Un anarchico da Kiev a Buenos Aires, dalla Spagna della guerra civile al Messico

Simon osservava quella folla con uno sguardo quasi timoroso, sicuramente compiaciuto. Una folla di lavoratori manifestava nelle strade di Buenos Aires in quel primo maggio del 1909. Lui era un ragazzino: non aveva neanche 18 anni. Ma era giunto in Argentina dall’Ucraina poco più di un anno prima, nella primavera del 1908, e iniziò a lavorare quasi subito come meccanico, spaccandosi la schiena per quattro spicci. Dopo pochi mesi entrò in contatto col mondo anarchico argentino, in un momento fondamentale per le rivendicazioni dei lavoratori argentini di fronte a un governo sordo ai bisogni dei primi. E così si giunge alla grande manifestazione del primo maggio tra le strade della capitale argentina. Ad un certo punto l’auto del capo della polizia, Ramòn Falcon, si avvicinò alla folla per controllare la situazione. Qualcuno lo riconobbe: iniziarono gli insulti e gli improperi, ai quali fece seguito, poco dopo, il lancio di pietre. Tanto bastava, per Falcon: era il momento di dare una lezione ai lavoratori argentini. I poliziotti aprirono il fuoco, e lo fecero ad altezza d’uomo, per uccidere. Vi furono oltre dieci morti e un centinaio di feriti. E lo spregio, immenso, di caricare anche il corteo funebre, alcuni giorni dopo. La violenza proseguì per un’intera settimana, divenuta poi nota col nome di “Semana Roja”, la settimana rossa, dal sangue versato dai lavoratori. Simon rimase colpito dall’accaduto: si era trasferito da Kiev in Argentina perché, a detta di molti, era una terra promessa. Capì che la promessa era soprattutto per chi si arricchiva sulle spalle del lavoro della povera gente. E a guardare gli interessi di questi uomini vi erano i militi armati che avevano massacrato i lavoratori. E il loro capo, Ramon Falcon, omaggiato persino dal presidente argentino in seguito ai fatti della Semana Roja. Ironia della sorte, quel 14 novembre del 1909 Falcon tornava proprio da un funerale. Salì a bordo della carrozza che si diresse verso la sua abitazione, quando un ordigno finì proprio all’interno del mezzo. Tutti gli occupanti rimasero gravemente feriti: Falcon morì poche ore dopo. A tirare l’ordigno era stato Simon Radowitzky. Venne catturato poco dopo: era destinato alla fucilazione, ma venne risparmiato vista la giovane età. Mandato in carcere a Ushuaya, nella Terra del Fuoco, continuò la sua lotta nelle carceri tra ribellioni e tentativi di evasione. Infine, nel 1930, venne perdonato e rilasciato, con la promessa di abbandonare il Paese. Cosa che Simon fece, senza abbandonare, però, la lotta: fu un prima linea, durante la Guerra civile spagnola, sul fronte aragonese. Dopo la guerra si stabilì in Messico, dove terminò i suoi giorni lavorando come produttore di giocattoli.

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