Moduli di “democrazia di facciata” nella Spagna franchista

L’indagine circa l’attuale regime spagnolo di difesa della democrazia deve necessariamente tener conto della storia costituzionale del Paese. Se è vero, in particolare, che, al pari della Germania del 1949, la Spagna del 1978 è reduce da un periodo di dittatura, ed i suoi Costituenti, come già i tedeschi-occidentali, non tarderanno a riconoscere il principio del pluralismo dei partiti, tuttavia, le differenti modalità di instaurazione, svolgimento ed estinzione delle due dittature incidono notevolmente sui caratteri di quel riconoscimento e del regime giuridico che ne consegue. Hitler, ad esempio, riuscì ad arrivare al potere in maniera diversa da Franco che vi giunse, consolidando la sua posizione di Jefe del Estado, solo al termine di una sanguinosa guerra civile. Il partito nazista, inoltre, rivelò una compattezza interna che non è paragonabile all’ibrida coalizione di forze radunate sotto l’egida del franchismo. A tutto questo si aggiunga che in Spagna è l’esercito a dominare il partito, mentre in Germania avviene il contrario <56. Infine, anche nel lungo periodo dittatoriale, né la FET y de las JONS, né il Movimiento Nacional, saranno partiti di massa, ma solo organismi di carattere burocratico <57.
Con il Decreto de Unificaciòn del 19 aprile 1937, Franco si preoccupò di sciogliere i partiti favorevoli all’Alzamiento militare, unificandoli, con la denominazione di Falange Espanola Tradizionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional-Sindicalista, in organizzazione statale sotto il diretto controllo del Jefe del Estado. Per gli altri partiti, il divieto di costituzione ed esercizio dell’attività, che già affiorava in vari testi normativi, sarà definitivamente confermato con la Ley de Responsabilidades Politicas del 1939, con la quale si dichiaravano “fuori legge”, oltre ai partiti che si erano opposti all’Alzamiento o facenti parte del Frente Popular, anche quelli che si fossero ricostituiti ispirandosi ai loro principi.
Il regime franchista s’ispirava al principio della “rappresentanza organica”, riconosciuto nel testo della nuova “Costituzione” <58, e consapevolmente progettato come alternativo rispetto a quello della rappresentanza politica ed al pluralismo dei partiti, ritenuti fattori di disgregazione dell’unità del popolo <59.
Anche qui, giova sottolineare le differenze fra il regime franchista ed i regimi totalitari del XX secolo, e ciò sia sotto il profilo del ruolo che si è voluto imprimere al partito unico nella dinamica delle istituzioni e del raccordo fra di esse e la società, ruolo del tutto secondario in Spagna, sia sotto il profilo sociologico, giacché sforzo costante del franchismo sarà quello di “smobilitare” la società. Già con l’art. 16, 2° comma, del Fuero de los Espanoles del 1945 Franco aveva provveduto a mettere in difficoltà la FET y de las JONS. Vi si disponeva infatti che “El Estado podrà crear y mantener las organizaciones que estime necessarias para el cumpimiento de sus fines. Las normas fundacionales, que revestiran forma de ley, coordinaran el ejercicio de este derecho con el reconocido en el parrafo an terior”, e poiché il decreto istitutivo della FET y de las JONS del 19 aprile 1937 non rivestiva “forma di legge”, il partito unico veniva a trovarsi in una situazione di virtuale “incostituzionalità”.
Infine la Ley Organica del Estado del 10 gennaio 1967 istituisce il Movimiento Nacional, che nelle intenzioni di Franco doveva sostituire la FET y de las JONS nel ruolo di partito unico <60, confermando l’obiettivo di mantenere il consenso al regime attraverso la “spoliticizzazione” della società spagnola, ma in base ad un esigenza di “modernizzazione” ed apertura al mondo occidentale più accentuate rispetto al passato <61.
Il tentativo di introdurre moduli di “democrazia di facciata” capaci di accreditare la Spagna franchista nel contesto occidentale trova conferma nella legge sulle associazioni del 24 dicembre 1964 n. 19, la quale dopo aver affermato nel preambolo che “il diritto di associazione è uno dei diritti naturali dell’uomo”, aggiungeva, all’art. 1, che dovevano ritenersi illecite quelle associazioni che assumessero obiettivi contrari ai principi del Movimento e delle altre leggi fondamentali, e con l’art. 2 escludeva dalle sue previsioni “le associazioni che si costituiscono ai sensi dell’art. 16, 2° comma, del Fuero degli Spagnoli”. In buona sostanza, la legge escludeva espressamente dal suo ambito proprio le associazioni con finalità politiche.
Con riguardo agli altri tipi di associazione, essa prevedeva poi un sistema di autorizzazione preventiva ai fini dell’acquisizione della personalità giuridica, riservando un largo potere discrezionale in capo all’Esecutivo (art. 1, 3° comma), e indicava nell’Assemblea generale dei soci l’organo supremo delle associazioni, e nel rispettivo statuto la loro norma giuridica primaria <62.
Il problema di un’articolazione meno rigida dell’associazionismo politico torna a proporsi nel decennio successivo. Lo provano il Proyecto Solis de Asociaciones del Movimiento (3 luglio 1969) e l’Anteproyecto Fernandez Miranda sobre Regimen de Asociaciones de Accion politica (25 maggio 1970). Entrambi i progetti mantenevano ancora il pluralismo politico nell’ambito di una mera libertà di formulare diverse opinioni circa la azione politica del Movimiento, subordinando inoltre la registrazione delle Associazioni, peraltro non ancora chiamate esplicitamente “associazioni politiche”, alla sottoposizione degli statuti e delle finalità associative al sindacato discrezionale della Commissione Permanente del Consiglio Nazionale del Movimiento <63. Tuttavia, nonostante l’angusta articolazione politica che vi si prefigurava, i due progetti non andarono in porto, e ciò per la preoccupazione che persino quel minimo spazio fosse sufficiente ad aprire un varco per l’affermazione di un reale pluralismo politico.
Il regime però, è fortemente in crisi e diviso al suo interno, tanto che la legge del 21 dicembre 1974 finisce col regolare la materia sulla falsariga dei progetti già bocciati. Inoltre, il 1974 è soprattutto l’anno della morte di Franco, della fragile Presidenza di Arias Navarro e della costituzione a Parigi, nel luglio, della Junta democratica de Espana, che raduna tutti i partiti di opposizione al regime.
[NOTE]
56 L. MORLINO, Dalla democrazia all’autoritarismo, Bologna, 1981, pag. 207 e ss.
57 J.A. GONZALES-CASANOVA, Las asociaciones de acciòn politica como control constitucional y politico del poder en la Espana contemporanea, in Festschrift fur Karl Loewenstein, Tubingen, 1971, pag. 141.
58 Secondo l’art. 10 del Fuero de los Espanoles del 1945, “Todos los espanoles tienen derecho a partecipar en las funciones publicas de caracter representativo, a traves de la familia, el municipio y el sindicato, sin perjuicio de otra representaciones que las leyes establezcan”.
59 L. SANCHEZ AGESTA, Lecciones de derecho politico, Granada, 1951, pag. 422 e ss.
60 In particolare, l’art. 4 disponeva che “El Movimiento Nacional, comunion de los espanoles en los principios que lo inspiran, informa el orden politico abierto a la todalidad de los espanoles, y para el mejor servicio de la Patria, promueve la vida politica en regimen de ordenada concurrencia de criterios”
61 L. MORLINO, Dal pluralismo limitato al pluralismo competitivo. Partiti e sindacati, in Una Costituzione democratica per la Spagna (a cura di G. De Vergottini), Milano, 1978, pag. 90.
62 G. ALFEREZ, Asociaciones, partidos y accion politica, Madrid, 1974, pag. 45.
63 P. SUBRA DE BIEUSSES, Stabilitè constitutionelle et developpement politique de l’Espagne, in Revue du droit public et de la science politique, 1974, pag. 1442 e ss.
Edoardo Battisti, Difesa della democrazia e diritto di associazione politica. Un banco di prova per la democrazia pluralista, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna, 2007