La Somalia tra il 1977 ed il 1991

La democrazia parlamentare in Somalia durò soltanto nove anni finché il 21 ottobre 1969 il generale Mohamed Siad Barre (1919-1995), formatosi culturalmente e professionalmente in Italia durante gli anni dell’AFIS, prese il potere con un colpo di stato militare. Diverse furono le fasi della lunga dittatura: il primo periodo venne caratterizzato da una grande opera di modernizzazione del paese che prestò una primaria attenzione al mondo dei nomadi. Inoltre una delle grandi conquiste del nuovo regime fu la codificazione scritta della lingua somala nel 1972, accompagnata da un’ampia campagna di alfabetizzazione.
Questa fase iniziale finì fra il 1974 e il 1975, quando Siad Barre decise di dare vita a una dittatura di stampo più tradizionale che condusse, nel 1977, alla guerra con l’Etiopia per il possesso della regione confinante dell’Ogaden, da sempre territorio conteso fra le due nazioni e confine problematico rimasto insoluto anche durante il periodo dell’AFIS, nonostante questa fosse una delle questioni che l’Italia avrebbe dovuto risolvere durante il suo mandato.
Dopo la sconfitta subita a opera dell’Etiopia, il mito di costruire dal punto di vista politico una grande Somalia che riunisse tutte le popolazioni somale sparse nel Corno d’Africa andò definitivamente in frantumi. Infine gli anni Ottanta segnarono il periodo della decadenza e delle persecuzioni contro gli intellettuali e gli oppositori politici, in un crescendo costante di violazione dei diritti umani.
Michele Pandolfo, L’identità rinnegata degli italo-somali dentro la memoria storica del razzismo coloniale, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno Accademico 2015-2016

Tra il 1977 e il 1978 la Somalia si impegnò in una violentissima guerra contro l’Etiopia, la “Guerra dell’Ogaden” per conquistare gli altipiani centrali del Corno d’Africa. L’obbiettivo di Barre, originario di quelle terre, era quello non soltanto di allargare i confini nazionali in una terra ricca di risorse nel sottosuolo ma anche di poter vantare una vittoria che sarebbe stata apprezzata dall’opinione pubblica. In questa fase, i sovietici dopo un tentativo blando di mediazione, forse spinti dalla fragilità del regime di Barre dovuta ai malumori domestici, si schierarono al fianco dell’Etiopia, governata dal dittatore Mengistu Haile Mariam, anche lui di chiara ispirazione marxista-leninista e fortemente appoggiato dall’Unione Sovietica. Ne conseguì uno strappo con la Somalia che si allontanò dall’alleanza sovietica in cerca di una cucitura con l’Occidente.
Questo passaggio fondamentale perché segnò una svolta nella politica del regime di Siyad Barre che era stato da sempre legato all’URSS. Inoltre, sancì per la prima volta dall’epoca del dominio coloniale un riavvicinamento della Somalia all’Occidente. L’inversione di campo della Repubblica somala fu rapidissima, Barre espulse tutti i consiglieri comunisti e chiese presto aiuto alla Germania Ovest, agli Stati Uniti e all’Italia. Tuttavia, questo non vuol dire che l’Occidente fosse disposto ad aiutarlo <25.
Inizialmente la guerra sembrava aver preso una piega favorevole alla Somalia, il Paese, tuttavia, fu respinto dalle truppe nemiche alle porte della città di Jijjiga. I somali furono sconfitti e gran parte delle loro armate in rotta. La Somalia da che sembrava andare incontro ad una vittoria certa è uscì dal conflitto decimata: il costo oneroso della guerra anche in termini di vite umane fu pesantissimo <26.
Barre fu costretto a misurarsi con un’altra enorme delusione che aggravò l’umore dell’opinione pubblica tanto che nel 1978, subì un tentativo di colpo di stato poi fallito. Ancora una volta i suoi oppositori vennero perseguitati ed internati nel noto campo di concentramento di Lafoole.
La Somalia, dopo venti anni di regime, era attraversata da una crisi politica, economica e sociale senza precedenti. Aldilà di qualsiasi confronto con altri Stati africani che da quando avevano raggiunto l’indipendenza registravano una crescita socio-economica importante, la Somalia viveva una situazione insostenibile. La povertà era ormai dilagante e le programmazioni economiche avevano dato dei risultati deludenti. I piani legati allo sviluppo agricolo degli anni 70 non funzionarono, la maggior parte dei campi irrigui erano destinati alla coltivazione di prodotti da esportazione, principalmente banane, gestiti da poche ricche famiglie vicine a Barre. Il Paese aveva fallito la strategia dell’autosufficienza e poteva contare soltanto sugli aiuti internazionali (questi aiuti erano spesso oggetto di polemiche poiché gestiti con scarsissima trasparenza. In particolare, veniva accusata l’Italia di costruire opere strategiche per il governo centrale ma poco utili per aiutare lo sviluppo).
Nel frattempo, si allargava il fronte delle forze antigovernative. La situazione estremamente degradata, i fallimenti e gli insuccessi avevano aperto un fronte contro Barre destinato via via a prendere piede, il regime dopo circa vent’anni non seppe più tenere unite le fila del Paese. Nel 1988, il Movimento Nazionale Somalo prese il controllo del nord del Paese. L’offensiva procedeva spedita verso la capitale tanto che le famiglie più ricche lasciarono la Somalia, ma in via emergenziale, tuttavia, Barre e le sue milizie riuscirono a resistere in città. Nei pressi di Mogadiscio si consumò una repressione durissima anche grazie al sostegno di mercenari Sud Africani che Barre reclutò, consapevole che da solo non avrebbe resistito agli attacchi <27. Ci furono massacri sistematici con elementi di pulizia etnica, anche nell’esercito, contro appartenenti ai clan del nord, con lo scavo di fosse comuni clandestine in molte parti del paese, ma specialmente in Somaliland. Il Presidente Barre diede ordine all’aviazione di bombardare le città del nord cadute in mano alle forze contro il regime, con particolare violenza fu colpita la città di Hargeisa in Somaliland. Secondo alcune stime circa 200.000 persone furono massacrate dal regime di Siyad Barre in questo periodo di atroce repressione.
La situazione andava peggiorando ed un anno più tardi, nel 1989, precipitò; Barre trasformò le periferie delle città in un grande centro di detenzione dove venivano internati tutti gli oppositori del regime. A Mogadiscio, il vescovo della città venne assassinato e l’ONU fu costretta ad abbandonare il Paese. I disordini si estesero anche a Gibuti dove un golpe militare prese il potere <28.
Alla difficile situazione nazionale e internazionale, si aggiunse il problema del terrorismo. Terroristi somali sequestrarono in quel periodo un aereo e una nave entrambi di società italiane <29, segno, oramai, di un legame sempre più stretto tra terrorismo organizzato in vere e proprie cellule ben radicate sul territorio ricollegabile al regime di Siyad Barre. In Italia si aprì un dibattito circa l’opportunità di continuare a sostenere economicamente la Somalia, come aveva fatto il nostro Paese durante il governo di Bettino Craxi, stanziando ogni anno circa 100 miliardi di lire in aiuti, in forma spesso accusata di essere poco trasparente.
Nella capitale e in altre città erano scoppiate guerriglie urbane, atti di violenza e veri e propri raids che causarono moltissime vittime. Barre, dopo la strage di Mogadiscio <30, oramai consapevole di aver totalmente perso il controllo della situazione, all’inizio del 1991 abbandonò la Capitale.
Al momento della caduta del dittatore vi erano ben 5 gruppi di opposizione: il “Somali National Movement – SNM”, composto dall’etnia Issaq, del nord, impegnata da oltre dieci anni contro Barre; Lo “United Somali Congress – USC”, composto dall’etnia Hawiyya, un clan delle aree centrali del Paese che s’impadronì di Mogadiscio alla caduta del dittatore; Il “Somali Salvation Democratic Front – SSDF”; Il Somali Democratic Movement – SDM provenienti dalla regione dell’alto Jubba ed il Somali Patriotic Movement – SPM provenienti dal basso Jubba. Presto, scoppiò una sanguinaria lotta tra i clan di tutte queste fazioni politiche.
Da qui in poi, ebbe inizio una violenta guerra di successione che portò al potere, nel febbraio 1991, Ali Mahdi Mohamed, capo provvisorio e altri esponenti di altri clan presero successivamente il potere, senza mai esercitare un vero sistematico controllo dello Stato somalo.
Nel maggio del 1991 Barre, dopo essersi nascosto nella provincia di Gedo, scappò in Nigeria e contemporaneamente il Movimento Nazionale Somalo – MNS andava nominando Abdirahman Ahmed Ali Tur presidente. Il Somaliland indipendente non venne riconosciuto dagli altri Stati ad eccezione dell’Arabia Saudita <31.
L’ultima fase del regime di Barre fu segnata da profonde sofferenze inflitte alla popolazione civile somala ed i tristi segni di molte di esse sono tuttora presenti. Basti pensare che nel periodo di lotta al regime e nel periodo successivo di guerra per la successione al potere in Somalia persero la vita in centri di detenzioni o come vittime di scontri armati centinaia di migliaia di persone.
Da allora ad oggi sono stati fatti quattordici tentativi di ripristino del governo nazionale senza avere successo.
Barre, morto in esilio a Lagos nel 1995, ha lasciato un Paese in condizioni di estrema povertà, con una struttura statale disintegrata.
Dopo 22 anni di governo la Somalia si presenta divisa in più territori differenti. Il Somaliland che si proclama autonomo ed indipendente dal resto del Paese. Il Putland, che si identifica nella parte nordorientale del corno d’Africa ed è controllato da clan locali; il resto del paese anch’esso diviso e controllato da clan locali.
L’amministrazione Barre, che avvalendosi della propaganda da lui controllata convinceva e coinvolgeva larga parte della popolazione somala, si rivelò in realtà, la più grande sciagura che il Paese abbia mai vissuto. Un regime autoritario, violento, illiberale e sanguinario colpevole di aver catturato e ucciso centinaia di migliaia di civili e di aver annullato i diritti fondamentali delle persone.
[NOTE]
25 Alberto Arecchi, “Somalia e Benàdir. Voci di un dramma infinito”, Mimesis, 2001
26 Alberto Arecchi, “Somalia e Benàdir. Voci di un dramma infinito”, Mimesis, 2001
27 Ibidem
28 Matteo Guglielmo, “Somalia: Le ragioni storiche del conflitto”, Edizione Altravista, 2008
29 Maria Cristina Ercolessi, “Le strategie della cooperazione italiana in Africa dagli anni Sessanta ad oggi”, in Africa e Mediterraneo, 1996
30 Nel luglio del 1990, in occasione di una partita di calcio nella capitale, Barre fece aprire il fuoco sugli spettatori perché questi avevano manifestato il loro dissenso verso il dittatore https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/07/10/strage-di-mogadiscio-oltre-sessanta-morti.html
31 Alberto Arecchi, “Somalia e Benàdir. Voci di un dramma infinito”, Mimesis, 2001
Andrea Schippa, L’eredità di Siyad Barre: la stabilizzazione della Somalia e il Paese che verrà, Tesi di Laurea, Università Luiss “Guido Carli”, Anno Accademico 2021/2022