La Francia di Vichy

Con regime di Vichy si indica comunemente lo Stato che governerà la parte meridionale della Francia, dopo l’invasione tedesca nella Seconda guerra mondiale dal 1940 al 1944, con l’eccezione della zona di Mentone, occupata dall’Italia, e della parte settentrionale governata dalle autorità tedesche. Nel corso della guerra manterrà la sua neutralità militare, ma non politica, vista la dipendenza dallo Stato nazista.
La sera del 4 giugno 1940 Hitler ordina alle divisioni tedesche di avanzare su un fronte di 250 chilometri. Alle prime ore del giorno seguente, l’ultima battaglia per la conquista della Francia ha inizio. Lo stesso giorno, il primo ministro Paul Reynaud nomina il Generale Charles De Gaulle, recentemente promosso, Sottosegretario di Stato per la Guerra. <168
De Gaulle avrebbe inoltre dovuto domandare, e cercare di ottenere, da Londra che la Royal Air Force e specialmente le squadriglie di caccia, continuassero a partecipare alle operazioni in Francia. Infine, avrebbe dovuto chiedere, così come aveva già fatto Reynaud, informazioni precise sul tempo che sarebbe occorso per riarmare e rispedire sul contingente le unità britanniche sfuggite al disastro di Dunkerque.
«Vi chiedo di recarvi a Londra il prima possibile. Nel corso dei colloqui del 26 e del 31 maggio, col governo britannico, ho potuto dare l’impressione che non escludessimo la possibilità di un armistizio. Ora si tratta invece di convincere gli inglesi che resisteremo, qualunque cosa succeda, anche nei territori d’oltremare, se necessario. Vi incontrerete col signor Winston Churchill e gli direte che il rimpasto del mio gabinetto e la vostra speranza al mio fianco sono il segno della nostra risoluzione.» <169
Il 9 giugno De Gaulle arriva a Londra per incontrare il Primo Ministro britannico, è il primo incontro dei due. Churchill si mostra soddisfatto della risoluzione di alcune sfere militari e politiche francesi, ma allo stesso tempo, fa trapelare l’idea che le richieste sarebbero state difficilmente accolte. La RAF difficilmente avrebbe operato, a causa della scarsezza dei suo mezzi, a difesa dei cieli francesi, sarebbe stato più rilevante proteggere i convogli navali inglesi sull’Atlantico e nel Mediterraneo. Allo stesso modo sarebbe stato difficile che l’Inghilterra, o qualsiasi altro Paese del Commonwealth, avrebbe inviato un contingente a combattere una guerra in Europa. <170
L’unione strategica fra Parigi e Londra è praticamente rotta. È bastato un rovescio sul continente perché la Gran Bretagna decida di pensare solamente alla propria difesa. È il successo del piano tedesco, fallito nella Prima guerra mondiale, ovvero quello di separare le forze francesi e le forze inglesi.
«Sono stato ieri sera e stamattina al GQG francese, dove la situazione mi è stata spiegata in termini estremamente gravi dai generali Weygand e Georges. […] Il punto da considerarsi è quel che accadrà quando, e se, il fronte francese crollerà. […] L’anziano maresciallo Pétain che non fu eccessivamente lodevole neppure nell’aprile e luglio del 1918, è pronto, temo, a offrire il proprio nome e il proprio prestigio per un trattato di pace per la Francia.» <171
La sera del 12 giugno, in seguito alle vittorie riportate dall’esercito germanico, il Generale francese Weygand ordina di dichiarare Parigi città aperta; i tedeschi accettano questa soluzione. Il governo francese, nel mentre, si è spostato provvisoriamente a Tours.
«Non vi è più speranza in un successo. La Francia ha dato quanto aveva di meglio, la sua gioventù, il suo sangue; di più non può fare. Ha il diritto di firmare una pace separata con la Germania.» <172
Alle 06:30 del mattino del 14 giugno le truppe tedesche entrano a Parigi. Due milioni di parigini sono già fuggiti dalla città, i rimanenti si svegliano al suono degli altoparlanti tedeschi che annunciano che la sera stessa dalle ore 20:00 sarebbe iniziato il coprifuoco. La mattina seguente, un’enorme bandiera con la svastica viene innalzata sull’Arco di Trionfo; dopo qualche ora, il prefetto di polizia di Parigi viene convocato dal comandante tedesco e gli viene intimato di consegnare gli schedari con l’elenco delle persone politicamente attive. Nel mentre, viene instaurato il sistema di polizia della Gestapo. <173
«L’occupation étrangère est une intrusion, brutale, massive, dan les cadres familiers d’une société. Elle impose une autorité et exige une obéissance que ne fondent plus la tradition ou le consentement. Elle dérange les réseaux et le routines de la vie collective, elle place groupes et individus devant des choix auxquels les circostances donnet de la gravité.» <174
Il 16 giugno 1940 il Presidente della Repubblica Albert Lebrun nomina il Maresciallo di Francia Philippe Pétain Presidente del Consiglio. In seguito alle vittorie riportate dai tedeschi nei giorni successivi, a mezzogiorno del 17 giugno, Pétain annuncia per radio al popolo francese che i negoziati per l’armistizio sono in corso. Hitler è fiducioso che la volontà di resistere della Francia sia stata spezzata. A Bordeaux, il Ministro degli Esteri francese Paul Badouin e il Ministro della Marina, l’Ammiraglio Darlan, assicurano l’ambasciatore inglese che la flotta francese sarebbe stata fatta partire in salvo, o affondata, piuttosto che lasciata cadere in mano nemica. <175
«Il mattino del 16 giugno si seppe che la Francia stava per chiedere un armistizio; alla riunione del Gabinetto di guerra fu deciso di scioglierla dall’impegno preso a non intraprendere trattative separate con la Germania, ma “solamente a condizione che la flotta francese salpi immediatamente per i porti inglesi”. Churchill e i suoi consiglieri temevano che i tedeschi usassero le numerose e potenti corazzate della flotta francese per invadere la Gran Bretagna, ma non avevamo modo di imporre questa condizione; di fatto le navi francesi rimasero nei loro porti.» <176
Alle 06:00 dello stesso pomeriggio, da Londra, il Generale De Gaulle trasmette il primo messaggio al popolo francese. Il 20 giugno, una delegazione francese si reca a Rethondes per condurre i negoziati di armistizio con i tedeschi. Il giorno dopo alle 15:30 i tedeschi presentano le condizioni dei resa alla Francia: 3/5 del territorio francese sarebbero rimasti sotto l’occupazione tedesca; nella zona non occupata sarebbe stato nominato un governo francese, che sarebbe stato responsabile dell’amministrazione coloniale del Paese; alla flotta francese non sarebbe stato possibile lasciare i porti e sarebbe rimasta sotto il controllo del governo collaborazionista; infine, tutti i prigionieri di guerra, un milione e cinquecentomila in tutto, sarebbero rimasti in mano tedesca.
Il successivo 22 giugno, Pétain stesso firma a Rethondes l’armistizio con i tedeschi, stabilendo la divisione della Francia in due parti: quella settentrionale, occupata dall’esercito tedesco, e quella meridionale, amministrata dal neonato governo con sede a Vichy. Questa località termale viene scelta semplicemente per il gran numero di alberghi, necessari per alloggiare i funzionari e per insediarvi gli uffici, e perché dotata di una delle più moderne centrali telefoniche nel Paese. <177
«Siamo diventati gli unici campioni in armi a difendere la causa del mondo. Faremo del nostro meglio per essere degni di questo grande onore. Difenderemo la nostra isola e con l’impero britannico combatteremo indomiti finché la maledizione di Hitler non sarà cancellata dal futuro dell’umanità. Siamo certi che alla fine tutto andrà bene.» <178
Molto si è dibattuto, e molto ancora si discute oggi giorno, a riguardo dell’armistizio francese. La maggioranza dell’opinione pubblica e degli studiosi ritengono che l’armistizio segnò una triste pagina della storia francese, caratterizzata, una volta per tutte, dalla codardia e dall’opportunismo degli uomini di fronte a fattori di rischio come quelli derivanti dall’invasione della Francia da parte tedesca. L’altra parte di persone interessate a tale vicenda, ritiene, e ritennero all’epoca molte persone, che invece la decisione del collaborazionismo, fu una scelta pressoché obbligata, una triste presa di coscienza del fatto che a volte la realpolitik predomina sulla morale. <179
Durante la Repubblica di Vichy, almeno nella sua prima fase, vi è l’idea comune per cui un armistizio con il nemico, per quanto ripugnante possa sembrare, sarebbe stato meglio che un prosieguo di una guerra distruttiva, che già aveva mietuto molte vittime e che probabilmente, se fosse continuata, ne avrebbe fatte molte di più. Inoltre, al di là dell’aspetto di vite umane, c’è il fattore economico: per quanto fosse stato possibile resistere, a costo di innumerevoli sofferenze, la continuazione del conflitto avrebbe sicuramente riportato la Francia, che sul finire degli anni Trenta manteneva, comunque, un discreto livello economico nel contesto internazionale, a una situazione economica uguale se non peggiore di quella del primo dopoguerra, che aveva visto, oltre ai milioni di morti, una distruzione quasi totale delle industrie e di molti altri settori economici. Inoltre, la precaria soluzione coloniale nei primi anni Quaranta che aveva registrato, nei due decenni precedenti, un aggravarsi sempre di più dal punto di vista politico, a causa delle continue spinte indipendentiste dei vari Stati, contribuisce a far credere ai francesi, specie alle sfere dirigenti, che un armistizio avrebbe comunque permesso un mantenimento dei possedimenti extraeuropei, cosa che invece sarebbe stata molto difficile se la Francia avesse speso tutte le sue risorse per continuare il conflitto con il Reich tedesco. <180
Alle 03:30 del mattino del 23 giugno Hitler lascia il suo Quartier Generale per recarsi a Parigi. Giunto in citta, viene portato di fretta nei luoghi più notevoli dal punto di vista culturale: l’Opéra, la tomba di Napoleone e infine la torre Eiffel, dove memorabile sarà la foto scattata nella piazza del Trocádero. Tornato al Quartier Generale ordina al suo architetto del regime, Albert Speer, di abbozzare una ripresa dei progetti per la progettazione dei nuovi edifici di Berlino.
«Non è bella Parigi? Ma Berlino dovrà diventare di gran lunga più bella. In passato mi sono chiesto se non avrei dovuto distruggere Parigi. Ma quando avremmo finito i nostri lavori a Berlino, Parigi non sarà che un’ombra. Perché avremmo dovuto distruggerla?» <181
Il 2 luglio il Maresciallo Pétain trasferisce il suo governo da Bordeaux, dove è stato formato negli ultimi momenti della ritirata francese, a Vichy. Tra i ministri vi è l’Ammiraglio Darlan, che, come capo della Marina sotto il governo Reynaud, si è battuto perché la flotta francese non cada sotto il controllo tedesco. Il 5 luglio il Maresciallo Pétain rompe le relazioni diplomatiche con l’Inghilterra. Ora si teme che le forze coloniali francesi, diventate ostili alla Gran Bretagna, possano nuocere alle truppe del Commonwealth specialmente nei possedimenti del pacifico. <182
Il 10 luglio il Parlamento vota per l’approvazione dei pieni poteri a Pétain, mentre numerose figure politiche del Paese tra le quali Georges Mandel e Édouard Daladier, fuggono in Nord-Africa a bordo di una nave passeggeri. Su 544 deputati, 357 votano a favore e su 302 senatori, 212 senatori votano positivo. Tale passaggio politico è reso possibile dal fatto che la Terza Repubblica, a causa della dominanza delle destre monarchiche nei primi anni della sua esistenza e dal sistema dei poteri pubblici deboli, è retta da leggi costituzionali non forti, modificabili con il voto della maggioranza assoluta delle due camere.
L’11 luglio gli atti del Parlamento conferiscono pieni poteri al maresciallo con il compito di redigere una nuova Costituzione, che verrà scritta ma mai promulgata. Nello stesso giorno, un atto costituzionale esautora la Presidenza della Repubblica affidando i suoi poteri al Presidente del Consiglio, ossia lo stesso Pétain. Di fatto viene decretata la fine della Terza Repubblica e dato inizio a un nuovo ordinamento che prende il nome di “Stato Francese”. Pétain instaura in breve un regime appoggiato da movimenti fascisti, nazionalisti, monarchici e antisemiti presenti in Francia, facendo leva sul carisma derivatogli dall’immagine di eroe della Grande Guerra. Le camere non sono sciolte, e gli altri partiti non vengono proibiti, tuttavia il Parlamento viene “aggiornato fino a nuovo ordine” e mai più sarà convocato.
Mentre Mussolini vuole soddisfare immediatamente le sue grandi ambizioni territoriali, con relativa conquista e poi spartizione della Francia, il Führer gli impone una moderazione. L’obiettivo primario della politica hitleriana è impedire che la flotta e l’impero francese continuino la lotta a fianco degli inglesi; l’altro è che: mentre la popolazione francese non avrebbe accolto volentieri di essere amministrata dai vincitori, avrebbe invece, se pur a malincuore, obbedito inconsciamente alle loro direttive, se queste fossero state trasmesse attraverso un governo che apparentemente sarebbe stato libero di stabilirle autonomamente.
«Così, tra i francesi, come nella altre nazioni, il peso enorme della paura, dell’interesse e della disperazione combinati insieme, provocarono un abbandono generale della Francia. Certo, il sentimento di molti rimaneva fedele al suo passato; il calcolo di altri cercava di trarre profitto dai brandelli che il presente lasciava; ma nessun uomo qualificato al mondo agiva come se credesse ancora all’indipendenza, alla sua fierezza, alla sua grandezza. Tutti coloro che avevano autorità, ritenevano ormai che dovesse rimanere schiava, disonorata, disprezzata. Di fronte al vuoto spaventoso della rinuncia generale, la mia missione m’apparve a un tratto, chiara e terribile: in quel momento così triste della sua storia, toccava a me assumere la responsabilità della Francia.» <183
La Germania nazista tiene i prigionieri di guerra francesi come lavoratori forzati, aggiungendovi volontari provenienti da nazioni occupate, specialmente nelle fabbriche di metalli. La mancanza di quest’ultimi porta, però, il governo di Vichy a passare una legge nel settembre 1942 che concede la deportazione dei lavoratori in Germania; la maggior parte di essi lavorerà nelle grandi industrie di acciaio Krupp di Essen. La scarsa retribuzione, le lunghe ore, i bombardamenti frequenti e gli rifugi aerei affollati aggiungeranno spiacevolezza, alla scarsa ospitalità: il riscaldamento inadeguato, il cibo limitato e la scarsa assistenza medica, saranno tutti aggravati dalla dura disciplina nazista. I civili subiranno carenze di tutte le varietà di beni di consumo. Il sistema di razionamento istaurato è rigoroso e mal gestito: i tedeschi sequestrano circa il 20 % della produzione alimentare, causando gravi perturbazioni all’economia francese, creando la situazione ideale per la formazione di un mercato nero molto ampio.
L’armistizio certamente avrebbe evitato alla Francia un’occupazione totale. Il regime di Vichy avrebbe amministrato poco meno della metà del territorio metropolitano e tutto il territorio coloniale, avrebbe conservato un esercito residuo, e una flotta, se pur disarmata. <184 È chiaro che la cessazione delle ostilità nel giugno del 1940 avrebbe evitato, almeno per il momento, molte sofferenze e distruzione, lasciando inoltre sussistere una possibile via di ripresa e di rinascita. In realtà, pur mantenendo alcune autonomie, il regime di Vichy non riuscirà mai a sottrarsi dal giogo nazista. Al pari di altri Stati satelliti, il governo collaborazionista di Vichy si basa su due possibilità: o la Germania avrebbe vinto facilmente la guerra e non avrebbe poi più avuto bisogno dei suo servigi, oppure avrebbe incontrato difficoltà e allora i nazisti avrebbero richiesto una collaborazione e una sottomissione più stretta. Alla fine dei giochi resta solamente la scelta fra due atteggiamenti: o entrare in disaccordo con i tedeschi e accettarne i possibili rischi, oppure rendersi partecipi di uno stretto collaborazionismo, che però sarebbe equivalso a una soggezione sempre maggiore e crescente, e a tutto quello che ne avrebbe comportato, un esempio su tutti: il cedere alla legislazione razziale e alle deportazioni degli ebrei.
Il 24 ottobre 1940 Pétain ufficializza la sua collaborazione con i tedeschi incontrandosi e stringendo la mano ad Adolf Hitler a Montoire-sur-le-Loir.
Sebbene subirà la distruzione della flotta francese di stanza a Mers-el-Kébir, la tentata occupazione di Dakar nel 1940, l’invasione di Libano e Siria nel 1941 e del Madagascar nel 1942 da parte degli inglesi, fino all’11 novembre 1942, il regime di Vichy rimarrà formalmente estraneo ad azioni belliche. Fino al 1944 lo “Stato francese” di Pétain godrà del riconoscimento della comunità internazionale, mentre De Gaulle avrà difficoltà a fare valere il suo pensiero in patria. <185 Durante tale periodo il regime di Vichy porterà avanti il motto “lavoro, patria e famiglia”, cui è sottesa l’intenzione di restaurare i valori tradizionali della nazione francese, che, ormai, andranno a sostituire il motto repubblicano “libertà, uguaglianza e fraternità”. Il motto racchiude in sé l’idea di ripristinare i valori antichi, quasi arcaici, che si basano sulla radicale visione dello strutturare uno Stato d’impronta autocratica basato sulla tradizione cristiana passata.
Il sistema d’occupazione e il regime collaborazionista trasformeranno a poco a poco l’intero sistema dello Stato. Prima di tutto vengono modificate le condizioni politico governative, vengono divise le competenze territoriali e militari, vengono stabilite le direttive di politica estera e interna, e i procedimenti economici da attuare; successivamente, il secondo passo è modificare l’aspetto sociale del Paese, vengono imposti controlli più rigidi sulle istituzioni quali scuole, università, chiese, e vengono inserite nuove direttive culturali all’interno di esse, come la cultura tedesca o censurate parti di quella francese; infine, come terzo passaggio, c’è la modifica della società civile in senso stretto: vengono limitati i diritti elementari, vengono proibiti i partiti politici e i sindacati, viene censurata la stampa e le altre forme di comunicazione, si cerca, dunque, di privare gli individui della propria libertà. <186
Il regime di Vichy cerca una contro-rivoluzione antimoderna. Il diritto tradizionalista in Francia, con forza nell’aristocrazia e tra i cattolici, non aveva mai accettato le tradizioni repubblicane della rivoluzione francese. Richiede ora un ritorno alle linee tradizionali della cultura e della religione che abbraccia l’autoritarismo, allontanando la democrazia.
Il governo Vichy cerca di affermare la sua legittimità collegandosi simbolicamente al periodo gallo-romano della storia francese, prendendone alcuni simboli quali il capo galiziano Vercingetorige. L’insegna del governo di Vichy presenta, difatti, due simboli del periodo gallico: il bastone e l’ascia a doppia testa disposti in modo da assomigliare al fascio littorio, simbolo del fascismo italiano.
Per far avanzare il suo messaggio, il Maresciallo Pétain parla frequentemente della radio francese. Per giustificare l’ideologia di Vichy della Révolution nationale ha bisogno di una rottura radicale con la politica passata, durante i suoi discorsi radio l’intera era della Terza Repubblica francese è sempre dipinta nel più nero dei colori. Pétain sostiene che il salvataggio del popolo francese dalla décadence richieda un periodo di governo autoritario che ripristini l’unità nazionale e la moralità tradizionalista che Pétain afferma e che i francesi hanno dimenticato.
La componente chiave dell’ideologia di Vichy è l’anglophobia. Parzialmente, questa è dovuta alla disgrazia personale dei suoi leader, fra i quali lo stesso Pétain, Pierre Laval e l’Ammiraglio François Darlan, poiché ritengono che la Gran Bretagna sia il nemico numero uno per la Francia, specie nel contesto globale del colonialismo. Il tema principale di questa anglophobia è l’egoismo britannico nell’utilizzare e abbandonare la Francia dopo l’istigazione di guerre. I tre esempi che sono utilizzati per illustrare questi temi sono l’evacuazione di Dunkerque nel maggio del 1940, l’attacco britannico a Mers-el-Kebir della flotta mediterranea francese, che ha ucciso più di 1.300 marinai francesi, e il tentativo fallito di conquistare Dakar nel settembre 1940. <187
Inoltre, Vichy mescola l’anglophobia con il razzismo e l’antisemitismo per ritrarre gli inglesi come una “razza mista” degenerata che lavora per i capitalisti ebrei, a differenza dei popoli “puramente razziali” del continente europeo che stanno costruendo un “Nuovo Ordine”. Come ogni altro regime di questo tipo, i provvedimenti verranno adottati in modo tutt’altro che democratici, verranno rigettati i canonici valori libertari tipici della visione politica francese, verranno ripristinati sistemi polizieschi ferrei e improntati sulla visione politica nazista, e infine verrà instaurato il sistema delle leggi raziali, che porterà in poco tempo la Repubblica di Vichy a macchiarsi di innumerevoli crimini contro l’umanità. Uno dei più famosi e tristi sarà quello del 16 e del 17 luglio del 1942. Sotto gli ordini tedeschi, la polizia francese arresterà circa 13 mila ebrei, di cui 4 mila bambini, che per giunta la Gestapo non ha chiesto, e 5 mila donne internandoli nel campo di concentramento di Drancy, per poi spedirli prima in autocarro e poi in treno ad Auschwitz. La maggior parte delle vittime morirà durante il viaggio a causa della mancanza di cibo e di acqua. I sopravvissuti rimasti saranno quasi tutti inviati alle camere a gas. Solo 800 persone circa sarebbero sopravvissute dopo la fine della guerra. <188
Nel 1940 circa 350.000 ebrei vivono nella Francia metropolitana, meno della metà di essi con cittadinanza francese, gli altri sono stranieri, soprattutto esuli dalla Germania durante gli anni Trenta. Circa 200.000 di essi, e la grande maggioranza degli ebrei stranieri, risiedono a Parigi e nelle sua periferia. Secondo il parere di molti storici, 76.000 ebrei “francesi” saranno deportati e moriranno nei campi di concentrazione e di sterminio, per un totale di circa un quinto della popolazione ebraica totale prima della guerra. Questi dati renderanno la Francia uno dei Paesi europei con il più alto tasso di deportati.
[NOTE]
168 De Gaulle, Memorie di guerra, p. 53.
169 Paul Reynaud rivolgendosi al Generale De Gaulle, Ivi, Cit. p. 54.
170 Ivi, pp. 58-59.
171 Churchill a Roosevelt lettera del 12 giugno 1940, Loewenheim Francis, Langley Harold e Jonas Manfred, Roosevelt e Churchill. Carteggio segreto di guerra, Cit. p. 123.
172 P. Reynaud sull’impossibilità della Francia di continuare la guerra., Gilbert, La grande storia della Seconda Guerra Mondiale, Cit. p. 110.
173 Ivi, p. 112.
174 Burin, La France à l’heure allemande, Cit. p. 7.
175 Gilbert, La grande storia della Seconda Guerra Mondiale, p. 117.
176 Gilbert, Churchill, Cit. p. 304.
177 Gilbert, La grande storia della Seconda Guerra Mondiale, p. 120.
178 Discorso di Churchill sull’armistizio francese, Gilbert, Churchill, Cit. p. 305.
179 Azéma e Bédarida, De l’occupation à la libération, p. 83.
180 Ivi, p. 84.
181 A. Hitler si rivolge ad alcuni membri del partito che lo stanno accompagnando nel viaggio turistico a Parigi, dopo l’armistizio, Gilbert, La grande storia della Seconda Guerra Mondiale, Cit. p. 121.
182 Ivi, p. 129.
183 De Gaulle, Memorie di guerra, Cit. p. 87.
184 Michel, La guerra dell’ombra, p. 42.
185 Burin, La France à l’heure allemande, pp. 73-74.
186 Ivi, p. 9.
187 Smith, OSS: The Secret History of America’s First Central Intelligence Agency, p. 37.
188 Burin, La France à l’heure allemande, pp. 161-163.
Alessandro Berti, Dalla poesia di Verlaine alla rete di Garbo: l’importanza delle operazioni di deception per la riuscita dello sbarco in Normandia, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2016-2017