Dal 1923, la Francia divenne definitivamente la patria d’elezione di Luigi Campolonghi, la terra dei diritti dell’uomo, ultimo argine ai fascismi europei

Letterato, politico, sindacalista, pubblicista. Luigi Campolonghi è stato un uomo dalle molte sfaccettature e contraddizioni. Tanto che è difficile privilegiare, nella ricostruzione della sua vita, un profilo chiaro e definito. Rivoluzionario e riformista, socialista e massone repubblicano. Quale aspetto mettere in luce di questo personaggio istrionico, guascone e narratore di rara maestria, noto per essere stato il Presidente della LIDU – la Sezione Italiana della Ligue Internationale des Droits de l’homme.
La gran parte della storiografia e della memorialistica dell’emigrazione italiana in Francia hanno messo in luce quasi esclusivamente il suo impegno antifascista – a partire dal 1923 – ma la storia di Luigi Campolonghi non si limita al pur lungo e importante ventennio <1.
L’importanza della LIDU – divenuta un punto di riferimento imprescindibile per l’emigrazione italiana – ha progressivamente cancellato altri aspetti della biografia di questo testimone di un’epoca, la cui vita è stata lunga e storicamente complessa.
Luigi Campolonghi nacque a Pontremoli nel 1876, nel lembo settentrionale della Lunigiana, territorio dalla forte identità culturale, ma privo di un riconoscimento formale essendo diviso dal punto di vista amministrativo tra Toscana, Liguria ed Emilia Romagna. Nella sua giovinezza si nutrì delle idee che muovevano i grandi cambiamenti di fine secolo, puntualmente documentati nelle sue opere sotto il profilo culturale e politico. A Parma, dove frequentò il Collegio e l’Università, apprese i primi rudimenti di socialismo prampoliniano direttamente collegato, nella sua interpretazione, al retroterra ribellistico apuano grazie all’introduzione del treno, metafora e simbolo di progresso <2.
«La Giustizia», il foglio di Camillo Prampolini, e «La Terra», il giornale socialista della Lunigiana da lui fondato assieme ad un “manipolo” di studenti romanticamente imbevuti di passione politica ed amore per l’arte furono le prime esperienze di un lungo percorso professionale vissuto tra Italia e Francia.
Fedele al costume ottocentesco di dedizione totale alla causa, Luigi Campolonghi svolse in quegli anni proselitismo evangelico tra i contadini della montagna insieme con Alceste De Ambris, il compagno di una vita <3.
La crisi di fine secolo porrà fine a quest’esperienza disperdendo il nascente movimento socialista in Lunigiana e costringendo Campolonghi ad una fuga, dalla quale non è assente una forte connotazione romantica.
Il rapporto di Campolonghi con la Francia iniziò nel 1898 e si intrecciò con la città di Marsiglia, la capitale dell’emigrazione italiana dell’epoca <4. Campolonghi vi risiedette fino al 1901. Da scaricatore di porto e calzolaio – complice una grande ambizione e capacità non comuni – si impose come pigiste al «Petit Provençal» ed assunse progressivamente le corrispondenze dei giornali italiani: «Il Caffaro», il socialista l’«Avanti!», «Il Secolo» di Milano ed «Il Giornale» di Genova.
Nelle asprezze dell’emigrazione l’impegno politico fu sempre presente ed egli fu tra i dirigenti dell’«Union Socialiste Italienne en France», fondata nel 1899 al Congresso de La Ciotat, un piccolo centro tra Marsiglia e Tolone.
Campolonghi, capace di guidare e moderare i lavoratori italiani, fu riconosciuto come guida del movimento operaio ed interlocutore privilegiato anche dall’autorità prefettizia sino a che a seguito di malcelate rivalità in ambito sindacale e giornalistico, una campagna stampa calunniosa volto a screditarlo guidò la sua espulsione, nel 1901.
L’importante ruolo svolto da Campolonghi in questo frangente, ruolo «pas seulement de plume» <5, come sottolinea a più riprese Pierre Milza <6, acquista valore attraverso i numerosi rapporti di polizia che riportano il suo operato.
Tra il 1898 ed il 1901 si susseguirono, infatti, numerosi scioperi, tra i quali spicca quello degli scaricatori di porto che si svolse tra il febbraio ed il marzo 1901, organizzato dal Sindacato Internazionale, nel quale la componente italiana era massiccia.
Marsiglia rappresentò dunque il primo importante banco di prova politico e sindacale di questo poliedrico attivista.
Il decennio che seguì lo vide alle prese con un percorso professionale pieno di contraddizioni, ma fervido di una produzione intellettuale rimarcabile. Campolonghi, quasi un senza fissa dimora per le molte città in cui risiedette nel decennio in questione, inseguì lavori e collaborazioni a giornali spesso a grande distanza, rinnovando un carattere difficile e permaloso – diremmo molto apuano – che lo portò a rinunciare ad importanti incarichi di un mestiere – il pubblicista – altamente precario. Lo stesso carattere, del resto, ebbe peso nel percorso politico che lo porterà ad un abbandono progressivo – ma mai definitivo – del campo socialista e l’approdo alla democrazia radicale.
La svolta politica degli anni che vanno dal 1906 al 1911 venne registrata anche dal personale di polizia tanto che si arrivò a sostenere prudentemente la sua cancellazione dallo schedario del Casellario Politico Centrale <7.
Altruista, benefattore, goliardo ed ironico, questo giornalista italiano ebbe accesso al milieu intellettuale parigino dal 1910, anno del suo trasferimento professionale in Francia quale corrispondente del «Secolo» e del «Messaggero».
Il suo intervento presso l’opinione pubblica internazionale al fine di ottenere una revisione del processo farsa a Francisco Ferrer <8 gli aveva fatto guadagnare le simpatie e la considerazione di importanti intellettuali europei tra i quali Georges Lorand, noto avvocato progressista, già partecipante alla battaglia dreyfusarda e Presidente della Sezione belga della Ligue. Fu probabilmente grazie a quest’ultimo che Campolonghi venne introdotto nel prestigioso salotto di Mme Aline Ménard Dorian dalla quale avrebbe progressivamente ottenuto i prestigiosi incarichi nell’organizzazione.
Campolonghi, già affiliato alla Massoneria fiorentina, ebbe contatti ai più alti livelli della Terza Repubblica e della Franco-Massoneria <9.
Nella Grande Guerra – interventista convinto – si fece promotore di un collegamento serrato tra la Francia e l’Italia. Durante la neutralità italiana, organizzò in Italia conferenze di ministri francesi e, condividendo la linea bissolatiana in politica estera, fece da staffetta fra il cognato Leonida ed importanti esponenti del mondo politico e governativo francese <10.
Pur avendo aderito al Partito Socialista nel 1896, si riconobbe in un’identità politica sfumata, che non trova sponde nel panorama italiano, corrispondente in parte al radicalismo repubblicano di matrice francese.
Rientrato in Francia nel 1910, a Parigi Campolonghi si introdusse rapidamente nell’ambiente radical-socialista e nei circoli dell’emigrazione italiana. Ebbe rapporti personali con alcuni dei massimi esponenti della III Repubblica, collaborò all’«Humanité» di Jean Jaurès e al quotidiano «Le Petit Parisien». Pur in condizioni difficili, non cessò mai di operare per un’intesa tra Italia e Francia. A questo scopo fondò il «Don Quichotte. Quotidien d’action latine», una rivista che si proponeva di gettare un ponte culturale tra Francia ed Italia. La testata, di orientamento socialista riformista, si richiamava – seguendo il pensiero di Bissolati – alla necessità di opporre un blocco latino, culturale e politico, alla minaccia della Germania. L’ambizione era quella di costituire l’avanguardia di un connubio economico e sociale tra le due nazioni.
Dal 1923, a causa della progressiva instaurazione del regime fascista, la Francia divenne definitivamente la patria d’elezione di Luigi Campolonghi, la terra dei diritti dell’uomo, ultimo argine ai fascismi europei. Si ritirò a Nérac, in Guascogna, dove cercò di fondare un’azienda agricola. La regione divenne rapidamente meta di emigrazione e polo di investimento di capitali italiani. Grazie alla sua versatilità, Campolonghi riuscì a collaborare a giornali come «L’Oeuvre» e a fogli scritti parzialmente in italiano, vedi ad esempio «La France de Nice». Creò od animò anche giornali rivolti appositamente alla componente dell’emigrazione, tra gli altri: «La Libertà», «Il Mezzogiorno» – fondato da De Ambris – e «L’Attesa». I suoi contatti, alla luce della lunga professione, gli consentirono di scrivere in testate regionali del Sud-Ouest, ad esempio «La Dépêche de Toulouse» e «La France de Bordeaux» dove non mancò di stigmatizzare il crescente zelo a favore del fascismo delle autorità consolari italiane.
Il suo successo più grande fu l’opera di accoglienza degli italiani nella zona e nell’intera Francia. Si fece cantore dell’integrazione, sotto tutti i punti di vista, svolgendo un’azione pedagogica sugli immigrati, pur non arrivando mai a caldeggiarne la naturalizzazione francese.
Campolonghi era all’epoca l’esponente più rappresentativo della «Loggia Italia», loggia di incontro delle élites italo-francesi all’obbedienza della «Grande Loge» operante dal 1913 ed impegnata, a partire dagli anni venti, in una vasta opera di sensibilizzazione antifascista all’interno della stessa massoneria francese. Nata come costola della Ligue, la LIDU, Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo, sorta formalmente nel 1922, fu rilanciata grazie all’opera di Campolonghi e Alceste De Ambris che ne divennero rispettivamente il Presidente e il Segretario. Grazie alla sua generica piattaforma democratica di difesa dei diritti fondamentali dell’uomo, di libertà e democrazia, quest’organizzazione riuscì a rappresentare un luogo di incontro e di discussione tra militanti di base di diverso orientamento politico <11.
Fatta salva la netta pregiudiziale anti-monarchica contro Casa Savoia, Campolonghi si sforzò di evitare dispute partitiche dentro l’organizzazione e mantenere un alto profilo riuscendo nuovamente a farsi riconoscere come interlocutore privilegiato dagli ambienti governativi francesi […]
[NOTE]
1 Vedi ad esempio le memorie di Sandro Pertini, S. Pertini, Sei condanne, due evasioni, Mondadori, Milano 1970; cfr. S. Tombaccini, Storia dei fuorusciti italiani in Francia, Mursia, Milano 1988; E. Signori, M. Tesoro, Fernando
Schiavetti e gli antifascisti nell’esilio fra repubblicanesimo e socialismo, Le Monnier, Firenze 1987.
2 Cfr. L. Campolonghi, “Pontremoli” Una cittadina italiana tra l’80 e il ‘900, Marsilio, Venezia 1988, pp. 105-114 e passim; AA.VV., La Spezia – Parma, la ferrovia tra il Mediterraneo e l’Europa, mostra storico-documentaria Pontremoli luglio-settembre 1991, Zolesi Editore, La Spezia 1991.
3 Sul rapporto tra Campolonghi e Prampolini cfr. L. Campolonghi, Camillo Prampolini e il suo tempo, Casa Editrice Respublica, Parigi 1932.
4 P. Milza, Le premier séjour de Luigi Campolonghi à Marseille, in “Luigi Campolonghi, Une vie d’exil”, CEDEI, Paris 1989, p. 21; cfr. sullo stesso tema P. Milza, Français et italiens à la fin du XIXème siècle. Aux origines du rapprochement franco-italien de 1900-1902, École française de Rome, Roma 1981.
5 Milza, “Le premier séjour”, cit., p. 21.
6 Cfr. supra.
7 Cfr. Fascicolo su L. Campolonghi, CPC, ACS.
8 Campolonghi dedicò un volume alla causa, cfr. L. Campolonghi, L’assassinio di Francisco Ferrer y Guardia, E. Palagi & C., Genova 1909.
9 Vedi, ad esempio, la corrispondenza conservata nel Fondo Campolonghi (d’ora in poi FC) dell’INSMLI (b. 1, f. 3), che comprende lettere da parte di Vincent Auriol, Louis Barthou, Georges Clemenceau, Édouard Daladier, Raymond Poincaré ed altri.
10 Sul carteggio Bissolati-Campolonghi e la cospicua corrispondenza con personalità politiche ed intellettuali cfr. supra e Correspondances avec Leonida Bissolatti, Archive Campolonghi (d’ora in poi AC), BDIC.
11 Cfr. E. Galli della Loggia, Campolonghi, Luigi, in Dizionario biografico degli italiani: http://www.treccani.it/enciclopedia/luigi-campolonghi_%28Dizionario_Biografico%29/.
Mattia Ringozzi, La dignità degli sconfitti. Per una biografia di Luigi Campolonghi, Tesi di Laurea Magistrale, Università degli Studi di Pisa, Anno Accademico 2015/2016

“Le fascisme est toujours et partout la guerre!”
“Fascismo e democrazia non possono allearsi. Il primo rappresenta, nell’ideologia, nelle leggi, nelle aspirazioni internazionali, la negazione totale della seconda. L’uno esclude l’altra fatalmente. […] La legge interna del suo sistema lo porta verso l’avventura, il dominio, la guerra; lo costringe ad esaltare la forza materiale, la bellezza delle armi, a educare militarmente la gioventù, a trasformare il paese in una vasta caserma, ch’è al tempo stesso una vasta prigione. […] Ecco il pericolo che il fascismo rappresenta per l’Europa e per la democrazia” <1.
L’assidua attività di denuncia del carattere repressivo, liberticida e bellicista del fascismo rappresenta la cifra costitutiva della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (LIDU), associazione sorta alla fine del 1922 ed operante nell’esilio francese con il compito di accogliere nei suoi ranghi i proscritti italiani di tutte le tendenze <2. L’incessante propaganda contro il fascismo – fattore di guerra – e, di conseguenza, la lotta per la pace occupano un posto centrale nella storia di questa organizzazione.
Il contributo della LIDU alla difesa della pace è tutto declinato sul versante dell’antifascismo. Si tratta di un sodalizio capace non solo di alimentare una intensa e capillare azione propagandistica volta a sensibilizzare l’opinione pubblica francese sul pericolo rappresentato dai regimi dittatoriali e sui misfatti da questi perpetrati.
Sul terreno pratico, la LIDU fu attiva nell’opera di assistenza materiale ai rifugiati politici, che si esplicava principalmente attraverso la regolarizzazione amministrativa e la definizione della posizione giuridica degli esuli in conformità con la legislazione dei paesi ospitanti, senza tralasciare di fornire un primo orientamento al lavoro e la concessione di sussidi ai più bisognosi. Gli interventi andavano, nello specifico, dalla richiesta della carta d’identità e dei passaporti, alle pressioni per ottenere la revoca di provvedimenti di espulsione, all’attento monitoraggio dei processi per ragioni politiche.
[NOTE]
1 Stralcio di un documento preparatorio del Congresso generale della LIDU svoltosi a Chambery nel ’32, «La Libertà», 12 maggio 1932.
2 Per una analitica ricostruzione della vicenda della LIDU il riferimento obbligato è agli studi di Éric Vial, LIDU 23-34. Une organisation antifasciste en exil. La Ligue Italienne des Droits de l’Homme de sa fondation à la veille des fronts populaires, thèse dell’E.H.E.S.S., Paris 1985, dattiloscritto; Id., LIDU 35-40. Une organisation antifasciste en exil. La Ligue Italienne des Droits de l’Homme entre Fronts populaires et seconde guerre mondiale, mémoire de sortie de l’Ecole Française de Rome, Roma 1988; Id., La Ligue italienne des droits de l’homme (LIDU), de sa fondation à 1934, in Pierre Milza (directeur), Les italiens en France de 1914 à 1940, Collection de l’École Française de Rome, Rome 1986, pp. 407-430; Id., La Ligue française des droits de l’homme et la L.I.D.U., son homologue italienne, organisation d’exilés antifascistes dans l’entre-deux-guerres, «Le Mouvement social», avril 1998, pp. 119-134; Id., Mario Angeloni e la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo, «Nuovo Archivio Trimestrale», 1987, pp. 495-519; Id., La Lega italiana dei Diritti dell’Uomo come vettore di unità nel fuoruscitismo, in Moreno Guerrato (a cura di), L’antifascismo italiano
tra le due guerre: alla ricerca di una nuova unità, Centro Studi e Ricerca “Silvio Trentin”, Jesolo 1985, pp. 81-94. In particolare, riguardo all’impegno profuso dalla LIDU per la difesa della pace, mi sia consentito rimandare al mio saggio su Luigi Campolonghi et la Ligue Italienne de Droits de l’Homme, in Pour la Paix en Europe. Institutions et société civile dans l’entre-deux-guerres, Donatella Cherubini e Marta Petricioli (éds), Peter Lang, Bruxelles 2007. Sul ruolo di primo piano assunto dalla Lega italiana nella formazione della Concentrazione d’azione antifascista e in merito alla rilevante presenza massonica nella stessa organizzazione si vedano i saggi di Santi Fedele, Storia della Concentrazione antifascista 1927-1934, Feltrinelli, Milano 1976; Il retaggio dell’esilio. Saggi sul fuoruscitismo antifascista, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; La Massoneria italiana nell’esilio e nella clandestinità 1927-1939,
Franco Angeli, Milano 2005; La Massoneria nell’esilio e nella clandestinità, in Storia d’Italia. Annali 21. La Massoneria, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Einaudi, Torino 2006.
Antonio Baglio, Campolonghi, la LIDU e la lotta per la pace in Antonio Baglio, Santi Fedele, Vincenzo Schirripa, Per la pace in Europa: istanze internazionaliste e impegno antifascista, Università degli Studi di Messina, Dipartimento di studi sulla civiltà moderna, 2007