Donne di Radio Cora nella Resistenza a Firenze

La vicenda di Radio Cora a Firenze, dal settembre 1943 fino alla crisi del giugno 1944, che tuttavia non ne interrompe del tutto l’attività, è esemplare, per l’importanza del servizio e per le risorse che vengono impiegate. L’invio dei messaggi al Sud supponeva infatti una rete d’informatori molto estesa, capace di operare sistematicamente in riferimento a quanto riguardava le linee di difesa tedesche a nord dell’Arno e sull’Appennino. La collaborazione con le missioni militari paracadutate presso i partigiani moltiplicò le emittenti radio e ampliò queste attività fino a farne uno dei più importanti contributi all’azione alleata sul piano strategico e su quello tattico.
(a cura di) Marco Palla, Storia della Resistenza in Toscana, Volume secondo, Carocci editore – Regione Toscana, Consiglio Regionale, 2009

Il giugno 1944 si apre con la liberazione di Roma e la prospettiva di una rapida risalita degli Alleati lungo la penisola. A Firenze sarà ancora un mese molto difficile: c’è tempo per un’ultima ondata di repressione. Il colpo più duro è la retata contro il gruppo di radio Cora guidato da Enrico Bocci, che provoca la morte di Luigi Morandi nella sparatoria che ne seguì, la fucilazione di sei uomini e donne, e altri ancora furono arrestati e torturati dalla banda Carità a “villa Triste”, e in alcuni casi deportati <106. È il 7 giugno quando Andreina Morandi viene prelevata a casa, insieme ai genitori, in seguito all’arresto del fratello – Luigi morirà in ospedale qualche giorno dopo la sparatoria. Nel suo racconto si percepisce il brusco passaggio dall’euforia per una primavera in cui tutto era andato per il verso giusto, e per la notizia della liberazione di Roma, il 4 giugno. La prima tappa è villa Triste, da dove ha la fortuna di uscire indenne <107. Con la madre, viene trasferita nel carcere femminile di Santa Verdiana “fummo accolte da due suore e mentre percorrevo in silenzio il corridoio dalle ampie volte provai una strana sensazione di pace: non più il fracasso, le grida disumane di Villa Triste, le facce patibolari degli sgherri tedeschi e fascisti, ma la quiete di un convento e il mesto sorriso delle suore. Mi tornavano in mente gli anni dell’infanzia trascorsi in collegio e mi sembrava di essere al sicuro in questo luogo, lontana dalla crudeltà dei tedeschi e dei fascisti” <108. In carcere incontra altre compagne di militanza antifascista, e considera loro e se stessa in un mondo a parte rispetto alle detenute comuni. È grata alla suora superiora che dirigeva il carcere per i suoi sforzi di tenere separate “comuni” e “politiche”. “Con molto tatto e buon senso [la superiora] aveva fatto in modo a poco per volta di raccogliere le detenute politiche in un’ala a parte e cercava nei limiti del possibile di tenerci separate dalle altre anche durante l’ora di aria; questo non ci impedì di assistere più di una volta a zuffe violente fra donne che si accapigliavano urlando volgarità e bestemmie e che solo il suo energico intervento riusciva a separare” <109.
[NOTE]
106 Cfr. Francovich, La Resistenza a Firenze cit., pp. 217-225 per una delle possibili ricostruzioni dei fatti di radio Cora. Si tratta di uno dei molti episodi contesi nella memoria della Resistenza fiorentina; su questo cfr. Larocca, La “Radio CORA” di Piazza d’Azeglio cit., in cui si documenta una polemica con Ragghianti, scoppiata alla fine degli anni Settanta, sui vari servizi d’informazione del PdA e dei rispettivi ruoli; su Gilda Larocca, cfr. supra, cap. 5, par. 1, nota 47.
107 Morandi Michelozzi, Le foglie volano cit., pp. 68-69.
108 Ivi, p. 75.
109 Ivi, pp. 76-77
Filippo Benfante, Carlo Levi a Firenze e la Firenze di Carlo Levi (1941-1945). Vita quotidiana e militanza politica dalla guerra alla Liberazione, Tesi di dottorato, European University Institute, Firenze, 2003

Dopo l’arresto dei paracadutisti del 9 giugno 1944, l’ufficiale Pasqualin e il radiotelegrafista Renato Levi, Pomero, lasciarono Firenze per rifugiarsi nel Casentino per una decina di giorni. Rientrati in città ripresero i contatti con il PdA, precisamente con Ragghianti, che nonostante le remore dopo che il RT gli era stato denunciato da Carlo Campolmi tramite un biglietto. <85 Recuperò una radiotrasmittente del gruppo Bocci che consegnò a Maria Luigia Guaita, già loro collaboratrice, per il trasporto della stessa in Via della Robbia, nella clinica del dott. Bruno Gherardi, nuova sede delle trasmissioni. In possesso dei quarzi e dei cifrari del RT Alleato si formò quindi un nuovo gruppo, composto da Giuseppe Campolmi, detto Spartaco, Lorenzo Rigutini, studente d’ingegneria, Ludovico De Renzis e Adriano Milani. Il contatto radio con il Sud fu stabilito in pochi giorni e anch’essi trasmisero da vari luoghi per sicurezza: la Società di Cremazioni nel Mercato Nuovo, una soffitta di via del Pratellino o l’Istituto del Rinascimento in Palazzo Strozzi.
La progressiva ritirata tedesca e fascista, gli sfollati e il terrore diffuso a Firenze nelle settimane immediatamente prima della Liberazione resero il compito sempre più arduo. Tuttavia, grazie al prof. Ballario e i prof. Giovanni Speroni e Luigi Sacconi, l’attività continuò nonostante l’assenza dell’energia elettrica, permettendo a Spartaco di continuare le trasmissioni fino alla liberazione della città. Successivamente il gruppo cercò di stabilire dei contatti con le armate partigiane del Nord ma purtroppo non riuscì. <86
[NOTE]
85 Diverse trascrizione del biglietto in oggetto sono presenti nel Fondo C. Campolmi.
86 Cfr. Larocca G., La Radio Cora, cit., pp. 97-98 e l’articolo di C.L. Ragghianti del 11 agosto 1979, trascritto in ID., La Radio Cora, cit., p. 127-130.
Francesca Cosseddu, L’archivio di Carlo Campolmi. Inventario (1939-1964), Tesi di laurea, Università degli Studi di Firenze, Anno Accademico 2015-2016

Il 1943 rappresentò per tutti gli antifascisti l’opportunità di combattere apertamente contro la dittatura. Olga Monsani non si fece cogliere impreparata e prese parte al cambiamento in atto. “Fu tra i promotori fin dal 25 luglio del movimento di resistenza democratica in Italia” <288 e subito dopo l’8 settembre si adoperò per organizzare la lotta a Firenze. “Nonostante la sua età avanzata [aveva 52 anni], volle arruolarsi nella divisione partigiana Giustizia e libertà, esplicando attività militare in uno dei servizi clandestini fra i più rischiosi ed importanti: il servizio «I» di radio Cora. Attraverso una vasta rete di informatori da lei ( ) organizzata, superando con intelligenza e sprezzo del pericolo non comuni ogni difficoltà, riuscì a rendere preziosi servizi al movimento partigiano, nonostante fosse attivamente ricercata per il suo passato antifascista” <289. Il capitano Giuliano “Nelson” Calcini <290, uno dei responsabili del gruppo radio Cora fin dal 1943, dopo la liberazione redasse una meticolosa relazione sull’attività clandestina di Monsani, definendo il servizio prestato dalla donna “superiore ad ogni elogio”. Secondo Calcini, Monsani fu “simbolo di alte virtù patriottiche, esempio di coraggio, di cuore, di fede tenace, di ardente sacrificio per il bene della patria comune. ( ) Entrata a far parte di quel servizio di informazioni militari di radio Cora che di tanta importanza doveva essere per il movimento partigiano in Toscana, con costante, distinta fatica, dimostrando coraggio e sprezzo del pericolo non comuni doveva portare a termine le operazioni più rischiose cui la forza del suo animo (al di sopra di quella del suo fisico) sapeva spingerla, là dove il pericolo era maggiore per il bene della patria” <291. Olga Monsani agì in una cellula clandestina nella zona controllata da Francesco Pardi, cooperando con altri antifascisti fiorentini tra cui Adina Tenca <292, Vincenzo Fumia e Max Boris <293. Avvalendosi del proprio ufficio come punto di ritrovo, “tenne contatti con l’Ufficio politico della Questura, provvide alla raccolta di armi e mezzi finanziari, contribuì all’organizzazione militare” del movimento resistenziale. Riuscì inoltre a venire a conoscenza di informazioni preziose su alcuni rastrellamenti organizzati dalle forze nazifasciste nel circondario fiorentino, vanificandone
l’efficacia <294, e su depositi militari dislocati in città, nei quali pianificò azioni volte al recupero di materiale indispensabile per il prosieguo della lotta di liberazione. Infine, portò a termine altre azioni significative, scoprendo una spia nelle file di Giustizia e libertà, organizzando il trasporto di armi a Firenze “durante rastrellamenti e sotto le più forte vigilanza nemica” <295, e in qualità di crocerossina, “superando ogni rischio e fatica per l’assistenza e il salvataggio di rastrellati, italiani deportati, di ebrei, di partigiani braccati” <296. Per il suo aperto atteggiamento antifascista fu costantemente sorvegliata, venne denunciata tre volte e riuscì a sottrarsi all’arresto solo attraverso la fuga <297.
[NOTE]
288 Cit.: Archivio storico del Comune di Firenze (ASC Fi), Lascito Calcini.
289 Cit.: ASC Fi, Lascito Calcini.
290 Giuliano Calcini agì nel gruppo clandestino radio Cora fin dal 1943 con lo pseudonimo “Nelson”. Alla fine della guerra ottenne la Medaglia d’argento al valor militare. Su radio Cora, vedi: G. Larocca, La radio Cora di Piazza d’Azeglio e le altre due stazioni radio, Giuntina, Firenze 1985.
291 Cit.: ASC Fi, Lascito Calcini.
292 La professoressa Adina Tenca, moglie di Enzo Enriques Agnoletti, fu una staffetta partigiana. Cfr.: M. L. Guaita, Storie di un anno grande. Settembre 1943-agosto 1944, La Nuova Italia, Firenze 1975; M. Palla (a cura di), Storia della resistenza in Toscana, op. cit., p. 254.
293 Max Boris, nato il 01/03/1913 a Venezia, venne arrestato il 26/02/1944 a Firenze. Detenuto a villa Triste e al carcere delle Murate fu poi deportato nel campo di transito di Fossoli, nei campi di concentramento Dachau e Mauthausen e successivamente nel sottocampo di Peggau. Riuscì a sopravvivere e fu liberato a Mauthausen il 05/05/1945 dalle truppe americane. Cfr.: B. Mantelli, N. Tranfaglia (a cura di), Il libro dei deportati, op. cit., p. 360.
294 In particolare, secondo il rapporto di Calcini, Olga Monsani “con assoluta tempestività [seppe] comunicare al servizio e direttamente alla formazione interessata notizie di un poderoso rastrellamento che le SS italiane e tedesche effettuarono nella zona di S. Donato, Antella, Strada in Chianti, permettendo così ai partigiani di ritirarsi in tempo senza perdite ed evitando rappresaglie alla popolazione della zona”. Un’operazione che “comportò per le circostanze di luogo e di tempo in cui ebbe a verificarsi rischio gravissimo e ebbe risultato non comune”. Inoltre, “nella zona Pontassieve Rufina riusciva ugualmente a impedire il rastrellamento dei partigiani che dalla montagna si recavano a vettovagliare nel paese. Un forte reparto di milizia aveva infatti teso una vile imboscata a seguito di una delazione”. Il coraggio e la celerità dimostrati anche in questa azione la resero “veramente encomiabile”. Ancora, “mercé la precisione del servizio da lei organizzato e la sua personale attività, tempestivamente comunicò la scoperta da parte delle Ss italiane di un deposito di armi partigiane nella cappella di Ceppeto Monte Morello – Firenze, impedendo
così mercé la velocità di tutta l’azione da lei compiuta gravi sviluppi della situazione che poneva la formazione partigiana della zona in rischio gravissimo”. Cfr.: ASC Fi, Lascito Calcini.
295 Ibid.
296 Ibid.
297 Cfr.: Isrt, Fondo Partito d’azione – Pda Firenze, sez. XXIII.138bis.5.
Enrico Iozzelli, Il collaborazionismo a Firenze. La Rsi nelle sentenze di Corte d’assise straordinaria e Sezione speciale 1945-1948, Regione Toscana – Consiglio Regionale, 2020

Un aspetto assai poco noto dell’esilio dalla Germania è la partecipazione di molti esuli, sfuggiti alle persecuzioni della dittatura nazista, alla Resistenza nei paesi in cui avevano trovato rifugio. Questo fenomeno fu particolarmente diffuso in Francia, e merita parlarne qui brevemente, allo scopo di mettere in evidenza le differenze rispetto alla situazione in Italia. La Francia, in quanto democrazia parlamentare con una lunga tradizione di accoglienza dei richiedenti asilo, consentiva, sia pure entro certo limiti, che gli esuli svolgessero attività politica contro il nazismo. Di conseguenza, si indirizzarono verso la Francia gran parte degli esuli che appartenevano a organizzazioni politiche, tra cui molti ebrei. Si stima che fossero circa 5000, vale a dire tra un quarto e un quinto del totale degli esuli tedeschi in Francia, per il resto costituiti in prevalenza da ebrei. Era a Parigi che avevano sede quasi tutte le direzioni delle organizzazioni politiche tedesche in esilio. L’unica a trasferirvisi da Praga soltanto nel 1938, a causa della minaccia ormai incombente sulla Cecoslovacchia, fu la dirigenza del partito socialdemocratico. Durante la Guerra civile spagnola Parigi fu anche il centro di reclutamento, tra gli esuli politicamente organizzati, e soprattutto tra quelli comunisti, di combattenti per le Brigate Internazionali. <1
Dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale gli esuli, sia ebrei che non ebrei, di cittadinanza tedesca e gli apolidi provenienti dalla Germania vennero internati in campi per «stranieri nemici», perché paradossalmente considerati un pericolo per la sicurezza interna. Questo portò di conseguenza al blocco di ogni attività politica.
[…] Ruth Weidenreich è nota a un ristretto numero di lettori grazie alla pubblicazione delle sue memorie “Un medico nel campo di Auschwitz” <45. Anche se non è stato finora possibile accertare definitivamente se e in quale misura essa abbia contribuito alla Resistenza, si è deciso di inserirla nel presente saggio, perché il suo arresto e la sua successiva deportazione ad Auschwitz sono strettamente collegate a un episodio della Resistenza a Firenze, ancora oggi vivo nella memoria dei fiorentini, come esempio della brutalità della repressione: la scoperta dell’emittente clandestina nota come Radio Cora.
[…] Dalla Cina si recò poi in Italia, in una data non meglio precisata del 1937, e l’11 dicembre di quell’anno sposò a Firenze il capitano dell’aeronautica militare Italo Piccagli. È probabile che i due si fossero incontrati già in Svizzera, dove Piccagli si era recato per qualche tempo, sia nel 1934 che nel 1935, per farsi curare una lesione al polmone, conseguenza di un incidente aereo, e che Ruth Weidenreich fosse venuta in Italia proprio per raggiungerlo. Dopo le nozze vissero a Firenze, dove Piccagli insegnava alla Scuola di guerra aerea. Con il matrimonio Ruth Weidenreich aveva conseguito la cittadinanza italiana, ma anche in Italia, in quanto esule, e in seguito a causa delle leggi razziali fasciste emanate nel novembre 1938, le era precluso l’esercizio della professione <47. Dopo la dissoluzione delle forze armate italiane seguita all’8 settembre, Italo Piccagli fu un avversario risoluto degli occupanti tedeschi e del regime collaborazionista fascista. Chi lo conosceva lo descrive come un uomo pervaso da un profondo amor di patria, che era stato contrario alle avventure belliche di Mussolini e soprattutto all’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, ma si considerava comunque tenuto all’obbedienza a causa del giuramento prestato. Dopo la caduta di Mussolini ripose le sue speranze nel governo Badoglio, fiducioso che si sarebbe ritirato dalla guerra. Già nelle prime settimane dell’occupazione tedesca si adoperò per la creazione di una emittente clandestina, per mettersi in comunicazione con gli Alleati al di là del fronte. Questi preparativi lo portarono a prendere contatto con il Partito d’Azione a Firenze, che aveva in progetto una radio analoga. Piccagli mise a disposizione degli azionisti la sua esperienza militare e le sue conoscenze nel campo delle radiocomunicazioni, senza però aderire al partito. Insieme a Enrico Bocci, avvocato e membro di primo piano del Partito d’Azione, è considerato tra i principali organizzatori di Radio Cora (ovvero Co.Ra. = Commissione Radio del Partito d’Azione). A partire dal gennaio 1944 questa radio trasmise sempre più frequentemente informazioni al comando dell’VIII Armata Alleata a sud del fronte, riguardanti più che altro i movimenti di truppa e gli impianti militari tedeschi. Al tempo stesso, si concordavano i lanci con cui venivano paracadutate armi ai partigiani nei dintorni di Firenze <48. Il 7 giugno 1944, vale a dire quando Roma era stata appena liberata e circa due mesi prima che fosse liberata anche Firenze, un reparto di SS dell’Außenkommando der SIPO und des SD (Comando distaccato della Polizia di sicurezza e del Servizio di sicurezza) della città toscana irruppero nell’appartamento in piazza D’Azeglio dove si trovava la stazione radio, proprio mentre questa era in funzione. È probabile che poco prima ne fosse stato rilevato il segnale. In uno scontro a fuoco morirono il marconista e un uomo delle SS. Bocci e altri quattro collaboratori, tra cui una donna, vennero arrestati e portati nella sede del Comando distaccato a «Villa Triste», come i fiorentini avevano soprannominato l’edificio, con riferimento a quanto accadeva tra le sue mura. Secondo la versione più attendibile, Piccagli si stava giusto recando alla stazione radio e venne catturato all’ingresso dello stabile. A Villa Triste gli arrestati furono orrendamente torturati sia da appartenenti alle SS che da militi fascisti, tanto per rabbia e spirito di vendetta quanto per costringerli a fornire informazioni. Bocci morì per i maltrattamenti subiti, e la sua salma non fu mai ritrovata. Anche Piccagli, che insieme a Bocci si era assunto la piena responsabilità per la stazione radio, per proteggere gli arrestati più giovani, subì atroci torture e fu fucilato cinque giorni dopo il suo arresto in un bosco a nord di Firenze insieme ad altri sei combattenti della Resistenza, tra cui anche una donna, Anna Maria Enriques Agnoletti, che apparteneva a una organizzazione cattolica <49.
Ruth Weidenreich venne arrestata solo il giorno successivo alla cattura di Piccagli e rinchiusa in una cella a Villa Triste. Né da lei né da altri è stato possibile accertare se fosse a conoscenza dell’attività di Radio Cora o magari vi avesse addirittura partecipato. È da ritenere che grazie a suo marito sapesse per grandi linee quanto stava accadendo, ma che per ragioni di sicurezza fosse stata lasciata all’oscuro di molti importanti particolari. Mentre il racconto di Ruth Weidenreich sulla sua deportazione ad Auschwitz è ricco di dettagli, assai scarne sono le notizie che ha lasciato riguardo alla sua detenzione. Nell’ormai classico testo sulla Resistenza a Firenze di Carlo Francovich si legge che ella, pur consapevole delle conseguenze cui andava incontro, si sarebbe costituita spontaneamente, per essere vicino al marito detenuto <50. È comunque certo che venne arrestata nel suo appartamento, nel quale sarebbe rimasta nonostante gli amici l’avessero consigliata di affrettarsi a lasciarlo. A quanto dichiarato da un suo compagno di prigionia, a Villa Triste non fu torturata e subì solo un interrogatorio formale, probabilmente perché si pensava non fosse in grado di fornire informazioni importanti. Le celle erano assai vicine le une alle altre, e Ruth Weidenreich riuscì a parlare con il marito e a trasmettere sue notizie agli altri detenuti. Prima che venisse portato via poté ancora salutarlo, senza sapere il destino che lo attendeva. Pare che soltanto al suo ritorno a Firenze da Auschwitz sia venuta a sapere che era stato fucilato quel giorno stesso <51.
La deportazione di Ruth Weidenreich ad Auschwitz ebbe inizio con il suo trasferimento da Villa Triste al campo di polizia e di transito a Fossoli di Carpi, che nel marzo 1944 era sotto il controllo della polizia tedesca, dopo essere stato inizialmente diretto da italiani. Qui venne destinata dapprima al reparto per detenuti politici, per poi essere trasferita nella parte riservata agli ebrei. A seguito della morte del marito non era più tutelata dal suo «matrimonio misto». Resta da chiedersi come mai non sia stata mandata direttamente ad Auschwitz con l’ultimo convoglio che partì da Fossoli per quella destinazione, il 26 luglio. Fu invece tra i circa 300 ebrei che si trovavano ancora a Fossoli poco prima che il Lager venisse abbandonato, a causa dell’intensificarsi dell’attività partigiana nella pianura padana, e trasferito a Bolzano Gries, nella «Zona di operazioni Prealpi». Nelle sue memorie descrive come il suo gruppo fu portato su camion fino al Po, che attraversarono su una barca «durante una meravigliosa notte di luna piena», perché i ponti erano stati distrutti dai bombardamenti. Il 2 agosto, a Verona, venne assegnata a un convoglio per Auschwitz. Insieme a 55 compagni di sventura fu chiusa in un carro bestiame, e dopo cinque giorni di viaggio, fortemente disidratata, giunse a destinazione. All’arrivo fu mandata direttamente nel Lager e solo il giorno successivo venne sottoposta alla selezione. Poi le venne tatuato il numero di matricola A-24036 <52. Le memorie di Ruth Weidenreich, “Un medico nel campo di Auschwitz”, furono scritte dopo il suo ritorno a Firenze, dove era arrivata a metà del 1945, passando probabilmente dalla Romania, e prima della sua emigrazione negli Stati Uniti nel giugno 1946. È dunque una delle prime testimonianze di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, scritta più o meno contemporaneamente a “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Ma mentre il libro di Levi fu pubblicato già nel 1947, sia pure con una scarsa tiratura, e in una edizione all’epoca praticamente ignorata, il manoscritto di Ruth Weidenreich rimase in un cassetto per quasi quindici anni e fu pubblicato soltanto nel 1960 in una collana dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana <53.
[NOTE]
1 Sull’esilio tedesco in Francia cfr. il testo riepilogativo, integrato da una ricca bibliografia, di B. Vormeier, Frankreich, in Handbuch der deutschsprachigen Emigration 1933-1945, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1998, pp. 213-250
45 R. Weidenreich, Un medico nel campo di Auschwitz. Testimonianza di una deportata, Istituto storico della Resistenza in Toscana, Atti e studi, vol. 2, Firenze 1960. Ringrazio Marta Baiardi, Firenze, per avermi segnalato Ruth Weidenreich e la sua testimonianza.
47 Entschädigungsakten (pratiche di risarcimento) di Ruth Weidenreich, HHsta, Serie 467, n. 4463, e 1769/18, entrambi sotto il nome Sherwin, Ruth; Istituto storico della Resistenza in Toscana. Archivio – ISRT, Serie Piccagli. Biografia di Italo Piccagli scritta dalla vedova Ruth Weidenreich. Cfr. anche M. Baiardi, Persecuzioni antiebraiche a Firenze: razzie, arresti, delazioni, in E. Collotti (a cura di), Ebrei in Toscana tra occupazione tedesca e RSI, vol. 1, Carocci, Roma 2007, pp. 45-177 (Appendice 1, p. 174).
48 ISRT, Serie Piccagli, Biografia di Italo Piccagli; Relazione sull’attività svolta dal capitano Italo Piccagli; G. Larocca, La radio Cora di Piazza d’Azeglio e le altre due stazioni radio, Giuntina, Firenze 2004, p. 154 ss.; C. Francovich, La Resistenza a Firenze, La Nuova Italia, Firenze 1962, p. 154 ss.
49 G. Larocca, La radio Cora cit., p. 68 ss.; C. Francovich, La Resistenza a Firenze cit., p. 222 ss.
50 Ivi, pp. 223-224.
51 ISRT, Serie Piccagli, Biografia di Italo Piccagli; Deposizione di Franco Gilardini, 23 giugno 1945; G. Cavallina, In memoria di Italo Piccagli, 8 giugno 1945; C. Francovich, prefazione a Weidenreich, Un medico, p. 3 s. Anche in C. Francovich, Scritti sulla Resistenza (1954-1980), Edizioni Polistampa, Firenze 2007, pp. 61-62.
52 R. Weidenreich, Un medico cit., p. 5 ss.; ISRT, Serie Piccagli, Deposizione di Franco Gilardini; L. Picciotto, Il libro della memoria cit., pp. 53-54., 654, 927 ss.
53 Cfr. nota 46.
Klaus Voigt, Quattro donne esuli dalla Germania nella Resistenza italiana* (Traduzione di Loredana Melissari), «Studi e ricerche», II (2009) [ *Il presente saggio è stato scritto per il volume Politik – Parteiarbeit – Pazifismus in der Emigration: Frauen handeln, a cura di Inge Hansen-Schaberg e Hiltrud Häntzschel, con gli atti del convegno del gruppo di lavoro “Frauen im Exil” della Gesellschaft für Exilforschung tenutosi dal 30 ottobre al 1° novembre 2009 a Kochel am See. Il volume verrà pubblicato nel corso del 2010 nella collana edition text und kritik dal Richard Boorberg Verlag di Monaco di Baviera. Esso è stato arricchito con una parte introduttiva destinata al lettore italiano]