I gronchiani rinunciarono a presentare una lista

Fino al 1954, nonostante le varie correnti interne, comunque scindibili in tre – destra, sinistra e centro – la Dc riesce a mantenere la propria unità grazie al leader politico della corrente di centro, Alcide De Gasperi, il quale tiene le redini dell’intero partito. A partire dal V Congresso Nazionale, tenutosi il 27 giugno 1954, si verifica invece un profondo cambiamento, che trova le proprie premesse nella sconfitta elettorale del 1953 e nel conseguente fallimento della proposta politica di partito e di De Gasperi come leader. Di fianco al “Centro” degasperiano, in rapido declino, acquista sempre più consensi l’ex sinistra dossettiana, che trova il proprio esponente in Fanfani e, successivamente, in Moro (il movimento si chiama “Iniziativa democratica”, la cui linea politica mira a un indirizzamento verso il settore pubblico della politica economica). Fanfani diventa segretario di partito, determinando il dissenso e il distacco di una serie di notabili democristiani (tra cui Pella, Piccioni e Aldisio), i quali costituiscono una nuova corrente, “Concentrazione”, allo scopo di osteggiare la nuova politica della segreteria. In generale, le correnti interne alla Dc da questo momento in poi si fanno sempre più numerose, ostacolando l’uniformità della linea politica <63.
Anche sul fronte delle sinistre qualche cambiamento è all’orizzonte. Il partito comunista, che continua a raccogliere consensi, viene in un primo momento turbato dalla morte di Stalin, nel 1953, e, di lì a qualche anno, scosso nelle proprie fondamenta, quando, il 25 febbraio 1956, in occasione del XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, il segretario Nikita Kruscev legge un rapporto segreto che denuncia i crimini di Stalin. Ad aggravare la crisi intestina del partito comunista si aggiunge l’intervento armato dell’URSS in Ungheria, tra l’ottobre e il novembre del 1956, volto a sedare la rivolta anti-sovietica di Budapest. La Cgil, sindacato legato al partito comunista, condanna duramente la repressione militare e l’azione dei russi, venendosi in questo modo a trovare in contrasto con la linea adottata da Togliatti, di sostegno all’azione sovietica. L’immobilismo di Togliatti, peraltro, acuisce la spaccatura, già in atto, con il partito socialista, che non gradisce la piatta identificazione delle ideologie del partito italiano con quello, estremista, dell’URSS. A pochi giorni dall’inizio della rivolta in Ungheria, viene diffuso dall’ANSA il c.d. “Manifesto dei 101”, un documento firmato da esponenti, iscritti o meramente simpatizzanti, del partito comunista, volto a condannare lo stalinismo, l’ingresso dell’URSS in Ungheria e l’atteggiamento lassista di Togliatti. Quest’ultimo, nonostante la grandissima spaccatura apertasi nel partito, all’VIII Congresso, tenutosi l’8 dicembre 1956, vede riconfermata la propria leadership nel partito. E’ in quest’occasione, tuttavia, che il partito comunista manifesta un primo temperamento, adottando uno statuto che proclama non più il monopolio, bensì solo il primato della leadership sovietica nel comunismo mondiale <64.
D’altro canto, nel partito socialista, anche dopo la scissione di Palazzo Barberini, si sviluppa una corrente autonomista, scontenta dell’alleanza con i comunisti, che fino a quel momento si era rivelata svantaggiosa (si ricorda che, dopo le elezioni del 1948, soltanto 50 deputati, dei 183 complessivi eletti nella lista del Fronte, erano socialisti, e dopo le elezioni del 1953 il Psi era calato ancora). Questo malcontento determina un atteggiamento di apertura nei confronti della Democrazia Cristiana, che viene ufficializzata in occasione del XXXI Congresso del partito socialista, tenutosi il 3 aprile 1955 a Torino, dove Pietro Nenni propone il dialogo con i democristiani.
Nel 1956, inoltre, a seguito dei fatti ungheresi e della spaccatura comunista, si verifica un riavvicinamento tra Nenni e Saragat. E’ soltanto con il Congresso di Venezia del febbraio 1957, tuttavia, che il Psi sancisce definitivamente il proprio distacco dal patto di unità d’azione con i comunisti <65.
E’ in questo mutato contesto che si colloca l’elezione di Giovanni Gronchi, il quale peraltro farà dell’alleanza tra socialisti e democristiani il baluardo del proprio settennato.
[NOTE]
63 Cfr. P. Farneti, op. cit., pp. 197 ss.; G. Mammarella – P. Cacace, op. cit., pp. 59-60. Per una spiegazione giornalistico-politologica della nascita del movimento di Concentrazione, cfr. P. Guzzanti, op. cit., pp. 86 ss. In breve, l’autore rinviene l’origine del movimento nel c.d. “affare Montesi”, un fatto di cronaca che nel 1953 scuote l’opinione pubblica e vede un coinvolgimento, poi smentito, del figlio del ministro degli Esteri Attilio Piccioni. Secondo la ricostruzione di Guzzanti, Fanfani, rivale di Piccioni nella competizione per la segreteria di partito, mediante una serie di sotterfugi e non chiari scambi di dossier, sarebbe riuscito a trarre giovamento dal coinvolgimento del ministro nella vicenda, accaparrandosi così la segreteria del partito, con l’appoggio di De Gasperi, contro l’altro contendente, Gronchi. Il movimento di Concentrazione sarebbe quindi nato con l’intento, pianificato nei minimi dettagli, di portare Gronchi al Quirinale, per vanificare la linea politica di Fanfani e garantire un’immediata apertura a sinistra.
64 Cfr. I. Montanelli – M. Cervi, L’Italia dei due Giovanni, Milano, Rizzoli, 1989, pp. 36 ss.; P. Farneti, op. cit., pp. 164 ss.
65 Cfr. A. Baldassarre – C. Mezzanotte, op. cit., pp. 64-65; P. Guzzanti, op. cit., pp. 69-70, 94-95; G. Mammarella – P. Cacace, op. cit., pp. 96-97. Si deve aspettare il 1959 per una prima apertura al partito socialista da parte del Psdi, la cui corrente di sinistra si distacca dal partito creando il “Movimento Unitario di iniziativa socialista”. Sul difficile e progressivo riavvicinamento tra Psi e Psdi, dovuto principalmente all’incapacità di entrambi i partiti di affrancarsi, acquisendo una forza autonoma, rispettivamente, dal Pci e dal Psdi, cfr. Cfr. G. Mammarella – P. Cacace, op. cit., pp. 128-130.
Elena Pattaro, I “governi del Presidente”, Tesi di dottorato, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna, 2015

Dal febbraio 1954, in preparazione al Congresso di Napoli, un gruppo di appartenenti al Movimento giovanile si stabilisce in un appartamento in affitto nella zona di piazza Mazzini, a Roma <668. I nomi sono quelli di Magri, Chiarante, Di Capua, Boiardi. Con l’arrivo di Zappulli e Paglietti, si viene così a creare la corrente di «sinistra» nell’ambito della direzione del Movimento giovanile. Altri dirigenti – come Speranza, Grassini, Ernesto Guido Laura – sono invece su posizioni più moderate e fanno ormai riferimento a Malfatti, sempre più vicino a Fanfani. Nei mesi che li separano dal congresso, gli appartenenti del gruppo di piazza Mazzini mettono in piedi una fittissima attività nazionale, organizzando una serie di riunioni regionali e provinciali, che li porta in quasi tutta Italia, con l’impegno di espandere l’iniziativa della sinistra di Base. Nel vuoto lasciato dalla fine del dossettismo e dallo spostamento verso il centro di Iniziativa democratica sorgevano, infatti, soprattutto ad opera dei quadri più giovani, esperienze simili a quella promossa in Piemonte e Lombardia con il convegno di Belgirate, sul lago Maggiore, del 29 settembre 1953.
[…] Il congresso di Napoli, dunque, aveva acquistato agli occhi di tutti un’importanza centrale. In questa assise i basisti si alleano, quasi per necessità visto lo stato embrionale del progetto politico, con l’Iniziativa democratica di Fanfani. La linea di conduzione della campagna congressuale (illustrata da Galloni in più di un editoriale pubblicato su «La Base» <673) era imperniata sulla proposta di un’alleanza attraverso un’unica lista di tutte le sinistre, da Iniziativa democratica fino al gruppo di Gronchi e a quello di Forze sociali sostenuto dalla Cisl e dalle Acli. Il progetto basista, però, non trova accoglienza positiva e si arriverà all’apertura del Congresso in una situazione in cui era sostanzialmente deciso che la nuova maggioranza si sarebbe fondata su Iniziativa e Base e avrebbe compreso anche una larghissima parte dei Gruppi giovanili. Secondo Boiardi, l’equilibrio costituitosi intorno a Fanfani porterà inoltre ad alcune risistemazioni interne al partito, alla fine di alcune vecchie correnti e l’affermazione delle nuove: i gronchiani che «rinunciarono a presentare una lista, morirono come corrente e rimasero solo come nome» <674; la loro lista non viene quindi presentata quando i giovani, guidati da Malfatti, e La Base, stringono l’accordo con Fanfani, motivando politicamente la loro scelta con il rifiuto temporaneo dell’apertura verso il Psi, ipotizzata da Gronchi <675. La Base, dunque, per ora si assestava su posizioni di attesa: scriverà Boiardi che «questi due raggruppamenti non erano del tutto contrari all’apertura a sinistra, ma ritenevano che andasse maturata lentamente e così come prima lo slogan era “conservare lo Stato per la rivoluzione”, a Napoli era quello di “conservare il centrismo e Scelba per preparare l’apertura a sinistra”» <676. L’alleanza si rivelerà comunque scelta proficua permettendo l’elezione nel Consiglio nazionale dei basisti Camillo Ripamonti, Leandro Rampa, Galloni e Chiarante. A Napoli, al termine dei lavori congressuali, Fanfani risulterà quarto, dopo De Gasperi, Scelba ed Emilio Colombo <677; visto il declino ormai irreversibile dei primi due, la realtà è il passaggio di consegne come segretario da De Gasperi a Fanfani sostenuto da Iniziativa democratica entro la quale si erano ormai raccolti molti esponenti della cosiddetta “seconda generazione”
democratico-cristiana, segnando una sorta di confluenza ideale tra l’eredità dossettiana e quella degasperiana. Nonostante l’alleanza durante il congresso, dopo Napoli l’azione delle correnti di sinistra della Dc si differenzia in modo netto. I gronchiani svolgono un’attività solo a livello parlamentare, mentre le loro superstiti adesioni finiscono per essere attratte da La Base, che tende a rafforzarsi nelle organizzazioni locali del partito come condizionatrice a sinistra della maggioranza fanfaniana e, particolarmente a Milano, come gruppo direttamente legato a Mattei di cui questi si avvale quando deve trattare con Fanfani, diventato il 16 luglio segretario politico della Dc. Ma fin dai primi atti appare chiaro che i dirigenti di Iniziativa, e in particolare il suo leader, non intendevano in alcun modo lasciarsi condizionare: loro obiettivo sarà d’ora in poi impedire la formazione a sinistra di un forte blocco che, insieme a una certa carica ideale abbia un preciso disegno politico (l’intesa col Psi) e possa operare in collegamento con importanti centri di potere (l’Eni di Mattei, ad esempio).
[NOTE]
668 La ricostruzione della preparazione al Congresso di Napoli è in G. Chiarante, Tra De Gasperi e Togliatti, cit., pp. 68-73.
673 Si veda, ad esempio, G. Galloni, Al Congresso di Napoli unità delle sinistre, in «La Base», 10 giugno 1954.
674 F. Boiardi, La Dc e le sue correnti, in «Problemi del socialismo», marzo 1959, p. 202.
675 G. Galli, Storia della D.C., Laterza, Roma-Bari 1978, p. 169.
676 F. Boiardi, Dossetti e la crisi dei cattolici, Parenti, Firenze 1956, pp. 200-201.
677 Per tutti gli interventi dei relatori, le mozioni approvate e i consiglieri nazionali eletti si veda I congressi nazionali della Democrazia Cristiana, Cinque Lune, Roma 1959, pp. 473-571.
Andrea Montanari, Il Movimento giovanile della Democrazia Cristiana da De Gasperi a Fanfani (1943-1955), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Parma, 2017