Con somma sorpresa delle autorità tedesche la massa degli internati rifiutò di sottoscrivere l’impegno che li trasformava in lavoratori civili

Alla fine del maggio 1944 circa 15000 ex internati erano presenti nei campi in Germania dove venivano addestrate le quattro divisioni che costituivano le Forze Armate della Repubblica di Salò (3.654 ufficiali, 1235 sottufficiali e 10.082 militari di truppa, per un totale di 14.971). <339 Gli ufficiali che avevano aderito alla Repubblica di Salò affiancarono gli istruttori tedeschi, generalmente reduci di guerra che avevano riportato gravi lesioni, nell’addestramento delle reclute provenienti dall’Italia e alcune testimonianze indicano che alcuni tra loro si distinsero per la durezza nel trattare i soldati tanto da superare in asprezza gli stessi istruttori Tedeschi. <340
L’addestramento dei soldati in Germania fu contraddistinto da un trattamento durissimo da parte degli istruttori militari tedeschi, da condizioni di vita aspre, esercitazioni faticosissime, punizioni per la minima infrazione, freddo intenso, vitto insufficiente e di qualità scadentissima. <341
Mussolini, dopo aver avuto due giorni di colloqui con Hitler <342, il 24 aprile 1944 visitò la divisione San Marco in addestramento in Germania. Mussolini, accompagnato tra gli altri da Graziani <343, passò in rassegna le truppe e fece due discorsi, uno ai soldati dopo la rivista e uno agli ufficiali nella mensa ufficiali. L’arrivo di Mussolini ebbe un effetto galvanizzante, come riferito da molti testimoni e come dimostrano diverse lettere inviate alle famiglie e impressionò anche i militari tedeschi presenti. <344
Nel luglio 1944, poco prima del suo invio in Italia, i Tedeschi fecero pressioni affinché la Divisione Italia fosse sciolta, disarmata e mandata al lavoro <345. A guerra finita, la testimonianza del colonnello Heinz Heggenreiner, già ufficiale di collegamento tra l’alto comando tedesco e il ministero italiano della difesa, al processo a Graziani, mostrava come i Tedeschi avessero ipotizzato di non rimandare le quattro divisioni in Italia, ma di trattenerle in Germania e incorporarle nella difesa antiaerea. <346
Prima di quello che sarebbe stato l’ultimo incontro tra i due dittatori <347, Mussolini, nella seconda metà di luglio, visitò le quattro divisioni italiane in addestramento in Germania. <348 Il 16 luglio visitò a Münsingen gli alpini della Monterosa, ai quali promise che non si sarebbero dovuti battere con altri Italiani, ma con le truppe multietniche della coalizione alleata <349. Il 17 era a Paderborn dove ispezionò la divisione Italia. La mattina del 18 luglio era a Grafenwöhr, dove passò in rassegna la divisione San Marco e nel pomeriggio visitò il campo di addestramento della divisione Littorio, a Heidelberg. Ovunque si ripeté l’entusiasmo della sua prima visita di aprile; Mussolini parlò a soldati e ufficiali suscitando “una profonda impressione” <350. Con il morale sollevato dalla visita alle divisioni, la delegazione italiana si recò al quartier generale tedesco per l’incontro con Hitler. Anche stavolta l’attenzione italiana era puntata sulla questione degli internati militari, con la speranza di ottenere da Hitler il cambiamento di status in liberi lavoratori civili <351; a tal scopo venne preparato un promemoria con le richieste italiane. Rahn suggerì a Mussolini di consegnare il promemoria a Hitler, chiedendogli di leggerlo in un secondo momento o di cestinarlo, a sua discrezione. Con questa mossa si confidava che Hitler, per puro spirito di contraddizione, avrebbe letto e approvato immediatamente lo scritto. <352
All’arrivo a Rastenburg, Mussolini fu accolto calorosamente da Hitler fasciato ad un braccio e visibilmente scosso: era infatti sopravvissuto fortunosamente allo scoppio di una bomba nel suo ufficio al quartier generale. L’incontro si tenne ugualmente ma in un’atmosfera greve, con gli Italiani spettatori fuori posto dell’evolversi della situazione, con Hitler palesemente concentrato a seguire gli sviluppi della repressione del tentativo di colpo di Stato.
Comunque Mussolini consegnò come concordato il promemoria <353 ad Hitler che, come previsto, lo lesse e lo approvò immediatamente. <354 Gli Italiani avevano ottenuto finalmente un risultato concreto per il futuro degli internati militari italiani con il loro passaggio a liberi lavoratori civili, spacciabile sul fronte interno come un grande successo, e la fine delle loro penose condizioni, testimonianza della fraterna collaborazione con il Reich tedesco.
In realtà la situazione degli internati militari rimase drammatica e, se poté verificarsi un miglioramento delle condizioni di vita nell’immediato, in molti casi peggiorò decisamente <355, soprattutto per gli ufficiali, che privati dei loro gradi furono avviati al lavoro coatto.
La cerimonia dell’abbattimento dei reticolati in alcuni campi, riportata con grande enfasi dalla propaganda in Italia con articoli e fotografie, in realtà allargava semplicemente i confini della prigionia dei militari italiani, che diventavano ora quelli del Reich Germanico. <356 Agli internati, prima di abbandonare i campi, era richiesto di firmare un impegno <357 che li obbligava a lavorare per la Germania fino al termine del conflitto; per questo, chi non avesse sottoscritto tale impegno sarebbe rimasto internato. <358
Con somma sorpresa delle autorità tedesche la massa degli internati rifiutò di sottoscrivere l’impegno che li trasformava in lavoratori civili, affermando in tal modo la propria volontà di non collaborare allo sforzo bellico germanico. <359 Dopo che in molti campi si era ricorso alle minacce e alle percosse per obbligare gli internati alla firma, il 4 settembre 1944 il Comando Supremo della Wehrmacht ordinò il cambio di status per gli internati a prescindere dall’adesione scritta. <360 Molti, soprattutto tra gli ufficiali, continuarono a rifiutare l’avviamento al lavoro; all’inizio di gennaio coloro che ancora rifiutavano qualsiasi tipo di collaborazione erano, secondo fonti tedesche, 69.300. <361 Alla fine di gennaio fu “emanata la disposizione del lavoro obbligatorio per tutti” <362.
[NOTE]
339 Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento, cit., p. 453.
340 Cfr. Zappa, L’addestramento in Germania della Divisione “Littorio”, cit., p. 67 s.
341 Cfr. ivi, p. 51 ss.
342 Uno dei punti cruciali dell’incontro doveva essere, secondo le intenzioni della delegazione italiana, la questione del “ricupero degli internati”. Hitler liquidò la questione affermando che non era possibile pensare di liberare gli internati militari italiani, diventati comunisti in massa, e invitò Mussolini a dimenticarsi di loro. Cfr. Luigi Bolla, Perché a Salò. Diario della Repubblica Sociale Italiana, Milano, Bompiani, 1982, p. 177.
343 Della delegazione italiana facevano parte, oltre a Mussolini e Graziani, Serafinio Mazzolini, Segretario generale del ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Salò, l’ambasciatore a Berlino Filippo Anfuso e l’addetto militare italiano a Berlino, colonnello Morera, Vittorio Mussolini, Commissario dei Fasci italiani all’estero. Al seguito c’era anche il diplomatico Luigi Bolla, segretario di Mazzolini. Cfr. ivi, p.171 ss.
344 Cfr. ivi, p. 180 ss. ; cfr. Lepre, La Repubblica di Mussolini, cit., p. 170 ss.
345 Cfr. la testimonianza del generale Rosario Sorrentino al processo Graziani, cit., in “Il Movimento di liberazione in Italia”, luglio-settembre 1963, cit., p. 23. Il generale tedesco Eugen Ott, ispettore generale tedesco delle divisioni italiane addestrate in Germania, disse come la divisione Italia fosse impiegata per il raccolto e, al suo rientro in Italia, disarmata per motivi di sicurezza di tutto l’armamento tedesco. Cfr. Lepre, La Repubblica di Mussolini, cit., p. 236.
346 Cfr. “Il Movimento di liberazione in Italia”, luglio-settembre 1963, cit., p.28.
347 Cfr. Anfuso, Da Palazzo Venezia al Lago di Garda, cit., p. 449.
348 Della delegazione italiana facevano parte Graziani, Mazzolini, Anfuso, Vittorio Mussolini ed erano accompagnati da Rhan, plenipotenziario del Reich e ambasciatore tedesco presso la repubblica di Salò.
349 La fallacità di tale impegno fu in seguito constata dagli alpini dopo il loro impiego nella lotta antipartigiana. Cfr. Lepre, La Repubblica di Mussolini, cit., p. 232.
350 Ivi, p.233. Cfr.233 ss. per testimonianze coeve sulla profonda emozione suscitata nei militari italiani dalla visita del duce.
351 Già nel mese di maggio 1944, i Tedeschi avevano provato la “civilizzazione” di circa 5.000 internati militari italiani, con la concessione di una certa libertà di movimento, tessere annonarie e un piccolo salario. Cfr. Paolo Desana, La via del lager. Scelta di scritti inediti sull’“internamento” e la “deportazione” a cura e con annotazioni di Claudio Sommaruga, Alessandria, Ugo Bocassi editore, 1994, p. 75.
352 Cfr. Kuby, Il tradimento tedesco, p. 523 s.
353 La proposta italiana consisteva nell’avviare al lavoro gli internati, migliorando allo stesso tempo la loro condizione così da poterne sfruttare pienamente la capacità produttiva. Si suggeriva di indirizzare gli internati d’estrazione contadina ai lavori agricoli. Si auspicava una loro selezione sulla base delle attitudini lavorative. Si proponeva di inquadrare militarmente almeno parte degli aderenti. Si escludeva da parte italiana qualsiasi richiesta di rimpatrio; Mussolini si dichiarava convinto che questo avrebbe comportato adesioni al nemico. Cfr. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento, cit., p. 571 s
354 Cfr. Lepre, La Repubblica di Mussolini, cit., p. 236; cfr. anche Bolla, Perché a Salò, cit., p.210 s. La decisione di Hitler fu probabilmente influenzata dalla convinzione maturata in ambienti tedeschi che fosse ormai impossibile attingere ulteriore manodopera dall’Italia; cfr. Per un riassunto del promemoria di Mussolini cfr. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento, cit., p. 573 s.
355 Per la situazione degli internati militari dopo il loro passaggio a lavoratori civili confronta sotto cap. III.
356 Mazzolini partecipò in un campo a questa cerimonia. Bolla riporta nel suo diario che l’accoglienza degli internati fu “fredda e ostile”; cfr. Bolla, Perché a Salò, cit., p. 218.
357 L’impegno da sottoscrivere era il seguente: “Io mi dichiaro pronto a lavorare in Germania sino alla fine della guerra, alle condizioni di lavoro che vigono per le forze lavorative ingaggiate in Italia dopo il 1° aprile 1944”. Cfr. Gli IMI …, a cura di Bruno Betta, cit., p. 120.
358 Cfr. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento, cit., p. 577 ss.
359 Sul rifiuto al lavoro come forma di resistenza cfr. sopra cap. V.
360 Cfr. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento, cit., p. 544 s.
361 Cfr. Gianni Oliva, I vinti e i liberati. 8 settembre 1943- 25 aprile 1945. Storia di due anni, Milano, A. Mondadori, 1994, p. 472.
362 Guido Argenta, Gli oppositori al nazifascismo dimenticati, Cavallermaggiore, Gribaudo, 1993, p. 114. Per gli internati militari che continuarono comunque a rifiutare qualsiasi forma di collaborazione cfr. cap. V.
Marcello De Caro, L’internamento dei militari italiani nei campi tedeschi dopo l’8 settembre 1943, Tesi di laurea, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno accademico 2002-2003