205-208, per una contestualizzazione e la parallela critica agli attentati dinamitardi in particolari aree come i “colpi contro i ristoranti”.
570 Adduci, Gli altri, op. cit. p. 264.
571 Ivi, p. 290.
572 Come già richiamato ampiamente, Adduci parla in questo senso di “totalitarismo relativo” da parte di Solaro, in una condizione che, dall’evidente inferiorità numerica e politica del fascismo torinese si tramutò progressivamente in estraneità e totale ostilità.
573 Osti Guerrazzi, Storia della RSI, op. cit. pp. 145 e seg. Gagliani, Violenze di guerra, op. cit. Rovatti, La violenza dei fascisti repubblicani, op. cit. pp. 165 ed ead. Leoni vegetariani, op. cit. pp. In quest’ultimo caso si fa riferimento alla strage del cosiddetto “Pozzo” della Becca, società di raccolta e distribuzione di prodotti ortofrutticoli. In una fossa, utilizzato come discarica dei rifiuti, vennero ritrovati 16 partigiani uccisi dai brigatisti neri di Imola. I cadaveri presentavano segni di torture inenarrabili, tra i quali evirazioni, ustioni su ampie parti del corpo e accecamenti, cfr. R. M. Minardi, Stragi dell’ultimo giorno, in Casali, Gagliani, op. cit. pp. 279, 289.
574 Gentile, I cirmini di guerra, op. cit. pp. 270 e seg.
575 A. Osti Guerrazzi, M. Molinari, Duello nel ghetto, Rizzoli, Milano, 2017, la citazione è di Joseph Goebbels e fa riferimento all’otto settembre ed al tradimento del regno d’Italia.
Jacopo Calussi, Fascismo repubblicano e violenza. Le federazioni provinciali del PFR e la strategia di repressione dell’antifascismo (1943-1945), Tesi di dottorato, Università degli studi Roma Tre, 2018