Nei primi anni Trenta prese sempre più piede l’idea di affidare a un ordine religioso l’incremento delle missioni cattoliche in Eritrea

Oltre all’autocefalia, anche i tentativi perpetrati dall’Italia fascista per ottenere la cattolicizzazione dell’Eritrea e dell’Etiopia – o il ritorno delle Chiese copte presenti in questi territori nel seno della Chiesa di Roma – possono essere ritenuti momenti emblematici della politica religiosa del regime. Come nel caso dell’autocefalia, essi possono venire considerati congiuntamente, anche se si attuarono in due contesti diversi, dal momento che obbedirono alla stessa impostazione, ovvero la volontà di utilizzare la religione cattolica – e soprattutto la sua diffusione – come un instrumentum regni.
Per quanto concerne l’Eritrea, Marongiu Buonaiuti ha ricondotto all’euforia generata dalla Conciliazione la ripresa, da parte del sottosegretario alle colonie Emilio De Bono, della politica a favore della propaganda cattolica già attuata da Federzoni <1076.
Sostenere la propagazione del cattolicesimo in Eritrea significava analizzare la questione coloniale da un punto di vista più elevato, avente come obiettivo finale la conversione dei copti eritrei. Si trattava di una visuale diversa dal solito ma comunque di natura politica, come evidenziato anche da Dino Grandi, che tuttavia consigliava la massima prudenza per evitare l’insorgere di resistenze religiose e nazionaliste.
La presenza cattolica in Eritrea datava agli anni Novanta dell’Ottocento. Nel 1894, infatti, era stata eretta e affidata ai cappuccini la Prefettura apostolica dell’Eritrea, trasformata nel 1911 in Vicariato apostolico. Nel 1929 la missione cattolica in Eritrea era piuttosto articolata e comprendeva 34 missionari, 64 sacerdoti indigeni, 46 suore italiane, 17 suore indigene, 45 catechisti e circa 30.000 fedeli indigeni. Per quanto concerne le strutture, la missione contava 60 chiese e cappelle, un seminario indigeno, un orfanotrofio, una scuola di arti e mestieri e una tipografia <1077.
A parere di De Bono, sarebbe stato necessario rafforzare ulteriormente la missione cattolica, specialmente con la costruzione di chiese ed ospedali, che avrebbero reso gradita al popolo la presenza dei cattolici. In un rapporto del marzo 1929, De Bono esponeva a Mussolini i contenuti del suo progetto <1078. Dimostrando di non comprendere le differenze religiose tra il cattolicesimo e il cristianesimo copto, De Bono riteneva che gli eritrei non avrebbero opposto resistenza alla penetrazione delle missioni. L’unico pericolo era rappresentato dal forte nazionalismo religioso eritreo, che avrebbe potuto orientare la Chiesa locale verso l’autocefalia: «L’Eritrea, a differenza delle altre nostre colonie, dove la religione dominante è l’islamica, è in gran parte popolata da cristiani, ben lontani – è vero – dalla fede cattolica, poiché, come è noto, la Chiesa copta trae origine dall’eresia eutichiana, ma pur tuttavia legati a noi cattolici dal vincolo comune del cristianesimo, e forse meno restii ad accogliere la confessione cattolica di molti altri cristiani separati dalla Chiesa romana. Ora, la nostra meta ultima, certo lontana e non facile a raggiungersi, ma pur sempre tale, può, e direi anzi, deve essere quella di condurre via via al cattolicesimo i copti eritrei. […] Soltanto le conversioni al cattolicesimo possono veramente infrangere i vincoli tra i nostri sudditi e le popolazioni dell’Abissinia, specialmente quelle del Tigrai: vincoli già molto stretti per la comune origine degli uni e delle altre, e resi ancor più saldi dalla comune religione. Se in un avvenire, anche lontanissimo, potremo però condurre alla fede cattolica gran parte degli indigeni copti, tali legami cesseranno di esistere o, perlomeno, saranno assai tenui, perché sarà cessata l’affinità spirituale derivante dalla comune confessione religiosa» <1079.
Tra le due alternative – cattolicizzazione dell’Eritrea o eventuale ottenimento dell’autocefalia per la locale Chiesa copta – la seconda era più attraente, perché avrebbe consentito al fascismo di presentarsi come l’unica autorità nella colonia, evitando di riconoscere troppo potere alla Chiesa cattolica.
Nel giugno 1929, nell’imminenza dell’emanazione della legge sui culti ammessi, Mussolini approvò un progetto rivisto di De Bono, secondo cui la Chiesa copta eritrea doveva essere staccata da quella egiziana e sottoposta all’autorità di un vescovo egiziano che periodicamente avrebbe dovuto visitare l’Eritrea, provvedendo alle ordinazioni sacerdotali. Il progetto segnava il momentaneo abbandono dello sforzo teso alla cattolicizzazione dell’Eritrea ed era stato delineato da una personalità che ignorava le dinamiche interne della Chiesa copta. De Bono chiese informazioni alla Legazione italiana al Cairo, che gli rispose evidenziando come nella Chiesa copta non esistesse la figura del vescovo visitatore <1080. De Bono allora sostenne apertamente la necessità di giungere all’autocefalia nella Chiesa copta eritrea, alla quale si sarebbe comunque potuto accompagnare lo sforzo per la cattolicizzazione della colonia <1081.
Nei primi anni Trenta prese sempre più piede l’idea di affidare a un ordine religioso l’incremento delle missioni cattoliche in Eritrea. De Bono, ottenuta l’approvazione di Mussolini, si affidò ai cappuccini, che già da tempo avevano esperienza del contesto coloniale eritreo. De Bono chiese che l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede – De Vecchi – prendesse contatto con le autorità vaticane e il suo progetto venne valutato dal vicario apostolico all’Asmara, monsignor Cattaneo, che si espresse favorevolmente sulla possibilità di intensificare le missioni cattoliche. Come evidenziato da Borruso, Cattaneo aveva una visuale pastorale, non politica. Egli «non aveva altra aspirazione che l’espansione del cattolicesimo e la trasformazione dell’Eritrea in una colonia cattolica» <1082. Scrivendo a De Bono nel febbraio del 1930, egli inquadrava l’espansione della fede cattolica in Eritrea nell’ambito della lotta contro l’eresia monofisita professata dagli etiopi, in un momento in cui i rapporti tra l’Italia fascista e l’Impero etiopico andavano già deteriorandosi: «Quando il numero dei cattolici, specie nella linea di confine [tra Eritrea ed Etiopia], sarà notevolmente aumentato e la posizione del cattolicismo in Eritrea sarà quella prospettata dall’onorevole Governo, una posizione cioè, non di privilegio, ma di protezione efficace e aperta in confronto alla massa copta, penso sarebbe già costruita la barriera di divisione voluta allo scopo, con indicibile vantaggio civile e anche con indicibile vantaggio della nostra propaganda che, accerchiando così il coptismo eretico, lo getterebbe in una posizione assai disagiata, umiliante quel prestigio che è dovuto più al numero che alla sua potenza morale, sia nel campo civile che in quello religioso» <1083.
Cattaneo ammetteva la possibilità che – pur di ottenere la cattolicizzazione dell’Eritrea – la Chiesa cattolica assecondasse la politica fascista tesa ad isolare l’Etiopia. E’ comunque opportuno ricordare che la prospettiva di Cattaneo era esclusivamente religiosa e si inseriva pur sempre in un clima molto teso nei rapporti tra la Santa Sede e il governo fascista. Poco dopo queste dichiarazioni, infatti, si ebbe lo scontro tra fascismo e Santa Sede sull’Azione Cattolica (1931). Con esso la Chiesa si allontanò decisamente dalle posizioni fasciste, anche se Mussolini rimase «ideologicamente portato a sopravvalutare l’importanza del ruolo della Chiesa come fattore di consenso e di stabilità politica» <1084. Cattaneo appoggiava il progetto di De Bono dal momento che esso avrebbe consentito di indebolire la Chiesa copta, preparandone il ritorno nel seno della Chiesa di Roma, che avrebbe costituito un «indiscutibile trionfo della fede e della civiltà nostra, ed evidente creazione di generazioni indigene nuove staccandosi nettamente dal vecchio elemento che continua, stazionario nei suoi costumi e nelle sue tradizioni, oltre confine» <1085.
Espansione del cattolicesimo e visuale coloniale fascista finivano per coincidere, seppure in modo non strumentale.
Nonostante alcuni presupposti positivi, il progetto di cattolicizzazione dell’Eritrea venne accantonato. Sull’abbandono pesarono le scelte effettuate dal Governo fascista: la decisione di consolidare i rapporti con l’Islam in ogni ambito coloniale, gli sforzi profusi nell’ottenimento dell’autocefalia della Chiesa copta eritrea e lo scoppio della guerra d’Etiopia fecero venire meno le condizioni e la volontà politica che animava il progetto di De Bono.
L’espansione dell’attività missionaria cattolica poteva rappresentare un utile strumento di politica coloniale anche per il contesto etiopico. Fin dai primi anni Venti il fascismo elaborò dei progetti per l’incremento delle missioni cattoliche italiane che avrebbero dovuto andare di pari passo con l’eliminazione delle missioni cattoliche francesi, da tempo presenti nel territorio dell’impero negussita. La Francia avrebbe conservato il solo Vicariato apostolico dell’Harar, alla cui testa sarebbe rimasto monsignor Jarousseau <1086. Le missioni protestanti avrebbero invece dovuto trasformarsi in missioni cattoliche affidate ai cappuccini <1087.
[NOTE]
1076 Cfr. C. MARONGIU BUONAIUTI, Politica e religioni nel colonialismo italiano (1882-1941), p. 169.
1077 Cfr. M. PIACENTINI, I culti ammessi nello Stato italiano, p. 48.
1078 De Bono a Mussolini, 8 marzo 1929, ASMAE, MAI, AP, Etiopia, plico 1034, fascicolo 3143, cit. in P. BORRUSO, Chiesa e Stato nell’Impero d’Etiopia e nell’Africa Orientale Italiana, p. 114.
1079 Ibidem.
1080 Cantalupo a Grandi, 18 aprile 1930, ASMAE, MAI, AP, Etiopia, busta 54, plico 30, fascicolo 118, cit. in C. MARONGIU BUONAIUTI, Politica e religioni nel colonialismo italiano (1882-1941), pp. 175-176.
1081 De Bono a Grandi, 26 aprile 1930, ASMAE, MAI, AP, Etiopia, busta 54, plico 30, fascicolo 118, cit. in ibid., p. 176.
1082 P. BORRUSO, Chiesa e Stato nell’Impero d’Etiopia e nell’Africa Orientale Italiana, p. 118.
1083 Cattaneo a De Bono, 9 febbraio 1930, ASMAE, MAI, AP, Etiopia, plico 1037, fascicolo 3178, cit. in ibidem.
1084 C. MARONGIU BUONAIUTI, Politica e religioni nel colonialismo italiano (1882-1941), p. 195.
1085 Cattaneo a De Bono, 9 febbraio 1930, ASMAE, MAI, AP, Etiopia, plico 1037, fascicolo 3178, cit. in P. BORRUSO, Chiesa e Stato nell’Impero d’Etiopia e nell’Africa Orientale Italiana, p. 119.
1086 Ibid., p. 91.
1087 Ibidem.
Filippo Gorla, Il fascismo, i culti a-cattolici e le religioni dell’oriente nelle riviste del regime (1922-1943), Tesi di dottorato, Università Cattolica di Milano, 2012