Un antifascista di Arcola (SP), combattente in tre nazioni

Anton Ukmar, Ilio Barontini e Bruno Rolla. Fonte: Fondazione Gramsci

Domenico “Bruno” Rolla, evaso dal Vernet, svolse un’importante missione per il partito comunista in Etiopia, ove guidò la Resistenza locale assieme ai compagni Antonio Ukmar e Ilio Barontini, che avevano condiviso con lui l’avventura spagnola.
Nel ‘41 si rifugiò in Svizzera assieme alla moglie Maria, ma non abbandonò l’impegno antifascista: mantenendosi sempre in contatto con i fratelli Ugo, Trieste e Auro, anch’essi antifascisti, sarebbe ritornato in Italia partecipando attivamente alla Resistenza. Tutti i familiari ne furono coinvolti, dai fratelli sappisti o partigiani “in montagna”, alle cognate impegnate nei Gruppi di difesa della donna, alla nipote Mimma nel Fronte della Gioventù <9.
[…] La rete sarzanese di La Seyne, che si era dispersa di fronte ai provvedimenti contro gli étrangers indésirables, con l’invasione tedesca e l’instaurazione di Vichy perse il suo punto di riferimento fondamentale, Ugo Boccardi. Egli fu scovato facilmente dalle autorità filonaziste e una volta arrestato, fu rinchiuso al forte di Santa Caterina a Tolone. Liberato dopo alcuni mesi, cadde nuovamente nelle mani della polizia e con la dichiarazione di guerra italiana fu internato al Vernet, per essere infine consegnato alle autorità italiane nel settembre ‘41. Condivise la prigionia nel campo assieme ai compagni Romualdo Del Papa, Orlando Luciani, di ritorno dalla Spagna, e all’arcolano “Bruno” Rolla, che aveva militato nelle Brigate internazionali dopo essere emigrato a Parigi.
9. Cfr. Simonelli, Raffaele Pieragostini cit.; intervista a Giulietta Fibbi cit. Cpc: b. 4376, ff. Domenico Rolla, Trieste Rolla; intervista a Mimma Rolla cit. http://www.anpi.it/donne-e-uomini/domenico-rolla/. Cfr. Il diario di Ugo Muccini cit.; http://www.anpi.it/donne-e-uomini/anton-ukmar/.
Emanuela Miniati, La Migrazione Antifascista dalla Liguria alla Francia tra le due guerre. Famiglie e soggettività attraverso le fonti private, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova in cotutela con Université Paris X Ouest Nanterre-La Défense, Anno accademico 2014-2015

Domenico Bruno Rolla, nato nel 1908 a Baccano di Arcola, una delle figure più nobili del Novecento spezzino, è il protagonista del bel libro di Giorgio Neri “Domenico Bruno Rolla. Partigiano in tre Nazioni”: una biografia più approfondita e documentata delle precedenti, grazie al prezioso lavoro di archivio dell’autore.
Bruno, giovane operaio di una famiglia di mezzadri di fede socialista, a 21 anni, imperante il fascismo, entrò nel Partito Comunista clandestino. Lui e il compaesano Ugo Muccini divennero i responsabili della Federazione Giovanile del partito. I loro nomi convenzionali erano rispettivamente “Cantù” e “Omero”. Nel novembre 1935 furono segnalati dalla milizia fascista alla Questura della Spezia, e fuggirono per puro caso alla cattura. Guadarono il fiume Magra e si rifugiarono a Sarzana, Ugo nella casa di Dario Montarese, Bruno presso Guglielmo Vesco. Fu un altro militante comunista sarzanese, Anelito Barontini, a organizzare il difficile espatrio dei due ricercati. Rolla e Muccini furono nascosti tra le merci di un furgone e trasportati fino alla stazione ferroviaria di Aulla. Saliti su un treno, trovarono Barontini con i biglietti. Iniziò così il lungo viaggio nella clandestinità fino a Fiume, città allora italiana. Dopo il fallimento del passaggio della frontiera a causa di una bufera di neve, i due riuscirono finalmente a raggiungere la Jugoslavia con una barca, aiutati dal finanziere arcolano Eugenio Vignale, guardia di confine a Fiume. Nel febbraio 1936 Rolla e Muccini giunsero a Parigi, al centro estero del Partito comunista.
Originariamente destinati all’Unione Sovietica per seguire un corso di studio, i due partirono invece, insieme ad altri volontari, verso la Spagna, a difendere la Repubblica democratica dall’attacco del fascismo internazionale. Era il 3 settembre 1936. 3.800 furono i volontari italiani, 36 gli spezzini, 9 gli arcolani, tra i quali, oltre a “Cantù” e “Omero”, anche Eugenio Vignale. Rolla e Muccini parteciparono alla fondazione della “Centuria Gastone Sozzi”, inquadrata prima nella “Colonna Libertad”, organizzata dal Partito socialista unificato catalano, poi, dall’ottobre 1936, nel “Battaglione Garibaldi”, al comando del repubblicano Randolfo Pacciardi e dei commissari politici Antonio Roasio, comunista, e Arnaldo Azzi, socialista. Rolla e Muccini combatterono eroicamente per molti mesi. “Omero” fu ferito gravemente nella battaglia a difesa di Madrid, il 22 novembre 1936. Dopo la convalescenza ritornò a combattere l’ultima battaglia, sul fiume Ebro nell’estate del 1938. Muccini cadde il 13 settembre 1936. “Cantù” fu al fianco di Muccini a Madrid e sull’Ebro, fu ferito, poi, dopo la sconfitta, internato nei campi di Saint Cyprien e Gurs fino al marzo 1939.
Mentre i volontari internazionali venivano ritirati dalla Spagna, il Partito comunista ideò la “Speciale Spedizione Etiope”, a fianco degli etiopi che resistevano all’invasione coloniale del Governo italiano. Sotto la guida di Giuseppe Di Vittorio e di Giuseppe Berti, i protagonisti furono quattro uomini: Ilio Barontini “Paul”, Bruno Rolla “Petrus” (dal marzo 1939), Anton Ukmar “Johannes” e il francese Robert Mounier “Andreas”. Appoggiarono e supportarono la Resistenza etiope, preparando piccole bande militari autosufficienti, in sostituzione dei grossi gruppi, troppo vulnerabili. Il libro di Neri documenta le straordinarie avventure africane del gruppo. I tre italiani furono soprannominati “Gli Apostoli”.
Al rientro dall’Africa, nel marzo 1940, Rolla fu internato nel campo francese di Vernet d’Ariege, poi detenuto a Roma, a Regina Coeli, nel settembre 1943. Con uno stratagemma, ai primi del ’44, riuscì a evadere e a raggiungere Avezzano in Abruzzo, dove partecipò alla Resistenza come commissario politico, con il nome di “Carlo”. Nel dopoguerra la Direzione nazionale del Pci lo chiamò a incarichi di alta responsabilità nelle Federazioni provinciali della Spezia, di Palermo, di Catania, di Campobasso e di Roma. Morì a Roma nel 1954, a soli 46 anni.
La bellissima storia raccontata da Neri suggerisce molteplici riflessioni. Innanzitutto quella sul contributo straordinario degli arcolani all’antifascismo, nella clandestinità, nella guerra di Spagna e poi nella Resistenza. Rolla e Muccini ne furono protagonisti. Ma tanti altri furono gli arcolani combattenti per la libertà. Altri 7 in Spagna: oltre a Vignale, Onorato Biso, Sirio Biso, Aldo Fiamberti, Adelmo Godani, Renzo Balilla Picedi, Tenero Rasi. Nella Resistenza gli arcolani furono attivi fin da subito nella banda “Betti”, autrice dell’assalto al treno a Valmozzola, e negli altri gruppi in Lunigiana. Furono i primi nuclei di quella che sarà poi la Brigata “Muccini”. Il pensiero va poi ai martiri di Ressora, al sacrificio del nobile Giuseppe Picedi Benettini, a Elvira e Dora Fidolfi, protagoniste dello sciopero del ’44. Tutto un popolo: operai, contadini, donne, un nobile. Anche un carabiniere: Benedetto Bonanno, che combatté e morì nella Divisione “Lunense”.
[…] Ma quello che più colpisce nel libro sono le qualità umane e politiche di Domenico Bruno Rolla, combattente in tre Nazioni. Un uomo che almeno in parte salvò l’onore dell’Italia in Spagna, dove fummo al fianco di Francisco Franco e di Hitler, e in Etiopia, dove costruimmo un impero razzista e sterminatore. E che ridiede l’onore pieno all’Italia contribuendo, da partigiano, alla riconquista della democrazia dopo una dittatura ventennale. Soprattutto va evidenziato che Rolla “Petrus” fu tra i pochi italiani a sostenere la guerriglia antitaliana e antifascista in Etiopia. Una vicenda esemplare, che dovrebbe essere più conosciuta. Insieme a un’altra: in Spagna, con i repubblicani, ci furono anche dei volontari abissini.
Il libro è prezioso, infine, perché, attraverso i documenti del Ministero dell’Interno e di Questure varie, dimostra che Rolla, fino alla morte, fu sempre controllato, pedinato, vigilato, spiato. Lui, uno dei costruttori della nostra democrazia! Una vicenda molto amara, che è il frutto emblematico della divisione delle forze antifasciste nell’epoca della “Guerra fredda”.
Il pensiero va a cosa furono gli anni dopo la Liberazione. Nel 1946-1947 convissero e si intersecarono, secondo lo storico Santo Peli, “illusione/delusione” del sentire partigiano e una “perdurante richiesta di protagonismo e di intensa partecipazione”. La progressiva marginalizzazione dei CLN, il ritorno di Prefetti e Questori di carriera, il fallimento dell’epurazione, l’amnistia e il modo in cui fu applicata, il consumarsi dell’esperienza politica del Partito d’azione, la percezione che il “vento del nord” era meno impetuoso di quanto si pensasse: tutto ciò fu alla radice di momenti di grande amarezza e di risentimento morale e politico, spesso intrecciati a disperati e velleitari sogni di “ritorno in montagna”. Nel giro di un paio d’anni le assoluzioni sempre più numerose dei fascisti, la stagione dei processi ai partigiani e l’anticomunismo dilagante resero sempre più impraticabile quell’unità tra diversi che, sia pure con fatica, aveva caratterizzato i rapporti tra i partiti antifascisti durante la Resistenza. Una delle due facce degli anni postbellici fu dunque quella della smobilitazione non solo di tanti partigiani in armi, ma anche di tanta parte della “società partigiana”. Questo ritiro fu pressoché generalizzato per le donne, proprio mentre l’onda lunga resistenziale portava a esse il suffragio.
Giorgio Pagano, Bruno Rolla, partigiano in Spagna, in Etiopia e in Italia, Città della Spezia, 7 maggio 2017

Ricreare il contesto familiare significava anche tentare di mettere in atto una “messa in scena” dell’unità della famiglia: «Non mi è facile miei cari il descriversi quanto sia stata grande per me la gioia nel vedervi attraverso quel cartoncino, di cui mi davate l’impressione di avervi vicino, di ascoltarvi, di parlarvi <55».
[…] Pieragostini incontrò in Urss l’arcolano Domenico “Bruno” Rolla, che stava compiendo un simile percorso per divenire un alto funzionario ed essere mandato a combattere in Spagna. Nell’estate 1937 Amoretti divenne direttore della scuola italiana moscovita, mentre Pieragostini lo sostituiva come segretario <180.
[…] «Adesso lavoro ma non molto, ma spero che fra giorni avro i documenti necessari e così passerò fisso qua nella fabbrica, e allora potro inviarvi qualcosa anche a voi, che in maggino quali sarano i vostri bisogni <367»: gli impieghi erano spesso precari, ma ci si adattava nella speranza di ottenere la carta d’identità che equivaleva ad un permesso di soggiorno, mentre non si dimenticava mai di rispondere alla famiglia rimasta a casa di quel che si guadagnava o meno, cercando di contribuire al bilancio domestico, che in Italia portava non di rado le famiglie in condizioni di povertà.
[NOTE]
55. Cpc: b. 4376, f. Domenico Rolla: Domenico “Bruno” Rolla ai genitori, Locarno 21/01/1942.
180. Cpc: b. 3954, f. Raffaele Pieragostini; b. 4376, f. Domenico Rolla. Simonelli, Raffaele Pieragostini cit., pp. 57-69.
367. Cpc: b. 4376, f. Domenico Rolla: Domenico “Bruno” Rolla ai genitori, Paris 07/05/1938.
Emanuela Miniati, Op. cit.