La retata nazifascista alla Franco Tosi del 5 gennaio 1944

Gli stabilimenti della Franco Tosi all’inizio del XX secolo – Fonte: Wikipedia

Fermate le macchine, scioperate, manifestate in strada contro i padroni profittatori e contro gli hitlero-fascisti. I magnati dell’industria hanno accumulato miliardi di profitti e vi fanno morire di fame”. Manifestino sequestrato dai carabinieri di Busto Arsizio (13 dicembre ’43), probabilmente frutto della attività dei fratelli Venegoni nell’Alto Milanese.


Erano ormai alcune settimane in cui c’era molto fermento all’interno dell’azienda. Dopo alterni momenti in cui sembrava che le trattative andassero in porto, la mattina del 5 gennaio ’44 gli operai della Franco Tosi [a Legnano (MI)] occuparono gli uffici dei dirigenti e il generale delle SS Otto Zimmermann, colui a cui era stato affidata la repressione degli scioperi nell’Alta Italia, fu immediatamente informato.

Giancarlo Restelli in ANPI Legnano

Non si potrebbe narrare la storia della Resistenza a Legnano senza dare il giusto spazio ai fratelli Venegoni. È inutile dire che si tratta di figure di livello nazionale. Carlo era il più anziano (1902). Aveva quindi 41 anni nel ’43. Mauro aveva un anno in meno e poi Piero e Guido. Carlo e Mauro erano già attivi a Legnano durante la “settimana rossa” del 1914 (!). Carlo nel 1920 fu tra i leader dell’occupazione della Cantoni e fu tra gli aderenti al Pcd’I nel gennaio del ’21. Conobbe Gramsci e fece parte con la delegazione italiana nel 1924 al V congresso dell’Internazionale comunista a Mosca. Nel ’27 venne condannato dal Tribunale speciale a dieci anni di reclusione. Mauro dopo un anno e mezzo di carcere emigrò in Francia nel 1929 e da qui passò in Unione Sovietica dove frequentò l’università leninista di Mosca. Il contatto con lo stalinismo fece maturare in Mauro una forte avversione nei confronti dell’Unione Sovietica pur rimanendo comunista e anzi agitando fino alla sua morte la bandiera del marxismo-leninismo. Mauro e Carlo da veri “rivoluzionari di professione” tornarono in Italia nel 1940 per essere subito arrestati e condotti al confino fino alla caduta del fascismo nel 1943.
Giancarlo Restelli, Legnano in guerra. 1940-1943, Restelli Storia

Quel giorno, innanzi tutto, ci fu un atteggiamento di ribellione da parte di tutti i dipendenti, semplicemente perché erano, eravamo stufi; poi si era diffuso un certo entusiasmo, al punto tale che il piazzale principale dell’azienda era stipato di lavoratori, convinti che la persona attesa, inviata dalla direzione, avrebbe sicuramente accolto le nostre richieste economiche.
Arrivarono, invece, i tedeschi, sollecitati dalla direzione a sedare la manifestazione spontanea di quel 5 gennaio. Appena giunsero davanti alla fabbrica si aprirono i cancelli per far accedere le camionette con le mitragliatrici già installate e pronte a sparare. Le S.S. si sono presentate, armi in pugno, ai lavoratori per leggere in tedesco un proclama, poi tradotto in italiano, che ordinava a tutti i lavoratori a rientrare nei rispettivi settori di competenza.
Ricordo bene l’episodio che ha poi determinato i primi fermi e arresti: qualcuno di noi, parlando in legnanese, tentava, senza riuscirci, di comunicare coi tedeschi, i quali decisero per tutta risposta di caricare la folla.
Un operaio addetto a distribuire i disegni, di nome Robellini, che aveva una gamba di legno, venne urtato e travolto. Ci furono subito dopo i primi lavoratori messi al muro, che ad un certo punto divennero addirittura novantadue, tra operai, impiegati e tecnici e con loro c’ero anch’io, che ero un ragazzetto.
Intanto le S.S. presidiavano i reparti. Durante la pausa del mezzogiorno, nessuno era uscito dall’azienda perché i cancelli erano bloccati, ma fuori dalla fabbrica, però, i cittadini si erano allarmati, non sapendo cosa esattamente fosse successo al suo interno invaso dalle SS. A una certa ora arrivarono alcuni camion per portare a San Vittore le novantadue persone prima messe al muro, eccezion fatta per i “ragazzetti”.
Durante la notte, però, sulla base di specifiche segnalazioni, furono prelevate dalle loro abitazioni una trentina di antifascisti che, pur non essendo esposti politicamente, facevano già parte degli organismi sindacali aziendali.
Franco Landini, ex Presidente ANPI di Legnano, in Sempione News, 5 Gennaio 2019

Il 5 gennaio alla Franco Tosi di Legnano la Commissione Interna era giunta in tarda mattinata ad un accordo con la Direzione ma verso le due del pomeriggio avevano fatto irruzione i tedeschi con alla guida Zimmermann e avevano messo al muro un’ottantina di persone, poi portate in camion direttamente al carcere di San Vittore a Milano. Nei giorni seguenti un poco alla volta molti erano stati rilasciati, ma non tutti e la cosa aveva fatto scalpore in zona. Dopo il 5 gennaio si scioperava ma si aveva paura, molta paura, tanto che il 9 due partigiani ex-dipendenti della Comerio entrati in clandestinità, Genellina e Michele Riganti, si sono presentati in fabbrica a nome del CLN di Busto per chiedere alla Direzione spiegazioni del mancato aumento ma anche per chiedere alle maestranze di sospendere lo sciopero, per cautela.
Purtroppo non venne dato loro ascolto ed il giorno seguente si notò in fabbrica una strana assenza: mancavano il sottufficiale delle SS Mattias Franzen ed il colonnello dell’esercito italiano che controllavano sempre la produzione.
In mattinata, la Comerio venne circondata da mezzi corazzati tedeschi che fecero irruzione, intimando sotto la minaccia delle armi, di riprendere immediatamente il lavoro. Con un altoparlante vennero scanditi i nomi degli appartenenti alla Commissione Interna. Se si fossero fatti avanti, gli altri non avrebbero subito conseguenze. Nessuno si mosse. Allora vennero presi a caso alcuni operai e messi al muro. I tedeschi, come avevano fatto alla Tosi, iniziarono la caccia all’uomo e cinque membri della Commissione finirono al muro, con gli altri operai. Solo Luigi Casola riuscì a nascondersi e non lo trovarono. Infine venne messo al muro anche Melchiorre Comerio, figlio del Presidente Ercole.
Verso mezzogiorno Zimmermann rinnovò la proposta di tornare al lavoro: “Chi lavora mangia, chi non lavora non mangia” e fu a questo punto che il gruista della Comerio, Alvise Mazzon, seduto sulla propria gru, fece un gesto che significava “Oh, finalmente si mangia!” ma che venne interpretato dal tedesco come un gesto di sfida. Anche Alvise finì al muro sotto la minaccia delle armi. Intanto fuori la gente aveva capito che stava succedendo qualcosa. “Ho ancora segnato nella memoria le sequenze dell’arresto, i volti, il dispiegamento dei mezzi nazisti in città e all’interno della Comerio, la disperazione delle famiglie accorse nei pressi della fabbrica” ricorda Angelo Castiglioni, partigiano, ex-deportato a Flossenbürg ed ex-presidente ANPI di Busto Arsizio (in Cosimo Cerardi, “Gli scioperi del 1943-1944 a Busto Arsizio”). Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli, 10 gennaio 1944, lo sciopero alla Ercole Comerio, in Legnano News, 10 gennaio 2016


Nel primo pomeriggio del 5 gennaio due camion pieni di SS varcarono il cancello della Franco Tosi. Nel piazzale centrale erano radunati tutti gli operai, alcune migliaia. Reparti fascisti si erano invece collocati all’esterno della fabbrica a presidiare gli ingressi.
In pochi attimi le SS scesero dai camion e posizionarono le mitragliatrici. Con un altoparlante si ordina ai lavoratori di ritornare in fabbrica. Nessuno si muove. Il comandante ordina “Fuoco!!“… ma le raffiche fortunatamente sono rivolte in aria. La massa ondeggia, incredula, sbigottita.
Subito dopo scatta la caccia ai rappresentanti sindacali e ai più noti lavoratori antifascisti. Bisogna arrestarli per separare i lavoratori dai loro dirigenti sindacali più conosciuti e stimati. Solo così i tedeschi sperano di mettere fine a quella lunga sequela di scioperi che era iniziata nel marzo dell’anno precedente.
Vengono arrestati una sessantina di lavoratori e portati nel carcere di San Vittore. Nella notte reparti tedeschi e fascisti arrestano alcuni antifascisti legnanesi.
Nel carcere di San Vittore vengono interrogati e dopo alcuni giorni rilasciati, meno otto lavoratori, quasi tutti appartenenti alla Commissione Interna.
Dopo alcuni giorni a San Vittore gli otto dipendenti della Tosi vengono avviati nel campo di Fossoli (Dulag, campo di transito). Partono da Fossoli su vagoni piombati l’8 marzo ’44 con altri 600 lavoratori provenienti dalla Toscana, da Milano e Torino (trasporto n. 32).
Giungono a Mauthausen l’11 marzo ’44. Sono classificati con la categoria Schutzhaftlinge (prigioniero politico, mandato di arresto per motivi di sicurezza). Nel lager venne a loro chiesto il mestiere per sfruttarli meglio fino alla morte. Alcuni di loro passano attraverso diversi sottocampi. Sette morirono di fame, freddo, lavoro forzato e malattie. Uno solo sopravvisse: Paolo Cattaneo, ma morì suicida pochi anni dopo.

Ricordo brevemente i loro nomi:

Pericle Cima
Nato a Spinadesco (Cremona). Ingegnere meccanico nella Franco Tosi. Deceduto l’11 aprile 1945 a Steyr (in Austria) durante la “marcia della morte” da Vienna a Mauthausen. Aveva 56 anni. Nella foto a destra il cimitero di Steyr (Austria) in cui è sepolto Pericle Cima

Carlo Grassi
Nato a Legnano. Mestiere dichiarato modellatore metallurgico. Deceduto tra il 14 febbraio e il 15 febbraio 1945 a Gusen. Aveva 43 anni.

Francesco Orsini
Nato a Legnano. Mestiere dichiarato tornitore. Deceduto il 5 ottobre 1944 nel castello di Hartheim (Mauthausen). Aveva 62 anni.

Angelo Santambrogio
Nato a Legnano. Membro di primo piano della Commissione Interna della Franco Tosi e fugura importante nell’attività sindacale a Legnano accanto ai fratelli Venegoni. Mestiere dichiarato fresatore. Deceduto il 19 settembre 1944 nel Castello di Hartheim (Mauthausen). Aveva 31 anni.

Ernesto Venegoni
Nato a Legnano. Membro della Commissione Interna della Franco Tosi. Mestiere dichiarato meccanico di precisione. Deceduto il 26 marzo 1944 a Mauthausen. Aveva 45 anni.

Antonio Vitali
Nato a Milano. Membro della Commissione Interna della Franco Tosi. Mestiere dichiarato meccanico. Deceduto il 9 marzo 1945 a Gusen. Aveva 46 anni.

Paolo Cattaneo
Nato a Legnano. Membro della Commissione Interna della Franco Tosi. Mestiere dichiarato tornitore. Sopravvissuto. Aveva, nel ’45, 36 anni.

Alberto Giuliani
Perito tecnico nella Franco Tosi. Fu inviato nel lager con un altro trasporto rispetto ai suoi compagni. Deceduto il 6 febbraio 1945. Aveva 35 anni.

Nel cimitero di Legnano ci sono le tombe dei deportati del 5 gennaio ‘44, naturalmente sono tombe vuote perché i loro corpi furono bruciati nei forni crematori. Sicuramente questo è il destino di Angelo Sant’Ambrogio e Francesco Orsini morti nel castello di Hartheim, ma anche a Mauthausen e Gusen c’erano forni di incenerimento dei corpi.


[…] “Gli operai arrestati erano solo colpevoli di aver reclamato di parificare i salari dei lavoratori legnanesi a quelli dei maggiori centri industriali (Sesto San Giovanni) e di far mantenere agli industriali le promesse fatte. Invece i barbari delle SS avevano voluto arbitrariamente intervenire in difesa degli sfruttatori del popolo contro gli operai”. da un volantino redatto dai fratelli Venegoni poco dopo il 5 gennaio ‘44


Fonti:
Piero Macchione, “L’oro e il ferro. Storia della Franco Tosi”, F. Angeli 1987
Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti, Alberto Centinaio, “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945”, 2009

Giancarlo Restelli in ANPI Legnano

La centrale termoelettrica Regina Margherita, realizzata dalla Franco Tosi, in esposizione al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano – Fonte: Wikipedia

Nell’inverno 1943-1944, le fabbriche della zona di Legnano condussero l’agitazione in maniera autonoma, e non coordinata con l’andamento generale dello sciopero. Pochi sono i dati, ma abbastanza significativi: all’inizio dello sciopero di dicembre i contatti organizzativi con la zona di Legnano sono inesistenti: solo più tardi si riesce a diffondere un manifesto del comitato sindacale (che porta la data del 17 dicembre); e solo il 29 dicembre, infine, entrano in sciopero gli operai della fabbrica più grossa e più importante, la Tosi. Durante le agitazioni di gennaio, poi – agitazioni caratterizzate, come abbiamo sottolineato, da una fortissima spinta operaia e dall’assenza del partito – sempre alla Tosi la situazione diviene particolarmente tesa. All’appello per la mobilitazione nello sciopero del marzo 1944, la zona di Legnano non risponde: perché? « Qui però » – ammette la federazione milanese del PCI – « noi non disponiamo di nessun elemento nostro, perciò l’agitazione
avrebbe dovuto essere preparata dall’organizzazione dissidente; cosa che fu fatta con molto ritardo e poco accuratamente, tanto che nonostante l’abbondante impiego di materiale fatto all’ultimo momento non è stato ottenuto nulla; né durante il primo né durante il secondo giorno». La zona di Legnano, difatti, era controllata da una forte e compatta organizzazione di dissidenti, che pubblicava un proprio giornale, Il Lavoratore, cui si accompagnarono – nell’ultimo suo periodo di attività – anche i « Quaderni » del Lavoratore, in cui venivano ripresi, approfonditi ed ampliati gli argomenti di analisi e di discussione presentati nel giornale (63) (64) (65). Il gruppo di Legnano – i cui dirigenti venivano chiamati, nella clandestinità, Mario, Rossi e Landi (si trattava di Bruno Fortichiari e dei fratelli Venegoni) – era formato da vecchi militanti comunisti, i quali durante il periodo fascista avevano mantenuto in vita, nella zona, una struttura organizzativa abbastanza solida.
Alla ripresa dei contatti fra le varie forze politiche dell’antifascismo di sinistra, alla caduta del fascismo (ma è presumibile che altri contatti ci fossero stati durante gli scioperi del marzo 1943) cominciarono ad emergere discordanze e dissensi, che trovarono la loro espressione formale ed ufficiale in due documenti: la Lettera aperta alla direzione del Partito comunista italiano e la risposta di Pietro Secchia. Attraverso gli articoli pubblicati in II Lavoratore, i legnanesi ammettono la loro adesione alla strategia politica del Partito comunista – che essi riconoscono come il partito del proletariato (67) – e alla impostazione stessa della lotta contro i tedeschi e contro i fascisti (68). Ma questa adesione politica ed ideologica (che sembra aver sofferto dei cedimenti durante i 45 giorni) viene a cadere di fronte al problema della concezione del partito e della sua funzione.

63 Copia del manifesto del comitato sindacale è conservata in APCI. Sulle agitazioni si vedano fonogrammi del prefetto e del questore di Milano alla direzione generale di PS, del 29 dicembre 1943, rispettivamente delle ore 10 e 22,30, in ACS, AGR (1903-49), ctg. C2, b. 35, fase. «Milano. Incidenti ». Anche il 31 dicembre gli operai della Tosi (circa in 300) sono in sciopero: cfr. fonogramma del prefetto di Milano alla direzione generale di PS, del 31 dicembre 1943, a. ore 18,40, ibid.., Segret. part, duce, cart, ris., fase. 92, s. fase. 4, cit. Da altre fonti risulterebbe che già il 16 dicembre la Tosi avesse scioperato « […] Attraverso ad un collegamento nuovo si è fatto pervenire materiale alle officine Tosi di Legnano che hanno immediatamente seguito l’esempio degli operai milanesi », da un rapportino del 16 dicembre 1943, f.to « Zona del 2° settore. Medici », nel secondo gruppo di documenti di cui alla nota n. 40.
64* Sciopero 1944, cit., in Rinascita del 7 marzo 1964. Cfr. anche la relazione su Legnano in un gruppo di rapportini intitolati Relazioni sullo sciopero, « Milano, 2 marzo 1944 », in APCI, fase. « Milano 1944 » cit.
65 È appena il caso di sottolineare come la situazione legnanese non fosse un caso del tutto isolato: ad essa corrispondevano analoghe situazioni in altri centri dell’Italia del nord (Torino) e dell’Italia centro-meridionale.
66 Sotto il titolo Smascheriamo i nemici del partito della classe lavoratrice, in La Nostra Lotta dell’aprile 1944, a. II, n. 7-8. La prima parte della Lettera aperta fu pubblicata ne Il Lavoratore del 1° maggio 1944; il seguito nel numero del giugno 1944. Per i contatti con la federazione milanese del PCI, cfr. Una settimana di sciopero a Milano, cit.
67 Cfr. I nemici sono sempre quelli, ne II Lavoratore del 4 febbraio 1944.
68 Cfr., nel numero de II Lavoratore del novembre 1943, Il lupo si traveste d’agnello, e Commissioni interne e comitati segreti di fabbrica.

Elvira Gencarelli, Partito e classe a Milano negli scioperi del 1943-44, in «Italia contemporanea», XXVI, genn.-marz. 1974 n. 114, pp. 56-58, documento qui ripreso da Rete Parri