La vedova Calvino quindi ottenne il blocco della pubblicazione dell’epistolario

Pietro Citati, in un commento appassionato all’opera del suo amico, elogiò il secondo Calvino, quello più conosciuto dalla critica (il Calvino di Se una notte d’inverno un viaggiatore), liquidando il primo Calvino, quello del Barone rampante, con un’immagine che svalutava il percorso dello scrittore in quegli anni. Disse che lo scrittore “spesso si innamorava di False Contesse che lo istruivano, gli insegnavano le buone maniere, lo obbligavano a frequentare ristoranti costosissimi o a bere Veuve Cliquot” e quando capiva di aver buttato via il suo cuore e il suo tempo era troppo tardi, perché la Falsa Contessa indomita “lo inseguiva attraverso tutta Italia con la pistola nella borsetta, leggendo ad alta voce agli amici, con roucoulement di una colomba pugnalata, le tremila lettere d’amore che lui le aveva scritto”. Citati – pur mosso dal personale rimpianto per la morte del suo amico – fornisce un’immagine ambigua del suo amico che in sostanza risulta impietosa: un giovane Calvino avido che si lasciava sedurre da facoltose donne che lo invitavano in ristoranti costosi e che poi, una volta trascurate, lo seguivano a pistolettate. La leggenda vuole, infatti, che la De Giorgi sia arrivata un giorno a Roma, alla presentazione di un libro dello scrittore, e mentre lui parlava, pare che lei abbia distribuito le lettere d’amore al pubblico. Come se non bastasse, si dice che lei lo abbia anche inseguito con una pistola.
Forse Citati, alla luce di questi racconti, si trovò più concorde con l’opinione che la De Giorgi, alla fine dei conti, si sia rivelata un problema per un uomo silenzioso e discreto come Calvino che era sempre stato un autore troppo accorto nella gestione della propria immagine, troppo cauto e addirittura guardingo nella divulgazione dei propri testi, per lasciarsi trascinare in qualcosa che non volesse lui stesso. La De Giorgi, rivedendosi dunque nell’immagine evocata dalla Falsa Contessa, nell’agosto del 1990 decise di intervenire per difendersi da queste accuse e rispose su “‹Epoca” per dare testimonianza del Calvino che aveva conosciuto lei <31: “Io ho la testimonianza epistolare di come Calvino pensasse, agisse, scrivesse in quegli anni.”
La De Giorgi può, ad ogni buon conto, far leva su una lacuna storiografica, psicologica e letteraria nella storia del Calvino maggiore, quello di quegli anni, perché effettivamente c’è. Non è stato approfondito, infatti, il carattere etico e peculiare che caratterizzava allora la sua figura. Troviamo un Calvino annaspante tra i teoremi, le alchimie letterarie, equazioni, dove ogni cosa deve risolversi a tutto tondo, dove ogni cosa sembra un progetto in cui si nasconde il rimpianto per la perduta innocenza di scrivere nell’abbandono del sentimento e della fantasia. Troviamo un Calvino in viaggio verso una sofferta conquista di quella leggerezza che sul fiore della vita segnalerà come una delle qualità massime dell’arte letteraria: il più alto divertissement della scienza nonché la testimonianza di una fede nell’arte quale gioco sapiente.
Alla luce della polemica divampata sul valore culturale delle missive, nel settembre del 1990, per volere della De Giorgi, il settimanale “Epoca” pubblicò stralci del carteggio di Calvino per dimostrare quanto, nonostante il suo carattere intimo e privato, esso si riveli anche un’opera letteraria, culturale e politica; per dimostrare che le parole di Calvino non erano frutto di un cedimento intellettuale, di una passione frivola o di una fisiologia incontrollata, ma che anzi, per la loro autenticità e genuinità, costituiscono “un romanzo involontario per rileggere il nostro tempo” e che ci sia “un dovere autentico nel testimoniare quanto si sa per certo di uno scrittore non più vivente il quale non appartiene ai singoli ma ai suoi lettori presenti e futuri” <32.
Quando la De Giorgi, dopo aver custodito silenziosamente per anni le lettere dentro al suo baule <33, decise di portarle alla luce, venne ostacolata da Chichita Calvino (Ester Judith Singer), vedova dello scrittore, la quale riteneva che non potessero assolutamente essere pubblicate. Nel 1992, la contessa pubblicò il libro che rievocava la relazione con lo scrittore utilizzando ampiamente il carteggio e solo nel 1994 decise di donarlo al Fondo Manoscritti di Pavia e chiamo a questo scopo Maria Corti, l’unica che ebbe la fortuna di poter leggere integralmente il carteggio. Venne deciso però, secondo il volere della vedova Calvino, che le lettere si potessero leggere, ma non tutte e che inoltre non si potessero pubblicare. La metà non consultabile venne posta sotto sigillo per i seguenti 25 anni, le rimanenti lettere invece sarebbero state visionabili dagli studiosi. <34
Non era per nulla, in definitiva, dello stesso parere della De Giorgi la moglie Chichita Calvino che, dopo la pubblicazione di alcuni stralci di lettere – lette nel Fondo – da parte di Paolo di Stefano il 4/5 agosto 2004, fece ricorso al Tribunale di Milano contro il giornalista (e nel contempo contro anche Stefano Folli e RCS Quotidiani) impedendo qualsiasi futura riproduzione, pubblicazione e utilizzo non autorizzati di brani tratti dalle lettere di Calvino alla De Giorgi <35, sia su pubblicazioni a stampa che sul sito de “Il Corriere della Sera”. La vedova Calvino quindi ottenne il blocco della pubblicazione dell’epistolario, ma non la cancellazione dall’archivio Internet del quotidiano dei brani pubblicati da Paolo di Stefano. La moglie Chichita, per far sentire le sue ragioni, in un’intervista del 7 agosto 2004, definì tutto questo chiacchiericcio sul carteggio sentimentale, un “falò delle vanità” e l’uso delle parole nelle lettere da parte di Calvino “adeguato alla destinataria”. Concorda così con il parere di Ferrero ed esclude in tal modo, ogni influenza artistica della relazione con la De Giorgi nel lavoro dello scrittore: “Calvino sarebbe stato Calvino anche senza la De Giorgi” <36. Rimane dunque da stabilire se sia possibile che Calvino, come sostiene la moglie Chichita, abbia avuto tutto dentro di sé fin dai suoi esordi e anche nel caso in cui non avesse mai conosciuto la De Giorgi (così come se non avesse mai conosciuto sua moglie o non fosse mai stato a Parigi), avrebbe scritto gli stessi libri.
[NOTE]
31 Da I turbamenti del giovane Calvino di Pasquale Chessa
32 Da I turbamenti del giovane Calvino di Pasquale Chessa
33 Il baule di Elsa di Roberto Cotroneo in L’Unità del 10/08/2004
34 Da Il caso Calvino dall’avvocato in La Stampa del 17/08/2004: “Proprio per non cadere nei due rischi opposti, della tentazione di scoop giornalistici e di uso privato ed esclusivo di documenti acquisiti con fondi pubblici, la direzione del Centro Manoscritti sottopose il problema generale dell’uso di tutti gli epistolari al Garante della Privacy. “
35 Da La giustizia e l’epistolario di Calvino di Luigi Ferrarella in Corriere della Sera del 11/09/2004
36 Da Le lettere violate di Simonetta Fiori in La Repubblica del 7/08/2004
Eugenia Petrillo, Italo Calvino ed Elsa De Giorgi: l’itinerario di un carteggio, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 2014-2015