Dibattito sulla Gronda di Genova

Fonte: Il Secolo XIX art. cit. infra

Dibattito pubblico sulla “Gronda di ponente” a Genova.
Il primo caso in cui i cittadini di un Comune sono stati coinvolti nel processo decisionale inerente alla realizzazione di un’opera pubblica riguarda il Comune toscano di Montaione (Firenze) dove, nel 2007, è stato indetto un dibattito pubblico in merito alla riqualificazione di un borgo medievale; in seguito a questo procedimento, il Consiglio comunale ha approvato una variante al piano urbanistico attuativo, tenendo in conto le osservazioni dei cittadini <615.
Successivamente, il Comune di Genova ha adottato la medesima procedura, nell’ambito di un procedimento infrastrutturale di importanza strategica nazionale <616. Il dibattito, aperto a tutti i cittadini, è stato organizzato e gestito da una commissione di nomina comunale, formato da esperti non residenti in città, e si è svolto in tredici incontri – ognuno dei quali ha visto un afflusso di persone quantificabile nell’ordine delle centinaia – ai quali si sono aggiunte tre riunioni tematiche <617. Favorevoli e contrari – questi ultimi erano numericamente preponderanti – hanno partecipato al dibattito fino alla conclusione; sono pervenute proposte avanzate da enti pubblici, imprese, cittadini singoli e associati <618.
L’autorità procedente era decisa a realizzare l’infrastruttura, indipendentemente dalle risultanze del dibattito, il cui oggetto è stato ristretto – nelle intenzioni iniziali – a una scelta fra cinque varianti di tracciato. Sennonché, la pressione dei cittadini ha costretto la commissione ad ampliare il thema decidendum, includendovi anche l’opportunità dell’opera <619.
A conclusione della vicenda, l’infrastruttura è stata realizzata. Nondimeno, uno dei soggetti che hanno proposto di realizzare l’infrastruttura ha preso pubblicamente atto dell’opportunità di tenere conto degli elementi emersi nella discussione <620. Il tracciato definitivo ha assunto come base una delle cinque ipotesi iniziali, ma vi ha apportato notevoli modifiche, in considerazione delle osservazioni avanzate dai cittadini intervenuti <621. Alcuni commentatori hanno rilevato che il dibattito ha ridotto l’area del dissenso, agevolando l’adozione di una soluzione condivisa fra amministrazione e popolazione: l’opposizione alla realizzazione dell’opera è stata limitata ai settori più oltranzisti <622. Al contempo, il beneficio apportato al buon andamento dell’azione amministrativa è stato vanificato, considerando che l’esecuzione del nuovo progetto ha comportato una spesa ben superiore, in confronto all’ipotesi iniziale <623.
In definitiva, trattandosi di un istituto estemporaneo e occasionale, non regolato da alcuna norma, e perciò privo di qualsiasi efficacia giuridica, il dibattito pubblico genovese è da ritenersi estraneo alla partecipazione procedimentale. Tuttavia, questa esperienza dimostra che anche su scala locale – quantomeno in un’area metropolitana – è possibile promuovere l’intervento popolare in una decisione di rilevanza nazionale, utilizzando il metodo della deliberation. Nulla osta a che simili esperimenti diventino oggetto di una disciplina organica, atteso che il testo unico degli enti locali – come si è evidenziato in precedenza – prescrive ai Comuni la valorizzazione della consultazione popolare, nell’ottica di perseguire l’interesse collettivo.
[NOTE]
615) Comune di Montaione (Firenze), Consiglio comunale, deliberazione 29 dicembre 2009, n. 98. Sul tema, v.: FLORIDIA, Democrazia deliberativa, strategie negoziali, strategie argomentative: un’analisi del Dibattito Pubblico sul caso Castelfalfi, relazione al XVII convegno annuale della Società italiana di scienza politica, Pavia, 2008; BOVA, Gli istituti del débat public e dell’enquête publique nell’ordinamento giuridico francese, in Democrazia partecipativa e nuove prospettive della cittadinanza, a cura di DE MARTIN-BOLOGNINO, Padova, 2010, p. 243.
616) Il dibattito si è tenuto a Genova tra il 6 febbraio e il 20 aprile 2009. Ha riguardato la costruzione di un nuovo tratto autostradale – la c.d. “Gronda di Ponente” – tra Voltri e l’attuale uscita autostradale di Genova ovest, inserita nel programma delle infrastrutture di interesse nazionale.
617) L. BOBBIO, Il dibattito pubblico sulle grandi opere – Il caso dell’autostrada di Genova, in Rivista italiana di politiche pubbliche, Bologna, 2010, n. 1, pp. 6-9. Solo uno dei tredici dibattiti ha visto la presenza di poche decine di persone. L’Autore ha presieduto la commissione che ha gestito i dibattiti.
618) Nondimeno, nel corso di uno dei dibattiti, i gruppi organizzati di opposizione all’infrastruttura hanno temporaneamente abbandonato i lavori, contestando una misura procedurale adottata dalla commissione: per consentire l’intervento anche degli individui, oltre che dei comitati, gli interventi del pubblico sono stati sorteggiati (L. BOBBIO, op. ult. cit., pp. 9-11 e 13).
619) Il presidente della commissione ne ha dedotto che “la ridefinizione dei temi sul tappeto mostra che il dibattito pubblico è un meccanismo potente: una volta avviato può essere difficilmente contenuto entro confini predeterminati” (L. BOBBIO, op. ult. cit., p. 15).
620) “Il dibattito non è stato né virtuale né finto (…) e pertanto è servito (…) a far acquisire al progetto dei valori aggiunti (…) che hanno fatto sì che si riuscisse a riconfigurare e proporre una nuova soluzione progettuale” (documento redatto da Autostrade per l’Italia; v. L. BOBBIO, op. ult. cit., p. 19).
621) L. BOBBIO, op. ult. cit., p. 21.
622) “Ciò non ha, ovviamente, arginato completamente le proteste e il dissenso, ma ha senz’altro ridotto la platea degli oppositori, che sono rimasti, per lo più, coloro che avevano, sin dall’inizio del dibattito, rifiutato categoricamente di modificare le proprie posizioni di partenza, decidendo di non collaborare in nessun modo con la commissione” (AVERARDI, Amministrare, op. cit., p. 1187).
623) “Di fatto, la scelta finale del tracciato su cui realizzare la strada, effettuata all’esito del dibattito pubblico, ha comportato la previsione di costi di realizzazione dell’opera molto superiori rispetto quelli stimati nel progetto originario” (AVERARDI, op. ult. cit., p. 1188).
Nicola Dessì, Partecipazione amministrativa e democrazia, Tesi di dottorato, Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” – Vercelli, 2015

«Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi». È quanto scriveva, in un comunicato stampa dell’8 aprile 2013, il Coordinamento dei Comitati No Gronda di Genova, che si opponeva alla realizzazione della Gronda di Ponente. «Rispetto al vuoto informativo che la cittadinanza sta subendo sulla realizzazione della Gronda di Ponente – si legge nella nota – vorremmo invitare i genovesi a diffidare da quanti negli ultimi tempi stanno in ogni modo cercando di vendere loro un elisir chiamato “Gronda”, come la panacea di tutti i guai della nostra città».
«Lo ha fatto per ultimo anche l’ex Presidente della Provincia, il quale dimostra chiaramente di non avere letto la Relazione Conclusiva del Dibattito Pubblico, presentata da Autostrade nel 2009. In tale relazione si legge infatti che il Ponte “…potrebbe star su altri cento anni a fronte di…una manutenzione ordinaria con costi standard”». Questo documento, datato appunto 8 aprile 2013, veniva rilanciato in bella evidenza anche sulle pagine internet del Movimento 5 Stelle , pagina poi prontamente rimossa nelle ore calde post crollo […].
Redazione online, Gronda di Genova, storia di un’opera contestata (soprattutto dai Cinque Stelle), Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2018

Uno degli argomenti destinati ad alimentare le polemiche politiche dei prossimi giorni è la questione della Gronda di Genova, una nuova autostrada che avrebbe dovuto collegare Genova con le autostrade del nord per alleggerire il traffico sul viadotto dell’A10 e sul ponte Morandi, tragicamente crollato il 14 agosto.
Un progetto fortemente osteggiato dai comitati “No Gronda” del Movimento 5 stelle, e solo pochi giorni fa, in continuità con questa opposizione, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva inserito quest’opera tra quelle destinate ad essere ridiscusse, o cancellate (Il Post), dopo che a settembre 2017 il decreto del ministro Delrio, che lo ha preceduto alle Infrastrutture, aveva approvato il progetto dichiarandolo di pubblica utilità (Autostrade.it).
Ma cos’è la Gronda? Il sito di Autostrade per l’Italia definisce l’opera come una: “nuova infrastruttura che comprende 72 km di nuovi tracciati autostradali e si allaccia agli svincoli che delimitano l’area cittadina (Genova Est, Genova Ovest, Bolzaneto), si connette con la direttrice dell’A26 a Voltri e si ricongiunge con l’A10 in località Vesima. Data la complessità dal punto di vista orografico del territorio attraversato, il nuovo sistema viario si sviluppa quasi interamente in sotterraneo e prevede 23 gallerie, per un totale di circa 54 chilometri, circa il 90% dell’intero tracciato, con sezioni variabili fino ai 500 metri quadri dei cameroni di interconnessione tra gli assi autostradali”.
“Le opere all’aperto comprendono la realizzazione di 13 nuovi viadotti e l’ampliamento di 11 viadotti esistenti”.
“Le autostrade dell’area genovese svolgono oggi anche la funzione di tangenziale per il traffico urbano e di scambi con volumi di traffico molto elevati; in molti punti della rete si registrano flussi superiori ai 60.000 transiti giornalieri, con un’alta percentuale di veicoli commerciali. Diventa pertanto fondamentale dividere il traffico cittadino da quello di attraversamento e dai flussi connessi con il porto”.
“Il Progetto della Gronda di Genova si pone l’obiettivo di alleggerire il tratto di A10 più interconnesso con la città di Genova – cioè quello dal casello di Genova Ovest (Porto di Genova) sino all’abitato di Voltri – trasferendo il traffico passante sulla nuova infrastruttura, che si aggiungerà all’esistente, costituendone di fatto un potenziamento “fuori sede” “.
Ma la Gronda non ha avuto vita facile. Come ricorda Il Sole 24 Ore, Il 4 dicembre 2012 fa scalpore una dichiarazione dell’allora Presidente degli industriali di Genova, Giovanni Calvini, a proposito della Gronda. Testuale: “Voglio essere chiaro. Questa giunta non può pensare che la realizzazione dell’opera non sia un problema suo. Perché guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto ‘no'”, un chiaro riferimento all’opposizione pentastellata all’opera.
Quattro anni dopo è il sindaco Doria a mettere in discussione l’opera, durante un’intervento riportato dal Secolo XIX: “I costi di interrompere a metà un’opera già partita, anche se ci si è resi conto che non era l’infrastruttura migliore, diventano insostenibili – ha sottolinea Doria – ma un’opera che non è mai partita, a un po’ di anni dalla sua progettazione (il primo progetto della Gronda risale al 1984, ndr) può essere invecchiata”.
Parole che vengono stigmatizzate dal Movimento 5 stelle, il portavoce regionale esulta sarcastico: “Come un pugile suonato, il sindaco Doria prende atto a distanza di 5 anni di come la Gronda sia un progetto inutile, dannoso e non necessario, come il Movimento 5 Stelle ripete da sempre. È l’ennesimo voltafaccia di un sindaco che ormai la faccia l’ha persa davanti ai cittadini” […].
Redazione, Cos’è la Gronda di Genova, breve storia di un’opera ostacolata dalle polemiche politiche, agi.it, 15 agosto 2018

“All’inizio degli anni Novanta noi eravamo pronti per partire con i lavori. Potevamo fare una bretella autostradale, la Voltri-Rivarolo che avrebbe decongestionato il ponte. Tutto a spese delle Autostrade. Ma il Comune di Genova all’epoca disse di no e cacciamo al vento decine di miliardi di lire. E adesso sento che tutti sono favorevoli alla Gronda che sarebbe pronta tra otto anni almeno, mentre potrebbe invece già esistere dagli anni Novanta”, racconta l’ingegner Gabriele Camomilla che ha lavorato per trentacinque anni in Autostrade fino a diventare direttore della struttura che si occupava di Ricerca e Manuntenzione.
Già, ha una storia molto lunga, almeno quarant’anni, il progetto di un percorso autostradale alternativo che bypassi Genova, lasciando il Ponte Morandi riservato essenzialmente al traffico destinato direttamente al centro di Genova e al porto.
La prima proposta fu, appunto, la bretella che sarebbe dovuta andare da Voltri (l’ultima delegazione del Comune di Genova a Ponente) fino a Rivarolo, che si trova nell’entroterra, lungo il percorso dell’autostrada Genova-Milano.
“Si trattava di un’opera che avrebbe dovuto correre quasi interamente in galleria, tranne ovviamente in Valpolcevera dove ci sarebbe stato un ponte”, racconta Camomilla.
Ma non fu così semplice. Ci fu l’opposizione degli abitanti di Voltri, soprattutto della zona di Prà, famosa per la coltivazione del basilico che si temeva fosse danneggiata dall’opera. Poi la nascita dei primi comitati e i ricorsi al Tar.
Aleandro Longhi, all’epoca presidente (Pci) della Circoscrizione Ponente di Genova, la racconta così: “Sulla bretella si spaccò la mia coalizione rosso-verde. Io ero favorevole all’opera, come sono oggi favorevole alla Gronda. Ma ci fermammo perché il comune allora guidato da Claudio Burlando (sindaco, poi ministro dei Trasporti con Romano Prodi e infine Governatore ligure dal 2005 al 2015) espresse un parere negativo”.
Lo stesso Burlando che durante il suo mandato in Regione è stato tra i sostenitori del Terzo Valico ferroviario tra Genova e la Pianura Padana e anche della Gronda. Idea che non ha abbandonato e che proprio ieri ha manifestato in interviste e in un incontro con il segretario Pd, Maurizio Martina, in visita a Genova: “Genova negli ultimi quarant’anni ha visto i traffici portuali aumentare esponenzialmente. Così anche la circolazione automobilistica. Non si può immaginare – sostiene Burlando – che i collegamenti di una città di 600mila abitanti, ancora piena di industrie, siano affidati a una camionale degli anni ’30 (l’autostrada per Milano, ndr), a linee ferroviarie dell’800 e al Ponte Morandi degli anni ’60… che è anche crollato”.
Ecco, ma allora perché avete espresso parere negativo alla bretella Voltri-Rivarolo nel 1992? “Perché giudicavamo inadeguato il progetto. Non ci si può limitare a tracciare una linea retta che va da un punto a un altro, non si possono costruire ponti sopra le case. Come il Morandi”, racconta oggi Burlando.
Camomilla sostiene che no, non era così, il percorso era stato curato nei dettagli e correva in gran parte in galleria. Il risultato, comunque, è che dopo venticinque anni siamo al punto di partenza. Anzi, molto più indietro: il Ponte Morandi non c’è più. E decine di persone sono morte.
Sul tavolo della politica resta soltanto la Gronda (anche se qualcuno ricorda che si potrebbe puntare su progetti più minimalisti e meno costosi, come la vecchia Bretella): che prevede 72 chilometri di nuovi tracciati (il 90% in galleria). Il costo complessivo nel frattempo è lievitato a 4,3 miliardi. Un progetto intorno al quale la città si è divisa. Dividono le questioni ambientali, ma anche i costi. Come ha scritto Daniele Martini sul Fatto, la spesa sarebbe sostenuta o attraverso una proroga della concessione ad Autostrade (con la previsione anche di un ‘balzello’ di 6 miliardi a titolo di diritto di subentro se al termine arrivassero altri concessionari) oppure con un aumento del pedaggio su tutta la rete nazionale. Insomma, pagherebbero i cittadini.
Oggi a Genova e Roma ci si divide ancora come negli anni ’90. E il crollo del ponte inquina la discussione. Difficile oggi esprimere dubbi.
Ferruccio Sansa, La Voltri-Rivarolo, storia di una gronda prima della Gronda, il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2018

Anche i progetti invecchiano. E se restano nei cassetti ancora di più. Per questo la Gronda autostradale di Genova, annunciata l’ultima volta come imminente a dicembre, non vede ancora la firma del ministro Salvini sul progetto esecutivo né l’ok finale del Consiglio dei lavori pubblici. Nonostante siano partiti i cantieri in 5 punti di Genova. Il perché lo ha dettagliato meglio del ministro il suo vice Edoardo Rixi: «È un lavoro che stiamo facendo da mesi. Vogliamo che le nuove infrastrutture siano smart e digitali e che siano adeguate alle norme introdotte in questi anni», in un settore che ha visto una rivoluzione dopo il crollo del Ponte Morandi.
«Siccome si parla di un progetto rimasto fermo dieci anni a Roma, bisogna fare in modo che, mentre si danno le autorizzazioni, sia traghettato nella modernità», ha aggiunto Rixi, che esclude qualsiasi intervento sul tracciato: «Non si può perché sono già stati fatti gli espropri ed è stato deciso con un dibattito pubblico». Il presidente della Regione Giovanni Toti invita a non avere fretta: «Qualche mese che il governo si dovesse prendere per rivedere un progetto e metterlo a terra trovo che sia il periodo speso meglio rispetto a quelli che abbiamo passato in anni di dibattiti». Ma a pungere il governo è il Pd con Armando Sanna: «Salvini ogni volta che viene a Genova dice cose diverse. Dica cosa non va del progetto, quando partirà e in che tempi potrà essere realizzato».
Il tracciato non cambia
Il progetto definitivo della Gronda è stato consegnato nel 2016, l’esecutivo nel 2018. Inevitabile che ci fossero aggiustamenti da fare, soprattutto dopo il crollo del ponte Morandi, il successivo riassetto societario di Autostrade per l’Italia e il nuovo corso del ministero delle Infrastrutture, quanto ad attenzione alle opere autostradali. In particolare, come ha ricordato ieri il vice ministro Rixi, «in origine il progetto non doveva nemmeno passare dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Abbiamo voluto creare un percorso autorizzativo che lo coinvolgesse, perché abbiamo la necessità di fare in modo che tutte le opere abbiano una certificazione pubblica». Il coinvolgimento degli esperti dell’organo tecnico del ministero, però, non può che comportare un’analisi lunga, su un’opera da quasi cinque miliardi. La previsione di Rixi è che il percorso di valutazione si concluderà per la fine dell’estate.
Oltre alla riflessione sui costi e sulle coperture finanziarie alla luce della fiammata inflativa, ci sono vari nodi da dirimere, che includono sì una rinfrescata al progetto, ma ne investono un altro fondamentale che cinque anni fa non era così pressante: «Oggi nello stesso territorio abbiamo la Diga, il Terzo valico, il Tunnel subportuale e, in futuro, la Gronda. Bisogna armonizzare i cantieri, altrimenti la città ne soffrirebbe. Faccio un esempio: i materiali di scavo non devono andare in Pianura Padana, per poi importare magari altri 7-8 milioni di metri cubi da riportare a Genova. Usare buonsenso e sinergia tra i diversi cantieri ridurrà traffico e impatto sulla città», sostiene il vice di Salvini.
La regia delle cantierizzazioni è un tema di cui si stanno occupando sia Mit sia Regione. Riguardo l’aggiornamento del progetto, invece, Rixi ribadisce che il tracciato non varierà: «Non si tocca, è stato deciso a valle di un dèbat public, con tanto di espropri». Gli aggiornamenti, fa capire, riguarderanno dotazioni di sicurezza e dispositivi di monitoraggio: «Bisogna che le infrastrutture siano smart, che ci sia la previsione di sensori e di modellistica digitale – dice Rixi – dobbiamo utilizzare il 5G, i sistemi predittivi sui flussi di traffico. Abbiamo ereditato un sistema in questo Paese in cui le ispezioni venivano fatte a vista. Già nel 2018, con il Decreto Genova, abbiamo previsto di adottare tecniche e modalità di monitoraggio prima mai impiegate».
Aspi, sentita, conferma l’interlocuzione con il Mit e l’esistenza di alcune ipotesi di intervento, sul fronte tecnologico e gestionale, nonché ulteriori miglioramenti realizzativi e di cantierizzazione. «I risultati di eccellenza ottenuti, ad esempio, durante l’iter progettuale del Tunnel Subportuale, sono il primo risultato della collaborazione. Il grande progetto della Gronda di Genova è la prossima importante tappa, unica per complessità e dimensioni».
Le cinque aree del lotto zero
Più che sul terreno, i segni dell’avvio dei lavori della Gronda dallo scorso dicembre vanno cercati fra i provvedimenti degli enti coinvolti, come il Comune e la Regione Liguria. Il “lotto zero” della grande opera, infatti, è partito a dicembre con la firma del Protocollo d’intesa in Prefettura, il ministro Salvini e i vertici di Aspi. Ma dal punto di vista dei cantieri non ha rappresentato un grande impatto sulle zone interferite. In parte perché si tratta dell’allestimento di aree da tempo disabitate ed espropriate, in parte perché gli scavi veri e propri e le opere a mare partiranno solo quando ci sarà la vera firma del ministero.
Intanto, però, qualcosa si muove e sono tutti interventi propedeutici alla Gronda: solo per citare gli ultimi fatti, è stata abbattuta una palazzina in via Rio di Po, a Morego, situata tra le due carreggiate della A7. E il Comune di Genova ha dato il suo parere positivo alla proposta di Aspi (del 2019) di realizzare un nuovo “Campo di sosta” sul lungotorrente Secca, a Bolzaneto. In pratica si tratta dell’area individuata per trasferire lo storico campo dei Sinti di Bolzaneto di via Nostra signora della Guardia. Altro segnale: il cantiere incombe sul parcheggio utilizzato dai Tir in via Levati, a Bolzaneto: il Comune ha chiesto a Trasportounito e Cna che i mezzi pesanti presto dovranno sloggiare. Ad aprile, invece, la Regione ha autorizzato Autostrade ad avviare l’intervento idraulico sul rio Ronco, a Bolzaneto: intervento che prevede la deviazione in sponda idrografica sinistra più a monte rispetto allo stato attuale.
Per quanto riguarda i cantieri veri e propri, però, ad occhio nudo si vede ben poco: dietro ai quattro palazzi di corso Perrone (coinvolti negli espropri), in fondo alla collina di Coronata, è stata eretta una paratia di cemento che delimita il margine dell’area Ex Colisa, quella che deve diventare il campo base della Gronda. I mezzi di Amplia (la società che ha sostituito Pavimental) si sono poi fatti vedere con sbancamenti e pulizia dei versanti in via Torbella, nella collina che porta al paese di Begato Vecchia. Un punto che è cruciale per il tracciato della Gronda, dove confluiranno le gallerie Torbella Est, Torbella Ovest, Monte Sperone e Granarolo e dove deve essere realizzato il viadotto Torbella. L’altro grosso cantiere attivato è quello di Bolzaneto, zona Monterosso, dove saranno assemblate le enormi talpe meccaniche che serviranno per scavare i tunnel principali e dove appoggerà una spalla del viadotto Genova.
I lavori del “lotto zero” partiti a gennaio dureranno circa un anno, sul totale dei dieci previsti per completare l’intera infrastruttura. In tutto si tratta di cinque cantieri: oltre ai due partiti in Valpolcevera c’è l’attivazione dei campi operativi nelle valli Leira e Cerusa a Voltri e il campo base da allestire nell’area ex Colisa.
Emanuele RossiRoberto Sculli, Genova, ecco cosa va aggiornato nel progetto della Gronda, Il Secolo XIX, 22 Luglio 2023