Un aspetto particolare di tale mutuo soccorso si attivò con la Croce Rossa

In Val Pellice molte formazioni partigiane si riunirono poi sotto le bandiere di “Giustizia e Libertà”, che in qualche modo raccoglieva il richiamo alla tradizione valdese di lotta in difesa della libertà. Molti valdesi combatterono anche nelle altre formazioni: nelle brigate garibaldine, presenti in Val Pellice, ma soprattutto in Val Luserna, e nelle brigate autonome della Val Chisone. La Val Pellice conobbe anche un periodo di Liberazione dall’occupazione nazifascista e fu “Italia Libera” per un mese e mezzo, fino al marzo del 1944.
Di questa storia era figlio, ma anche partecipe, Giorgio Bouchard, che ci ha lasciati lo scorso 27 luglio all’età di 91 anni. Pastore valdese, già Moderatore della Tavola Valdese dal 1979 al 1986, Presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia dal 1988 al 1994.
Maria Grazia Sestero, La Resistenza del Pastore Giorgio Bouchard, Patria Indipendente, 12 novembre 2020

1680: Gianavello e i suoi Banditi.
Dicembre 1943: Barbato [n.d.r.: Pompeo Colajanni], Petralia, Romanino con i loro Garibaldini.
Lotte diverse per obiettivo, ma stategicamente affini.
Se i primi combattono per la libertà religiosa valdese contro i soprusi ducali, i secondi, ben armati e disciplinati, lottano contro l’oppressione nazifascista; nell’uno e nell’altro caso si usa la tecnica della guerriglia, efficace, se abbinata alla conoscenza del territorio ed alla solidarietà della gente.
I Garibaldini prendono contatto con i civili e collocano alla Galiverga, in baite di pastori, la loro base principale, dove alternano addestramento militare e formazione politico-civile.
Il gruppo della 105^ Pisacane, ex IV Brigata d’Assalto Garibaldi, esercita una forte attrazione sui giovani di Luserna e di Lusernetta e sa costruire rapporti importanti con gli operai della Mazzonis e di Pralafera, che ‘boicottano’ il padronato ed i tedeschi.
Lo sciopero generale del 1° marzo 1944 vede i garibaldini solidali con azioni di guerriglia: treni fermati, comizi, prigionieri, viveri prelevati agli ammassi e distribuiti alla popolazione.
Anche con i ‘vicini di casa’, le formazioni G.L., si instaurano contatti per collaborare e Sergio Toja dell’Intendenza e ‘Tino’ Martina, capo di una ‘squadra volante’, lavorano fianco a fianco con i Garibaldini.
L’intento di riconquistare la libertà è l’elemento unificante, perché le scelte ideologiche sono diverse e le storie delle due formazioni procedono in parallelo, spesso intrecciandosi, talvolta scontrandosi, fino alla creazione dei Comandi di Zona agli inizi del ‘45.
A spingere i Garibaldini in Alta Val Luserna è l’impossibilità di resistere contro i nazifascisti che hanno sferrato un attacco alla loro base della Prabina (Montoso – 28 dicembre 1943) e non bastano l’eroismo di Venturelli e Monetti e l’abilità militare di Romanino e Petralia: è necessario ritirarsi, lasciando sul campo caduti, case bruciate, civili fucilati per rappresaglia.
Pian Porcile diventa il luogo di una sosta momentanea per riorganizzarsi e per effettuare esplorazioni sul territorio, poi la Bordella, il Triboletto e la Galiverga dimostrano la loro validità sotto il profilo strategico, perché sono facilmente difendibili, impervie, poco abitate e ricche di nascondigli possibili.
La Val Luserna diventa ben presto ‘Bandengebiet’, ‘zona infestata da bande’, perché il suo territorio costituiva il punto di incontro tra Val Pellice e Alta Val Luserna e tra formazioni G. L. e formazioni Garibaldine.
Petralia (Vincenzo Modica) e Romanino (Mario Abruzzese) sono i capi della IV Brigata d’Assalto Garibaldi, che, a fine dicembre 1943, si insedia all’alpeggio della Galiverga, dove a fine gennaio 1944 sono presenti oltre cento uomini e a fine febbraio 1944, a causa dei bandi di leva della Repubblica Sociale Italiana, gli effettivi diventano cinquecento.
La Valle è dichiarata ‘Zona Libera’ e Pontevecchio è la sua ‘frontiera’, aperta solo agli Ebrei perseguitati dai nazi-fascisti.
L’assillo primario sono le armi e le munizioni e ‘squadre volanti’ in pianura cercano di recuperarle.
Accanto all’audacia, anche la fortuna si presenta talvolta sotto forma di ‘notizie sfuggite o svelate’ di lanci alleati, che sono una tentazione troppo ghiotta.
I colpi di mano sono necessari, perché gli Anglo-Americani ‘discriminano’ e non intendono aiutare le formazioni garibaldine, che escogitano ‘stratagemmi’ e dirottano lanci destinati alle formazioni G.L. della Val Pellice.
‘Il fine giustifica i mezzi’ e l’appellativo di ‘ladro’, secondo Petralia, valgono bene un lancio riuscito, anche se nelle intenzioni riservato ai G.L.! E’ festa! ‘Sten’, ‘Sega Hitler’ e plastico sono un bottino invidiabile che verrà usato in atti di sabotaggio contro aerei, ponti e linee ferroviarie.
Il 21 marzo 1944, la Val Luserna fu, come la Val Pellice, Germanasca, Angrogna e Chisone, assaltata dalle truppe nazi-fasciste dell’Operazione Usignolo (Nachtigall), che, fermate inizialmente a Montoso e a Pontevecchio, riuscirono ad attaccare la Bordella, a proseguire verso la Galiverga e a raggiungere Rorà.
I Garibaldini, di fronte a forze preponderanti, non poterono che arretrare verso la Valle Infernotto, inseguiti e braccati.
La pianura, di fronte al dilagare dei nemici dal Montoso alla Val Maira, appare l’unica salvezza.
La riorganizzazione dei distaccamenti avviene a primi di aprile e molti volontari affluiscono dalla città in Valle Infernotto, dove è creato un ‘Distretto’ partigiano.
Viene costituito il ‘Battaglione Arditi di pianura’, che porterà le sue azioni fino alle porte di Torino e nelle Langhe.
Il 17 maggio 1944 si crea la I^ Divisione d’Assalto Garibaldi-Piemonte e le azioni si susseguono e si stabiliscono contatti con le formazioni G.L. per arrivare ad un unico comando operativo.
Il Comando unificato dell’VIII^ Zona guidato da Barbato porterà Garibaldini, G.L., Matteotti ed Autonomi il 26 Aprile 1945 a Torino per la sua Liberazione.

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Tutto il Pinerolese è costellato da lapidi che ricordano i numerosi eccidi, molto spesso di civili, commessi dalle truppe di nazi-fascisti.
L’inizio della primavera del 1944 è stato per questo territorio uno dei momenti più sanguinosi della guerra di Liberazione. Due avvenimenti sono ancora oggi ricordati solennemente e ogni anno, nonostante affrontino due fatti molto diversi da loro. Da un lato c’è un’azione di guerra, chiamata «la battaglia di Pontevecchio» dove nazi-fascisti da un lato e partigiani dall’altro si affrontarono nella val Luserna, sulla strada che porta a Rorà, mentre a Cumiana avvenne una strage perpetrata da un reparto di SS con l’uccisione di ben 51 civili. Questa strage fu la risposta a un’azione di guerra partigiana che portò al ferimento e alla cattura di alcuni fra volontari italiani e sottufficiali tedeschi. Inoltre furono incendiate, come era tragica prassi, alcune abitazioni di Cumiana da cui era partito l’attacco. La strage avvenne il 3 aprile del 1944
[…]
A Pontevecchio si combattè invece una violenta battaglia il 21 marzo sempre del 1944. In quella data iniziò un grande rastrellamento contro la «zona libera» della val Pellice (che godeva di quest’autonomia conquistata con azioni militari da fine febbraio) attaccando in modo concentrico una delle frontiere e cioè la zona di Pontevecchio, nella bassa val Luserna, presidiata principalmente dalle formazioni Garibaldine.
La battaglia è dura e alla fine le perdite sono ingenti da entrambe le formazioni e i partigiani, viste le forze nettamente minori, sono costretti a ritirarsi nella vicina valle Po o in alta val Pellice. […]
Samuele Revel, Ricordando la Resistenza fra Luserna San Giovanni e Cumiana, Riforma.it, 23 marzo 2017

Fonte: Un po’ di storia… op. cit.

Nelle valli Pellice, Luserna e Angrogna, l’antifascismo trovò subito terreno fertile, grazie alla cultura della sua popolazione, abituata a secoli di lotte del popolo Valdese. Si formarono così, già prima del 25 luglio 1943, dei gruppi di resistenza al fascismo, composti dai giovani della valle, che crearono le prime organizzazioni di combattenti.
Nell’autunno del 1943 a Luserna San Giovanni fu formata una delle prime Giunte Comunali Clandestine d’Italia. Lì la storia della Resistenza, va inquadrata nel movimento Partigiano che va dalla Valle del Po-Montoso alla Val Luserna e Val Pellice. A Barge e Montoso ci sono i “Garibaldini” con tendenze comuniste, a Torre Pellice i “Giustizia e Libertà” che fanno capo al movimento liberal-socialista creato dai fratelli Rosselli. Tra le due formazioni vengono spesso scambiati collegamenti.
Redazione, La battaglia di Pontevecchio, La bottega del ciabattino, 18 marzo 2014

Fonte: Un po’ di storia… op. cit.

Si intitola “Ventimesi – La guerra partigiana di Liberazione tra l’Infernotto e la val Luserna – Luoghi e memorie” il volume pubblicato in questi giorni da “L’Artistica Savigliano” per conto dell’Istituto Superiore di Cultura Alpina di Ostana, curato da Giuseppe Barbero e Davide Ribotta, prodotto grazie al contributo della Regione Piemonte, assessorato alla Cultura e della Fondazione CRT.
Un libro frutto di un progetto nato una decina di anni fa che si proponeva di approfondire con studi e ricerche la storia del periodo della Resistenza (settembre 1943 – aprile 1945) nelle valli Po, Bronda e Infernotto e che ha già visto la realizzazione di alcune iniziative: prima fra tutte, la mostra fotografico–documentale “Ventimesi” svoltasi a Paesana nel 2002; la mostra fotografica “Paesana brucia”, allestita, in occasione del 60° anniversario dell’incendio nazifascista di Paesana, nell’agosto 2004 e la pubblicazione del primo volume “Ventimesi: la guerra partigiana di Liberazione in Valle Po”, nel 2007.
A distanza di quattro anni esce ora il secondo volume, dedicato quasi interamente alla valle Infernotto (Barge e Bagnolo Piemonte), ma con approfondimenti riguardanti le vicende accadute nella zona di pianura tra Cavour e Villafranca Piemonte e nell’alta valle Po: appare evidente come la storia dei venti mesi di occupazione nazifascista e di lotta partigiana nel territorio tra la valle Po, la val Luserna e la pianura è in gran parte collegata. A Cavour, nei primi giorni del settembre 1943 nacque il primo embrionale progetto di Resistenza nelle vallate del saluzzese e del pinerolese che si concretizzò nei giorni successivi a Barge, con la nascita della prima brigata partigiana Garibaldi. È da Barge che i garibaldini, cresciuti di numero, si diffusero poi nella vicina Bagnolo e nelle valli Po e Luserna, lottando, fino alla Liberazione, contro le truppe tedesche e nazifasciste.
Nel libro vengono descritti i principali episodi che caratterizzarono la vita di questi luoghi tra il settembre del 1943 e l’aprile del 1945 utilizzando brani delle testimonianze dei protagonisti, documenti e fotografie. Sono storie che parlano di rappresaglie, di rastrellamenti, di furti, di morti e feriti (che in queste zone furono numerosi sia tra la popolazione civile, sia tra i partigiani), di incendi di case, di paura per la presenza dei nemici.
Giuseppe Barbero e Davide Ribotta hanno estratto e ordinato temporalmente queste storie traendole da libri già pubblicati (o in diversi casi ormai esauriti da molti anni), da scritti ancora inediti e da fonti orali ed hanno cercato di integrarle, ricostruendo i singoli fatti ed identificando i protagonisti, per i quali sono state inserite, a fianco dei testi, brevi ma interessanti note biografiche con relative fotografie, per quanto è stato possibile fare a distanza ormai di 70 anni da quegli avvenimenti.
Comune di Bagnolo Piemonte

Tre componenti del gruppo di ‘Tolone’ (Mario Vittone) della 105^ Brigata Garibaldi. Questo gruppo aveva il compito di presidiare Rorà ed partecipò alla battaglia di Pontevecchio, nel corso della quale, i parrtigiani fecero esplodere un’autoblindo usando una latta di conserva riempita di tritolo – Fonte: Un po’ di storia… op. cit.

La battaglia di Rio Cros e la conquista della caserma di Bobbio avevano messo in evidenza due elementi fondamentali. Il primo lo rilevò Emanuele Artom nel suo diario, quando al 1O febbraio 1944 scrisse che uomini da tutto il Piemonte erano stati chiamati per stanare i partigiani, segno inequivocabile dell’estrema debolezza nemica. Il secondo confermò tutta l’alta val Pellice, da Torre in su, zona controllata dai partigiani. Era sorta “Italia libera”.
Oltrepassando il blocco di Santa Margherita si aveva l’impressione di emigrare in un paese diverso: piccoli gruppi di partigiani in armi sostavano alla luce del sole, la gente discuteva liberamente i problemi della gestione comunale. Nei paesi liberati, prendeva di solito forma un contropotere sociale non formalizzato, reale, prima gestito dai capi partigiani, poi dalle giunte comunali clandestine (nell’autunno 1944). In val Pellice risultava molto dannoso ai rifornimenti alimentari la loro interruzione attuata dai posti di blocco fascisti a Torre Pellice. L’Intendenza dovette cercare qualche soluzione per provvedere i generi indispensabili ai civili e ai partigiani: cereali, bestiame, grassi. Mediante trattative con alcuni contadini e commercianti della pianura, si attuarono delle requisizioni “concordate”, previo rilascio al requisito dei buoni firmati dai Comitati di Liberazione per un successivo rimborso. Con stratagemmi e fatiche, a dorso di mulo, i generi accaparrati venivano successivamente avviati alla montagna, attraverso percorsi secondari sui due costoni collinari della valle.
L’ordine pubblico diventò un’altra funzione sociale ereditata dai gruppi partigiani che vigilarono affinché non avvenissero atti di rapina e violenze ai danni della popolazione da parte di avventurieri e malintenzionati, né dilagasse la nefasta opera delle spie, non molto ampia, per fortuna, nelle nostre zone, dove prevalse la solidarietà con i partigiani.
Un aspetto particolare di tale mutuo soccorso si attivò con la Croce Rossa nei suoi vari sottocomitati locali. Autorità e privati vi si rivolgevano per sollecitare aiuti per gli sfollati bisognosi, per i rifugiati, per i sinistrati senza casa e gli averi persi nei rastrellamenti. Tramite gli appelli alla raccolta di doni, si raccolsero offerte da distribuire sotto forma di vestiti, mobili, sussidi, oggetti utili fino ad alloggi.
Bruna Peyrot, Resistere nelle Valli Valdesi. Gli anni del fascismo e della guerra partigiana, Società di Studi Valdesi, 17 febbraio 1995

Da “Il combattente” – (Edizione Piemontese) – marzo 1944