Un’altra costola della politica di contenimento americana fu l’elaborazione e l’attuazione del Piano Marshall

In questo clima di crescente tensione tra Est e Ovest, nel marzo 1946 Churchill pronunciò il celebre discorso “The Sinews of Peace”, destinato a rimanere nella storia della Guerra Fredda. Di fronte agli studenti del Westminster College (Fulton, Missouri), Churchill annunciò la discesa di una “cortina di ferro” a dividere l’Europa, al di là della quale si trovavano tutte le maggiori capitali dell’Europa dell’Est, con cui Stalin mirava ad assicurarsi una cintura di Stati-cuscinetto contro ogni eventuale aggressione proveniente dalla frontiera occidentale <160. Le parole di Churchill lasciavano trapelare una grande preoccupazione per il futuro dell’Europa, ove iniziavano a manifestarsi i primi segnali di pericolo per la libertà e la democrazia dei popoli. Rispetto a questa situazione, Churchill caldeggiava un atteggiamento propositivo da parte delle Nazioni Unite, in quanto una politica di appeasement non avrebbe in alcun modo aiutato a ristabilire la libertà e la democrazia nel mondo. Non si era giunti ancora allo scontro ideologico tra due massimi sistemi, eppure le parole di Churchill impressionarono profondamente l’opinione pubblica mondiale e l’establishment russo, gettando le basi della divisione del mondo in due blocchi contrapposti.
Nei primi mesi del 1947, la rivalità tra i due sistemi fu inasprita dall’acuirsi delle mire sovietiche in Europa, specialmente in Grecia e in Turchia, ove gli sforzi di Stalin si concentrarono nell’ostacolare gli sviluppi democratici locali, supportando le forze comuniste antigovernative in Grecia, e ponendo in essere azioni militari in Turchia. Infine, il rifiuto sovietico di partecipare al trattato di garanzia a quattro, la politica sovietica in Corea e l’azione comunista in Cina, vanificarono le speranze di un sistema interconnesso e interdipendente, lasciando invece spazio ad una divisione irreversibile del sistema internazionale.
L’origine della Guerra Fredda va collocata all’interno di questo clima di reciproca ostilità, in cui qualsiasi iniziativa volta a consolidare la sicurezza nazionale da parte di una delle due superpotenze, produceva inevitabilmente insicurezza nella controparte, generando una risposta che a sua volta veniva avvertita come minacciosa e offensiva <161. In particolare, da un lato gli Stati Uniti presero atto del fatto che l’aggressività della politica staliniana fosse il preludio di uno scontro ideologico e che fosse giunto il momento di abbandonare quell’atteggiamento di attesa e incubazione che aveva caratterizzato sino ad allora la politica estera americana <162. Dall’altro, presso il Cremlino era generalmente diffusa la convinzione che gli Stati Uniti stessero preparando un piano per dominare economicamente il mondo, con la cooperazione della Gran Bretagna e dell’Europa occidentale <163.
La svolta della politica americana nei confronti del nemico sovietico fu sancita dalla Dottrina Truman, enunciata il 12 marzo 1947 dal Presidente Truman di fronte ad un Congresso riunito in seduta comune. Il carattere globale della Dottrina Truman fu immediatamente manifesto all’opinione pubblica mondiale, nonostante fosse nata principalmente in risposta alla crisi greca e a quella turca, e in corrispondenza della crisi finanziaria britannica che imponeva al paese la sospensione della convertibilità della sterlina in oro e l’interruzione degli aiuti a Grecia e Turchia <164. A Washington si ritenne che questa situazione potesse agevolare l’espansione del comunismo nella regione, ritenuta di vitale importanza per la sicurezza degli Stati Uniti in quanto, “come una mela marcia in un barile infetta tutte le altre”, un’eventuale vittoria di Stalin avrebbe contaminato i territori vicini del Medio Oriente, dell’Asia Minore e dell’Europa, compromettendo il disegno americano di costituire un’area di democratizzazione e di libero mercato <165. Nel suo discorso, il presidente Truman prendeva atto della spartizione del mondo in sistemi, o “ways of life”, contrapposti: un Occidente libero e democratico, e un sistema comunista basato invece sulla forza del terrore e della coercizione <166. Di fronte alla necessità di scelta tra i due, non sempre libera in alcune aree geografiche, gli Stati Uniti erano chiamati ad assumersi un nuovo impegno globale, e cioè quello di difendere i popoli minacciati da aggressori esterni e di aiutarli a determinare liberamente i loro destini attraverso un sostegno economico e finanziario e, laddove necessario, anche attraverso l’applicazione dei principi della Carta delle Nazioni. Sulla scorta di queste considerazioni, il Presidente Truman proponeva l’erogazione di quattrocento milioni di dollari in favore di Grecia e Turchia, e l’invio di personale americano nei paesi interessati, allo scopo di assicurarne l’integrità nazionale e l’indipendenza dal giogo sovietico. Il discorso si concludeva con un invito rivolto al Congresso e al popolo americano affinché fossero tenute in vita le speranze dei popoli oppressi per una vita migliore, in un quadro in cui gli Stati Uniti rappresentavano l’unica possibilità di redenzione dai mali che alimentavano i semi del totalitarismo <167. Oltre a fornire le linee guida della politica estera americana durante la guerra fredda, la dottrina Truman estese al Mediterraneo orientale la portata dell’impegno globale degli Stati Uniti <168. Inoltre, la dottrina Truman costituì lo sfondo dottrinario della lotta al comunismo e segnò il dissolversi di una visione della comunità internazionale basata sulla pace e sulla cooperazione di nazioni ideologicamente differenti. In ultima istanza, con la dottrina Truman nacque ufficialmente la strategia del containment (= contenimento) dell’influenza sovietica nel mondo, una politica basata sulla necessità di respingere l’espansionismo sovietico entro i confini della zona di influenza comunista, e di contrastare con fermezza la possibilità che nuovi territori fossero posti sotto il controllo russo <169.
Un’altra costola della politica di contenimento americana fu l’elaborazione e l’attuazione del Piano Marshall, un piano pluriennale di aiuti destinati ai paesi dell’Europa occidentale, che stentavano a far decollare la ripresa delle proprie economie a causa della mancanza di capitali per l’investimento, di una bilancia dei pagamenti in forte disavanzo e di una forte pressione inflazionistica <170. L’erogazione del Piano Marshall non va tuttavia letta come un’iniziativa dal carattere umanitario e magnanimo. Al contrario, essa rispondeva a specifiche esigenze di carattere politico che richiedevano, con una certa urgenza, di evitare che le difficoltà economiche e sociali che l’Europa stava sperimentando potessero fornire al comunismo del terreno fertile su cui fare presa. Era quindi necessario tenere l’Europa al di fuori dell’orbita sovietica, sia per l’importanza strategica che quest’area rivestiva negli interessi geopolitici degli Stati Uniti, sia per il fatto che questi paesi erano portatori dei valori occidentali: perderli avrebbe significato rinunciare alla posizione di potenza egemone nel mondo <171. Inoltre, soltanto con il risanamento economico e commerciale dell’Europa gli Stati Uniti avrebbero potuto realizzare il disegno di un’integrazione economica mondiale sotto il loro controllo, e godere dei frutti della prosperità da essa derivanti. Per raggiungere questi obiettivi, la strategia migliore individuata dall’establishment americano consisteva nell’utilizzare “bread and ballots rather than bulletts”, cioè “pane e voti anziché pallottole” <172. Annunciato dal segretario di stato il 5 giugno 1947, il Piano Marshall intendeva incoraggiare una ripresa economica dell’Europa postbellica, tanto da favorire la nascita di istituzioni libere e democratiche, la stabilità politica e la pace mondiale. Secondo Marshall, questa politica non era rivolta contro alcun paese o dottrina, ed era finalizzata ad estirpare ogni forma di fame, povertà, disperazione e caos <173. A questi concetti, Marshall aggiunse poi un corollario di straordinaria importanza strategica e politica: gli aiuti non sarebbero stati stabiliti unilateralmente dagli Stati Uniti, ma attraverso la concertazione tra i paesi europei interessati al programma (previo l’impegno implicito ad allontanare dai propri governi i partiti comunisti), sulla base delle esigenze specifiche del paese in oggetto e del ruolo che esso intendeva svolgere all’interno del programma, in maniera tale da favorire una progressiva integrazione economica tra i paesi europei <174. Agli Stati Uniti sarebbe spettato il compito di appoggiare la definizione del programma e supportarlo economicamente, promuovendo indirettamente la diffusione del modello americano in Europa e la crescente interdipendenza tra Europa e Stati Uniti.
Nonostante il Piano Marshall fosse ufficialmente rivolto a tutti i paesi europei che avessero accettato di partecipare, quindi potenzialmente anche all’Urss e all’Europa orientale, in realtà quest’ultima formulazione decretava l’esclusione calcolata dell’Unione Sovietica, che non poteva accettare di collaborare con altri paesi nella definizione dell’entità degli aiuti, né che gli Stati Uniti partecipassero alla loro amministrazione economica175. Infine, era impossibile ipotizzare un certo grado di integrazione economica senza che venisse meno la sfera d’influenza sovietica, o la natura del sistema economico sovietico stesso, basato sull’autarchia anziché sul libero mercato. La proposta di partecipare al Piano Marshall venne anzi vista come un atto dalla forte valenza offensiva, e come una strategia per isolare l’Unione Sovietica e l’Est Europa dal resto del mondo occidentale. La risposta sovietica al Piano Marshall fu la creazione del Cominform (settembre 1947), un’organizzazione di collegamento tra i partiti comunisti europei sulla base del sistema che aveva caratterizzato la disciolta internazionale comunista, il Comintern, e l’attuazione del piano Molotov, un sistema di aiuti rivolti ai paesi satelliti dell’Unione sovietica allo scopo di stabilizzarne le relazioni economiche e integrarne le economie attraverso una serie di accordi bilaterali con Mosca <176. Infine, l’Urss continuò l’opera di sovietizzazione dei paesi dell’Est Europa, allo scopo di creare un blocco compatto contro ogni forma di ingerenza esterna <177.
Quanto al Piano Marshall, nel periodo compreso tra il 1948 e il 1951, ai diciotto paesi aderenti furono elargiti ben 13 miliardi di dollari <178. Senza esagerare gli effetti degli aiuti sulla ripresa economica dell’Europa, che peraltro era in parte già avviata nel 1947, l’assistenza del Piano Marshall consentì all’Europa di superare il momento di crisi del periodo postbellico e di avviare una crescita economica senza precedenti. Inoltre, Il Piano Marshall diede un primo e importante impulso all’integrazione europea, grazie alla creazione di istituti, come l’Uep (Unione europea dei pagamenti) e l’Oece (Organizzazione per la cooperazione economica europea) che, promuovendo la prassi delle consultazioni tra i membri aderenti, ebbero un ruolo centrale nel cementare lo spirito di comunità e interdipendenza tra i paesi europei che sarebbe sfociato, anni più tardi, nella creazione dell’Unione Europea <179.
[NOTE]
160 “From Stettin in the Baltic to Trieste in the Adriatic, an iron curtain has descended across the Continent. Behind that line lie all the capitals of the ancient states of Central and Eastern Europe. Warsaw, Berlin, Prague, Vienna, Budapest, Belgrade, Bucharest and Sofia, all these famous cities and the populations around them lie in what I must call the Soviet sphere, and all are subject in one form or another, not only to Soviet influence but to a very high and, in many cases, increasing measure of control from Moscow”. W. Churchill, The Sinews of Peace, Fulton, Missouri, 5 marzo, 1946, disponibile al link: https://www.nationalchurchillmuseum.org/sinews-of-peace-iron-curtain-speech.html. Sull’importanza storica di questo discorso, si veda: J. M. Muller, Churchill’s Iron Curtain Speech Fifty Years later, Missouri, University of Missouri Press, 1999.
161 M. Del Pero, La guerra fredda, Roma, Carocci, 2001, p. 11.
162 V. Zubok, R. Di Castro, La Realpolitik del Cremlino e le origini della guerra fredda, in “Ventunesimo Secolo”, 2, 3 (2003): pp. 35-75; G. Kennan George Kennan to George Marshall [“Long Telegram”], cit. pp. 18-19; Frus, 1946, vol. I, Memorandum by the Acting Department of State Member (Matthews) to the State–War–Navy Coordinating Committee. Political Estimate of Soviet Policy for Use in Connection with Military Studies, 1 aprile, pp. 1167-1168, disponibile al link: https://history.state.gov/historicaldocuments/frus1946v01/pg_1167; C. Clifford, American Relations With The Soviet Union, 24 settembre, 1946; Report by Clark Clifford, American Relations With The Soviet Union; Subject File; Conway Files; Truman Papers, disponibile al link: https://www.trumanlibrary.org/4-1.pdf.
163 G. Giordano, La politica estera degli Stati Uniti, cit. p. 31.
164 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 680.
165 M. Del Pero, La guerra fredda, cit. pp. 21-22; R. J. McMahon, Dean Acheson and the Creation of an American World Order, Washington, Potomac books, 2009, pp. 53-54.
166 H. Truman, Special Message to the Congress on Greece and Turkey: The Truman Doctrine, Public Papers, Harry S. Truman, 12 marzo 1947, disponibile al link: https://www.trumanlibrary.org/publicpapers/index.php?pid=2189&st=&st1=.
167 “The seeds of totalitarian regimes are nurtured by misery and want. They spread and grow in the evil soil of poverty and strife. They reach their full growth when the hope of a people for a better life has died. We must keep that hope alive. The free peoples of the world look to us for support in maintaining their freedoms. If we falter in our leadership, we may endanger the peace of the world–and we shall surely endanger the welfare of this Nation. Great responsibilities have been placed upon us by the swift movement of events. I am confident that the Congress will face these responsibilities squarely”. Ibidem.
168 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 683.
169 Sul contenimento, si vedano: T. G. Paterson, Containment and the cold war: American foreign policy since 1945, Boston, Addison-Wesley Pub. Co., 1973; G. F. Kennan, J. Lukacs, George F. Kennan and the Origins of Containment 1944-1946. The Kennan-Lukacs Correspondence, Columbia, University of Missouri Press, 1997; A. L. Friedberg, In the Shadow of the Garrison State: America’s Anti-Statism and Its Cold War Grand Strategy, Princeton, Princeton University Press, 2000; J. L. Gaddis, The United States and the Origins of the Cold War, 1941-1947, New York, Columbia University Press, 2000; Id, Strategies of Containment. A critical Appraisal of American National Security Policy During the Cold War, New York, Oxford University Press, 2005.
170 M. Del Pero, La guerra fredda, cit. pp. 22.
171 G. Giordano, La politica estera degli Stati Uniti, cit. p. 35.
172 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 695.
173 The “Marshall Plan” speech at Harvard University, 5 June 1947, disponibile al link: http://www.oecd.org/general/themarshallplanspeechatharvarduniversity5june1947.htm.
174 M. Del Pero, La guerra fredda, cit. p. 23.
175 J. L. Gaddis, Strategies of Containment, cit. p. 66.
176 M. Del Pero, La guerra fredda, cit. p. 24.
177 L’episodio culminante di questo processo fu consumato con il colpo di stato in Cecoslovacchia e con l’uccisione del ministro degli esteri Masaryk (febbraio 1948), quando il partito comunista assunse il controllo totale del paese. E. Aga Rossi, Gli Stati Uniti e le origini della guerra fredda, cit. p. 72.
178 E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, cit. p. 706.
179 Ibid., p. 703.
Letizia Marini, Resistenza antisovietica e guerra al comunismo in Italia. Il ruolo degli Stati Uniti. 1949-1974, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Macerata, 2020