Dalla scoperta dell’”armadio della vergogna” all’azione giudiziaria

Nel 1994, il procuratore militare di Roma Antonino Intelisano scopre – seminascosto in un abbaino della cancelleria della procura – un armadio con le ante rivolte verso il muro, contenente 695 fascicoli d’indagine relativi a 2274 notizie di reato collegate a crimini nazifascisti compiuti in Italia durante l’occupazione tedesca. Fra questi gli atti secretati di verbali d’informazione testimoniale redatti dai servizi segreti militari britannici che riportano le inchieste effettuate già a partire dal 1944 in relazione agli atti di violenza collettiva e le atrocità commesse dagli occupanti nazisti, con la collaborazione con le milizie fasciste, poi consegnati, al termine del conflitto alle autorità giudiziarie italiane <94.
L’opinione pubblica viene informata sul ritrovamento dell’immenso carteggio grazie al lavoro d’inchiesta svolto da Franco Giustolisi, redattore del settimanale “L’Espresso”, mediante una serie di articoli, in cui il giornalista conia il termine “armadio della vergogna” <95.
Con la legge n. 107/2003 viene istituita una commissione parlamentare d’inchiesta che opera dall’ottobre del 2003 alla primavera del 2006 con l’obiettivo di chiarire le modalità del ritrovamento dei documenti e ricostruire la gestione dei faldoni depositati nell’armadio. Al termine dei lavori, i membri della commissione producono un documento “diviso” al cui interno si presenta una relazione di maggioranza in cui si esclude una ingerenza politica dei servizi segreti sulla magistratura militare e uno di minoranza nel quale si evidenzia “in che modo la ‘ragion di stato’ e il contesto internazionale abbiano influenzato l’azione penale contro i criminali tedeschi”, come scrive il primo firmatario Carlo Carli <96. L’opinione di Carli introduce l’argomento delicato sulle posizioni assunte dall’Italia nei confronti dei tentativi di neutralizzazione effettuati dal governo tedesco nell’occultare le violenze compiute dall’esercito e dalle SS nei territori occupati, prima del 1945.
Nel contempo, la procura militare di La Spezia richiede l’invio dei materiali depositati nell’armadio relativi ai fatti di competenza territoriale dell’Italia centro-occidentale, facenti riferimento all’ufficio ligure, coordinato dal P.M. Marco De Paolis, dando così inizio a una serie di processi militari per i crimini di guerra commessi da cittadini tedeschi e austriaci, già appartenenti alle SS o alla Wermacht; presso la Procura di La Spezia infatti, De Paolis aveva creato – cosa unica in Italia – un nucleo investigativo speciale sulle stragi nazifasciste del 43-44.
Alcuni di tali processi costituiscono i più importanti casi giudiziari della storia della nostra giustizia, sia ordinaria che militare, poiché per la gravità dei fatti, per il numero di vittime e di parti civili costituite in giudizio, non vi sono in Italia precedenti giudiziari che siano comparabili ai processi celebrati a La Spezia fra il 2003 e il 2008.
I processi per l’eccidio di Monte Sole-Marzabotto (con oltre ottocento vittime civili e circa centocinquanta parti civili costituite), quello per la strage di Sant’Anna di Stazzema a Lucca, con circa quattrocentosettanta vittime civili, quello per la strage di Civitella in Val di Chiana (più di duecento vittime) o, ancora, quello per gli eccidi di Bardine di San Terenzo e Vinca (Massa) con oltre trecentocinquanta morti tra la popolazione civile.
Nello stesso arco temporale inizia l’istruttoria sugli eccidi commessi dal Reparto SS “H. Göring” sul territorio dell’alto Appennino tosco-emiliano, compreso fra le province di Firenze, Arezzo, Massa-Carrara, Modena e Reggio Emilia, in cui s’inserisce la strage di Vallucciole dell’aprile 1944.
Il gruppo degli inquirenti di La Spezia si reca sul territorio per integrare le notizie provenienti dal materiale documentario attraverso l’ascolto di eventuali testimoni con l’intento di realizzare un quadro indiziario sufficiente ampio e approfondito e richiedere così l’apertura di un processo penale. A Stia, rammenta V. Frulloni <97, uno dei primi intervistati, si reca un gruppo di magistrati, accompagnato da agenti di polizia giudiziaria e due rappresentanti del governo della RFT, proprio con l’obiettivo di raccogliere gli elementi testimoniali iniziali.
In realtà la Procura della Repubblica presso il Tribunale militare di La Spezia si era occupata già in precedenza dell’eccidio di Vallucciole. Nel 1966 a seguito di una denuncia da parte dei familiari delle vittime (P. Trapani e altri 104), si avvia un procedimento penale nei confronti di “Ignoti militari tedeschi”, concluso a termine dell’istruttoria, condotta dal Procuratore militare Orazio Romano, con una richiesta al GIP d’archiviazione a causa dell’impossibilità di determinare i responsabili diretti degli avvenimenti. Nel fascicolo della Procura Generale Militare della Repubblica di Roma, sono tuttavia presenti i verbali d’informazione testimoniale raccolti dai Carabinieri già nel maggio del 1944 <98.
Il lavoro s’interrompe inaspettatamente il 30 giugno 2008, quando l’amministrazione statale decide di chiudere il Tribunale di La Spezia, per motivi di spending review, passando il caso alla Procura militare di Verona, dove l’incarico viene conferito allo stesso De Paolis, trasferito presso l’ufficio inquirente del medesimo tribunale. Ciò produce un ulteriore allungamento dei tempi di giustizia, come riconosce lo stesso De Paolis (2014), ma non ferma il procedimento di accertamento della verità processuale.
“Ero particolarmente legato all’indagine sui crimini della divisione Hermann Göring – scrive Marco De Paolis – per vari motivi: anzitutto perché qualche anno prima, quando mi occupai della strage di Civitella in Val di Chiana, avevo potuto constatare quanto sangue e distruzione quel reparto aveva sparso nella provincia di Arezzo, senza che fosse stato possibile trovare un responsabile; e proprio gli eccidi di Stia e Vallucciole mi avevano fortemente impressionato.
In secondo luogo, vi ero legato poiché si trattava di un procedimento che avevo letteralmente rianimato dopo le precedenti archiviazioni avvenute in più riprese negli anni cinquanta, sessanta e novanta, da quando nel 2005 – in occasione di una delle tante missioni in Germania – avevo appreso che la polizia criminale tedesca (il LKA di Düsseldorf) aveva aperto un procedimento di indagine sui fatti di Stia e Vallucciole <99 e che di quelle indagini si occupava anche un funzionario di polizia di origine italiana, toscana per la precisione <100”.
A conclusione delle indagini, il 20 luglio 2009, egli deposita presso la cancelleria del Gip di Verona la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di diversi imputati, tutti appartenenti alla divisone corazzata Hermann Goring: Gustav Brandt, 94 anni, sottotenente; Hans Georg Winkler, di anni 86, sottotenente, comandante della 4a compagnia; Fritz Olberg, 88 anni, sottotenente, comandante di plotone della 3a compagnia; Wilhelm Karl Stark, di anni 89, sergente, comandante di squadra della 3a compagnia; Ferdinand Osterhaus, di ani 92, sottotenente, comandante di plotone della 5a compagnia; Helmut Oderwald, di anni 90, capitano, comandante della 10a batteria artiglieria antiaerea; Gunter Heiroth, di anni 84, soldato della 3a compagnia.
L’udienza preliminare viene celebrata il 5 ottobre 2009, a cui fa seguito il dibattimento, di cui la prima parte è destinata a ricostruire il quadro storico in cui i fatti si sono verificati, grazie anche al contributo di diversi consulenti, fra cui C. Gentile, autore di numerose pubblicazioni dedicate alle stragi nazifasciste in Toscana <101 e M. Storchi, storico della resistenza, autore di un saggio sull’eccidio di Cervarolo <102.
È poi la volta dei testimoni delle parti civili, ordinati in senso cronologico, seguendo le operazioni compiute dalla divisione Göring: V. Frulloni, F. Marchi e L. Rinaldini vengono interrogati in data 11 marzo 2011.
Il 6 luglio 2011 il Tribunale militare di Verona conclude con una sentenza di condanna all’ergastolo per 9 imputati il processo penale iniziato nell’ottobre del 2009 contro i responsabili delle stragi compiute dal Reparto esplorante SS “H. Göring” nelle località dell’Appennino tosco-emiliano, fra cui Vallucciole, di cui riportiamo la formula pronunciata dal Presidente della corte penale militare:
“Primo grado di giudizio: il Tribunale militare di Verona con la sentenza n. 43 pronuncia il 6 luglio 2011:

  • in relazione ai fatti di Monchio, Susano e Costrignano del 18 marzo 1944 dichiara gli imputati Alfred Lühmann, Helmut Odenwald e Ferdinand Osterhaus responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena dell’ergastolo;
  • in relazione ai fatti di Civago e Cervarolo del 20 marzo 1944 dichiara gli imputati Fritz Olberg e Wilhelm Stark responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena dell’ergastolo;
  • in relazione ai fatti di monte Morello, Ceppeto e Cerreto Maggio del 10 aprile 1944 dichiara gli imputati Erich Koeppe e Helmut Odenwald responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena
    dell’ergastolo;
  • in relazione ai fatti del monte Falterona fra cui Stia, Vallucciole, Pratovecchio, Partina, Moscaio, Castagno d’Andrea, Badia Prataglia, Caprese Michelangelo, Santa Maria Serelli dei giorni 13-18 aprile 1944, dichiara gli imputati Erich Koeppe, Helmut Odenwald, Alfred Lühmann, Fritz Olberg, Wilhelm Stark e Hans Georg Winkler responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena dell’ergastolo;
  • in relazione ai fatti di Mommio-Fivizzano del 4 e 5 maggio 1944 dichiara gli imputati Fritz Olberg, Ferdinand Osterhaus, Wilhelm Stark e Hans Georg Winckler responsabili di concorso nel reato continuato loro ascritto e li condanna alla pena dell’ergastolo [omissis] <103”.
    [NOTE]
    94 Una parte di questi documenti, relativi all’eccidio di Vallucciole sono stati pubblicati nel volume: Vessichelli G. (2006), op. cit.
    95 Giustolisi F. (2000), L’armadio della vergogna. In L’Espresso, 9 novembre 2000; prima di questo erano apparsi sul medesimo settimanale altri reportage sull’oscuro processo di nascondimento dei documenti relativi alle violenze nazifasciste italiane; cfr. Giustolisi F. & De Feo A. (1996), Una, Cento, Mille Ardeatine. In L’Espresso, 22 agosto 1996; Giustolisi F. & De Feo A. (1999), Cinquant’anni d’insabbiamenti. In L’Espresso, 27 maggio 1999. L’intera storia dell’”armadio della vergogna” viene ripresa in un volume dallo stesso Giustolisi: Id. (2004), L’armadio della vergogna. Roma: Nutrimenti. Sull’argomento si veda inoltre: Franzinelli M. (2003), Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti. Milano: Mondadori.
    96 Attualmente gli atti della commissione parlamentare sono pubblicati on line sul sito della Camera dei Deputati: https://archivio.camera.it/desecretazione-atti/commissione-parlamentare-inchiesta-sui-crimininazifascisti-leg-XIV/list
    97 Intervista registrata il 24 luglio 2010 presso l’abitazione di V. Frulloni.
    98 In seguito all’indagine, la Repubblica Federale Tedesca ha riconosciuto alle vittime una cifra a titolo d’indennizzo per i danni subiti. È a questo che fa riferimento F. Marchi dell’intervista del 10 ottobre 2011. Vedi capitolo 4.
    99 Il caso di Vallucciole rappresenta una eccezione rispetto all’atteggiamento di scarsa collaborazione offerto dalla magistratura tedesca nei confronti dei crimini nazisti.
    100 De Paolis M. (2014), Postfazione, in Speranzoni A., Le stragi della vergogna. Aprile 1944. I processi ai crimini nazifascisti in Italia (pp. 263-266). Roma: Editori Internazionali Riuniti, p. 265.
    101 Gentile C. (1998), Le stragi del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpetratori. Colonia, pm. Id. (2005), Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-45. Guida archivistica alla memoria. Roma: Carocci; Id (2015), I crimini di guerra tedeschi in Italia, Torino: Einaudi.
    102 Storchi M. & Rovali I. (2010), op. cit.
    103 Sentenza pronunciata il 6 luglio 2011 e depositata il 4 ottobre sempre del 2011. Nel giudizio di secondo grado la Corte militare di Appello, seconda sezione, con la sentenza n. 107 del 26 ottobre 2012 (depositata il 10 dicembre 2012) assolve gli imputati per il reato di continuazione, ma mantiene la condanna dell’ergastolo per tutti in relazione ai reati loro ascritti, punibili con la pena massima anche in difetto dell’aggravante della continuazione. La conferma definitiva delle condanne viene resa definitiva dal giudizio della Corte Suprema di Cassazione, prima sezione, con la sentenza del 19 marzo 2014 (depositata il 30 luglio 2014).
    Lino Rossi, Testimoniare il trauma. Ricordi individuali e memorie giuridiche nel processo penale di Verona sulle atrocità di guerra in Toscana, Tesi di laurea, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, 2016