I rapporti tra i servizi segreti italiani e quelli statunitensi sono andati consolidandosi sin dall’immediato dopoguerra

L’Organizzazione “O”
“La guerra non ortodossa […] non si fa combattendo con i carri armati, i cannoni e i soldati in divisa, ma con azioni segrete, di infiltrazione, atti di provocazione, attentati.”
Amos Spiazzi, Ufficiale servizio informazioni dell’esercito
La prima struttura paramilitare di guerra non ortodossa fu l’organizzazione “O”, derivata dall’analoga formazione partigiana “Osoppo”. Dopo la smobilitazione della formazione partigiana, nel 1946 i capi della formazione chiesero il riarmo dei reparti di fronte a ripetuti episodi di violenza accaduti nelle zone di confine tra Friuli e Jugoslavia.
Nel marzo del 1949, per iniziativa del Gen. Manarini, all’epoca Sottocapo di Stato Maggiore dell’esercito, si avviava la trasformazione della Osoppo in “un organismo militare segreto, pronto a svelarsi con un certo numero di veri e propri reparti militari all’atto della mobilitazione” e il 6 aprile del 1950, sulla base di direttive dello Stato Maggiore dell’esercito, veniva ufficializzata la nuova formazione alla quale fu data la denominazione di “organizzazione O”, con contatti non ufficiali coi servizi segreti militari. Questa era costituita da circa 500 uomini tra ufficiali, sottufficiali e uomini di truppa. I compiti assegnati erano: “guerriglia e contro-guerriglia – guida, osservazione ed informazioni”.
Alla fine del 1956 l’organizzazione O venne trasferita nella “Stella Alpina” della nascente organizzazione Gladio e, come si legge in un documento del 26 marzo 1958, dal titolo “Risposta ai quesiti del Servizio americano riguardanti il programma Stay Behind, aveva tre compiti ben distinti: in tempo di pace, il controllo e la neutralizzazione dell’attività slavo-comunista; in tempo di conflitto o insurrezione interna, l’antiguerriglia e l’antisabotaggio; in caso di invasione del territorio, lotta partigiana e servizio informazioni.
In un documento successivo la parola “comuniste” fu sostituita da “eversive o sovversive” ma, poiché in quegli anni non esistevano forze di lotta armata né di destra né di sinistra, ne consegue che quando si parlava di neutralizzazione delle attività eversive o sovversive si intendeva un intervento in direzione delle forze di opposizione.
L’organizzazione Gladio
“Ciò che c’è di più pericoloso nella violenza, è la razionalità. Certo, la violenza è terribile in se stessa. Ma la violenza trova ancoraggio profondo nella forma di razionalità che noi utilizziamo. È stato detto che se noi vivessimo in un mondo dominato dalla ragione, non ci sarebbe violenza. Ma ciò è assolutamente errato. Tra violenza e razionalità non c’è incompatibilità. Non intendo fare un processo alla ragione, ma determinare la natura di questa razionalità che è così compatibile con la violenza.”
Michele Foucault, Filosofo
Furono gli americani ad imporre all’Italia la soluzione Stay Behind quando fecero capire che altrimenti avrebbe costituito una rete per conto proprio. Nel 1956 cominciarono in Sardegna, a Capo Marrargiu, i lavori per la costruzione del Cag, centro addestramento guastatori. Dagli Usa arrivarono le attrezzature e gli armamenti necessari all’istruzione dei gladiatori, uomini scelti tra le forze armate e civili molti dei quali avevano fatto parte della Rsi e della polizia fascista.
I rapporti tra i servizi segreti italiani e quelli statunitensi sono andati consolidandosi sin dall’immediato dopoguerra. Nel gennaio del 1956 infatti, venne nominato a capo del Sifar e di Gladio il generale Giovanni De Lorenzo.
Durante gli anni Sessanta Gladio mutò sostanzialmente la propria natura. Poiché una possibile invasione sovietica era ormai impossibile a causa delle mutate condizioni geopolitiche e sopratutto delle ingenti perdite che l’Unione Sovietica aveva affrontato durante il secondo conflitto mondiale, la rete Stay Behind cambiò strategia, come si evince dall’opuscolo intitolato La parata e la risposta <47, redatto ad uso e consumo dei gladiatori in addestramento al Cag.
Il progressivo sviluppo dell’elettorato comunista faceva intravedere la possibile conquista del potere per via legale . Finché si era ancora in tempo il comunismo doveva essere combattuto attivamente e concretamente dall’autorità politica.
Garantire l’ordinamento democratico non bastava, secondo l’estensore dell’opuscolo, perchè non era necessario che il partito eversore (il Pci, nda) passasse alla fase violenta, potendosi benissimo verificare una così piena riuscita della fase preinsurrezionale da consentire la presa del potere con mezzi del tutto legali.
Quindi ai militari non restava che “predisporsi all’eventualità della guerriglia in tempo di pace”. Si trattava dei principi base della cosiddetta “guerra non ortodossa”, fissati anche nei manuali che il Sifar inviò nel 1965 agli Stati maggiori delle tre armi, stabilendo la necessità di una cooperazione tra le forze militari e le forze clandestine nell’ambito delle operazioni Nato. Il totale controllo sul reclutamento da parte del Sifar, portò Gladio ad accentuare la componente militare e oltranzista.
Negli anni più caldi della Strategia della Tensione i corsi all’interno del Cag si moltiplicarono: non più di una quarantina fino al 1968, ma nel 1969 (l’anno di Piazza Fontana) divennero improvvisamente centodue. A loro volta i gladiatori partecipanti ai corsi (civili, militari e carabinieri), in media tre-quattrocento l’anno, divennero più di ottocento nel 1968 e 1969 e altrettanti nel 1980, l’anno della strage di Bologna.
Molta cura venne dedicata alla preparazione dei sabotatori: i manuali per quel tipo di addestramento (molto simili al Field Manual di Westmoreland) contenevano istruzioni relative al sabotaggio delle linee ferroviarie, ove si rileva che il passato recente ha dimostrato quanto numerose ed inutili fossero state le azioni compiute da alcuni guerriglieri e sabotatori clandestini per mancanza di apprezzamento e conoscenze tecniche. Occorreva evitare il ripetersi di tali inconvenienti. Era dunque necessario uno studio accurato per quanto riguardava la scelta degli obiettivi e i metodi per attaccarli.
Nei primi anni Settanta gli attentati alle linee ferroviarie furono numerosissimi, ma alcuni per fortuna erano falliti: a leggere queste righe, sembrerebbe che il manuale di Gladio fosse destinato a colmare manchevolezze degli attentatori di estrema destra, o come scritto nel manuale “guerriglieri e sabotatori clandestini”.
Due gladiatori interrogati dalla procura militare di Padova, hanno riferito di aver partecipato nel 1965 ad esercitazioni assieme a due specialisti americani durante le quali si simulavano esplosioni all’interno di gallerie ferroviarie che avrebbero fatto saltare tratti di binario nel momento esatto del passaggio di due treni. Esattamente ciò che avvenne nel 1974 con il treno Italicus e nel 1984 con con il treno 904 (16 morti e 267 feriti), dove gli ordigni vennero posti sui treni ma fatti esplodere all’interno della galleria a San Benedetto Val di Sambro.
Dell’esistenza di Gladio e dei patti sanciti dall’Italia con gli alleati atlantici, il parlamento italiano fu informato solo il 24 ottobre 1990, quando il presidente del consiglio Giulio Andreotti, pressato dalle indagini del giudice Casson, ne informò la Camera dei deputati. Ammissione inevitabile poiché due settimane prima erano state ritrovate le pagine del memoriale in cui Aldo Moro aveva descritto durante la sua prigionia nel covo delle Brigate rosse un’organizzazione in ambito Nato dalle caratteristiche antinsurrezionali assai simili a quelle di Gladio.
I Nuclei di difesa dello Stato
“Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito”
Proverbio cinese
A fianco di Gladio operò, almeno dal 1966 al 1973 <48, un altra formazione clandestina denominata Nuclei di difesa dello Stato (NdS). La loro origine è da ricercare nel già citato convegno dell’Istituto Pollio, le cui tesi enunciate ebbero pratica attuazione nei due anni immediatamente successivi mediante la creazione di una vasta rete clandestina denominata “Nuclei di (o per la) difesa dello Stato”. A differenza dell’organizzazione Gladio, che rimaneva sempre ambiguamente collocata in un ottica di difesa da un’eventuale invasione sovietica, i NdS ebbero fin da subito il compito specifico di contrastare le situazioni di pericolo all’interno del Paese.
La sigla compare per la prima volta in una lettera che sul finire del 1966 fu inviata a molti ufficiali dell’esercito italiano per iniziativa, di due noti estremisti di destra quali Franco Freda e Giovanni Ventura <49. La missiva anonima conteneva un invito pressante e minaccioso ad aderire alla nuova struttura, che si affermava costituita “in seno alle forze armate” da “militari di grande prestigio e di autentica fedeltà” con “il compito di stroncare l’infezione (comunista, nda) prima che essa divenga mortale”, partecipando ad una “lotta vittoriosa contro la sovversione”. Nei suoi contenuti, quindi, sembrava muoversi nella logica ispiratrice di un noto pamphlet intitolato “Le mani rosse sulle forze armate” redatto da Pino Rauti e Guido Giannettini, che, come si è visto, furono tra i partecipanti di rilievo al convegno dell’Istituto Pollio.
L’iniziativa di Freda, Ventura, Rauti e Giannettini fa capire come alcuni tragici eventi che caratterizzarono la vita nazionale tra il ’69 e il ’70 non erano semplicemente riconducibili ad una matrice terroristico-insurrezionale (Ordine nuovo, Avanguardia Nazionale, Mar, Sim e altri gruppi neofascisti) ma è possibile intravedere regie paraistituzionali e coinvolgimenti istituzionali. Basti citare il fatto che molti Ordinovisti attingevano dai depositi Nasco <50 per rifornirsi di armi ed esplosivo.
Quindi al pari di Gladio anche i Nuclei di difesa dello Stato si aprirono alla partecipazione di elementi provenienti dalle fila di Ordine nuovo, e per il tramite dei quadri delle diverse cellule i neofascisti furono impiegati nel dare esecuzione alla strategia antinsorgenza gestita dalle forze armate. Vincenzo Vinciguerra (ordinovista reo confesso per la strage di Peteano) scrive:
“Pino Rauti, capo indiscusso di Ordine nuovo, lavorava nello Stato maggiore della Difesa quale esperto, insieme a Guido Giannettini ed Eggardo Beltrametti, e collaborava sul piano informativo prima col Sifar e poi col Sid. Predicava la “rivoluzione che tutto doveva distruggere per poi tutto ricostruire” e contemporaneamente e riservatamente costituiva i Nuclei di difesa dello Stato, che ovviamente rivolgevano il loro interesse propagandistico alle forze armate e alla polizia” <51.
Per comprendere meglio le trame eversive portate avanti dai NdS, basti citare che il capo della V Legione di Verona Amos Spiazzi, colonnello dalle fascinazioni nazi-fasciste, venne arrestato nel 1974 per implicazioni nell’ambito del golpe Borghese poiché gli era stato dato l’incarico di occupare Sesto San Giovanni e arrestare alcuni sindacalisti e membri di partiti d’opposizione, ma nonostante la sua ammissione di colpa, dopo quattro anni di carcere preventivo venne prosciolto da ogni accusa.
Insomma, quando già erano operative le strutture di Gladio, si decise di costituire un’altra organizzazione clandestina, nella previsione di impiegare una parte consistente delle nostre forze armate, insieme a quei settori della società civile che poi vennero coordinati dalla P2 di Licio Gelli.
[NOTE]
47 L’opuscolo, redatto dal Sifar nel 1964, venne ritrovato da alcuni militanti della sinistra rivoluzionaria all’interno di una sezione del MSI (Movimento Sociale Italiano). Cfr. http://www.uonna.it/laparata.htm
48 In realtà, una volta sciolta, l’organizzazione continuò ad operare mimetizzandosi nel circolo culturale Carlomagno di Verona fino almeno al 1980.
49 Rispettivamente avvocato ed editore considerati, secondo le motivazioni della corte di Cassazione, tra i responsabili per la strage di piazza Fontana poiché appartenenti alla cellula di Ordine Nuovo a Padova, ma non più perseguibili poiché già assolti in un precedente processo.
50 Nel corso del 1959, i servizi segreti americani provvidero ad inviare presso il Cag i materiali di carattere operativo destinati a costituire le scorte di prima dotazione dei nuclei e delle unità di pronto impiego, da occultare, fin dal tempo di pace, in appositi nascondigli interrati nelle varie zone di eventuale operazione. Nel 1973 viene scoperto uno dei Nasco e i servizi decidono così di smantellarli e riunire tutto il materiale presso diverse caserme dei carabinieri e nel Centro guastatori di Capo Marragiu
51 Vincenzo Vinciguerra, 1993, La strategia del depistaggio, Sasso Marconi, Ed. Il Fenicot
Giulia Fiordelli, Dalla Konterguerilla ad Ergenekon. Evoluzioni del Derin Devlet, tra mito e realtà nella Turchia contemporanea: analogia con la stay-behind italiana, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Anno Accademico 2012-2013

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