Secondo una parte importante della storiografia, gli svantaggi nelle condizioni di partenza non sono sufficienti a spiegare perché le prestazioni economiche tedesco-orientali siano sempre state inferiori a quelle tedesco-occidentali

La storiografia tedesca riserva solitamente un ruolo di primo piano alla storia politica della Germania, e ciò è particolarmente vero per il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale; durante il confronto bipolare, non va poi dimenticato, le due Germanie sono state fortemente dipendenti dalla propria superpotenza di riferimento, ciò che probabilmente può spiegare questo primato della politica: entrambi gli stati tedeschi, in quegli anni, furono impegnati nel continuo tentativo di diminuire la loro dipendenza e, per contro, di ampliare il proprio spazio di manovra <1.
Secondo alcuni autori, però, la storia tedesca del secondo dopoguerra può essere intesa principalmente ed essenzialmente come storia economica <2. Chi sostiene ciò, infatti, ritiene che la storia delle due Germanie sia stata plasmata soprattutto dallo sviluppo economico ed economico-sociale, cioè che quello economico sia l’elemento dominante nell’analisi della storia tedesca della seconda metà del Novecento.
In Germania Ovest, infatti, il Wirtschaftswunder semplificò la creazione di un’identità tedesco-occidentale, e rese più agevoli il rientro della BRD [Germania Ovest, Repubblica Federale Tedesca] nella comunità internazionale e la sua integrazione nell’Europa Occidentale. Nella DDR [Germania Est, Repubblica Democratica Tedesca] una simile prospettiva era in principio più difficile da accogliere, a causa di motivi ideologici: secondo la logica marxista-leninista, la storia della DDR non poteva che essere la storia di sovvertimenti rivoluzionari e profondi mutamenti, risultato del volere della classe operaia, guidata dal suo partito marxista-leninista.
Ciononostante, anche gli storici tedesco-orientali concordavano con quelli occidentali sul fatto che fossero stati i processi economici ad aver profondamente segnato lo sviluppo della DDR. Per riassumere con le parole di Peter Bender, l’economia costituiva la precondizione per la rinascita: «Entrambi i paesi ottennero peso e prestigio grazie alla forza economica. […] [Questa] costituì la premessa iniziale per essere nuovamente presi sul serio» <3.
Questa attenzione data all’aspetto economico della storia tedesca probabilmente deriva anche da considerazioni su quelle che erano le effettive possibilità di azione politica di Bonn e Berlino Est: per lungo tempo le due Germanie non godettero della piena sovranità e, anche successivamente, una volta inserite formalmente in uno dei blocchi, ed essendo entrambe l’avamposto del proprio, la loro libertà di manovra, in campi quali la politica estera, rimase limitata o comunque condizionata all’approvazione, o quantomeno all’assenza di disapprovazione, della propria superpotenza di riferimento.
Per questo motivo, la sfera in cui maggiormente si può osservare l’evoluzione delle due Germanie non è tanto la sfera politica, quanto quella economica, sebbene risulti a volte difficile tracciare un confine netto tra le due. Oltretutto è piuttosto comprensibile, per un paese reduce da una guerra e da dodici anni di dittatura totalitaria, dare la priorità alla ricostruzione, non solo dell’economia, ma anche della società. E se questo è vero soprattutto per i primi due decenni di esistenza delle due Germanie, anche nei successivi (e ultimi) venti anni le questioni economiche sono state determinanti: peccando forse di eccessivo realismo, si può dire che la competizione intertedesca fu, principalmente, una competizione economica o, per usare la terminologia delle relazioni bipolari, una competizione tra modelli di sviluppo.
L’aspetto economico nella storia della Germania del secondo dopoguerra è quindi sicuramente un aspetto centrale, se non l’aspetto centrale, al quale è necessario prestare attenzione. Del resto, le relazioni economiche furono anche al centro sia delle relazioni intertedesche, sia del triangolo Mosca-Berlino Est-Bonn <4.
Al fine di comprendere la situazione economica e politica della DDR degli anni Settanta, cioè il periodo analizzato in questo lavoro, è necessario considerare tutto lo sviluppo dell’economia tedesco-orientale, a partire dalla fine del conflitto, nella primavera del 1945. È necessario inoltre fare un accenno alle trasformazioni che interessarono tutta l’Europa Orientale <5 in generale, cercando di considerare, oltre alle particolarità del caso DDR, le tendenze comuni a tutti gli stati comunisti.
Studiare la storia economica di questi paesi comporta comunque una serie di problemi, anche di ordine metodologico; primo fra tutti, la scelta dei dati su cui basare l’analisi. Nei paesi del blocco sovietico, infatti, alcuni indicatori economici fondamentali, come il prodotto interno lordo, venivano calcolati in modo diverso rispetto ai paesi occidentali.
Queste differenze derivavano anche dall’enfasi ideologica che veniva posta, nelle economie comuniste, sulla produzione dei beni materiali, a scapito del settore dei servizi, che in genere non veniva incluso nei calcoli sulle prestazioni economiche <6. Per questo motivo, gli autori che hanno trattato questi argomenti avvertono che occorre sempre tenere presente che potrebbero esserci variazioni sensibili nella propria valutazione, se venissero usati dati diversi.
Il problema delle condizioni di partenza della Repubblica Democratica
È noto come le prestazioni economiche della DDR furono sempre nettamente inferiori a quelle della BRD: nonostante entrambe registrassero una forte ripresa e crescita dalla fine del conflitto, è opinione abbastanza condivisa che già nel 1950 la produttività della DDR fosse al massimo due terzi di quella della BRD <7; la spiegazione di questo divario, che non fu più recuperato e che anzi si ampliò col passare degli anni, è stata spesso fonte di accesi dibattiti fra gli studiosi. In letteratura esistono infatti pareri discordanti circa le effettive condizioni di partenza della DDR: alcuni autori, specialmente quelli tedesco-orientali, individuano un netto gap, a svantaggio di Berlino Est, tra le condizioni iniziali delle due Germanie, ciò che spiegherebbe il “ritardo” tedesco-orientale; altri ritengono invece che il peso di queste disparità fosse in definitiva trascurabile, e che la differenza che negli anni si registrò nelle prestazioni economiche dei due stati tedeschi fosse imputabile soprattutto a scelte fatte in seguito, cioè l’attuazione ad Ovest del modello economico capitalista e l’attuazione ad Est di quello socialista <8.
La cosa più probabile è che lo sviluppo economico della DDR sia stato determinato da entrambi i fattori, cioè da una serie di difficoltà oggettive iniziali, non imputabili a scelte del governo tedesco-orientale, le quali non vennero risolte, e anzi verosimilmente vennero aggravate dall’attuazione di un modello economico poco competitivo.
Gli aspetti che generalmente vengono considerati quando si cerca di dare un giudizio sulle capacità iniziali dei due stati tedeschi sono essenzialmente tre: le distruzioni nell’apparato economico nazionale provocate dalla guerra, gli stravolgimenti strutturali derivanti dalla divisione della Germania, le riparazioni imposte dalle potenze vincitrici.
La parte del territorio tedesco che andò a costituire la DDR rappresentava circa il 23% della superficie del Reich nei confini del 1937, e nel 1939 ne ospitava il 22% della popolazione; alcune regioni erano dedite all’agricoltura, mentre altre erano altamente industrializzate; anche la rete dei trasporti rientrava, per estensione e qualità, nella media del Reich; fatta eccezione per i vasti giacimenti di lignite però, l’intera zona era pressoché priva di materie prime, ed era quindi quasi totalmente dipendente dalle importazioni dalle altre aree del paese <9.
Al termine della guerra, soprattutto a causa dei bombardamenti, il potenziale produttivo tedesco era stato largamente distrutto in tutto il territorio nazionale, sebbene vari autori riconoscano che le perdite di capacità industriale furono in realtà maggiori nelle zone occidentali. Per quanto riguarda l’aspetto demografico, nella zona occupata dai sovietici la forte diminuzione della popolazione, verificatasi durante gli anni del conflitto, fu in seguito compensata dal ritorno dei prigionieri di guerra e dalle ondate di tedeschi profughi ed espulsi provenienti dai territori orientali: nonostante che molti di essi emigrassero poi a Ovest, nel medio periodo la forza lavoro poté tornare ai livelli precedenti anche nella zona orientale; ciò grazie anche al forte aumento della partecipazione femminile. Nell’immediato dopoguerra, quindi, la SBZ [Sowjetische Besatzungszone (Zona di Occupazione Sovietica – DDR)] <10 poteva attribuire i suoi svantaggi di partenza in confronto alle zone occidentali solamente agli squilibri della sua struttura economica, cioè principalmente alla mancanza di materie prime: l’assenza di carbone, ferro e acciaio costituirono forse il punto debole decisivo della struttura economica tedesco-orientale <11.
Esiste poi un ampio consenso, in letteratura, nel valutare la Germania degli anni Quaranta come un’entità economica coesa, le cui singole aree, al momento dell’inizio del secondo conflitto mondiale, erano fortemente integrate, e probabilmente l’intenzione iniziale delle potenze alleate di continuare a considerare la Germania come un’unica entità economica, nonostante la divisione in zone d’occupazione, era dettata anche dal riconoscimento di queste caratteristiche. La fine dell’alleanza di guerra, però, impedì questa gestione unitaria: presto si rivelarono divergenze nelle politiche di riparazione delle potenze occupanti, che costituirono un primo passo verso la divisione statale <12. Era quindi inevitabile, secondo alcuni autori, che la separazione di un territorio così strettamente integrato dal punto di vista economico causasse problemi <13. Con l’acuirsi della guerra fredda e la creazione di due stati tedeschi separati, infatti, le interdipendenze economiche esistenti sul territorio dovettero necessariamente terminare, e ciò fu dannoso soprattutto per la DDR, la quale si trovò a non poter più usufruire delle materie prime delle ricche zone occidentali; in particolare, essa si trovò separata dalla Ruhr, sua tradizionale fornitrice di carbone e acciaio. Da questo punto di vista invece i territori occidentali, economicamente più omogenei e meno dipendenti della SBZ dal
commercio intertedesco, furono in grado di compensare gli effetti negativi della separazione più velocemente <14.
Alcuni autori tendono però a ridimensionare l’entità dei danni derivanti dalla divisione tedesca: infatti, l’eredità nazista nella zona orientale del paese era relativamente ricca e variegata, comprendendo industrie chimiche, elettroniche, dell’aeronautica e di macchine utensili. Questa struttura industriale era in gran parte il risultato di decisioni di pianificazione dell’economia bellica nazista, il cui obiettivo era stato la costruzione di una nuova base dell’industria pesante nel centro geografico della Germania. La decisione era stata presa sulla base di considerazioni di natura strategico-militare: in caso di guerra, queste industrie sarebbero state meno esposte ad attacchi, rispetto ai centri industriali tradizionali della Ruhr, della Saar e dell’Ober Slesia, più vicine ai confini. Inoltre il nuovo centro, trovandosi a metà strada tra le riserve carbonifere di Ruhr e Slesia, se ne assicurava la fornitura, nel caso in cui uno dei due centri fosse caduto (nell’ipotesi peggiore di caduta di entrambi, avrebbe potuto sempre contare sui locali giacimenti di lignite) <15.
Tuttavia, a seguito della divisione della Germania, questo nuovo centro industriale non fu ereditato nella sua interezza dalla DDR, ma una parte fu assegnata alle zone occidentali, ciò che rese la rete industriale tedesco-orientale incompleta e carente sotto vari aspetti. Si scoprì poi che le industrie rimaste alla DDR non sarebbero state in grado di reggere la competizione sul libero mercato, anche se potevano ben adattarsi a un nuovo programma autarchico, come quello che sembrava si stesse delineando in DDR. In un certo senso, il modello economico attuato in epoca nazista poteva ben adattarsi in DDR: esso sembrava aver involontariamente preparato la Germania Orientale a contare solamente sulle proprie forze e a non risentire troppo della separazione dalle zone occidentali economicamente ricche <16.
Un aspetto sul quale si possono notare differenze importanti tra la SBZ e le zone occidentali riguarda il capitolo delle riparazioni imposte dalle potenze occupanti, tanto che, secondo alcuni studiosi, furono proprio queste a porre fine a quella parità nelle condizioni materiali di partenza che pure si era conservata, tra zone occidentali e la SBZ, dopo le distruzioni provocate dalla guerra <17. Se infatti queste ultime erano state maggiori per le zone occidentali, per quanto riguardava smantellamenti, saccheggi, requisizioni irregolari e riparazioni in generale, era la SBZ a essere la parte più colpita <18.
A Potsdam era stato deciso lo smantellamento dell’industria degli armamenti e della base dell’industria pesante del paese, ma non si riuscì a trovare un accordo circa i dettagli e l’ampiezza di queste operazioni <19. Se le potenze occidentali, Stati Uniti in testa, mutarono presto la loro posizione e destinarono importanti aiuti economici alle zone tedesche poste sotto il loro controllo, con l’obiettivo di una loro quanto più veloce ripresa, diverso fu l’atteggiamento di Mosca, la quale pretese il pagamento puntuale di tutte le riparazioni; d’altra parte, la Seconda Guerra Mondiale aveva riportato l’Unione Sovietica indietro di dieci anni dal punto di vista economico, e quindi le riparazioni erano considerate indispensabili per avviare una ripresa. Alla fine, la DDR si trovò a dover pagare le riparazioni di guerra per tutta la Germania. La politica sovietica a riguardo fu comunque contraddittoria, come del resto lo era l’atteggiamento di Mosca circa la questione tedesca nel suo complesso; ciò rifletteva l’esistenza di divergenze di interessi fra chi, al Cremlino, voleva semplicemente prendere dal territorio tedesco il più possibile e il più velocemente possibile, e chi invece voleva permettere una certa ripresa della SBZ, per potersi così assicurare riparazioni nel medio e lungo periodo; con l’acuirsi della guerra fredda, fu questa seconda visione a prevalere <20.
Gli effetti degli smantellamenti furono amplificati dalle strozzature che essi provocavano nella produzione, poiché anche solo la confisca di alcuni macchinari poteva spesso portare al blocco di un’intera catena produttiva; allo stesso modo, i prelievi sulla produzione corrente cominciati alla fine del decennio rallentarono notevolmente la ricostruzione in loco, costituendo un drenaggio pressoché continuo di risorse <21.
Oltre ai saccheggi dell’immediato dopoguerra, agli smantellamenti di macchinari e al trasferimento di interi impianti industriali, ai durissimi prelievi sulla produzione corrente e alle spese dell’occupazione, fra le forme di riparazioni imposte alla Germania e fondamentalmente pagate solo dalla SBZ si possono ricordare anche la creazione delle Sowjetische Aktiengesellschaft (SAG), società a partecipazione mista tedesco-sovietica, ma delle quali Mosca deteneva sempre la quota di maggioranza, assicurandosi in tal modo la fornitura di riparazioni e il mantenimento della propria influenza economica in Germania Orientale, e le cosiddette “riparazioni intellettuali”, cioè il trasferimento forzato di alcune migliaia di specialisti tedeschi in Unione Sovietica <22. Anche gli Stati Uniti, in realtà, avevano in precedenza adottato un comportamento simile: inizialmente, buona parte della zona industriale orientale era stata posta sotto la loro occupazione e questi, al momento di passare il controllo ai sovietici, portarono via molti specialisti, che invece avrebbero potuto giocare un ruolo chiave nella restaurazione del potenziale industriale della SBZ <23. Anche la rete ferroviaria subì un forte ridimensionamento: nella SBZ le sue capacità furono sostanzialmente dimezzate; l’effetto più evidente fu la rimozione di quasi tutte le rotaie che costituivano il secondo binario. Ciò ebbe conseguenze pesantissime sulle capacità di trasporto e logistiche della futura DDR: non solo mancava l’acciaio per ricostruire i binari mancanti <24, ma per la SBZ il trasporto su rotaia era molto più importante che per le zone occidentali, le quali potevano infatti anche disporre di alcuni porti e vie d’acqua importanti <25.
A tutto ciò occorre infine aggiungere che, in questo periodo di grandi difficoltà, la SBZ non ricevette alcun aiuto esterno; le zone occupate dalle potenze occidentali, al contrario, non solo non furono gravate dei costi delle riparazioni (o lo furono in misura assai minore), ma poterono anche beneficiare degli aiuti del Piano Marshall <26. Ciononostante, secondo alcuni studiosi, il capitolo riparazioni da solo, per quanto importante, non è sufficiente a giustificare l’arretratezza della DDR nei confronti della BRD <27. Rispetto alle zone occidentali, la DDR aveva subito danni minori durante la guerra, sia a livello di apparato produttivo, sia a livello di popolazione, e dopo la separazione dal resto del territorio tedesco continuò comunque a disporre di un importante centro industriale. Per questo motivo, secondo una parte importante della storiografia, gli svantaggi nelle condizioni di partenza non sono sufficienti a spiegare perché le prestazioni economiche tedesco-orientali siano sempre state inferiori a quelle tedesco-occidentali, ma occorra prendere in considerazione anche le scelte assunte dalle potenze occupanti e dai due governi tedeschi nei primi anni del loro operato. In sostanza, gli svantaggi iniziali ebbero sicuramente un ruolo non trascurabile nella fase di consolidamento dell’economia della DDR, ma fu soprattutto l’attuazione del modello di economia pianificata, decisa da Berlino Est, che determinò negli anni seguenti la crescente arretratezza tedesco-orientale rispetto alla zona occidentale, nella quale invece il modello vigente era quello dell’economia di mercato <28.
In conclusione, l’ipotesi più verosimile per spiegare il ritardo tedesco-orientale è quella di una combinazione tra svantaggi iniziali, oggettivi (la mancanza di materie prime e di certe industrie), il differente trattamento ricevuto dalle potenze occupanti (l’imposizione delle riparazioni) e le successive scelte fatte dal governo tedesco-orientale (l’adozione del modello di economia pianificata).
Un’ultima precisazione sembra infine doverosa: anche la DDR, in realtà, ottenne risultati importanti per quanto riguardava la ricostruzione del paese, l’innalzamento della qualità della vita della popolazione, lo sviluppo dell’economia in generale e dell’apparato industriale in particolare, tanto che, nelle relative classifiche sulle prestazioni dei paesi comunisti, essa occupava spesso il primo posto, non raramente davanti alla stessa Unione Sovietica. In termini “assoluti” quindi, la DDR non era un paese arretrato, ma lo fu sempre in termini relativi, cioè nel confronto con l’altra Germania, e per Berlino Est era questo che contava maggiormente, poiché la sua popolazione, per valutare le proprie condizioni e quelle del proprio paese, non guardava agli alleati dell’Est, ma ai parenti dell’Ovest. Il confronto con i paesi dell’Europa Occidentale era del resto un problema comune a tutti i paesi dell’Europa Orientale, e in ragione di ciò gli standard di vita, per questi ultimi, furono sempre una questione fondamentale, tanto che spesso le prestazioni economiche erano giudicate buone nella misura in cui consentivano la fornitura di beni di consumo <29. E date la sua posizione geografica e le circostanze della sua nascita, la DDR era lo stato comunista che più soffriva del paragone con l’Occidente, e in particolar modo con la BRD.
[NOTE]
1 J. Roesler, “Zur Geschichte der beiden deutschen Staaten von 1945 bis 1990 mit dem Schwerpunkt ihrer wirtschaftlichen und sozialen Entwicklung”, in C. Burrichter, D. Nakath, G.-R. Stephan (Hrsg.), Deutsche Zeitgeschichte von 1945 bis 2000. Gesellschaft- Staat- Politik. Ein Handbuch, Berlin, Karl Dietz Verlag, 2006, pp. 25-28.
2 Ivi, p. 32 e segg.
3 Cit. ivi, p. 33
4 Cfr. A. E. Stent, From Embargo to Ostpolitik: the Political Economy of West German-Soviet Relations, 1955-1980, Cambridge, New York, Cambridge University Press, 1981.
5 Con “Europa Orientale” ci si riferirà, in questo lavoro, all’accezione politica che ne venne data dopo il 1945, intendendo con essa, oltre alla DDR, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bugaria. Cfr. C. Gati, The bloc that failed: Soviet-East European relations in transition, London, Tauris, 1990, p. 3.
6 A. O. Ritschl, An Exercise in Futility: East German Economic Growth and Decline, 1945-1989, London, Discussion Paper Series, Centre for Economic Policy Research, 1994, pp. 2-4; idem, “Aufstieg und Niedergang der Wirtschaft der DDR: Ein Zahlenbild, 1945-1989”, Jahrbuch für Wirtschaftsgeschichte, Teil 2, 1995 (versione aggiornata del precedente articolo), pp. 12-14. Per le differenze nelle modalità di calcolo degli indicatori economici tra i due blocchi, cfr. R W. Stone, Satellites and Commissars. Strategy and Conflict in the Politics of the Soviet-Bloc Trade, Princeton, N. J., Princeton University Press, 1996, pp. 8-11; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, Farnborough, Eng, Saxon House, 1979, pp. 83-87.
7 H.-J. Wagener, “Anschluss verpasst? Dilemmata der Wirtschaft”, in H. Schultz, H.-J. Wagener (Hg.), Die DDR im Rückblick. Politik, Wirtschaft, Gesellschaft, Kultur, Berlin, Ch. Links Verlag, 2007, p. 123.
8 Fra chi ritiene che la DDR partisse da una posizione svantaggiata, cfr. G. Beil, Außenhandel und Politik. Ein Minister erinnert sich, Berlin, Verlag Das Neue Berlin, 2010; G. Schürer, Gewagt und verloren. Eine deutsche Biografie, Berlin, Frankfurter Oder Editionen, 1998; C. H. Janson, Totengräber der DDR. Wie Günter Mittag den SED-Staat ruinierte, Düsseldorf, Wien, New York, ECON Verlag, 1991; G. Mittag, Um jeden Preis. Im Spannugsfeld zweier Systeme, Berlin, Weimar, Aufbau-Verlag, 1991; I. Jeffries, M. Melzer (Eds.), The East German Economy, London, New York, Croom Helm, 1987. Fra chi invece ritiene che le condizioni iniziali delle due Germanie non differissero troppo, cfr. A. Steiner, Von Plan zu Plan. Eine Wirtschaftsgeschichte der DDR, München, DVA, 2004; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, cit.; A. O. Ritschl, An Exercise in Futility, cit.
9 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., pp. 21-22.
10 Sowjetische Besatzungszone, zona d’occupazione sovietica, è il nome con cui si indica il territorio della DDR dal 1945 al 1949.
11 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., pp. 23-26; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, cit., p. 1; A. O. Ritschl, An Exercise in Futility, cit., p. 5; idem, “Aufstieg und Niedergang der Wirtschaft der DDR”, Jahrbuch für Wirtschaftsgeschichte, cit., p. 19.
12 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., p. 28; J. Roesler, “Zur Geschichte der beiden deutschen Staaten“, in C. Burrichter, D. Nakath, G.-R. Stephan (Hrsg.), Deutsche Zeitgeschichte von 1945 bis 2000, cit., p. 60.
13 W. F. Stolper, K. W. Roskamp, The Structure of the East German Economy, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1960, p. 4.
14 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., p. 24.
15 A. O. Ritschl, An Exercise in Futility, cit., pp. 9-10.
16 Ibidem; A. O. Ritschl, “Aufstieg und Niedergang der Wirtschaft der DDR”, Jahrbuch für Wirtschaftsgeschichte, cit., p. 18.
17 J. Roesler, “Zur Geschichte der beiden deutschen Staaten“, in C. Burrichter, D. Nakath, G.-R. Stephan (Hrsg.), Deutsche Zeitgeschichte von 1945 bis 2000, cit., pp. 61-62.
18 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., p. 37; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, cit., pp.1-2.
19 A. O. Ritschl, An Exercise in Futility, cit., p. 11; idem, “Aufstieg und Niedergang der Wirtschaft der DDR”, Jahrbuch für Wirtschaftsgeschichte, cit., p. 19.
20 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., pp. 29-30; W. Loth, Figliastri di Stalin, cit., pp. 70-75.
21 A. O. Ritschl, “Aufstieg und Niedergang der Wirtschaft der DDR”, Jahrbuch für Wirtschaftsgeschichte, cit., p. 20; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, cit., pp. 1-2.
22 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., pp. 30-34.
23 D. Childs, The GDR: Moscow’s German Ally, London, Boston, G. Allen & Unwin, 1983, p. 141.
24 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., pp. 32-33; U. Müller, “Mobilität in der Planwirtschaft. Das Verkehrswesen”, in H. Schultz, H.-J. Wagener (Hg.), Die DDR im Rückblick, cit., pp. 178-182; G. Schürer, Gewagt und verloren, cit., p. 37.
25 W. F. Stolper, K. W. Roskamp, The Structure of the East German Economy, cit., p. 3.
26 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., p. 38; D. Cornelsen, Handbook of the economy of the German Democratic Republic, cit., p. 2.
27 A. Steiner, Von Plan zu Plan, cit., p. 39.
28 Ivi, p. 7.
29 I. B. Neumann, “Conclusion: Soviet Foreign Policy towards its European Allies”, in O. A. Westad, S. Holtsmark, I. B. Neumann (Ed.), The Soviet Union in Eastern Europe, 1945-89, London, The Macmillan Press LDT, 1994, p. 216.
Valentina Zamperini, Dipendenza, indipendenza, interdipendenza: la Repubblica Democratica Tedesca tra Bonn e Mosca (1971-1985), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2013