Un erbario delle piante della città di Genova (9)

Euphorbia peplus. Tutte le Euforbie sono piante pericolose, con un lattice tossico, fortemente purgante e irritante le mucose e la pelle. Le Euforbie come la nostra Euforbia minore sono monoiche; i fiori che sembrano semplici e ricordano una coppa – da cui il nome di ciazio – sono infiorescenze di tanti fiorellini ridotti ciascuno all’essenziale ossia a uno stame o a un ovario e stimma. Nonostante la tossicità, il lattice viene utilizzato fin dall’antichità come rimedio per le lesioni della pelle. L’ingrediente attivo è una molecola chiamata ingenolo mebutato, estratto anche come farmaco per la sua proprietà di indurre la morte cellulare e quindi utile nel trattamento delle cheratosi attiniche o del carcinoma epidermoide.

Erigeron bonariensis. Appartenenti prima al genere Conyza, le Saeppole sono invasori americani, probabilmente del Centro e Sudamerica, difficili da distinguere tra loro e quasi privi di attrattive per noi, ma dotati di fantastiche capacità di colonizzare gli ambienti peggiori, adattandosi a vivere con poco e riproducendosi con numeri elevati. “Bonariensis” è un epiteto specifico geografico, infatti significa “di Buenos Aires”.

Convolvolus sabatius. La regola di questo progetto è quella di riprodurre piante spontanee, ma è stato difficile resistere a questa bellezza seminata nelle aiuole spartitraffico di Corso Italia, sia per il colore della corolla che per il pregio botanico. Come indicato dal nome “sabatius”, il Convolvolo della Riviera è infatti una specie indigena della zona di Capo Noli, nel Savonese. Queste entità esclusive di una zona ristretta si chiamano endemismi, sono di grande interesse scientifico e devono essere protette e conservate. Per la sua bellezza e adattabilità ai giardini del Regno Unito, la Royal Horticultural Society gli ha addirittura conferito un “Award of Garden Merit”!

Rumex crispus. Il Romice crespo appartiene alla famiglia delle “acetoselle”, piante dalle qualità alimentari piacevoli per il sapore richiamato dal nome, ma sconsigliate per chi soffre di disturbi renali o epatici a causa della presenza di acido ossalico. Anche la nostra si può usare come verdura di scarsa qualità ma con significativi apporti di vitamina A e C, ferro e potassio, a patto di bollire le foglie cambiando più volte l’acqua o usarle con moderazione nelle insalate. Le foglie non più giovani diventano dure e amare.

Chenopodium album. Il Farinello comune è un’ottima pianta da cucina, dal sapore simile a quello dei cugini spinaci, ma più delicato. Conosciuta nel nostro continente fin dai popoli antichi, se ne consumavano anche i semi oleosi; gli archeologi hanno infatti trovato residui dei semi del Farinaccio, mischiati ad altri grani, nei forni e nelle “dispense” risalenti all’Età del ferro ma anche all’epoca Vichinga e Romana. In India C. album si coltiva e si apprezza con il nome di “bathua”. Le foglie e i germogli sono usati in zuppe, curry e pani ripieni, mentre i semi si utilizzano anche per bevande fermentate, leggermente alcoliche, come il “soora” e il “ghanti”. Purtroppo l’ambiente “ruderale” in cui vive in città non ce ne consiglia e consente la raccolta.

L’invenzione delle foglie si deve ai muschi, altri grandi conquistatori, ma non quella del legno che dobbiamo alle felci del Carbonifero, arrivatoci sotto forma di combustibile fossile. Le foglie e le parti fotosintetiche in generale sono il laboratorio più importante per la vita sulla terra. Grazie alla clorofilla, capace di usare l’energia del sole, nata da batteri e alghe marine nell’Era paleozoica, potremmo dire che cielo e terra, aria e acqua sono trasformate in carboidrati e proteine, che nutrono tutti gli animali erbivori e quelli che si nutrono di altri animali, come noi. Lo “scarto” di lavorazione è addirittura l’ossigeno. Con le parti morte, foglie e fusti, le piante hanno dato ai funghi e agli animali del suolo la materia per creare i terreni fertili e riciclare i minerali che le fanno crescere.

Un erbario delle piante di città [a Genova] realizzato da Mario Calbi […] un viaggio alla scoperta delle piante che suscitano poco interesse perché si pensa che abbiano scarsa importanza. […] invece di vederle in un modo diverso.
Le presentiamo a gruppi di 5, seguendo la cronologia con cui sono state raccolte e disegnate da Mario Calbi a cerchi concentrici via via più larghi attorno al punto di partenza, secondo i vincoli delle ordinanze sull’isolamento, in un periodo di tre mesi dal 15 marzo al 12 giugno 2020. Nelle tavole sono riportati il nome scientifico, il luogo e la data di rinvenimento; il nome italiano si trova invece nel testo. Per la nomenclatura è stata seguita la seconda edizione della “Flora d’Italia” di Sandro Pignatti (Edagricole, 2017-2019).
Le brevi notizie che accompagnano le immagini sono scelte tra la immensa mole di conoscenze che la cultura umana ha accumulato sopra ogni specie; la scelta è quindi arbitraria, ma speriamo utile e interessante. Testi e disegni di Mario Calbi.
Pietro Pala