In pianura i partigiani si uniscono alla lotta sociale degli operai

Reano (TO). Fonte: Wikipedia

Ancora una volta il movimento di Resistenza si rivela più forte delle avversità e della crisi nata dal secondo inverno in montagna. L’intento dei rastrellatori è quello di spingere i partigiani sempre più in alto, dove sulle vette freddo e neve e la mancanza di viveri possono rivelarsi più letali di bombe e pallottole. Per realizzare questo piano, creano anche dei presidi nei centri più grandi. Invece i partigiani sono riusciti a oltepassare le linee nemiche, spargendosi in pianura e giungendo quasi alle città.
Finito il rastrellamento, i tedeschi continuano l’occupazione di parte della valle, lasciando presidi a Coazze e Giaveno e fino alla fine della disputa compiono continui attacchi contro i vecchi rifugi partigiani.
I partigiani sono generalmente ben accolti dalla popolazione e finiscono per mimetizzarsi con essi, tanto che molti combattenti riprendono addirittura il lavoro, pur tenendosi sempre pronti per l’insurrezione. <85
“Tra la fine del 1944 e il principio del 1945, i rapporti tra “Pianura” e “montagna” subiscono un mutamento profondo in tutto lo schieramento della resistenza e non più in questo o quel settore. L’emigrazione verso il basso diventa un fatto generale, così come all’inizio della guerra partigiana era stata quella condotta in senso inverso. Mentre il nemico cerca di sospingere i partigiani sempre più in alto, bloccando le vallate alpine, incalzandoli verso le vette con continue ondate di rastrellamenti, i patrioti filtrano attraverso le maglie, toccano le colline e poi si spargono come in tanti rivi nella pianura padana, pervenendo quasi alle soglie delle grandi città. Si attua coè quel fatto grandioso della Resistenza invernale che può chiamarsi il miracolo della pianurizzazione” <86.
Se da un lato la spinta alla pianurizzazione è spontanea e nasce dalle necessità del momento, la riorganizzazione degli uomini è il frutto di un’azione studiata dai comandanti. A metà gennaio in vallata rimangono circa 150 uomini. Secondo una segnalazione della IV Zona, in sessanta sono della banda Falzone e novanta della Campana. A questi si aggiungono un centinaio di unità della Carlo Carli. Tutti gli altri partigiani sono riusciti a rifugiarsi in pianura. <87
Poco alla volta i comandanti riallacciano i rapporti fra di loro, riuscendo a riordinare le brigate per organizzare il recupero delle armi lasciate nei nascondigli in montagna e decidendo azioni di sabotaggio e controsabotaggio.
Se i partigiani non hanno più le retrovie sicure in montagna, nelle città il movimento operaio conduce una resistenza quotidiana in fabbrica. A dicembre a Torino si svolgono scioperi contro l’obbligo del lavoro festivo. La lotta quotidiana contro il freddo, il carovita e la fame sono misuratori efficaci della maturazione antifascista avvenuta nella popolazione cittadina.
In pianura i partigiani si uniscono alla lotta sociale degli operai: in questa maniera evitano il pericolo dell’isolamento (visto che hanno momentaneamente abbandonato la montagna) e si ritrovano più forti grazie alla rete di contatti e alleanze stabilite in pianura.
[…] Poco dopo, il 18 marzo, i tedeschi abbandonano il presidio di Giaveno e sette giorni dopo lasciano anche quello di Coazze. I partigiani ne approfittano per rientrare in vallata, fermandosi proprio a Coazze e Giaveno.
“I partigiani sono tornati e si alloggiano non più al Forno ed al Sangonetto, ma in Giaveno, nelle case private e negli alberghi, e sono sempre armati, anche in paese”. <88
Questa testimonianza di Zanolli certifica che, a differenza del passato, i partigiani non hanno più la necessità di rifugiarsi nei vecchi nascondigli e di nascondere la loro identità e le armi. Ora possono stare più tranquilli in vallata. Una serenità dettata dalla situazione internazionale e che proietta il partigianato verso l’insurrezione.
“Gli avvenimenti bellici sui vari fronti e le informazioni in possesso di questo Comando danno la certezza che il momento dell’azione finale è ormai vicino. Tutte le informazioni devono bruciare le tappe nel lavoro di preparazione per trovarsi pronte al momento voluto, senza correre il rischio di essere sorprese dagli avvenimenti e vedersi di conseguenza costrette ad eseguire affrettatamente ed imperfettamente le operazioni di mobilitazione. Dovrà rapidamente intensificarsi l’attività partigiana in modo da aumentare nelle file del nemico, e specialmente dei fascisti, quello stato di orgasmo che già si avverte, costringendolo a stare continuamente in guardia, a muoversi sempre in forza, a sentirsi continuamente sorvegliato, minacciato, colpito. Contemporaneamente deve essere intensificata la propaganda, il lavoro di disgregazione fra le forze nemiche, in particolare tra quelle fasciste, coscritte e volontaria. “Arrendersi o perire”, questo deve essere il tema”. <89
Ad accrescere la serenità partigiana è anche la scelta dei tedeschi di abbandonare la valle, dopo le violente e intimidatorie violenze dell’inverno.
“22 marzo: fallimento completo del raduno di Giaveno ordinato dai fascisti: 270 bestie, nessuna portata”. <90
Esito identico si verifica poco dopo ad Avigliana ed a Bruino: le autorità municipali istituite dalla repubblica di Salò lasciano di fatto il potere ai Cln. Dove non ci sono comitati di liberazione, sono gli stessi partigiani ad assumere il comando, attraverso l’istituzione di commissioni di vigilanza sulle attività amministrative.
“31 marzo: “cicchetto” mio al podestà di Reano per slealtà nei nostri riguardi e disinteresse nei riguardi dell’utile pubblico:
2 aprile: discussioni col podestà e col segretario di Reano, che dopo il “cicchetto” vengono a miti pretese e vogliono che io controlli tutta la loro attività. Adotto il sistema di introdurre i nostri elementi nelle commissioni attuali; 4 aprile: costituzione a Reano di una commissione di alimentazione con i nostri elementi;
7 aprile: vado ad Orbassano e parlo col commissario prefettizio di varie questioni annonarie”. <91
A Giaveno il Cln provvede a creare centri per la raccolta di viveri da utilizzare in periodi di emergenza. A Trana, Reano, Coazze ed Avigliana si effettuano invece distribuzione di carne e di farina, requisite dai partigiani in pianura.
[NOTE]
85 M. Fornello, La Resistenza in val Sangone, tesi di laurea, anno accademico 1961-1962, relatore Guido Quazza, p. 122
86 R Battaglia, Storia della Resistenza in italiana, cit., p. 539.
87 G. Oliva, La Resistenza, cit., p. 330.
88 Giuseppe Zanolli, Diario del podestà di Giaveno, dattiloscritto conservato c/o l’Istituto Storico della resistenza in Piemonte, pag. 315.
89 Comitato Militare regione Piemonte, Direttiva azioni partigiane, datato aprile 1945, riportato in Mario Giovana, La Resistenza in Piemonte, Storia del Cnl regionale, Milano, Feltrinelli, 1962, pag. 207
90 Guido Quazza, Un diario partigiano, cit., pag. 238
91 Ibidem, pp. 238-239
Francesco Rende, Mario Greco e la Resistenza in val Sangone, Tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Anno accademico 2016-2017