Tutta l’opinione pubblica appoggiò il lavoro della magistratura

Nei primi anni ’90, più specificatamente tra il 1992 e il 1993, l’Italia visse un’esperienza senza precedenti in Europa. Nel giro di pochi mesi scomparvero letteralmente due dei partiti protagonisti della parabola repubblicana post-fascista, quello socialista e quello democristiano e, con essi, quel sistema politico consolidatosi con la caduta del regime e il passaggio alla stagione democratica. Si assistette alla fine di un sistema politico caratterizzato dalla presenza costante della Democrazia Cristiana al Governo e del Partito Comunista Italiano all’opposizione. Questa mancanza di alternanza fu la causa della paralisi del sistema dei partiti e della diffusione della corruzione politica. Gli studiosi hanno variamente definito le particolarità del sistema italiano usando espressioni quali “consociativismo” oppure “bipartitismo imperfetto”. Il “consociativismo” è quel metodo politico in cui i partiti esercitano la loro egemonia sulla società e sullo Stato spartendosi ruolo e potere. La definizione di “bipartitismo imperfetto” data al sistema politico italiano si deve, invece, al politologo Giorgio Galli che cercò di spiegare le disfunzioni della democrazia italiana descrivendo un sistema caratterizzato, da un lato, da un elevato numero di partiti e, dall’altro, da due grandi partiti (DC e PCI) destinati a non alternarsi al Governo: la Dc al Governo e il PCI escluso per ragioni internazionali <1. In questa contrapposizione i due partiti maggiori si legittimavano reciprocamente, attuando una politica consociativa che favoriva la corruzione e le pratiche clientelari del sottogoverno. Il sistema dei partiti cambiò a causa: della nascita, nel 1989, della Lega Nord sotto la guida di Umberto Bossi; della trasformazione del PC in Partito Democratico della Sinistra in conseguenza del crollo del muro di Berlino e della fine dell’Unione sovietica <2; e delle politiche referendarie di Mario Segni. Con la caduta dei regimi comunisti e con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, anche l’intero sistema politico italiano, formatosi nel contesto della guerra fredda, era destinato a finire <3. Evidentemente stanco, l’elettorato premiò infatti forze nuove che si dichiaravano alternative al sistema dei partiti tradizionali: La Rete di Leoluca Orlando (1,9%) <4, i Verdi (2,8%) <5 e, soprattutto, la Lega Nord, nata dall’aggregazione delle diverse leghe locali dell’Italia settentrionale con la Lega Lombarda, sotto la guida carismatica di Umberto Bossi. La Lega divenne il quarto partito del paese (8,6%) <6 raccogliendo, specie al Nord, frutti di una campagna elettorale in cui il potere centralista era identificato con la causa di sprechi, corruzione e malcostume <7.
Il sistema dei partiti italiani fu totalmente scosso dal crollo del muro di Berlino e dei regimi comunisti dell’est, il PCI, che aveva già dichiarato con Berlinguer la fine, fu costretto ad accelerare la sua evoluzione per evitare di essere travolto insieme ai regimi comunisti. Nel gennaio del 1991, si distaccò definitivamente dalla tradizione storica comunista abbandonò il nome e il simbolo per trasformarsi in PDS (Partito Democratico della Sinistra) <8,con segretario Achille Occhetto, subendo tuttavia la scissione di una consistente minoranza che diede vita al partito della Rifondazione Comunista, che, come esplicitato nella denominazione, non intese abbandonare la prospettiva comunista, ma, piuttosto rifondarne le basi nella nuova situazione sociale <9. La conseguenza prodotta dal crollo dei regimi comunisti fu anche il mutato ruolo della DC che fino a quel momento si era posta nella società italiana come un argine in grado di bloccare l’ascesa al Governo del PCI e di difendere i valori della democrazia. Apparve chiaro perciò che l’argine non era più necessario e gli elettori si sentirono di votare in modo diverso. Nel dibattito politico interno emersero con sempre maggior forza due temi: l’esigenza di una riforma istituzionale, soprattutto dei meccanismi elettorali, e la necessità di un diverso rapporto tra partiti e società. Si utilizza l’espressione “partitocrazia” per sottolineare il mutamento avvenuto negli ultimi anni nel ruolo dei partiti, sempre meno strumenti della mediazione tra la società e il potere e sempre più interessati alla spartizione del potere stesso <10.
In questo contesto, in cui più urgente si faceva il rinnovamento del quadro politico, prese vigore il movimento referendario di Mario Segni, un deputato ex democristiano, che, riprendendo una vecchia battaglia del Partito Radicale, promosse due Referendum, tra il 1991 e il 1993. Il referendum del 1991 era il primo Referendum sul sistema di voto: gli italiani furono chiamati a scegliere se ridurre le preferenze da 3 a 1 per la Camera dei Deputati. Il risultato fu storico: l’affluenza fu di oltre il 65% e i sì raggiunsero il 95,6% <11. Il referendum del 1993 riguardava invece l’abrogazione di parti della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario. Questo esito porterà il Parlamento a scegliere il cosiddetto “Mattarellum”, dal nome dell’attuale Presidente della Repubblica, che caratterizzerà una nuova stagione politica, fino all’adozione del cosiddetto “Porcellum”. Segni, infatti, fu considerato il padre della stagione referendaria che, all’inizio degli anni ’90, accelerò la fine del sistema politico. Il fine del referendum era quello di ridurre il clientelismo e il voto di scambio e, soprattutto, quello di rafforzare la governabilità attraverso l’alternanza delle maggioranze di Governo. Il successo plescibitario dei referendum popolari, ottenuto, nonostante il boicottaggio della DC e del PSI <12, mostrò, a quale basso livello di stima fosse
arrivata la partitocrazia italiana, ma non produsse quella rigenerazione della politica auspicata dai suoi promotori.
Alla crisi politico-istituzionale si aggiunse la crisi economica che si manifestò tra il 1988 e il 1993 con il calo consistente del PIL, l’aumento dell’inflazione, la crescita del debito pubblico, che arrivò a superare il 100% del PIL. Il 7 febbraio del 1992, l’Italia aveva firmato il Trattato di Maastricht passo decisivo verso l’integrazione economica europea, il Trattato di Maastricht ha creato le premesse per una moneta unica: l’euro, ma ha anche istituito la banca centrale europea: la BCE, e il sistema europeo di banche centrali.
Nel 1992 il Presidente della Repubblica, F. Cossiga, indisse le elezioni che segnarono una scossa netta con il calo di tutti i principali partiti <13: la DC scese dal 34,3% al 29,7% <14, il PDS perse 10 punti rispetto al PCI ma rimase comunque il partito più forte della sinistra, guadagnandosi un 16,1% <15, il PSI ebbe un leggero calo (13,6%) <16. Le elezioni erano state segnate dall’emergere prepotente di numerosi scandali politici successivamente ricordati con l’espressione “Tangentopoli”, il termine che alla lettera significa «città delle tangenti», fu coniato dal giornalista di «Repubblica» Piero Colaprico per indicare la città di Milano dove inizialmente furono condotte le inchieste di un gruppo di magistrati tra i quali Antonio Di Pietro, coordinati dal procuratore della repubblica, Francesco Saverio Borrelli, e dal suo vice Gherardo Colombo.
“Tangentopoli” cominciò in sordina con l’arresto, il 17 febbraio 1992, di un membro di primo piano del PSI milanese, l’ingegnere Mario Chiesa, presidente del Pio Alberto Trivulzio che aprì una breccia nel muro dell’omertà politica e portò rapidamente alla scoperta di una vasta e profonda corruzione <17. Fu il granello di sabbia che diede avvio alla valanga precipitata nel corso dell’anno sui partiti governativi. In seguito, sarebbe stata rivolta ai magistrati milanesi l’accusa di essersi serviti dell’inchiesta per rovesciare l’intera classe di governo <18. La rivelazione dell’intreccio tra politica e affari sporchi fu un passaggio necessario per il risanamento di una situazione che rischiava di incancrenire. Come ha chiarito la magistratura nel corso dei vari processi, per finanziare i propri partiti, ma anche per arricchirsi personalmente, molti uomini politici, dirigenti nazionali, come amministratori locali, non esitavano a richiedere tangenti in denaro a società e a imprenditori in cambio di commesse e appalti da parte degli enti pubblici <19. Dal punto di vista strettamente politico le ricchezze così guadagnate servivano a finanziare campagne elettorali sempre più costose e a garantirsi l’elezione con il voto di scambio, cioè la concessione di favori in cambio di voti <20. Le inchieste e i successivi processi non solo coinvolsero numerosi dirigenti dei partiti di Governo, ma rilevarono anche l’esistenza di stretti e inquietanti legami tra i politici corrotti e la criminalità organizzata in concomitanza sia con la recrudescenza della sfida della mafia allo Stato, realizzata, con l’assassinio di Falcone e Borsellino, sia con l’acutizzarsi della crisi economica e finanziaria <21.
Tra le varie “vittime” della strage di Tangentopoli, vi erano uomini di differenti tendenze politiche: l’ex segretario del PSDI, Pietro Longo, l’ex segretario amministrativo del PSI, Vincenzo Balsamo, della DC, Giovanni Gloria, Arnaldo Forlani, del PRI, Giorgio La Malfa e Renato Altissimo <22. L’operato dei magistrati, ricorrendo alla carcerazione preventiva degli imputati per costringerli a confessare, fece in modo che vi furono persone che, mosse dal disonore, o per protestare la propria innocenza personale, preferirono suicidarsi <23: così fece, per esempio, il deputato socialista Primo Moroni, che, prima di suicidarsi, scrisse al presidente della Camera, allora Giorgio Napolitano, una drammatica e nobile lettera, ammettendo di aver «commesso un errore accettando il sistema, ritenendo che ricevere contributi e sostegni per il partito si giustificasse in un contesto dove questo era prassi comune», ma rivendicando con forza la «serena coscienza di non aver mai personalmente approfittato di una lira» <24. In questo clima di totale confusione, Bettino Craxi fu l’unico ad esprimersi sulla questione del finanziamento illecito affermando che fosse una prerogativa della democrazia dei partiti, in quanto il solo finanziamento pubblico era ritenuto insufficiente per sostenere la dialettica democratica <25. Conseguentemente: «Un terzo dei parlamentari eletti nel 1992 è oggetto di una richiesta di autorizzazione a procedere da parte della magistratura, fatto che spinge taluno a ritenere il nostro Parlamento composto in buona parte di criminali, trascurando la non marginale differenza fra indagato, rinviato a giudizio, condannato e condannato con sentenza definitiva» <26. Alla luce delle dichiarazioni di Craxi quindi, si può affermare che: tutto l’involucro semi costituzionale e semilegale che aveva costituito il fondamento istituzionale della Repubblica cadde, determinando un capovolgimento di prospettiva politico-istituzionale <27.
Dopo l’iniziale smarrimento, tutta l’opinione pubblica appoggiò il lavoro della magistratura: la legge sul finanziamento pubblico ai partiti venne percepita come priva di senso: per anni era stata infatti giustificata con la necessità di sostenere la politica ma che in realtà non ha fatto altro che facilitare la corruzione. In giro per le città iniziarono a comparire scritte sui muri come: «Di Pietro non mollare» o «Milano ladrona, Di Petro non perdona!». I sondaggi dell’epoca erano una conferma della popolarità di Di Pietro e, in generale, del pool, raggiungendo la percentuale record dell’80%, la cosiddetta «soglia dell’eroe» <28.
[NOTE]
1 A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto, I mondi della storia. Volume 3. Roma-Bari, Laterza, 2014.
2 S. Colarizi, Storia politica della repubblica. 1943-2006, Roma-Bari, Laterza, 2016.
3 Ibidem.
4 S. Colarizi, Storia politica della repubblica. 1943-2006, c., p.194.
5 Ibidem.
6 Ibidem.
7 Ivi, p.193.
8 Colarizi, Gervasoni, La tela di Penelope. Storia della Seconda Repubblica, Roma-Bari, Laterza, 2012.
9 Ivi, p. 12.
10 C. Bonanno, P. Arcangioli, La nuova critica storica, Bologna, Marietti, 2007.
11 S. Colarizi, Storia politica della repubblica. 1943-2006, c., p.181.
12 M. L. Salvadori, Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una nazione 1861-2016, Torino, Einaudi, 2018.
13 Ivi, p. 451.
14 Ibidem.
15 Ibidem.
16 Ibidem.
17 M. L. Salvadori, Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una nazione, cit.,p. 454.
18 C. Bonanno, P. Arcangioli, La nuova critica storica, Bologna, Marietti, 2007.
19 Ibidem.
20 Ibidem.
21 Ivi, p.457.
22 Ibidem.
23 P. Craveri, L’arte del non governo. L’inesorabile declino della repubblica italiana, Venezia, Marsilio, 2016.
24 G. F. Ferraris, Dramma o tragedia tangentopoli. La lettera di Sergio Moroni per spiegare le ragioni del suo suicidio, https://www.nuovatlantide.org/dramma-o-tragedia-tangentopoli-la-lettera-di-sergio-moroni-per-spiegare-le-ragioni-del-suo-suicidio/, 2020.
25 P. Craveri, L’arte del non governo. L’inesorabile declino della repubblica italiana, cit., p. 452.
26 C. Guarnieri, Giustizia e Politica. I nodi della seconda Repubblica, Bologna, Il Mulino, 2003.
27 P. Craveri, L’arte del non governo. L’inesorabile declino della repubblica italiana, cit., p. 453
28 P. Pollo, L’ex PM ha superato la soglia dell’eroe: è inattaccabile 8/10 lo sostengono, «Corriere della Sera», 11 dicembre 1996, archiviato il 14 giugno 2011.
Lucrezia V. Baldoni, La crisi dei partiti e la funzione del governo tecnico: il caso italiano, Tesi di Laurea, Università Luiss, Anno accademico 2020/2021