Altri Paesi sono entrati nelle dinamiche di Odessa per altri motivi e cause

ODESSA esistette davvero ma, contrariamente alle comuni credenze, non fu una semplice organizzazione, ben strutturata o con base stabile. Fondata nel 1944 dalle SS di Hitler con al vertice un piccolo “centro direzionale”, possedeva in realtà impressionanti e capillari ramificazioni in tutto il mondo. Il successo di operazioni di salvataggio così grandi e rischiose dipese, infatti, dagli impressionanti contatti che l’organizzazione vantava con le più alte sfere governative e dalla collaborazione di altri enti, primo tra tutti la Chiesa di Roma. È assolutamente lecito affermare che il “cuore” di ODESSA fosse proprio il Vaticano. Furono, infatti, esponenti di spicco della Chiesa cattolica a favorire la fuga dei criminali, nascondendoli all’interno di conventi e monasteri e fornendo loro i documenti necessari all’espatrio. Nel caos del dopoguerra, i “comitati di assistenza” voluti dal Pontefice non si limitarono a soccorrere le vittime innocenti del conflitto ma si adoperarono fin da subito per salvare gerarchi nazisti e collaborazionisti in difficoltà. Nonostante la non-ammissione di responsabilità da parte delle autorità ecclesiastiche, le prove da me citate in questo elaborato non lasciano spazio ad eventuali dubbi o incertezze; svelano anzi una realtà agghiacciante. La Chiesa aiutò consapevolmente assassini e torturatori a fuggire, il tutto con il beneplacito del Sommo Pontefice. Cosa spinse il Vaticano ad agire in tal senso? Sicuramente la volontà di infiltrare cattolici nel mondo intero ma soprattutto il desiderio di contrastare il comunismo, nemico comune di ecclesiastici e nazisti. Di fronte all’avanzare del bolscevismo, nazisti, rexisti, ustascia e collaborazionisti di Vichy costituivano una potenziale difesa della religione dal paganesimo. La Chiesa dunque non fu solo complice di ODESSA, ne fu a tutti gli effetti la vera protagonista. Tra gli ecclesiastici direttamente coinvolti figuravano vescovi, arcivescovi e cardinali: l’Arcivescovo Montini, i cardinali francese e argentino, Eugène Tisserant e Antonio Caggiano, il cardinale genovese Siri, il vescovo austriaco Alois Hudal, parroco della chiesa di Santa Maria dell’Anima in via della Pace a Roma e guida spirituale della comunità tedesca in Italia, il vescovo argentino Augustín Barrère e il sacerdote croato Krunoslav Draganovic. I documenti indicati a supporto di questa tesi, tra i quali il rapporto di Vincent LaVista, la corrispondenza tra il Segretario di Stato Vaticano e l’Ambasciata argentina presso la Santa Sede, nonché l’autobiografia dello stesso Hudal e le testimonianze di altri ecclesiastici, non lasciano spazio a equivoci di sorta. A mio avviso, furono due gli elementi che, al momento di definire le vie di fuga, Bormann e “colleghi” presero in considerazione relativamente alla scelta dell’Argentina quale “rifugio sicuro” per i nazisti. Il primo è che i tedeschi avevano sempre goduto di grande stima e venerazione presso i governi argentini, nonostante la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Asse voluta da Washington. I membri di ODESSA potevano dunque contare su un’ottima accoglienza riservata ai compagni fuggiaschi in Argentina, specie se tecnici o scienziati. Il secondo è legato alla religione cattolica ed alla comune ostilità nei confronti del dilagante bolscevismo. Bianca, ispanica e cattolica, l’Argentina era stata infatti governata per anni da fomentati nazionalisti e ciechi ammiratori del regime nazista che ritenevano di poter formare insieme con la Spagna e il Vaticano una sorta di «triangolo della pace» che preservasse «i valori spirituali della civiltà» fino alla fine della guerra. Il progetto era quello di creare un nuovo ordine mondiale comprendente stati cattolicissimi quali Ungheria, Romania, Slovenia, Italia, Spagna, Portogallo e Francia di Vichy, con a capo il Vaticano e col supporto del regime nazista. Già dagli anni ’30 poi, l’Argentina ospitava la sede centrale dei servizi segreti nazisti per il Sud America, nonché una spaventosa comunità di cittadini tedeschi fuggiti dalla crisi inflazionistica che travolse l’economia tedesca a partire dal ’29. Non bisogna neanche tralasciare il fatto che il presidente Peròn aveva da sempre avuto un debole per l’ideologia nazifascista e che, essendo lui stesso un colonnello, provava una cieca ammirazione per il genio tecnologico dell’esercito di Hitler. Il legame tra le due nazioni divenne sempre più forte col passare del tempo grazie anche alla disponibilità della Germania a vendere armi all’Argentina prima, dopo e durante la guerra nonché a finanziare la sontuosa campagna presidenziale di Peròn nel ’46. Tra i gerarchi fuggiti in Argentina figurano Barbie, Eichmann, Mengele, Pavelic e Priebke. Tutti costoro passarono per l’Italia, per Milano, Roma o Genova. Milano, tappa importante perché vicina all’Austria, era gestita direttamente da Rauff, membro di ODESSA, e finanziata tramite del denaro falso stampato dai nazisti durante la guerra. Genova, città portuale per eccellenza, era invece amministrata da Monsignor Giuseppe Siri, con la collaborazione di Padre Dömöter, Padre Petranovic e Padre Venturelli. Oltre alla DAIE di Peròn, vi si trovava anche una sede della Croce Rossa Internazionale. Fu proprio la Croce Rossa, su sua stessa ammissione, ad aver fornito ai fuggiaschi passaporti validi per l’espatrio, benché provvisori. Infine, riferimenti della cosiddetta “via di Roma” erano monsignor Hudal e padre Draganovic. L’uno si occupava della fuga dei nazisti, l’altro di mettere in salvo gli ustascia croati, compreso il loro “duce” Pavelic. Si trattava di criminali macchiatisi di delitti che avevano suscitato orrore perfino agli occhi dei nazisti: torture, fucilazioni di massa, bastonature a morte e decapitazioni. Tra il 1947 e il 1951 furono almeno settemila gli ustascia che riuscirono a salvarsi usando il canale italoargentino. Viene spontaneo a questo punto chiedersi da dove venisse il denaro necessario ad allestire un canale di fuga di queste proporzioni. La risposta è quasi intuitiva: i finanziamenti provenivano in parte dal “tesoro” che i nazisti avevano cumulato durante la guerra, in parte dai beni sequestrati agli ebrei sterminati, in parte da contributi della Chiesa cattolica stessa e dell’intelligence americana. È lecito affermare che i servizi segreti alleati erano a conoscenza dei piani di fuga salva-nazisti allestiti sul finire della guerra? È qui che il cerchio si chiude e che emerge il senso dell’intera vicenda. I servizi segreti inglesi e americani erano perfettamente al corrente dell’esistenza di vie di fuga clandestine attraverso l’Italia ma, anziché intervenire e neutralizzarle, scelsero di servirsene. Un rapporto dei servizi segreti americani su Pavelic risulta quanto mai esplicativo: «Oggi, agli occhi del Vaticano, Pavelic è un cattolico militante, un uomo che ha sbagliato, ma che ha sbagliato lottando per il cattolicesimo. È per questo motivo che il Soggetto gode ora della protezione del Vaticano». In tempo di guerra, tutto è lecito. A mio avviso, le complicità nella fuga dei gerarchi dall’Europa furono dettate quasi esclusivamente dagli interessi dei singoli attori e da un cinico calcolo di costi e benefici in ballo. Mi spiego meglio. Tutte le parti in causa avevano qualcosa da guadagnare dal successo dell’operazione: la Chiesa avrebbe acquisito nuovi “amici” per combattere il pericoloso diffondersi del comunismo e della secolarizzazione, il governo di Peròn avrebbe accolto nelle proprie industrie scienziati tedeschi di indubbio valore, i servizi segreti americani e inglesi avrebbero potuto sfruttare le già efficienti e consolidate “ratlines” per persone di interesse dell’intelligence durante la guerra fredda ormai alle porte. Attraverso le “vie dei topi” avrebbero fatto fuggire in Occidente disertori sovietici e dei paesi satelliti, nonché ex nazisti capaci di destabilizzare regimi comunisti come quello di Josip Tito in Iugoslavia. Fu così che i governi e i servizi segreti alleati scelsero di ignorare il traffico di clandestini sotto i loro occhi e di lasciare la Chiesa impunita. Senza il Vaticano le complesse e rischiose operazioni di fuga non sarebbero di certo andate a buon fine. Non deve dunque meravigliare questa alleanza tra polizia, governi, intelligence e Vaticano. Del resto, in tempo di guerra vigono le regole della “Realpolitik”. Tutti avevano un comune obiettivo: bloccare a tutti costi la pericolosa avanzata del bolscevismo in Europa. Indagini e processi contro ex nazisti vennero prontamente accantonati e questi ultimi addirittura protetti perché tenaci anticomunisti e dunque automaticamente utili, indipendentemente dai crimini commessi. Non fu una questione di pietà o umanità, tantomeno di carità cristiana. Si trattò di un baratto, di uno scambio di favori, di azioni dettate da puro e semplice opportunismo, a scapito della giustizia. Fatto sta che milioni di persone furono brutalmente sterminate e che molti dei responsabili vissero per anni beati nel “paradiso argentino” grazie alla vergognosa indulgenza degli Alleati. Per quanto sorprendenti e ignobili le complicità riportate alla luce, si tratta di verità incancellabili e, spero, potenzialmente istruttive per le generazioni future.
Livia Zampolini, Operazione ODESSA: la svastica e la croce. Complicità nella fuga dei criminali nazisti verso il santuario argentino, Tesi di Laurea, Università LUISS “Guido Carli”, Anno Accademico 2012-2013

ODESSA esistette davvero e non operò solamente in Germania. La sua rete di contatti era sparsa in tutto il mondo, ma non avrebbe mai potuto funzionare senza gli uomini di Chiesa. Se il Vaticano, e il Papa, fossero direttamente coinvolti nella protezione e nel salvataggio di criminali di guerra non è al momento possibile sostenerlo con certezza, questo per mancanza di documenti e prove risalenti a quel periodo, e di materiale ancora top secret, almeno fino al 2 marzo 2020. Il fatto che il Papa, in prima persona, non fosse coinvolto in questa vicenda, non significa che gli altri uomini di Chiesa, di una certa rilevanza, non lo fossero. Vescovi, cardinali e arcivescovi si impegnarono in prima persona per garantire ai fuggiaschi un luogo sicuro dove vivere, in attesa della fuga. Alla fine del conflitto le organizzazioni e i comitati ecclesiastici aiutarono intenzionalmente questi uomini, ricercati a livello internazionale per i crimini commessi, a mettersi in salvo. Nella via di fuga dalla Germania nazista al Sud America, ODESSA avrebbe fallito nel suo intento se non fosse intervenuto il mondo ecclesiastico, mettendo a disposizione di questi criminali alloggi temporanei, come chiese e monasteri, in attesa dei documenti loro necessari per emigrare all’estero, concessi dalla Croce Rossa, organizzazione coinvolta tanto quanto la Chiesa cattolica e fondamentale per la produzione di passaporti e permessi di viaggio, che consentirono ai criminali di potersi imbarcare sulle navi a Genova, con destinazione Buenos Aires.
Buenos Aires non fu una scelta dettata dall’istinto, ma una destinazione ben pianificata. L’Argentina era da decenni abitata da grandi e forti comunità tedesche, che avrebbero garantito un’accoglienza decorosa ai fuggiaschi nazisti. Inoltre, il paese, da sempre cattolico e bianco, aveva visto insediarsi governi nazionalisti affascinati dal Terzo Reich di Hitler. Lo stesso Perón era affascinato dal nazifascismo e strinse relazioni commerciali, soprattutto relative alla vendita di armi, con il governo nazista. Quale città meglio di Buenos Aires per cominciare una nuova vita? Un paese bianco, cattolico. Un mondo religioso che non si opponeva al regime nazista, anzi, appoggiava ogni forma di anticomunismo.
Da qui la prossima questione: i servizi segreti erano a conoscenza di queste vie di fuga che attraversavano l’Italia e portavano in Argentina? E perché, invece di smascherarle e distruggerle, le utilizzarono a loro favore? Perche la Chiesa non smascherò questi criminali e non li consegnò alla giustizia? Qualcuno potrebbe pensare che tutto sia lecito in tempo di guerra, ma in realtà il motivo dietro queste scelte era solamente uno: i vantaggi che tutti questi attori ne avrebbero tratto. La Chiesa e i servizi di intelligence si sarebbero serviti di questi criminali con l’unico intento di combattere l’avanzata del comunismo. I vecchi nemici sarebbero diventati i nuovi alleati, rappresentando un baluardo fondamentale contro la diffusione dell’ideologia marxista-leninista. L’Argentina di Perón aveva invece bisogno di lavoratori e soprattutto di personale specializzato a livello tecnico e scientifico, chi meglio di ex nazisti che avevano messo in moto l’abile macchina da guerra nazista? D’altronde, se il nuovo nemico in comune era il bolscevismo, tutti questi attori decisero di chiudere un occhio sulla rete di protezione e di salvataggio di questi criminali, in cambio di informazioni fondamentali per contrastare l’avanzata rossa. Chi meglio di loro per farlo? Anticomunisti per eccellenza e fedeli all’ideologia nazista.
Tutte le parti trassero vantaggio da questa situazione ma, alla fine, il cuore della questione è: l’attenzione nei confronti del comunismo ha messo davvero in seconda luce gli orribili crimini e i genocidi commessi da questi uomini “nuovi”? Cosa impareranno le generazioni future da questo passato? Un genocidio o un crimine, può essere commesso e può essere, allo stesso tempo cancellato, con uno scambio? Si tratta di indulgenza o di un crimine, anch’esso? Per questo è importante portare, e riportare, alla luce queste verità, distruttive ma, allo stesso tempo, potenzialmente istruttive. Alla fine, fu il nemico in comune ad accomunare quegli attori internazionali che si trovarono a collaborare con i fuggiaschi nazisti. Tutti, di fronte alla rapida e pericolosa avanzata del comunismo in Europa e nel mondo, pensarono di poter sfruttare vecchi nemici, come risorse da utilizzare per spiare e sovvertire il nuovo nemico. Fu proprio grazie agli uomini di Chiesa, ai governi amici e alle agenzie di intelligence, che questi criminali poterono sfuggire alla giustizia e trovare un’immeritata libertà nei, e oltre, i confini europei.
George Santoya dice: “Chi dimentica la storia è destinato a ripeterla”. Questo lavoro altro non è che un modo per incoraggiare a non dimenticare ciò che è successo, giusto o sbagliato che sia, bisogna ricordare e avere il coraggio di denunciare l’ingiustizia, il razzismo e la violenza.
Giorgia Cardillo, La fuga dei criminali nazisti verso l’Argentina di Perón e la rete internazionale che li ha protetti. Il ruolo della Chiesa cattolica e dei servizi di intelligence, Tesi di Laurea, Università LUISS “Guido Carli”, Anno Accademico 2018/2019

Sebbene Odessa fosse nata dalle menti tedesche allo scopo di salvare il nazismo ed i suoi adepti e ricreare le fondamenta di un Quarto Reich, altri Paesi sono entrati nelle sue dinamiche per altri motivi e cause. Fra questi, oltre a quelli già citati, ci sono anche gli Stati Uniti che hanno avuto un ruolo decisivo nella fuga dei criminali di guerra dall’Europa.
Da quanto è stato scritto finora sul tema, quello che emerge è che la cosiddetta Operazione Paperclip abbia permesso la fuga degli scienziati nazisti, anche se non è stata dimostrata una correlazione diretta fra Odessa e tale operazione. Difatti, solitamente, un testo che parla di una non parla dell’altra e, tra l’altro, solo recentemente si è iniziato a dibattere sul ruolo di Paperclip in quanto i documenti su di essa sono stati desecretati negli ultimi anni. Sulla base di questa documentazione sembrerebbe che Paperclip, seppure in modo minore rispetto alle altre operazioni similari nate nello stesso periodo storico, abbia avuto una forte correlazione con Odessa.
Come abbiamo già visto più volte, gli Stati Uniti hanno ostacolato tali operazioni, vuoi per motivi umanitari e di giustizia, vuoi, soprattutto, per interessi politici ed economici (fermare l’acquisizione di militari e scienziati di valore) al fine di bloccare lo sviluppo della controparte Sud Americana – l’Argentina era il maggiore antagonista degli Stati Uniti nel Continente americano durante e subito dopo la Guerra – ed ideologica (l’URSS).
Non a caso, le operazioni dell’Odessa di Perón fallirono già sul finire degli anni quaranta. L’Operazione Paperclip è stato un programma messo in atto dai servizi segreti (OSS) degli Stati Uniti allo scopo di assoldare scienziati Nazisti e portarli negli Stati Uniti così da impedire che fossero reclutati dalle potenze concorrenti come l’URSS in Europa e l’Argentina in Sud America. L’operazione nacque, ufficialmente, nel 1945 e gli scienziati arruolati poterono continuare lo stesso lavoro che stavano svolgendo sotto Hitler.
Il programma era gestito da un ufficio all’interno del Pentagono: il Joint Intelligence Objectives Agency (JIOA), un sottocomitato del Joint Intelligence Committee (JIC) del Joint Chiefs Staff (Stato Maggiore Congiunto) delle Forze Armate degli Stati Uniti.
[…] Nel portare avanti i propri programmi scientifici attraverso il reclutamento degli scienziati nazisti con missioni parallele simili a Paperclip <726, il JIOA [Joint Intelligence Objectives Agency] fu limitato con le nuove politiche della Germania Ovest e, soprattutto, con la normativa della NATO <727 e dei Paesi che amministravano la Germania.
Lo stesso non accadde per la CIA in quanto facente parte dei servizi segreti aveva molta più libertà di azione e riusciva a non farsi condizionare dalle nuove normative in Germania. Così, quest’ultima continuò a reclutare gli agenti a scapito di Paperclip che, nel frattempo, modificò il suo nome in Defense Scientist Immigration Program (DEFSIP). Anche la CIA, poco a poco, iniziò a modificare la sua struttura come quando, per esempio, cedette l’Organizzazione Gehlen alla Germania Ovest sotto il cancelliere Konrad Herman Josef Adenauer che la rinominò BND (Bundesnachrichtendienst) <728. Ci sono, inoltre, dei documenti come quello della CIA del 1952 indirizzato all’OSI, in cui traspare preoccupazione che l’Operazione Paperclip potesse venire messa in pericolo dalla normativa NATO e dai negoziati con la Germania Ovest <729.
Nel 1952 si ebbero, anche, i primi conflitti all’interno di ogni corpo militare degli Stati Uniti per la gestione del personale reclutato e da reclutare in Europa – a causa delle differenti operazioni che si stavano sviluppando – e fra i diversi Alleati come Gran Bretagna e Francia, anch’essi interessati alla Germania.
Tutto ciò rallentava le iniziative di Paperclip, anche se uno dei maggiori contendenti, l’Operazione Odessa di Perón, era andata via via riducendo la sua dimensione e capacità soprattutto a partire dalla morte di Evita (1952). Non è un caso che in un Memorandum del JIOA al Direttore della CIA si dica: “Dati notevolmente importanti, prodotti da scienziati tedeschi non confinati in Germania, sono stati portati nell’URSS da dei tedeschi pro-Soviet. […] In particolare, in Argentina [gli scienziati tedeschi] hanno raggiunto i più alti livelli politici <730”.
Intanto, in un Memorandum diretto a Washington con titolo Project 63 ci si poneva la questione di inserire all’interno dei team di reclutamento alcuni tedeschi, in modo da avere una maggiore empatia con i nuovi scienziati. In tal senso, però, sorgeva anche la preoccupazione che così agendo sarebbe potuta nascere una comunità tedesca negli Stati Uniti troppo forte con il rischio che risorgessero sentimenti nazionalisti <731.
Inoltre, il JIOA ebbe, così come avvenne per Odessa, delle infiltrazioni comuniste: nel 1957 fu assunto il colonnello Henry Whalen che, secondo quanto scoprì l’FBI nel 1963, era un’agente del GRU e che aveva passato delle informazioni sugli scienziati nazisti ed i loro esperimenti all’URSS <732. Lo stesso avvenne anche per il tanto cercato e voluto dottor Schieber che era stato assunto dalla Divisione Chimica dell’EUCOM. Egli era stato SS Brigadeführer durante la Guerra ed aveva servito, come ho già detto, l’Ufficio degli Armamenti di Scorta sotto Speer <733. Schieber fu assunto per lavorare sul Sarin ed il Tabun e con lo scoppio della Guerra di Corea fu incaricato di riempire le bombe con tali agenti chimici. Il CIC scoprì che egli passava informazioni ai sovietici ed in particolare modo al KGB: le alte sfere chiusero un occhio su questo caso perché Schieber era ritenuto di fondamentale importanza e perché era implicato nella produzione di armi illegali contenenti i gas chimici (non sarebbe convenuto alzare un polverone e creare una situazione che si sarebbe potuta ritorcere contro) <734.
Collegato con il lavoro di Schieber c’era anche Friedrich Hoffmann (anch’egli reclutato attraverso Paperclip) che fu impiegato a lavorare per armi illegali come la produzione dell’agente chimico denominato VX (più tossico dello stesso Sarin) <735 e dell’Agente Arancione (usato come arma per uccidere le piante nella successiva Guerra in Vietnam del 1961 in modo che la popolazione non avesse avuto cibo diventando in quanto contaminato con lo spargimento di tale Agente) <736.
Per questo genere di armi, furono assunti attraverso la già citata Paperclip Accelerata (nonostante le difficoltà oggettive riscontrate in Germania), i dottori Erich Traub e Theodor Benzinger: essi furono reclutati allo scopo di sviluppare delle armi per l’uccisione della popolazione animale, nell’ambito di una guerra, in modo da ridurre alla fame le persone. Fu scelta come località per tale programma Plum Island, al largo della costa di Long Island nello Stato di New York: qui, ufficialmente, il Dipartimento dell’Agricultura trasformò, nel 1954, la struttura clandestina di ricerca nel Plum Island Animal Disease Center (PIADC) <737. Uno degli scienziati di punta che lavorò a Plum Island fu Erich Traub che portava avanti, in particolare, degli esperimenti su agenti chimici da usare contro gli animali nell’Unione Sovietica <738.
Intanto, nel febbraio del 1954 il JIOA fu rimosso dal JCS e fu posto sotto l’Assistant Secretary of Defense for Research and Development (ASD(R&E): esso era parte del Dipartimento della Difesa e fu creato dopo il National Security Act del 1947. Il suo era un ruolo consultorio per i temi sulla ricerca e l’ingegneria oltre che che di supporto per sviluppare nuovi sistemi per condurre le guerre attraverso opzioni scientifiche ed ingegneristiche. Questo cambiamento fu dovuto al fatto che si voleva mettere il JIOA a più stretto contatto con la comunità scientifica <739.
Nonostante queste trasformazioni, il JIOA continuò a portare avanti l’Operazione Paperclip Accelerata in collaborazione con la CIA il cui ruolo era di fornire chiarimenti sui profili papabili e sulla loro idoneità ed utilità per la “difesa” del Paese <740.
Ufficialmente, nel 1962, l’Operazione Paperclip fu sciolta e le sue attività furono assunte dal Dipartimento per la Ricerca e l’Ingegneria del Pentagono. Questo nuovo Dipartimento fu creato allo scopo di gestire i bisogni scientifici e di ingegneria e riportava direttamente al Segretario della Difesa <741.
Se la gran parte dei 1500 scienziati nazisti che hanno raggiunto gli Stati Uniti hanno vissuto nell’anonimato, altri hanno, invece, avuto tantissima fama e visibilità. I casi di Walter Dornberg, Wernher von Braun ed Hubertus Strughold sono significativi in tal senso.
[NOTE]
726 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81b993294098d5161b3, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 31 agosto 1951
727 Hunt L., Secret Agenda: The United States Government, Nazi Scientists, and Project Paperclip, 1945 to 1990, St. Martin’s Press – Thomas Dunne Books, New York, 1991, pag. 182
728 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 376
729 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81b993294098d5161a0, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 20 febbraio 1952
730 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd820993294098d516b71, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 6 aprile 1950
731 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81b993294098d5161b1, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 6 marzo1952
732 Hunt L., Secret Agenda: The United States Government, Nazi Scientists, and Project Paperclip, 1945 to 1990, St. Martin’s Press – Thomas Dunne Books, New York, 1991, pp. 2, 202-203
733 Mierzejewski, A., The Collapse of the German War Economy, 1944-1945: Allied Air Power and the German National Railway, UNC Press Books, Stati Uniti, 1988, pag. 12.
734 NARA, RG 319, Walter Schieber, Agent Report, 22 marzo 1950; NARA, RG 319, Walter Schieber, Agent Report, 1 maggio 1950, Jacobsen, A., op. cit
735 Tucker, J. B., War of Nerves: Chemical Warffare from World War I to Al-Quaeda, Pantheon, New York, 2006, pp. 160-169
736 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret Intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pp. 386-389
737 Kilgannon, C., Home to High-Security Lab and Source of Rumors, Plum Island Faces Uncertain Future, The New York Times online, 14 settembre 2016, https://www.nytimes.com/2016/09/15/nyregion/plum-island-home-to-top-secret-lab-faces-uncertain-future.html?mtrref=en.wikipedia.org&gwh=4BC53CED7F8825CB3224FD375157949D&gwt=pay, web. 15 febbraio 2018
738 Grossman, K., The Deadly Secrets of Plum Island, CounterPunch, 25 ottobre 2013, https://www.counterpunch.org/2013/10/25/the-deadly-secrets-of-plum-island/, 22 febbraio 2018
739 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd81b993294098d5161ae, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 18 febbraio 1954
740 CIA Digital Archives, Document Number (FOIA) /ESDN (CREST): 519cd820993294098d516b67, FOIA ERR, Special Collection, Nazi War Crimes Disclosure Act, 24 febbraio 1954
741 Jacobsen, A. M., Operation Paperclip: the secret Intelligence program that brought nazi scientists to America, Back Bay Books, New York, 2014, pag. 377
Luca Mershed, L’Operazione Odessa e la diffusione del nazismo in Argentina e nelle Americhe, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Anno Accademico 2018-2019