La strage fascista di Massarosa del 19 aprile 1944

Massarosa (LU). Fonte: mapio.net
La lapide che a Massarosa (LU) ricorda Domenico Randazzo e Vittorio Monti, fucilati da militi della GNR. Fonte: www.versiliatoday.it

A Massarosa le prime vittime delle rappresaglie nazifasciste iniziarono già nella primavera del 1944. Il 17 aprile, nel corso di un rastrellamento effettuato nella zona di Corsanico dalla Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) di Camaiore, vennero catturati Domenico Randazzo e Vittorio Monti, sospettati di aderire al movimento della Resistenza. Randazzo, originario di Agrigento, era un ex soldato di un distaccamento d’artiglieria di stanza sul Monte Meto che si era sbandato dopo l’8 settembre. L’altro, originario della frazione di La Culla, nel comune di Camaiore, era renitente alla leva ed era stato trovato in possesso di una vecchia pistola a tamburo senza proiettili <559. Due giorni dopo, il 19, per ordine di Piazzesi i due giovani vennero portati a Massarosa, allineati di fronte al muro del cimitero e fucilati da quaranta militi della GNR.
Il giovanissimo Solimano Berrettoni quel giorno era insieme ad alcuni suoi coetanei e, come sempre negli ultimi mesi, rimaneva sorpreso dallo strano silenzio che aleggiava nel paese, in netto contrasto con la comunità piena di vita che era stata Massarosa prima della guerra. Berrettoni ricorda che improvvisamente:
“Quel silenzio fu interrotto dal rombo di un motore e un (da) un canto insolito per noi ragazzi, e così si corse subito verso la strada maestra, ossia la “Via Sarzanese”, e appena fummo in strada, si vide spuntare dalla curva, detta del frantoio della Signora Marchesa Provenzali, in direzione Viareggio-Lucca, una gran camionetta militare, con il cassone coperto dal telo mimetico, dal cui interno uscivano dei canti […]. Quel mezzo militare, appena giunto nei pressi del Municipio, imboccò quella via inghiandata, fatta a semicerchio, che attraversava tutta la piazza, e giunti al centro, misero la camionetta, col davanti rivolto verso la Via Sarzanese […], dalla cabina della camionetta scesero velocemente due uomini vestiti di nero e uno dei due […] noi ragazzi capimmo dalla divisa che si trattava di un ufficiale dell’Esercito Repubblichino […]. L’ufficiale e il militare […] si diressero velocemente verso il portone del Municipio, da prima suonando il campanello, poi bussando ripetutamente con dei pugni e dei calci, finché il portone si aprì e dall’interno apparve stizzito il Dini Torello, “la Guardia Municipale”, che lasciò partire una serie di Sacrati, mentre l’ufficiale l’affrontò subito con prepotenza, chiedendogli del Commissario, e lui gli rispose che il Commissario (si trattava del Commissario Prefettizio, N.d.A.) sarebbe stato lì alle nove <560. Alla notizia che il commissario sarebbe giunto solamente alle nove, l’ufficiale della GNR andò su tutte le furie e pretese che egli fosse rintracciato immediatamente. Venne chiamato un tassista del luogo, tale sig. Casella, che si recò subito a Bozzano, dove abitava il neo commissario Carlo Rontani <561. Nell’arco di pochi minuti Rontani era nel suo ufficio insieme all’ufficiale”.
Intanto: “Dalla camionetta che stava sulla piazza, […], noi ragazzi vedemmo scendere quattro o cinque giovani militari, che avevano facce stralunate, […], avevano il moschetto a tracolla, con la baionetta in canna. […] All’improvviso sentimmo delle urla che venivano dallo sporto aperto del terrazzo, dove prima, e durante la guerra, c’era l’ufficio del podestà, e in quel tempo era passato al Commissario, da dove uscivano delle urla, simili ad un litigio. Dopo poco sentimmo un forte scalpitio, che veniva dalle scale del Municipio e vedemmo uscire velocemente dal portone, sorridendo e brandendo alcuni fogli di carta, l’ufficiale e l’altro militare” <562.
Si trattava, evidentemente, dell’autorizzazione, probabilmente strappata quasi con la forza viste le «urla simili ad un litigio» udite da Berrettoni, a procedere con la fucilazione. Immediatamente infatti, i militari risalirono sulla cabina del camion e procedettero in direzione di Viareggio. Non passò molto che: “fummo ad un tratto, tutti quanti gelati da una scarica di fucilate, che venivano in direzione Viareggio, proprio dove si era diretta quella camionetta, e appena ci fummo ripresi dallo spavento, c’incamminammo tutti verso Viareggio, e alla curva del frantoio Provenzali, si vide in fondo al Corso, la solita camionetta che venendo in su dalla via del Pantaneto, stava immettendosi sulla via Sarzanese, proseguendo poi in direzione di Viareggio, mentre quei soldati stavano ancora cantando ad alta voce. Dopo poco, alcune donne, qualche uomo anziano e noi ragazzi, si andava verso il Pantaneto, e appena giungemmo nei pressi del
cimitero, scorgemmo qualche persona, che stava già sul posto piangendo, con le mani nei capelli e il volto stravolto […], scorgemmo due persone stese per terra, in un pozzo di sangue, vicino al muro di cinta del cimitero, a calcio dei lunghi cipressi, mentre alcune donne stavano coprendo con un bianco lenzuolo, quei corpi, salvaguardando la loro dignità di uomini, in quel caso sfortunati” <563.
I corpi non poterono essere subito spostati perché si dovette attendere che arrivassero alcune autorità da Lucca, quindi l’impietosa scena rimase sotto gli occhi di tutti per lungo tempo. Alla fine vennero portati nella piccola cappella del cimitero, dove il parroco di Massarosa gli impartì l’estrema unzione, e dove rimasero in attesa che alcuni familiari giungessero per il riconoscimento. Berrettoni afferma che in seguito, durante alcune ricerche personali, venne a conoscenza dei motivi degli urli provenienti dall’ufficio del podestà, da lui uditi mentre si trovava nella piazza del comune. Era necessario infatti che l’ufficiale della GNR ottenesse il nulla osta da parte del commissario prefettizio per fucilare i due sventurati nel territorio del comune, ma in precedenza si era visto già rifiutare tale autorizzazione da parte di altri commissari. All’arrivo della camionetta di fronte al municipio di Massarosa, l’ufficiale era in evidente stato di agitazione e aveva fretta di incontrare Rontani. Berrettoni afferma che l’ufficiale, pur di ottenere il nulla osta, aveva fatto ricorso alle maniere forti e addirittura «si disse a quel tempo anche con minacce di morte e con la pistola puntata alla tempia» <564. Non è possibile stabilire la veridicità di quest’ultima affermazione di Berrettoni, ma è evidente che il commissario Rontani non dovette essere molto contento di dover firmare niente di meno che una condanna a morte.
L’evento scosse molto la comunità massarosese, che nell’aprile del 1944 non era ancora stata testimone di grandi spargimenti di sangue. Il vice-commissario del fascio repubblicano del paese, Callisto Bei Mansueto, osservò in seguito a Piazzesi che la popolazione di Massarosa era rimasta molto costernata dall’accaduto; la raggelante risposta del capo della provincia fu: «Bene, così si convinceranno che la Repubblica fa sul serio» <565. La cronistoria della Parrocchia di Massarosa conferma «l’indicibile impressione prodotta in paese» dalla fucilazione e aggiunge alcuni dettagli. Il parroco, con l’appoggio del Commissario Rontani, aveva infatti preso la decisione di seppellire con cerimonia solenne i due sfortunati giovani, ma Piazzesi diramò l’ordine che essi fossero sepolti senza alcun tipo di celebrazione religiosa e rigorosamente fuori dal cimitero. Don Chicca decise dunque di recarsi a Lucca a consultarsi con i propri superiori, i quali diedero il consenso, di fatto scavalcando l’ordine del capo della provincia, alla sepoltura all’interno del recinto del cimitero <566.
Oggi una lapide, posta nell’esatto luogo in cui si svolse la fucilazione, ricorda Domenico Randazzo e Vittorio Monti. Ad essi sono stati aggiunti i nomi di altri quattro uomini, vittime anch’essi dei nazifascisti. Si tratta di Guido Posi, Umberto Agostini, Dino Martelli, Amedeo Pezzini e Ornelio Pasquinucci <567.
[NOTE]
559 Bergamini – Bimbi, Antifascismo e resistenza in Versilia, cit., pp. 91-92.
560 Solimano Berrettoni, Cronache della II Guerra Mondiale (episodi e poesie dal tempo di guerra), Tragici momenti, pp. 13-19.
561 C’è una discrepanza tra il racconto di Berrettoni e la nomina di Rontani quale Commissario Prefettizio al posto del podestà Antonio Lollusa. La lista dei sindaci di Massarosa disponibile sul sito del comune riporta il 27 aprile quale giorno della nomina, ma le vicende narrate da Berrettoni risalgono al 19. I ricordi del testimone appaiono però molto precisi ed egli conosceva bene sia Lollusa che Rontani, essendo il primo stato in carica fin dal 1935. Non c’è motivo di dubitare che Rontani fosse già al suo posto il 19 aprile.
562 Solimano Berrettoni, Cronache della II Guerra Mondiale – Tragici momenti, cit., pp. 15-16.
563 Ibid.
564 Ibid.
565 Pardini, La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in provincia di Lucca, nota 240, cit., p. 276.
566 APM, Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938.
567 Atti delle indagini relative a questa uccisione vennero rinvenuti nella documentazione provvisoriamente archiviata a Palazzo Cesi il 14 gennaio 1960 da parte del Procuratore Generale Militare Enrico Santacroce. Vengono riportate in appendice.
Jonathan Pieri, Massarosa in guerra (1940-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014

Tre settimane dopo fu il cimitero di Massarosa ad essere scelto come luogo di supplizio per altri due giovani accusati di renitenza e di aver fatto parte del movimento resistenziale: Domenico Randazzo e Vittorio Monti, rispettivamente di 27 anni e 22 anni. I corpi dei fucilati furono lasciati, ancora una volta, davanti al muro come monito per la popolazione civile <231.
Significativa di questo episodio è la testimonianza di un testimone: “fummo ad un tratto, tutti quanti gelati da una scarica di fucilate, che venivano in direzione Viareggio, proprio dove si era diretta quella camionetta, e appena ci fummo ripresi dallo spavento, c’incamminammo tutti verso Viareggio, e alla curva del frantoio Provenzali (l’incrocio tra la via Sarzanese e la via del Pantaneto), si vide […] la solita camionetta (che proseguiva) in direzione di Viareggio […]. […] Appena giungemmo nei pressi del cimitero, scorgemmo qualche persona, che stava già sul posto piangendo, con le mani nei capelli e il volto stravolto […], scorgemmo due persone stese a terra, in un bozzo di sangue, vicino al muro di cinta del cimitero, a calcio dei lunghi cipressi, mentre alcune donne stavano coprendo con un bianco lenzuolo, quei corpi, salvaguardando la loro dignità di uomini, in quel caso sfortunati” <232.
[NOTE]
231 http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=5123
232 Documenti e Studi, numero 37, 2014, p. 45, Iserc
Edoardo Longo, I Neri di Mussolini. Repubblica Sociale e violenza fascista in Lucchesia, 1943-1944, Tesi di Laurea Magistrale, Università di Pisa, Anno Accademico 2017-2018