Il culmine dei rastrellamenti si raggiunse il 10 agosto e coinvolse molte delle frazioni del comune, soprattutto quelle di Massaciuccoli e Quiesa

Massaciuccoli, Frazione del Comune di Massarosa (LU): il lago

L’agosto del 1944 fu terribile per la popolazione massarosese. Gli alleati erano vicini, a pochi chilometri di distanza attestati sul fiume Arno, ma se questo poteva significare che la liberazione – e quindi la fine del conflitto – era vicina, dall’altro doveva essere diffuso il timore che il paese diventasse zona di guerra a tutti gli effetti. Non si contano i paesi, i villaggi e le città che durante la Seconda guerra mondiale vennero letteralmente rasi al suolo per esigenze belliche e la possibilità che Massarosa facesse la fine di Cassino o di Ortona era tutt’altro che remota. D’altronde abbiamo visto come, dopo mesi e mesi in cui la popolazione aumentò costantemente – con i picchi di aprile e maggio dovuti allo sfollamento di Viareggio -, già a partire da giugno il trend si invertì. La paura di rimanere coinvolti nei combattimenti dovette giocare un ruolo significativo nel convincere molti ad abbandonare quello che per anni era apparso un posto decisamente più sicuro rispetto alle grandi città e agli obiettivi presi nel mirino dall’aviazione alleata.
Furono però soprattutto i rastrellamenti tedeschi a svuotare Massarosa di parte della sua popolazione.
Il rastrellamento fu uno strumento molto utilizzato dai tedeschi nel corso della loro occupazione della penisola italiana. Le ragioni che stavano alla base di questo tipo di azioni erano varie e spaziavano dalla semplice ricerca di nuova manodopera coatta per la sempre più compromessa economia bellica tedesca, per arrivare alla repressione nei confronti di soggetti considerati politicamente inaffidabili. Il rastrellamento divenne però uno strumento molto impiegato anche nella lotta antipartigiana, soprattutto in località di montagna dove solitamente le formazioni della Resistenza si nascondevano <590. Intere comunità, spesso di piccole dimensioni, vennero completamente estirpate dalle proprie case per privare i partigiani del loro appoggio logistico, vero o presunto. L’alternativa a questa soluzione divenne, sovente, l’annientamento del paese e della sua gente quale entità fisica. Ma c’erano anche altre categorie che rientravano nei rastrellamenti e quindi nelle deportazioni in Germania; coloro che erano sospettati di essere parte della Resistenza o di appoggiarla, oppure, molto più semplicemente, venivano con la forza evacuati alcuni centri abitati perché si prevedeva che sarebbero presto diventati zona di guerra o parte del fronte stesso. I civili sarebbero solamente stati un peso e d’intralcio al combattimento <591. Lutz Klinkhammer comunque fa una netta distinzione tra «misure di trasferimento» progettate in modo sistematico e «azioni di deportazione», le quali erano reazioni a contesti particolari <592.
Molte delle azioni di rastrellamento dell’estate del 1944 – che spesso non si concludevano senza spargimento di sangue – avevano il duplice scopo politico ed economico. Miravano cioè da una parte ad estirpare alla base il movimento partigiano, privandolo delle sue basi d’appoggio e dei suoi membri, dall’altra a procacciare nuova manodopera per lo sforzo bellico tedesco, ormai sempre più allo stremo <593.
Gli spostamenti di popolazione più massicci si ebbero a partire dalla fine di luglio, quando cominciò a fare effetto l’ordine emanato il 19 dello stesso mese dall’Alto Comando della Wehrmacht. Secondo tale ordine, le divisioni al fronte dovevano senza riguardi trasferire la popolazione maschile al nord, dove, a seguito di un’adeguata selezione, essa sarebbe stata destinata all’impiego in Italia oppure nel Reich. Nei tre mesi successivi, nelle aree in prossimità del fronte sotto la responsabilità della 14ᵃ e della 10ᵃ Armata, circa 60.000 persone vennero trasportate in Nord-Italia <594. Il provvedimento interessò soprattutto la popolazione maschile in età lavorativa, ma in molte località, soprattutto montane e dove si verificava attività partigiana, venne trasferita una grossa aliquota della popolazione, senza badare al sesso o all’età. Di solito però, donne, vecchi e bambini venivano semplicemente «spostati» più a nord, mentre soltanto gli uomini venivano effettivamente impiegati in lavori di vario genere o deportati in Germania allo stesso scopo <595.
Il comune di Massarosa, vista la sua prossimità del fronte – distante, una volta che gli Alleati ebbero raggiunto l’Arno, solo una quindicina di chilometri in linea d’aria -, venne ovviamente interessata da tale provvedimento, che venne alacremente messo in atto ancora una volta da reparti della 16ᵃ Divisione SS.
Nel massarosese i rastrellamenti di popolazione iniziarono già nella seconda metà di luglio e continuarono sporadici, ma senza soluzione di continuità, fino agli ultimi giorni che precedettero la liberazione, il 17 settembre 1944. Non è possibile calcolare il numero complessivo di persone che vennero spostate dalle proprie abitazioni, anche solo temporaneamente, tra il luglio e il settembre di quell’anno; però esso è quasi certamente nell’ordine delle migliaia. Nei primi giorni di settembre, solamente nella frazione di Massaciuccoli vennero incolonnate più di 400 persone – in pratica l’intero paese – e rinchiuse nella «brilla» (edificio dove il riso raccolto veniva lavorato) tra Massaciuccoli e Quiesa. Si consideri poi che i rastrellamenti più estesi vennero effettuati nella prima decade di agosto e che nel comune a quell’epoca risiedevano ancora varie centinaia di sfollati, spesso non registrati alle autorità competenti. La maggior parte della popolazione rastrellata fu spostata solo temporaneamente e entro pochi giorni poté rientrare nelle loro case; questo perché nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di vecchi, donne e bambini. Diverso fu il caso degli uomini in età lavorativa.
Nelle carte dell’Archivio Storico del comune di Massarosa ci sono centinaia di atti che attestano il rastrellamento e la deportazione in Germania di singoli massarosesi.
Alcuni, come accennato in precedenza, vennero presi già nei giorni immediatamente successivi all’ordine dell’Alto Comando germanico; altri addirittura prima, come Marino Duccini, di anni 39, rastrellato il 17 luglio 1944 <596. È interessante osservare come la maggioranza dei pochi che vennero prelevati in luglio non vennero mandati in Germania, ma semplicemente a nord, da dove addirittura rientrarono prima della fine dell’anno. È il caso del già citato Duccini, ritornato a Massarosa il 20 ottobre, e di Roberto Martinelli, giunto nuovamente nel suo paese natale lo stesso giorno della liberazione, 17 settembre 1944 <597. Era stato anch’egli rastrellato lo stesso giorno di Duccini, il 17 luglio. I loro fascicoli personali non ci dicono molto, ma vista la loro capacità di rientrare a Massarosa in tempi così brevi, praticamente attraversando il fronte, è probabile che fossero stati arruolati provvisoriamente ed inviati nelle vicinanze, forse a contribuire alla costruzione delle fortificazioni della linea Gotica. D’altra parte il loro numero è relativamente limitato, molto inferiore ai grandi rastrellamenti del mese successivo.
Naturalmente già in precedenza si erano verificate deportazioni forzate, ma erano stati rari i casi in cui i tedeschi stessi, con la forza, avevano prelevato dalle proprie abitazioni i diretti interessati. Si ricorreva alle autorità italiane, come nel caso di Adolfo Brocchini, nato nel 1933, che il 3 marzo del 1944 venne costretto dai carabinieri a presentarsi al distretto militare di Lucca, dove venne assegnato al Genio Ferrovieri ed inviato in Germania <598. Ma si utilizzavano anche modi più subdoli. Sisto Carmassi, ventinovenne, venne fatto prigioniero dalle truppe tedesche mentre si trovava al Distretto Militare di Lucca per ritirare il suo congedo <599.
Il grosso dei massarosesi inviati in Germania o in Italia settentrionale venne rastrellato nell’agosto del 1944. Il mese iniziò già nel peggiore dei modi, quando il 1°, durante una di queste azioni, i tedeschi catturarono nei pressi di Massaciuccoli due uomini: Orlando Marlia e Olinto Del Soldato. Vennero scoperti nascosti in uno dei tanti rifugi costruiti nel padule, dove molti di coloro che rientravano nelle categorie da rastrellare rimasero in attesa che si calmassero le acque. Addosso ai due vennero però rinvenute alcune armi e per loro significò la condanna a morte. In quegli stessi giorni il Comandante Superiore delle FF.AA. germaniche aveva diramato un bando, dove tra le altre cose si specificava che «chi si trovi in possesso di armi ed esplosivi e non li denunzi al Comando tedesco più vicino, sarà fucilato». Orlando Marlia e Olinto Del Soldato vennero giustiziati due giorni dopo la cattura nella vicina bonifica del conte Minutoli <600.
Il culmine dei rastrellamenti si raggiunse il 10 agosto e coinvolse molte delle frazioni del comune, soprattutto quelle di Massaciuccoli e Quiesa. Quel giorno – definito dal compilatore della “Cronistoria della Parrocchia di Massarosa” come una «giornata tremenda» -, all’alba, numerosi gruppi di tedeschi, in un evidente azione concertata e preparata a tavolino <601, penetrarono nelle case e prelevarono tutti gli uomini e i giovani validi. Nel caso del capoluogo essi vennero concentrati in un edificio in via Roma, ma azioni simili si verificarono pressoché in tutte le frazioni e con le stesse modalità <602. I tedeschi non riuscirono a mettere le mani su tutti gli uomini, visto che da tempo molti di loro, proprio temendo questa eventualità, si erano rifugiati nelle boscose colline a nord e a est del capoluogo e nel vasto padule ad ovest. Ma i rastrellati furono comunque numerosissimi e «si vedevano passare queste colonne di uomini e giovani con in testa preti e frati e tutti destinati alla Pia Casa dove avveniva lo smistamento e il trasferimento in varie località vicine e lontane» <603.
Il 10 agosto può in qualche modo essere considerato il «giorno nero» per la popolazione massarosese, anche se non risultano esserci state vittime durante le numerose catture. Un numero imprecisato – ma molto elevato – di cittadini venne prelevato con la forza dalle proprie case, strappato dalle proprie famiglie, incolonnato in lunghe file ed inviato, a piedi, alla Pia Casa nel centro di Lucca. Erano incerti sul proprio destino, che per quanto ne sapevano poteva essere anche il peggiore in assoluto – la morte – e non sapevano se e quando avrebbero potuto rivedere le proprie case e riabbracciare i propri cari. I rastrellamenti del resto non terminarono con il 10 agosto, anche se per ovvia scarsità di «materia prima», visto il numero di quelli su cui era stato già possibile mettere le mani e la fuga di molti tra quelli che erano riusciti a farla franca, le successive catture furono meno numerose. Uomini validi vennero però scoperti e
deportati per tutto il resto del mese e per i primi giorni di settembre.
La maggioranza dei massarosesi vittime dei rastrellamenti dell’agosto 1944 finirono in Germania, ma una parte cospicua passò il resto della guerra in Italia settentrionale o nell’area della Garfagnana. Le loro storie erano variegate. Per lo più si trattava di semplici civili massarosesi – ma anche sfollati provenienti da varie zone d’Italia – che per tutto il corso della guerra erano rimasti in paese, troppo anziani o troppo giovani per servire sotto le armi. Altri però avevano alle spalle un passato un po’ più movimentato. Il carabiniere Ciro Luisotti prima dell’8 settembre era effettivo della stazione dei CC.RR. di Giuncarico, in provincia di Grosseto. Il 3 aprile 1944 venne mandato in licenza di convalescenza dall’Ospedale Militare S. Gello di Firenze, ma dopo la scadenza della stessa preferì non rientrare al proprio reparto, ma ritornare a casa propria a Bargecchia. Si trovava qui quando l’11 agosto venne rastrellato dai tedeschi e deportato in Germania <604. Sfortunata fu anche la storia del caporale Atos Bertozzi, che prima dell’8 settembre era in forza al 381° Btg. Costiero di stanza nel grossetano. Riuscì a non farsi catturare dai tedeschi nei giorni immediatamente successivi all’armistizio e in qualche modo fu in grado di tornare a Massarosa dalla propria famiglia. La deportazione in Germania fu però solamente rinviata, perché il 10 agosto fu tra quelli che vennero rastrellati. Riuscì comunque a tornare felicemente a guerra finita, l’11 giugno 1945 <605.
[NOTE]
590 Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, cit., pp. 367-368.
591 Ivi, p. 368.
592 Ibid.
593 Ivi, p. 374.
594 Ivi, p. 384.
595 Ivi, p. 386.
596 ASCM, m. 1254, b. Prigionieri a saldo, fasc. Marino Duccini.
597 Ivi, fasc. Roberto Martinelli.
598 Ivi, fasc. Adolfo Brocchini.
599 Ivi, fasc. Sisto Carmassi.
600 Bergamini – Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit., p. 144.
601 Azioni simili vennero compiute nello stesso giorno anche nel comune di Camaiore.
602 APM, Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938.
603 Ibid.
604 ASCM, m. 1254, b. Prigionieri a saldo, fasc. Ciro Luisotti.
605 Ivi, fasc. Atos Bertozzi.
Jonathan Pieri, Massarosa in guerra (1940-1945), Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2013-2014