Inoltre, l’azione in Guatemala fu una sorta di “palestra” per le future azioni statunitensi nel continente

Il periodo immediatamente successivo alla fine del secondo conflitto mondiale in America Latina può essere suddiviso in due fasi. La prima, che prese piede nel biennio 1944 – 1946 in momenti diversi a seconda del Paese, fu contraddistinta da tre fattori, strettamente collegati tra loro benché distinti: processi di democratizzazione dei Paesi, svolte politiche verso sinistra, crescita della militanza sindacale. <1
La caduta delle dittature, la mobilizzazione delle masse e la convocazione di libere elezioni spinsero i partiti politici e i movimenti progressisti verso la conquista del potere, i quali provarono a rispondere alle istanze della classe media urbana e della working class, che chiedevano cambiamenti in senso politico e sociale. <2 Tale processo di democratizzazione, senza precedenti in America Latina, fu il risultato di un complessa serie di fattori, tra i quali furono preponderanti quelli di natura economica e sociale. Negli anni del conflitto mondiale, infatti, la crescita urbana e la crescente industrializzazione crearono le condizioni per un intenso fermento sociale, che si tradusse rapidamente in una crescente domanda di democrazia. La forza dei suddetti cambiamenti fu notevolmente implementata dalla fase storica in cui essi si sviluppavano, caratterizzata dalla vittoria degli Alleati contro l’Asse, della democrazia contro i fascismi. La portata del fenomeno emerge chiaramente se si considera che, alle quattro democrazie degne di essere chiamate tali presenti sul territorio, vale a dire Cile, Uruguay, Costa Rica e Colombia, ben presto se ne aggiunsero molte altre, isolando inesorabilmente le dittature del Nicaragua e della Repubblica Dominicana. <3
Tuttavia, il vento di cambiamento smise di soffiare molto presto. La seconda fase, iniziata tra il 1946 e il 1948, anche in questo caso dipendendo dal Paese, vide invece una rigida regolamentazione delle attività sindacali da parte delle istituzioni statali; i partiti di matrice marxista subirono una forte repressione mentre i partiti riformisti virarono verso posizioni nettamente più conservatrici. I progressi in senso democratico furono quindi contenuti e in alcuni casi completamente vanificati. <4
Per comprendere a fondo gli avvenimenti del periodo 1944-48 in America Latina, caratterizzato come appena visto da una spinta democratica regionale e da una rapida “restaurazione”, si rende necessario non soltanto soffermarsi sul precario equilibrio domestico tra le forze politiche di ciascun Paese, ma è anche essenziale inoltrarsi nella complessità delle interazioni tra politics interne e altri fattori esterni. Un elemento esogeno da considerare è senza ombra di dubbio l’inizio della guerra fredda. Questa funse da giustificante della reazione delle forze dominanti, che ritennero quanto mai opportuno porre un freno ai crescenti processi democratici. Eppure, nonostante la grande influenza che l’inizio delle tensioni ebbe, considerarlo come motore unico della “restaurazione” sarebbe riduttivo. Anche i fattori interni infatti ebbero un ruolo fondamentale. La debole cultura democratica del subcontinente e la conseguente tendenza ad avallare la ragione del più forte nel contesto politico, remarono decisamente contro il rafforzamento dei regimi democratici. A questo si aggiunse l’incapacità di assimilare l’improvvisa spinta democratica da parte delle gracili istituzioni nazionali.
Come affermato nel precedente paragrafo, il biennio 1944-1946 fu caratterizzato da una serie di spinte democratiche di carattere progressista su scala regionale. Il Guatemala, oltre a non fare eccezione, fu l’unico Paese a resistere alla successiva ondata restauratrice. La democrazia guatemalteca resistette difatti fino al 1954, quando un colpo di stato ordito da una parte dell’esercito, con il sostegno economico e logistico degli Stati Uniti, rovesciò il governo di Jacobo Arbenz, consegnando il potere nelle mani del generale Castillo Armas.
Nel 1944 una serie di scioperi e mobilizzazioni popolari misero fine alla dittatura del generale Jorge Ubico Castañeda, al potere dal 1931. Dopo un breve periodo di instabilità venne eletto presidente Juan José Arévalo, il quale dette inizio a una serie di riforme economiche e sociali, come ad esempio la riforma del sistema educativo e l’emanazione di un nuovo “Código del Trabajo”. Dalla successiva tornata elettorale del 1951 uscì vittorioso il colonnello Jacobo Arbenz, il quale seguì la strada intrapresa dal suo predecessore, ma in maniera nettamente più radicale, promulgando una riforma agraria che puntava alla redistribuzione delle terre in grandissima parte nelle mani di imprese agricole a capitale statunitense. <5 Prima tra tutte, la United Fruit Company, che possedeva grandissime estensioni di terreno sottratte a qualsiasi forma di controllo statale e alla quale erano legati molti uomini dell’amministrazione statunitense. È lapalissiano affermare che la riforma agraria e la nazionalizzazione delle terre danneggiarono fortemente le casse del colosso agricolo nordamericano, che usò le sue immense risorse per lanciare una campagna diffamatoria internazionale contro il governo di Arbenz. <6
Tuttavia, non fu la questione relativa agli interessi legati alla compagnia bananera la sola motivazione che spinse Washington a intervenire militarmente in Guatemala. Prova ne sia che, quando la UFC tentò di organizzare un primo tentativo di colpo di stato nel 1952, l’amministrazione Truman, pur non provando simpatie di sorta per Arbenz, si oppose fermamente. <7 La misura fu colma solo quando il Guatemala iniziò ad acquistare armi e petrolio dall’Unione Sovietica. Segnali abbastanza chiari di un avvicinamento progressivo a Mosca. L’amministrazione Eisenhower iniziò pertanto a considerare il Guatemala come la porta di accesso dell’influenza comunista nell’emisfero. Una situazione non più tollerabile. Pertanto, la CIA entrò in contatto con i militari dissidenti, al fine di iniziare le operazioni di sabotaggio nei confronti del governo. Successivamente, le truppe, oltrepassando i confini di Honduras e El Salvador, invasero il paese. <8 Nel luglio 1954, il colonnello Arbenz abbandonò il Guatemala, lasciando il potere nelle mani di un governo militare conservatore molto vicino agli Stati Uniti.
Il successo dell’operazione, che prese il nome di PBSUCCESS, confermò l’efficacia della guerra psicologica e della propaganda. Già considerate come la «risposta alle tendenze sottoconsumiste, alla recessione economica e ai mali sociali», da quel momento questo tipo di azioni furono ritenute efficaci «per risolvere anche il “problema” del comunismo». <9 Inoltre, l’azione in Guatemala fu una sorta di “palestra” per le future azioni statunitensi nel continente: lo stile comunicativo, le covert actions e le argomentazioni anticomuniste saranno ampiamente impiegate pochi anni dopo a Cuba, nel golpe brasiliano del 1964 e in quello cileno del 1973. <10
L’esito dell’altro importante conflitto che infuriava negli stessi anni, vale a dire la Rivoluzione Cubana, non fu altrettanto positivo per gli Stati Uniti. Pochi anni dopo il successo del golpe guatemalteco, nel 1959, il trionfo dei guerriglieri guidati da Fidel Castro mise fine alla violenta dittatura di Fulgencio Batista, instauratasi dopo un colpo di stato nel 1952. Più in generale, la rivoluzione mise fine a un lungo periodo di dipendenza politica, economica e militare dagli Stati Uniti, iniziato nel 1898 dopo l’indipendenza dalla Spagna. <11
Gli attriti tra il nuovo governo rivoluzionario e Washington iniziarono molto presto e la reazione nordamericana non si fece attendere. Nel 1961 gli USA appoggiarono un tentativo di invasione dell’isola da parte di un gruppo di esuli cubani e mercenari addestrati dalla CIA. <12 L’episodio, noto come l’invasione della Baia dei porci, o Batalla de Girón, si concluse con una seconda vittoria da parte dei rivoluzionari. Le conseguenze furono l’espulsione di Cuba dall’Organizzazione degli Stati Americani, l’imposizione dell’embargo e l’ulteriore spinta dell’isola verso l’orbita sovietica. <13
L’inaspettata vittoria della rivoluzione e la sconfitta subita durante la Batalla de Girón, quindi il prevalere di una guerriglia mal equipaggiata su un esercito regolare e ben addestrato in ben due occasioni, spinse gli Stati Uniti a una profonda riflessione. Emerse pertanto la necessità per Washington di studiare nuove forme di conflitto per impedire alla Rivoluzione Cubana, e al comunismo in generale, di espandersi nell’emisfero. <14 Fu proprio la vittoria dei guerriglieri, infatti, a far germogliare il seme della paura di una rivoluzione su scala continentale.
La crisi missilistica dell’anno seguente determinò infine l’ingresso dell’America Latina, seppur con un ruolo secondario nel contesto globale, nel teatro della guerra fredda.
[NOTE]
1 L. Bethell, I., Roxborough Latin America between the Second World War and the Cold War, 1944-1948, Cambridge – New York, Cambridge University Press, 1992, p. 2.
2 Ibidem.
3 Ibidem, p. 3.
4 Ibidem, p.2.
5 J.M. Solís Delgadillo, Nn. La Operación Cóndor. Memoria y derecho, San Luis Potosi, Universidad Autonoma de San Luisi Potosi, 2006, p. 36-37.
6 Ibidem, p. 37
7 H. Brands, Latin American Cold War, p. 16. Si veda anche Cullather, N., Gleijeses, P., Secret History: The CIA’s Classified Account of Its Operations in Guatemala, 1952-1954, Stanford, Stanford University Press, 1999, p. 19-20.
8 L’operazione prese il nome di PBSUCCESS.
9 Cullather, N., Gleijeses, P., Secret History, p. 40. Traduzione dall’inglese dell’a.
10 Ibidem, pp. 110-111.
11 Cfr. J.M. Solís Delgadillo, Nn. La Operación Cóndor. Memoria y derecho, pp. 44-45.
12 Per la storia dell’operazione e i relativi dettagli si veda Central Intelligence Agency, Official history of the Bay of Pigs operation, consultabile all’indirizzo https://www.cia.gov/library/readingroom. Ultima visita 19/07/2017.
13 J.M. Solís Delgadillo, Nn. La Operación Cóndor. Memoria y derecho, p. 44.
14 S. G. Rabe, The most dangerous area in the world. John F. Kennedy confronts communist revolution in Latin America, Chapel Hill – Londra, The University of North Carolina Press, 1999, p. 127.
Vito Ruggiero, Il neofascismo italiano in America Latina: network anticomunisti transnazionali nel “Cono Sur” (1977-1982), Tesi di Dottorato, Università degli studi di “Roma Tre”, 2019