Neri incontrò dunque i partigiani coinvolti nella scissione

Bagni di Masino, Frazione del comune di Val Masino (SO). Fonte: viestoriche.net

Subito dopo gli accordi di Poira, due battaglioni della 55a Rosselli, facente capo alla II Divisione Lombardia, sfuggendo ai rastrellamenti in Valsassina e al Legnone erano entrati in bassa Valtellina <123. Li comandava Leopoldo Scalcini, detto Mina. Mina provava un certo risentimento per quello Spartaco Cavallini che abbiamo visto al comando del distaccamento Carlo Marx nella preistoria della Resistenza in Valtellina e che da allora aveva fatto una discreta carriera, essendo stato nominato comandante della 55a Brigata Rosselli. S’intende che Mina avrebbe voluto quel posto per sé e che riteneva Spartaco inadatto al ruolo. Oltre a ciò, Mina sentiva di essere stato abbandonato dai comandi superiori da quando in Valsassina si era scatenato il rastrellamento di ottobre. Dal 4 del mese non aveva più comunicazioni dal Comando di Divisione e dal Raggruppamento e i suoi uomini erano stati lasciati soli al freddo, alle intemperie e alla reazione fascista <124. In bassa Valtellina, Mina entrò in contatto con Giumelli che vide in lui un garibaldino assai diverso da quelli della I divisione: “allora, io ho avuto contatti con Mina con Al [Vando Aldrovandi] e con gli altri capi della Rosselli che, pur comunisti, avevano uno spirito diverso, erano più evoluti. Al era comunista, Ges era comunista e la formazione pur sempre garibaldina, tuttavia con loro si poteva ragionare” <125. In breve, avvenne ciò che il comando di Raggruppamento aveva previsto. Rimasto al comando dei suoi uomini, alla prima occasione Giumelli secessionò nuovamente e si unì agli uomini di Mina. Insieme, i due comandanti costituirono una divisione su due brigate, autonoma dalla I e dalla II divisione Garibaldi, ma riconobbero l’autorità del Raggruppamento. Fu subito steso l’organigramma della nuova formazione: “Comandante di divisione sarebbe Mina, vice Giumelli, Capo di S. M. Bill, Commissario Lino, Intendente Athos, Comandante una Brigata Ettore, Commissario Spini, Comandante altra Brigata Gabri, Commissario Piero, vice Commissario Oreste – capi di S. M. delle due brigate: Vanni e Torre” <126.
La velleità del progetto di Mina e Giumelli balza evidente da questo organigramma, che mette insieme aspri critici del movimento garibaldino (Giumelli, Mina e Athos), dissidenti moderati (Spini ed Ettore) e uomini di indiscussa fede garibaldina (Bill, Oreste, Piero e Lino), alcuni dei quali, sottolinea Neri [Luigi Canali] nella sua relazione, erano all’oscuro di tutto, perché in missione in zone lontane. L’elenco dei quadri, in realtà, tradisce l’intenzione di rendersi autonomi dalle due Divisioni Garibaldi, senza giungere ad uno scontro con esse, anzi integrandone alcuni degli uomini più in vista, a mo’ di garanzia di lealtà futura. In ogni caso, il Comando di Raggruppamento prese molto sul serio la questione e mise in campo tre pesi massimi: il vice comandante Neri, il commissario politico Ario [Mario Abbiezzi] e il capo di Stato Maggiore Odo.
Neri era già in Valtellina per delle ispezioni a Talamona. Mentre col comando della I divisione stava discutendo intorno agli accordi di Poira, venne informato della costituzione della nuova divisione. Fra gli uomini del comando “prevale l’opinione che si tratti di una manovra tendente, dopo questo primo atto, a staccare le formazioni dal movimento garibaldino per aggregarle alle formazioni Giustizia e Libertà dell’alta Valtellina: il timore sarebbe provocato da vari indizi fra i quali: la direttrice di marcia (nord-ovest), l’intenzione di Giustizia e Libertà di appoggiare e fare perno sul campanilismo delle popolazioni locali per fare della Valtellina una zona di influenza esclusivamente sua” <127. I comandanti della I divisione erano tutti per una soluzione di forza: “prevale sempre l’opinione che si debbano attuare misure militari, chiamando reparti della 52a nella zona e così pure quanto rimane della 55a”, ma Neri espresse
un’opinione diversa: “richiesto lo scrivente di quale sarà presumibilmente l’atteggiamento dei comandi superiori nella circostanza, risponde: conciliazione a qualunque costo” <128. Prima di partire Neri espose agli uomini della I divisione il suo programma per affrontare la crisi: dire a Mina e ad altri scissionisti che il Raggruppamento aveva già deciso di promuoverli ad incarichi più importanti, ciò che non era stato possibile comunicare per la rottura dei collegamenti durante il rastrellamento; ottenere l’appoggio del Comando di Raggruppamento e della Delegazione; inviare viveri, equipaggiamento ed armi per venire incontro alle necessità dei dissidenti; intensificare l’attività politica al piano, con la fondazione di CLN e sezioni di partito per migliorare il clima politico locale <129.
Neri [Luigi Canali] incontrò dunque i partigiani coinvolti nella scissione ed ebbe modo di farsi un’idea dei problemi che avevano condotto ad essa. Dalla sua relazione emergono elementi che meritano una riflessione. Innanzitutto, a differenza del putsch del 15 ottobre, questa volta la scissione non fu sobillata dai comandi partigiani dell’alta valle. In realtà il malcontento all’origine della scissione ebbe nei suoi protagonisti ragioni distinte, che prescindono tutte dai rapporti con le formazioni di Giustizia e Libertà. Per Athos Giumelli Spini e Bill furono, con gradi diversi, l’intransigenza estrema dei comandanti garibaldini e la propaganda politica da essi seguita. Per Mina e Piero furono la inettitudine del comandante di Brigata Spartaco e l’abbandono delle formazioni della 55a, costrette ad affrontare un terribile rastrellamento senza viveri e senza equipaggiamento. Prendendo le misure di quanto era accaduto, Neri riconobbe che il problema andava ridimensionato: “salvo le sorprese che possono derivare dai primi elencati [i. e. Giumelli e Athos, nda], non si tratta di una vera e propria defezione. Tutti si erano stretti intorno al sottoscritto perché facesse presente la necessità di fare giustizia senza mettere in dubbio minimamente che il comando superiore fosse il Comando di Raggruppamento, che le formazioni fossero garibaldine” <130. Neri consigliava quindi di assecondare le ambizioni dei meritevoli e prendere provvedimenti contro le lagnanze a carico dei comandi della 55a e della I divisione. Avallando una interpretazione prevalentemente tecnica, non politica, della vertenza Neri concludeva: “Ma soprattutto giustizia per i garibaldini vuol dire invio di viveri, di scarpe, di indumenti, di mezzi adeguati per la lotta, vuol dire assistenza continua efficace da parte di ogni ente o persona preposta ai vari servizi” <131.
In seguito Neri si diresse al Comando di Raggruppamento dove giunse il 29 ottobre e informò subito i suoi colleghi di quanto stava succedendo in Valtellina. Ario e Odo decisero di partire alla volta dei Bagni di Masino, sede del comando della I divisione, dove giunsero la mattina del 30. Una staffetta fu subito mandata a convocare i partigiani dissidenti, che fecero sapere di poter raggiungere la Val Masino il giorno successivo. Il pomeriggio del 30 fu dedicato ai capi della I divisione: “In varie riunioni – ricorda Ario – criticai aspramente l’atteggiamento bellicoso di tutti i compagni i quali non vedono altro che una soluzione di forza e vorrebbero sempre decidere con le armi. In una particolare riunione con Diego e Primo spiegai loro che avevano fatto tanto lavoro ma senza quella diplomazia che il partito insegna. Per le fucilazioni e le requisizioni devono sempre sentire il parere dei CLN e delle Giunte Popolari Comunali o quanto meno farli partecipare alla responsabilità” <132. Durante questi incontri, fu deciso di separare la questione in due problemi distinti: “1) Il problema Mina: che a Mina venga riconosciuto un comando superiore (essendo già negli intendimenti di questo Raggruppamento), ma che la Rosselli rientri nei quadri della II divisione. La sostituzione di Spa[rtaco], dimostratosi troppe volte inetto, con Gabri. 2) Il problema Giumelli: che il Giumelli possa entrare a far parte del Comando della I divisione come vice comandante, anche contro il parere di Diego e del commissario Primo” e anche dei compagni Rossi e Lino, artefici degli accordi di Poira <133. Il giorno dopo fu la volta dei dissidenti, ascoltati a Cataeggio presso l’albergo Rossi. Prima di cominciare le audizioni, i partigiani comunisti della 55a, guidati da Oreste, chiesero di conferire con Ario. Al commissario del Raggruppamento essi espressero delle critiche sull’operato di Spartaco, ritenuto inadatto al comando di una brigata, ma soprattutto avvisarono Ario sulle possibili conseguenze che la scissione avrebbe avuto sulle sorti del partito: “aggiungono che la situazione è particolarmente grave in quanto il partito in caso di scissione non potrebbe contare che su una trentina di elementi poiché i valligiani sono tutti con Mina e Giumelli” <134. L’impressione che Neri aveva avuto, di un sommovimento che avesse ragioni più tecniche che politiche, più legate alle difficoltà della vita partigiana che all’opinione politica dei comandanti, dovette essere in parte corretta. Oreste fece balenare nella mente di Ario il timore che Giumelli, lontano da qualsiasi partito politico, ma convinto nello stigmatizzare il comunismo dei comandanti garibaldini catalizzasse le forze valtellinesi tradizionalmente aliene da tutto ciò che andava oltre una sinistra genericamente radicale ed emarginasse il PCI. Si imponeva più che mai una composizione della vertenza: “rispondo di star tranquilli perché sono certo di una buona riuscita delle trattative nell’interesse del partito” <135. Al termine delle consultazioni, Ario e Odo proposero una soluzione che incontrò l’approvazione generale. A Mina venne dato il posto di vice comandante della II divisione. Spartaco, sostituito da Gabri, venne messo a disposizione del Raggruppamento, che gli conferì incarichi politici. Giumelli, constatata l’impossibilità di un suo rientro in seno alla I divisione, ottenne di trasferirsi con i suoi uomini alla Brigata Rosselli <136. Rispetto agli accordi di Poira, che erano stati decisi in ultima istanza dalla Delegazione del Comando generale, quelli di Cataeggio videro emergere il Comando di Raggruppamento come l’istituzione che godeva del maggior credito fra i partigiani garibaldini e la sua politica di meditata composizione dei dissidi come la più efficace per garantire al movimento partigiano l’appoggio popolare. “I compagni della Delegazione – scriveva Ario – i compagni Lino e Rossi e della I Divisione devono arrendersi davanti al fatto che il Comando di Raggruppamento ha ormai acquisito un prestigio sui patrioti. Io spero che tanti errori di psicologia e diplomazia non siano più commessi dai compagni i quali devono imparare in questo momento ad utilizzare la diplomazia del partito come esso insegna. Basta il saper fare il comunista solo coi comunisti, un vero comunista in questo momento deve saper dirigere le masse, prendere delle decisioni e farle approvare dalle masse stesse” <137.
[NOTE]
123 Cfr Relazione sui fatti avvenuti alla I Divisione, s.d., firmato Odo, Fondo Gramsci, b1 f5.
124 Relazione 2° viaggio in Valtellina, 25/10/1944, firmato Neri, doc. cit.
125 Intervista fatta al Dottor Giumelli, doc. cit.
126 Relazione 2° viaggio in Valtellina, 25/10/1944, firmato Neri, doc. cit.
127 Ivi.
128 Ivi.
129 Cfr Ivi.
130 Ivi.
131 Ivi.
132 Relazione alla Delegazione Comando, 4/11/1944, doc. cit.
133 Relazione sui fatti avvenuti alla I Divisione, s. d.,firmato Odo, doc. cit.
134 Relazione alla Delegazione Comando, 4/11/1944, doc. cit.
Gian Paolo Ghirardini, Società e Resistenza in Valtellina, Tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Anno accademico 2007-2008