Ma venne quel 20 maggio 1944 in cui la loro vita cambiò radicalmente

Milano: Colonne di San Lorenzo

In quello stesso periodo di tempo venne catturato l’apparecchio radio di Sandro Beltramini. Uno degli operatori, Gastone Piccinini, tentò di suicidarsi gettandosi dal quarto piano: si ruppe la colonna vertebrale e stette fino all’aprile 1945 all’ospedale di Niguarda, sorvegliato. Nell’aprile 1945 venne liberato dai partigiani nell’azione che portò alla liberazione di Fermo Solari (Somma). Mi dispiacque molto dell’incidente occorso al Piccinini. Era un sottufficiale di Marina che era stato con me alla stazione dei sommergibili a Napoli e che io intendevo portar con me in missione. All’ultimo invece esso mi venne «soffiato» dal Beltramini. Enzo Boeri, Vicende di un Servizio Informazioni. Relazione alla organizzazione O.S.S. sulla missione nel Nord Italia (17 Marzo 1944-1° Maggio 1945), «Il Movimento di liberazione in Italia», n. 12-13, 1951, ripubblicato in Rete Parri

La missione Richmond III ebbe quale obiettivo quello di creare una rete di agenti da assegnare a diverse grandi città in Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto e Liguria, allo scopo di raccogliere e trasmettere al Quartier Generale dell’OSS informazioni strategiche di natura sia militare sia industriale, nonché di stabilire contatti con i numerosi gruppi di partigiani che combattevano sulle montagne delle Alpi. La delicata operazione fu compiuta da una squadra così composta: Alessandro Beltramini, alias “Como” <11, Wanda Malvezzi, sua moglie, nome in codice “Remo” e il radiotelegrafista Gianni Barelli. Secondo la testimonianza di Bourgoin, il dottor Beltramini, arrivato a Milano dove fu dotato di falsi documenti e di un falso permesso di circolazione firmato da un generale tedesco, ritornò con la sua auto al punto dove era atterrato allo scopo di cercare la sua radio. Postosi immediatamente in contatto con il Quartier Generale, egli iniziò a trasmettere informazioni militari molto importanti che ci consentirono di porre in essere consistenti operazioni di aviolancio a tutti i gruppi di partigiani operanti sulle Alpi e nella Valle del Po. Il dottore fu altresì in grado di reclutare agenti in ogni grande città e la sua organizzazione completa consistette di quarantasette agenti principali al cui comando lavorava un enorme numero di uomini. Stabilì collegamenti con tutti i partiti politici e i gruppi della Resistenza sulle montagne e nelle città <12.
[NOTE]
11 Alessandro Beltramini, nome in codice “Como”, è descritto in un rapporto dell’OSS quale ‹‹uomo coraggioso›› ma anche una ‹‹piaga per l’OSS in Svizzera nell’organizzare operazioni attraverso la frontiera senza riguardo per la sicurezza››. Cfr. P. Tompkins, Ivi, p. 317.
12‹‹Dr. Beltramini arrived in Milan and with false papers and a false circulation permit, signed by a German General, he went back with his car to the landing point at Fosso Tafone in order to pick up his radio set. He established contact immediately with our Headquarters and he began to send us the most useful military information enabling our organization to start dropping operations to all the groups of patriots in the Alps and Po Valley. In every big team in Italy, the Doctor started a ring of agents and his complete organization consisted of forty seven main agents who had under their orders an enormous number of men working for their account. He was in touch with all political parties as well as with the resistance groups in the mountains and also in the cities.›› A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 2 e 73.
Michaela Sapio, Servizi e segreti in Italia (1943-1945). Lo spionaggio americano dalla caduta di Mussolini alla liberazione, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2012

Gastone Piccinini

[…] Gastone Piccinini si era arruolato volontario nella Regia Marina nel 1934, come allievo radiotelegrafista. Dopo la frequenza del Corso di specializzazione presso la Scuola C.R.E.M. di La Spezia, si era imbarcato sull’“Aurora” dove, nell’ottobre 1940, conseguì la promozione a Sergente. Nel suo stato di servizio figurano imbarchi anche a bordo di sommergibili su cui fu promosso 2° Capo nel 1942. E venne l’8 settembre 1943 che vedeva Piccinini a Napoli imbarcato sul sommergibile “Onice”. Iniziò allora la sua partecipazione alla guerra di liberazione prima cooperando all’organizzazione di un efficiente servizio radio nell’Italia del Nord occupata, poi aggregato alla 5ª Armata americana con compiti di collegamento e di informazione per il Comando Generale. Quando nel dicembre 1943 attraversò le linee venne catturato in un casolare da una pattuglia tedesca. Nonostante il carcere e i duri interrogatori trovò la forza di non rivelare i segreti in suo possesso, neppure dopo essere stato sottoposto a simulata fucilazione. Riuscì però a fuggire, a raggiungere il convento dei Frati Cappuccini di Segni (Roma), trovando ospitalità fino allo sbarco alleato di Anzio. Passate nuovamente le linee nemiche si recò a Milano per continuare la sua lotta nella guerra di liberazione. Qui nel gennaio del ’44 a casa del capo missione [Zucca] si ritrovò con Sergio Tavernari che aveva già conosciuto a Napoli durante le famose 4 giornate. A loro fu assegnata la stessa missione: rifornimento ai partigiani della montagna, trasmissioni di bollettini con radio “Brianza Libera”. Ma venne quel 20 maggio 1944 in cui la loro vita cambiò radicalmente. L’episodio fu riportato su “Libera Stampa” di Lugano pochi giorni dopo…“Erano circa le quattro del mattino quando echeggiarono sinistramente ripetuti, concitati colpi alla porta dell’appartamento: “Polizei”!! Un centinaio di SS circa, circondato un grosso isolato di case, bloccate le strade adiacenti, iniziarono la caccia ai due ragazzi. “Prendeteli vivi”, urlava un ufficiale ai suoi sgherri, che accecati dal furore teutonico sparavano all’impazzata. Ma vivi non li hanno avuti perché erano coraggiosi e perché lottavano per una causa giusta. Per più di mezz’ora hanno resistito asserragliandosi e barricandosi dietro la porta. Nel frattempo hanno sfasciato l’apparecchio radio, hanno bruciato le carte più compromettenti ed i cifrari. Quando le belve hanno potuto entrare nell’appartamento, Sergio e Gastone non c’erano più. E la caccia sui tetti è cominciata. Nella notte fino all’alba. I colpi crepitavano. I loro, sempre meno frequenti e quelli degli altri sempre più rabbiosi e frenetici. Ad un certo momento i due ragazzi riuscirono a saltare da una casa su di un’altra – ed era un 5° piano – e si rifugiarono su di un balcone. Da lì, entrare nell’appartamento disabitato, era cosa di un minuto ed essi sperarono, per un momento, di essere salvi. Ma la muta li ha rintracciati ancora: rabbiosa, urlante, assetata di morte. Era ormai mattino inoltrato. Ogni via di scampo preclusa, definitivamente. Essi avevano però giurato che non sarebbero mai caduti vivi nelle mani di chi avrebbe potuto strappare con le torture di cui erano maestri, le troppe cose che sapevano, i troppi nomi che avrebbero dato la possibilità ai venduti di scoprire le molte file della resistenza e della lotta. Temevano una cosa sola: di non resistere alla tortura; e i tormenti non li hanno vinti. Lo penso che anche i più inumani fra quegli esseri che nel dare la morte hanno fatto la loro unica ragione di vita, quando videro i due giovani salire sul parapetto del terrazzo ed insieme, tenendosi per mano, precipitarsi nel vuoto, avranno avuto anche per un solo istante, un istintivo senso di ammirazione. Ma quando la preda, crivellata dai corpi di mitra, raggiunse con un cupo orribile tonfo la terra, essi cercarono ancora di carpire dalle labbra dei moribondi, con ogni mezzo, il loro segreto”. Questa la pura storia, raccontata dal cronista di un giornale svizzero. Ma credo che solo Gastone e Sergio potevano rievocare le ore interminabili che passarono poi, accoccolati a terra, in una vuota cucina sconosciuta, in attesa delle prime luci dell’alba. Solo loro potrebbero ridire la folle speranza di salvezza che s’andava dileguando man mano che il tempo scorreva e poi la lotta intima tra la giovinezza forte ed esuberante che non voleva cedere ed il sacrifico che appariva ormai inevitabile. Per Gastone il seguito fu atroce. Dapprima la consapevolezza della perdita di Sergio; poi il dolore di sadici interrogatori ed infine la solitudine. Solo la liberazione da parte dei compagni di Porta Ticinese pochi giorni prima del 25 aprile misero parzialmente fine a questo tormento. Dopo la guerra, nel 1946 fu decorato con la Medaglia d’oro al V.M. * che fece seguito ad una Croce al V.M. ed una Medaglia d’argento al V.M. Si potrebbe pensare che dopo una simile esperienza e le lunghe operazioni e le cure a cui fu sottoposto avessero fiaccato l’entusiasmo di quest’uomo ed invece il Gastone Piccinini che io conobbi aveva una forza, ed un amore per la vita, ineguagliabile. Nel dopoguerra conseguì la laurea in Economia e Commercio all’Università di Bologna, ricoprì cariche nell’A.N.P.I., di cui è stato presidente onorario, e nell’Ass.ne Nazionale Marinai d’Italia. Soprattutto lo ricordo fondatore e presidente del “Circolo Brasimone” nato nel 1964 sulle rive dell’omonimo lago e successivamente costretto al trasferimento a Castiglione dei Pepoli. Forse il comune amore per il canottaggio fu la ragione di un’amicizia rimasta intatta nel tempo. Oltre il ricordo mi rimane un grande insegnamento di vita: non arrendersi mai. Il prossimo gennaio ricorreranno vent’anni dalla sua morte, ma non nascondo che ogni qualvolta leggo le righe di quell’articolo giornalistico di Lugano del ’44, un nodo sale inevitabilmente alla gola perché in Gastone riconosco l’Eroe ovvero colui che a fronte di un ideale è disposto a sacrificare, consapevolmente, tutti i suoi averi più preziosi.
Adriano Ritossa in Canottaggio.org, Trieste, 27 dicembre 2013 *[ Gastone Piccinini – All’inizio del movimento di liberazione varcava audacemente le linee nemiche portando con sé un apparecchio radiotrasmittente, per prendere parte attiva alla lotta in territorio occupato dai nazi-fascisti. Catturato dall’avversario riusciva, ad evadere portando in salvo l’apparecchio radio, riprendeva il suo posto di radiotelegrafista addetto al servizio degli aviolanci e volontariamente partecipava anche a tutti i fatti d’arme della sua brigata partigiana, distinguendosi per ardimento e sprezzo del pericolo. Mentre in una casa di Milano trasmetteva messaggi veniva accerchiato. Per sfuggire alla cattura da parte del nemico, dopo aver distrutto l’apparecchio radio ed i cifrari ed essersi difeso sino all’ultima cartuccia, per non cadere vivo nelle mani dell’avversario, si lanciava nel vuoto dal quinto piano abbracciato al suo unico compagno gridando: “Viva l’Italia”. Con le membra orribilmente sfracellate e la spina dorsale fratturata ma ancora vivo, veniva raccolto dai tedeschi nella vana speranza di sapere i nomi dei suoi compagni di lotta. IL fiero silenzio da lui conservato nonostante le atroci sofferenze ed i crudeli martiri, frustrava i vani tentativi del nemico e dopo un anno di dolorosa degenza, infranta l’oppressione nazi-fascista, veniva liberato dai compagni ancora ammirati del ricordo delle sue gesta e portato a braccia con le membra inesorabilmente e per sempre spezzate e la spina dorsale lesionata, nella smagliante luce del sole d’Italia redenta. Castelnuovo di Benevento, 3 dicembre 1943 – Colleferro, 4 dicembre 1943 – Milano, 20 maggio 1945]

[Gastone Piccinini] L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo trovò imbarcato sul sommergibile Onice dislocato a Napoli. Partecipò alla guerra di liberazione operando presso il Ministero della Marina a Brindisi – Servizio Informazioni -, cooperando all’organizzazione di un efficiente servizio radio nell’Italia del Nord occupata. Aggregato poi alla 5a Armata americana – Reparto O.S.S. – con compiti di collegamento e di informazione per il Comando Generale del C.V.L., attraversò le linee ed il 3 dicembre 1943 venne catturato in un casolare da una pattuglia tedesca. Tradotto in carcere e duramente interrogato, non rivelò i segreti in suo possesso, neppure dopo essere stato sottoposto a simulata fucilazione; l’8 dicembre riuscì a sfuggire ai suoi aguzzini ed a raggiungere il convento dei Frati Cappuccini di Segni (Roma), trovando ospitalità fino allo sbarco alleato di Anzio.
Passate nuovamente le linee nemiche e portatosi a Milano, entrò a far parte della Brigata partigiana “P. Poet” nell’incarico di Capo Missione radio e nel grado partigiano di Tenente. Il 20 maggio 1944, per fuggire a sicura cattura, si gettava con il suo compagno di lotta Tavernari, dal 5° piano di uno stabile di via Pier Capponi a Milano, rimanendo gravemente ferito, con la spina dorsale fratturata, ma vivo; venne nuovamente incarcerato fino alla liberazione della città. Ministero della Difesa, Marina Militare

Bourgoin ordinò a Sergio Tavernari, sbarcato anch’egli sulla spiaggia di Fosso Tafone, nel corso della missione Richmond II, di trasferirsi a Milano e aggregarsi alla squadra di “Como”. Simile ordine fu impartito ai radiotelegrafisti Auriemma e Grandini, in sostituzione di Gianni Barelli, giudicato inaffidabile da Beltramini. Appena arrivato, Grandini installò la radio, mentre gli altri due radiotelegrafisti, Auriemma e Barelli, furono trasferiti a Bosizio, dove lavorarono alle trasmissioni con una seconda radio che fu, poi, inviata in tempo dovuto a “Como”. Sennonché la missione fu funestata da un grave episodio: vi fu, infatti, un’incursione delle SS che cagionò uno scontro sanguinoso con i
due agenti dell’OSS, culminato nel suicidio di questi ultimi, così drammaticamente descritto da Bourgoin: “Il 20 maggio vi fu un’incursione delle SS tedesche nell’appartamento, dove Sergio Tavernari e Grandini trasmettevano. I due uomini, che erano armati di fucili Sten e avevano a disposizione ottocento cartucce, ingaggiarono una battaglia contro le SS e ne uccisero immediatamente due che tentavano di assaltare l’appartamento. Queste si fecero scudo con i corpi di tutti i bambini e le donne che abitavano nell’edificio. Di conseguenza i miei due agenti non potendo difendersi furono costretti a scappare sul tetto dell’edificio non prima di aver distrutto la radio, il cifrario e i documenti.
Essendovi un nascondiglio dentro l’appartamento, vi nascosero i cristalli e alcuni documenti segreti indispensabili al Dottor Beltramini. Postisi sulla cima dell’edificio, fecero fuoco contro le SS e combatterono disperatamente dalle undici della sera alle sei del mattino dopo per salvarsi, uccidendo trentadue tedeschi e ferendone molti altri. Sergio, attinto da tre colpi, restò gravemente ferito e decise con il suo radio operatore di suicidarsi per salvare l’organizzazione <13.
Il medesimo incidente è stato raccontato da Peter Tompkins che ne ha contestata l’affidabilità, tratteggiando alcuni elementi nettamente divergenti tra i quali la registrazione della presenza accanto a Tavernari, del radio operatore Gastone Piccinini, di cui, invece, nel rapporto di Bourgoin non vi era traccia, sino all’epilogo della morte di uno degli agenti, conseguente alla fuga dalle SS, anziché dell’eroico suicidio, che, al contrario, era enfatizzato da Bourgoin. Tompkins, infatti, avvalendosi di un manoscritto, si era dichiarato certo che la storia di Bourgoin fosse poco più di ‹‹un’invenzione››, non confortata dal resoconto di alcuna delle sue stesse reclute. Secondo la testimonianza di Piccinini, infatti, essi, all’incursione delle SS nell’appartamento, scapparono sul terrazzo, senza riuscire a nascondere alcunché, mentre i tedeschi gli sparavano indietro. I due, braccati, avrebbero, quindi, tentato di rientrare nell’appartamento per recuperare le radio ma invano, poiché la porta era chiusa a chiave. Infine, decisi a lanciarsi nel vuoto con il loro segreto, sarebbero stati raggiunti dai tedeschi che avrebbero colpito Tavernari alla testa, mentre questi, mano nella mano con l’altro radiotelegrafista, si sarebbe gettato dalla balaustra. Tavernari morì, mentre Piccinini, con la spina dorsale rotta, sarebbe rimasto paralizzato per sempre <14.
Beltramini aveva combattuto, nel settembre 1944, nella Repubblica della Val d’Ossola per la liberazione della regione dall’occupazione tedesca ma era stato costretto dall’attacco di due divisioni tedesche a ritirarsi e ripiegare in Svizzera, a Campione, braccato dalle SS.
[NOTE]
13 ‹‹On the 20th of May, the German SS raided the flat in which Sergio Tavernari and Grandini were transmitting. The two men being armed with Sten guns and having 800 rds at their disposal, started fighting and killed immediately two SS who tried to raid the apartment. In order to prevent the two men from firing the SS, pushed in front of themselves all the little children and the women living in the building. My two agents being unable to defend themselves were obliged to escape on the roof of the building after having destroyed the radio set, the cipher and the files. Having a cache inside the flat, they hid the crystals and some secret documents which were absolutely indispensable to the doctor. On the top of the building, they started to fire the SS and from eleven o’ clock p.m. to six o’ clock a m they fought desperately for their lives, killing thirty two Germans and wounding a great number of others. Sergio, severely wounded with tree bullets, decided with his radio operator to commit suicide in order to save the organization››. A. Bourgoin, From 20th September 1943 to 26th January 1945 cit., pp. 73 e 74.
14 Il manoscritto in esame, ritrovato dal giornalista Franco Fucci nell’Istituto Storico della Resistenza di Milano, era intitolato ‹‹Ospedale di Niguarda, Milano mese di luglio 1945 – Relazione del radiotelegrafista del servizio OSS della Quinta Armata Piccinini Gastone››. P. Tompkins, L’altra Resistenza cit., pp. 125-127.
Michaela Sapio, Op. cit.