L’8 gennaio 1963 in Tunisia il partito comunista fu dichiarato illegale

Militanti del Partito Comunista Tunisino deportati, agli inizi degli anni 1950, nel sud del Paese – Fonte: Wikipedia

[n.d.r.: fonte delle foto a colori qui pubblicate è Brahim Hamdi su Facebook]

Alla fine degli anni ’40 il PCT [n.d.r.: Partito Comunista Tunisino] si accorse della perdita di molti simpatizzanti e sostenitori. La costante presenza di dirigenti europei, le critiche a Bourguiba per i suoi legami con gli USA e l’Inghilterra e la ricerca di un’unione con il proletariato francese prima che dell’indipendenza, in un periodo in cui il discorso nazionalista convinceva sempre di più il popolo tunisino, portò i comunisti tunisini a cambiare radicalmente strategia. L’ingresso nel partito di nuovi giovani intellettuali e attivisti contribuì a questa decisione. Tra questi vi erano Mohammed Harmal, Noureddine Bouarrug, Abdelhamid Ben Mustapha e Tawfiq Baccar.
All’inizio degli anni ’50 le parole d’ordine e gli slogan del partito erano rivolti verso le problematiche nazionali. Contemporaneamente molti dei leader europei si allontanarono a causa della nuova linea nazionalista decisa dal partito. Tuttavia ciò non riuscì a riportare il partito nella posizione propizia dell’immediato Dopoguerra. La maggior parte della popolazione politicamente attiva aveva infatti già aderito al Neo Dustur e all’UGTT.
Nel congresso del maggio del 1956 i nodi arrivarono al pettine. All’interno del partito si formarono tre gruppi: il primo rivendicava le scelte fatte gli anni precedenti e rifiutava l’autocritica chiesta da più parti; il secondo, composto per lo più da tunisini residenti in Francia, criticava fortemente le scelte del partito e ne chiedeva lo scioglimento per fondarne un nuovo; il terzo, ponendosi in posizione intermedia tra i due gruppi, criticava anch’esso le decisioni passate della dirigenza, in particolare quelle relative al posizionamento del partito nei riguardi del movimento nazionalista, tuttavia le giustificava ritenendole necessarie all’unità del partito, che altrimenti si sarebbe spaccato a causa della presenza dei molti dirigenti europei.
L’unico punto su cui tutti i gruppi erano d’accordo fu la condanna di Ben Youssef. Oltre ad essere contrari all’ideologia panaraba, tutti i militanti del partito comunista ricordavano perfettamente il periodo il cui ben Youssef, ministro della giustizia, aveva eliminato i comunisti dalla preparazione del programma per la negoziazione con i francesi.
Il congresso si chiuse con l’adozione, in seguito ad un accordo tra il primo e il terzo gruppo, di un documento in cui alcuni punto del trattato di indipendenza interna venivano giudicati positivamente.
Gli appartenenti al secondo gruppo, in forte disaccordo con le decisioni del congresso, tornati a Parigi aumentarono le pressioni sul gruppo dirigente. Oltre a chiederne l’autocritica minacciarono la scissione. Fu deciso quindi di fissare un nuovo congresso, che si sarebbe tenuto il 21 dicembre 1957.
Dopo lunghe discussioni fu redatto un documento finale che conteneva una forte autocritica circa l’operato del partito negli anni precedenti, in particolare relativamente la problematica nazionalista. Inoltre si affermava che “la borghesia continua a esercitare il suo ruolo positivo nella lotta contro la colonizzazione e il feudalesimo” <83 e che non si doveva vedere il regime di Bourguiba come un unico gruppo omogeneo bensì come un insieme di formazioni diverse dense di contraddizioni da sfruttare a beneficio del PCT.
Nonostante l’autocritica il gruppo parigino non accettò i successivi punti del documento: si staccò quindi dal partito accusandolo di essere tollerante con il regime di Bourguiba e di aver gonfiato il ruolo della borghesia nazionale. I militanti di Parigi si nominarono “Gruppo Marxista” e iniziarono a pubblicare un giornale in francese, Al Kifeh <84.
In seguito all’autocritica il gruppo dirigente cambiò così come la strategia politica. Iniziò una propaganda su diversi giornali legati al partito e non persero occasione pubblica per manifestare le idee del partito. In particolare forte era la critica verso le scelte liberaliste del governo di Bourguiba.
La clandestinità e l’appoggio critico a Bourguiba
Quando il governo virò verso l’economia socialista, il PCT lo appoggiò, chiedendo però che non venisse diminuita la spesa pubblica, che i dirigenti delle cooperative fossero eletti dai lavoratori e non nominati e che non si accettassero più sovvenzioni dagli Stati Uniti.
Tuttavia il PCT continuò a criticare il governo per l’eliminazione progressiva delle libertà politiche e sindacali e per il graduale accentramento di potere nelle mani del Presidente. Per esempio si criticava la modalità con cui Bourguiba esponeva le sue decisioni alla popolazione: lo stesso presidente spiegava le motivazioni delle sue scelte senza però dare la possibilità ad alcuno di porgli domande e osservazioni.
Ritenendolo un punto strategico, il partito continuò la sua lotta per la libertà anche in seguito al tentativo di colpo di stato del ’62, affermando che per avere un vero regime repubblicano e democratico, e per cambiare radicalmente la situazione economica ereditata dal passato, era necessario che fossero rispettate pienamente le libertà collettive e individuali e che tutte le opinioni fossero libere di esprimersi. Inoltre veniva chiesto che fossero intensificate le relazioni con la Russia e i Paesi Socialisti, che fossero terminati i contatti con gli USA e che fosse espressa solidarietà con gli africani e gli asiatici. Inoltre Bourguiba doveva tenere un ruolo più attivo e positivo nella Lega Araba.
Tuttavia la campagna del Neo Dustur che denunciava “il complotto”, il tentativo di colpo di stato, fu più forte. Molte furono le manifestazioni che reclamavano la chiusura dei giornali e del partito Comunista, l’unico presente, che osavano criticare il “Grande Militante” Bourguiba. L’8 gennaio 1963 il partito fu dichiarato illegale.
Per quanto inizialmente il bando avesse gettato i comunisti nello scompiglio, molti tra loro erano convinti che ciò sarebbe durato poco tempo e che fosse strettamente collegato alle operazioni per ristabilire l’ordine in seguito al tentativo di colpo di stato del 1962. La speranza di tornare nella legalità si spense ben presto in seguito al discorso che Bourguiba tenne di fronte ai giovani quadri del PSD, il 9 luglio 1963, in cui specificò che, per la salvaguardia dell’interesse pubblico, era necessario che non ci fossero altri partiti oltre il PSD. Il Partito Comunista cercò allora di minimizzare il peso di questo provvedimento chiedendo di avere una via di intervento politico, anche all’ombra del PSD. Il dirigente del partito Mohammed Ennefah il 10 agosto del 1963 inviò in proposito una lettera a Bourguiba nella quale si specificava che il PC aveva appoggiato in passato lo spirito positivo e ciò che aveva fatto il governo di Bourguiba. Ennefah sottolineò inoltre che il PC non aveva nessun odio verso il governo e il PSD, malgrado gli avvenimenti recenti e tutte le discussioni avute tra comunisti e Neo Dustur. Il dirigente sottolineò inoltre che se Bourguiba avesse revocato il provvedimento e dato spazio ai comunisti, questo sarebbe servito a ritrovare un percorso comune. <85 La lettera rimase senza risposta. Ad essa si susseguirono altri appelli e prove di dialogo di vari esponenti del PC che rimasero sempre inascoltati. Nonostante la situazione il Partito non esitò ad appoggiare ancora alcuni provvedimenti “verso il socialismo” del PSD che tuttavia non modificò mai le sue azioni in seguito ad un dialogo col PC.
Mentre i dirigenti cercavano, senza successo, il dialogo, il partito iniziò ad agire nella clandestinità. Per continuare a diffondere le proprie idee, il giornale Éspoir, distribuito a Parigi, inizialmente una pubblicazione legata agli studenti, fu trasformato e indirizzato a tutti i comunisti tunisini. La sua distribuzione fu estesa anche a Tunisi attraverso i canali del partito. Si moltiplicarono in quel periodo gli articoli critici del partito pubblicati, sempre con pseudonimi, sui giornali europei. Il partito evitò di firmare articoli e comunicati con il proprio nome, per non confrontarsi in modo diretto con il divieto imposto da Bourguiba, fino alla fine degli anni ’70 quando il governo di Nouira iniziò a tollerare qualche attività delle opposizioni.
L’attività del Partito Comunista, che non voleva entrare in contrasto aperto con Bourguiba, si ridusse a gruppi di intellettuali che divisi in tre sezioni, si dedicavano a stabilire e strutturare le modalità e i contenuti dei quaderni, dei giornali e dei comunicati del partito. Le sezioni si occupavano rispettivamente di istituzioni, dipendenti dell’amministrazione pubblica, medici e avvocati, e di studenti. <86 Oltre le sezioni i comunisti mantennero un organo di dirigenza, in cui confluirono i membri dell’Ufficio Politico, per coordinare i diversi gruppi.
Nel pieno della politica “socialista” di Bourguiba, i comunisti, sebbene illegali, non smisero di appoggiare il partito al governo in tutte le azioni che venivano ritenute giuste, prima fra tutti la pianificazione. Di fatto non si interruppe mai del tutto il dialogo con quella parte del PSD che si rifaceva a teorie marxiste. Tuttavia, tramite i giornali internazionali e sotto pseudonimo, i componenti del partito comunista continuarono a denunciare il PSD come un falso socialismo. Le critiche dei comunisti al PSD erano principalmente tre: la mancanza di democrazia, la tipologia di relazioni estere della Tunisia e la nomina dei dirigenti delle cooperative. All’interno del PC si formò un piccolo gruppo di giovani tra i quali Salah Zeghidi, Farid Jerad e Belgacem Chebbi che si oppose all’appoggio e tuttavia rimase inascoltato.
“Si può spiegare l’appoggio critico dei comunisti al regime di Bourguiba sia da un punto di vista soggettivo che da uno oggettivo. […] Da una parte i comunisti tunisini avevano un rapporto meccanico con l’ideologia marxista, dall’altra l’evoluzione economica e sociale tunisina negli anni ’60 era piena di contraddizioni [che rendevano difficile se non impossibile adottare una politica socialista]. Bourguiba scelse la cooperazione come modello di sviluppo economico e sociale in un periodo in cui vi erano difficoltà su tutti i piani: le persone con una formazione adeguata a sostenere quei progetti erano poche, l’analfabetismo era molto presente, non c’erano capitali nel Paese, il mercato interno non era sufficientemente sviluppato, il guadagno medio dei tunisini era basso così come il livello tecnico dell’agricoltura mentre la divisione delle terre era iniqua.” <87
Il partito comunista e i sindacati dei lavoratori e degli studenti
Le relazioni del PC con l’UGTT, memore della scissione del sindacato comunista operata da Hachour anni prima, non erano buone. Il PC accusò sempre il sindacato di essere parte del regime e di fare gli interessi del PSD. L’adesione alla CISL inoltre fu sempre malvista.
Nell’ambiente studentesco gli studenti appartenenti al partito erano numerosi, soprattutto a Parigi. Gli studenti del PC contribuirono alla fondazione dell’UGET e nel 1961 era presente all’interno dell’Ufficio Esecutivo Belgacem Chebbi, comunista.
Durante alcune manifestazioni tenutesi tra il 1966 e il 1967, contro l’appoggio americano a Israele e la crisi della politica di cooperazione, alcuni degli studenti arrestati erano comunisti. Tra gli altri arrestati vi erano anche militanti del gruppo di opposizione di Perspectives <88; tuttavia i due gruppi agivano separatamente. Il Partito Comunista criticava a Perspectives di non essere una “vera sinistra”, mentre il gruppo di Perspectives li accusava di essere scesi a patti con il regime e di aver cercato di proseguire il dialogo con Ben Salah quando ormai era chiaro il fallimento della sua politica socialista. Tra il ’67 e il ’68 la presenza comunista all’interno delle università diminuì sempre più, perlopiù a favore di Perspectives. Nel ’68 le divergenze tra i due gruppi raggiunsero il culmine: mentre da una parte i dirigenti del gruppo studentesco invitarono il PC ad aderire allo sciopero generale nelle università, il partito rifiutò affermando che, poiché era necessario mantenere un dialogo con il PSD, uno sciopero generale non sarebbe stato utile a nessuno.
La crisi della politica socialista del PSD e la perdita di numerosi studenti portò il PC a creare, nel 1967, una nuova “sezione per classe dei lavoratori” e ad aumentare l’impegno sullo studio teorico di alcuni problemi sociali quali agricoltura e disoccupazione.
Sebbene la repressione contro gli studenti si facesse sempre più violenta nel 1968 e 1969, il PC continuò ad appoggiare la parte socialista del PSD e non si schierò contro gli arresti e le violenze durante le manifestazioni.
Il PC di fronte alla decadenza della politica socialista e la virata liberista del PSD
In seguito all’arresto di Ben Salah, la nomina di Nouira e il ritorno alla politica liberista, il PC avviò una campagna di protesta sui suoi giornali e una raccolta di firme di cinquanta intellettuali per liberare l’ex ministro dell’economia. Di fatto la politica dell’appoggio critico si rivelò un fallimento: da una parte il PC non riuscì ad avere un ruolo determinante per sostenere Ben Salah, dall’altra si isolò completamente rispetto al resto della sinistra tunisina. All’inizio del 1970 il PC si trovò senza influenza politica sul PSD e con una base sempre più ridotta e relegata all’interno delle università. All’interno del partito si formarono quindi diverse posizioni. Il primo gruppo, formato dalla maggioranza della dirigenza del partito, riteneva di non aver partecipato al fallimento di Ben Salah, ma anzi aver contribuito positivamente allo sviluppo economico socialista. Secondo loro il passaggio a Nouira costituiva un cambiamento politico radicale che andava contrastato e criticato mentre veniva richiesta la liberazione di Ben Salah. Un secondo gruppo, il cui esponente principale era Noureddine Bouarrouge, sosteneva invece che Ben Salah non fosse stato supportato adeguatamente e individuava nel PSD due fazioni, entrambe liberali, quella “progressista” di Bourguiba e Nouira e quella “retrograda” di Mestiri. Secondo Bouarrouge era necessario mantenere l’appoggio alla parte progressista. Contro la posizione del secondo gruppo si espressero i giovani che, dopo essere stati contrari ai dirigenti nel decennio precedente, si ritrovavano ora al loro fianco. Le divergenze erano comunque molte anche con il primo gruppo per cui dopo poco Belgacem Chebbi e gli altri uscirono dal partito.
I conflitti interni portarono il PC a chiudersi su se stesso per tutti gli anni ’70, periodo in cui perse molti dei suoi militanti e sostenitori. La decisione del partito di appoggiare l’URSS e di riconoscere lo Stato di Israele,
sebbene chiedesse la liberazione dei territori occupati, mentre la riflessione tra gli studenti si dirigeva sempre più verso un appoggio totale ai palestinesi, lo isolò sempre più. Il PC, concentrato su problemi interni, non riusciva a intervenire in un dibattito politico e una società che stavano mutando velocemente.
Nel corso degli anni ’70 il PC non appoggiò la maggior parte delle rivolte studentesche che scossero gli ambienti universitari in quel periodo. Per non rimanere del tutto isolato, decise di partecipare solo ad alcune rivendicazioni ma, di fronte alla repressione, si tirò presto indietro cercando di convincere gli studenti a lavorare nella legalità per cambiare il sindacato dall’interno.
Mentre Habib Achour tornava a capo dell’UGTT, alcuni comunisti si inserirono all’interno del sindacato, in particolare tra i professori delle superiori e universitari e iniziarono a chiedere una maggior indipendenza dal PSD e dal Governo. Nel 1971 il segretario generale della sezione del sindacato dell’istruzione superiore Jnidi Abdeljaoued fu espulso, così come, il 28 gennaio 1975, dopo aver organizzato uno sciopero senza l’accordo di Achour, Mohsen Alleni e Salah Haji, sindacalisti comunisti della sezione dell’istruzione superiore. Quando, nel 1977, Habib Achour si oppose al regime, il PC si riallineò con il sindacalista e gli assicurò il suo sostegno. Nel grande sciopero e manifestazione indetto dall’UGTT il 26 gennaio 1978 il PC partecipò attivamente sostenendo Achour.
Gli anni ’70 rappresentarono per la Tunisia anni di fermento politico in cui si svilupparono e furono repressi molti gruppi di sinistra. Il PC, considerato colluso con il regime a causa del suo appoggio ad Achour, li considerava inaffidabili a causa del loro carattere anarchico e la poca organizzazione. Nel 1976 il PC preferì quindi allearsi con il MDS di Mestiri e il PUP di Ahmed Ben Salah insieme ai quali, nel 1977, partecipò alla creazione della Ligue Tunisienne de Droits de l’Homme – LTDH. Tuttavia la collaborazione non andò oltre qualche volantino e iniziativa comune.
Nello stesso periodo, nel tentativo di formare un fronte anti PSD, il PC cercò di coinvolgere il movimento islamico, con il quale però non riuscì a trovare un accordo.
Nel 1981 Mohamed Harmel divenne il capo del partito. Nel luglio dello stesso anno il partito fu di nuovo formalmente riconosciuto e in novembre partecipò alle elezioni proponendo un programma titolato “Il cambiamento nell’interesse dei lavoratori e di tutta la popolazione”.

[NOTE]
83 Cfr Bouguerra A., Atti della storia della sinistra tunisina. Come si sono opposti i comunisti e i perspectivisti al regime del partito unico, ed. Perspectives, 2013, p. 52 Trad. dall’arabo da Chamkhi M.
84 Il giornale uscirà fino al 1966.
85 Bouguerra A., Atti della storia della sinistra tunisina. Come si sono opposti i comunisti e i perspectivisti al regime del partito unico, ed. Perspectives, 2013, p. 60 Trad. dall’arabo da Chamkhi M.
86 Ahmed Brahim, tra gli appartenenti alla sezione relativa agli studenti, è attualmente a capo del partito Ettajdid, erede del Partito Comunista. Il PCT nel 1993 abbandonò il comunismo e si rinominò “Mouvement Ettajdid”, ovvero
“Movimento del rinnovamento”.
87 Bouguerra A., Atti della storia della sinistra tunisina. Come si sono opposti i comunisti e i perspectivisti al regime del partito unico, ed. Perspectives, 2013, pp. 77, 80. Trad. dall’arabo da Chamkhi M.
88 Cfr infra il capitolo Groupe d’études et d’action socialiste – GEAST o Perspectives

Sara Palli, Storia dei gruppi di opposizione a Bourguiba e loro eredità nella Tunisia post-2011. Proposte per una cooperazione dal basso, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno accademico 2014/2015