Il 29 marzo 1944 fu attuata una nuova,
grande incursione sul triangolo industriale

[…] Che un certo numero di aviatori, dopo l’8 settembre 1943, aderisse alla Repubblica di Salò è un dato di fatto ed è un elemento della storia d’Italia che rientra nel campo della ricerca. Tuttavia la produzione apologetica e celebrativa continua a esistere, soprattutto a livello divulgativo, intrecciandosi con la polemica politica contingente. Il rischio è che certi miti e certe inesattezze sopravvivano e possano contaminare testi prodotti con criteri scientifici e, dunque, la memoria collettiva.
Prendiamo in considerazione il ruolo svolto dall’Anr nel proteggere l’Italia occupata dai bombardamenti degli Alleati. La volontà di «difendere le città italiane dai quadrimotori angloamericani» viene individuata dal giornalista Marco Petrelli, autore, nel 2014, di una serie di interviste ai piloti superstiti dell’Anr, quale denominatore comune dei suoi intervistati <2. Da una prospettiva diversa, Andrea Villa, autore di un accurato studio sulla “Guerra aerea sull’Italia 1943-1945”, nelle quattro pagine (su 270) concesse all’Anr conferma che essa fu «impegnata a contrastare le formazioni dei bombardieri americani impegnate nel Nord-Italia» <3. Si trattava di una motivazione forte, sinceramente sentita dai piloti dell’Anr.
Ma in che misura poté effettivamente tradursi in azione concreta? Alla prova dei fatti, risulta che le città del triangolo industriale – Torino, Milano, Genova: i centri più popolosi del Paese – beneficiarono di ben poca o nessuna protezione da parte dell’Anr.
[…] In primo luogo, occorre fare chiarezza sulla natura dei bombardamenti avvenuti in Piemonte dopo l’8 settembre 1943, discorso che vale per tutto il resto dei territori della Repubblica sociale. La stampa dell’epoca definiva tali incursioni “terroristiche”, termine che ancora sopravvive in molte ricostruzioni storiche. In realtà, i bombardamenti finalizzati, oltre che a colpire obiettivi militari, a piegare il morale della popolazione (tecnicamente: “strategici”), erano cessati dopo l’armistizio <5. Gli Alleati vi avevano fatto ricorso, pur senza raggiungere i livelli di quelli riservati alla Germania, soprattutto nell’estate del 1943, per indurre il governo Badoglio a non procrastinare ulteriormente la resa. Dopo l’8 settembre, le incursioni sul territorio della Repubblica sociale (nella prospettiva degli Alleati, semplicemente una zona sotto occupazione tedesca) erano state ristrette ai soli obiettivi di carattere militare. Ciò non toglie che, a causa di errori di puntamento, fattori climatici, problemi tecnici, molte bombe (talvolta tutte) cadessero fuori bersaglio, a spese della popolazione civile. Del resto, ciò accade anche nelle tecnologicamente più avanzate guerre attuali, per le quali è in voga l’espressione “danni collaterali”.
In Piemonte, la città di Torino, in quanto sede di industrie belliche e importante snodo ferroviario, era l’obiettivo primario. Sin dal maggio del 1943, nel quadro dell’operazione Point Blank, finalizzata a disarticolare la produzione industriale bellica del Reich, erano stati programmati bombardamenti sulla fabbrica torinese di cuscinetti a sfere Riv. Tre di essi avvennero tra novembre e dicembre: uno, notturno, eseguito dall’aeronautica britannica il 24 novembre, si risolse in un fallimento; invece, i due effettuati dall’aeronautica degli Stati Uniti l’8 novembre e il 1 dicembre andarono a segno, provocando al tempo stesso, in totale, oltre trecento vittime civili <6.
In questa fase, la protezione aerea era svolta dallo Jagdgeschwader (JG) 77 della Luftwaffe, il cui 2o Gruppe aveva come base l’aeroporto di Lagnasco. L’unità utilizzava caccia di fabbricazione italiana Macchi 205, requisiti dai tedeschi dopo l’8 settembre. Gli aerei dello JG 77 giunsero troppo tardi in occasione del bombardamento dell’8 novembre, mentre riuscirono ad affrontare alcuni incursori il 1 dicembre.
In base agli accordi faticosamente raggiunti con i vertici militari tedeschi, lo JG 77, riequipaggiato con caccia Messerschmitt 109 G-6, procedette a restituire i Macchi 205 alle autorità della Repubblica sociale. Fu così possibile rendere operative le prime due unità dell’Anr, il 1o Gruppo caccia, che ricevette una trentina di apparecchi, e la squadriglia complementare “Montefusco”. Entrambi i reparti furono assegnati alla difesa di Torino. A quanto sembra, ai vertici dell’Anr stava particolarmente a cuore la protezione degli stabilimenti Fiat, che avevano in produzione il moderno caccia G.557. Il 1o Gruppo, pertanto, venne distribuito fra Mirafiori (poi Caselle), Lagnasco e Lonate Pozzolo, mentre la squadriglia complementare fu dislocata a Venaria Reale.
Il 3 gennaio 1944 avvenne una nuova incursione nel quadro dell’operazione Point Blank. Oltre un centinaio di bombardieri B-17 dell’aviazione dell’esercito degli Stati Uniti, scortati da una sessantina di caccia P-38, decollarono dalle Puglie e raggiunsero il cielo del Piemonte. Metà dei bombardieri, quelli appartenenti ai Bombardment Group (Bg) 2 e 99, si diressero verso Villar Perosa, ove erano state decentrate le fabbriche di cuscinetti a sfera. L’altra metà, composta da apparecchi forniti dal 97o e dal 301o Bg, puntò invece sulla vecchia sede della Riv e sullo scalo ferroviario di Torino. Tutti i bersagli furono centrati. In città, secondo quanto riporta la stampa dell’epoca, «risultano colpiti chiese, ospedali e scuole, mentre numerose case d’abitazione sono andate distrutte o sono state gravemente danneggiate. Sembra, tuttavia, che il numero delle vittime non sia elevato» <8. Il conteggio ufficiale, infatti, ne indica sedici. I bombardieri erano sugli obiettivi circa una decina di minuti prima di mezzogiorno. Per affrontarli, si alzarono in volo diciassette caccia, otto Me 109 dello JG 77, che assalirono la formazione diretta a Villar Perosa, e nove Macchi 205 del 1o Gruppo, ancora contrassegnati con le croci nere tedesche, che invece accorsero a difendere Torino. Il capitano Adriano Visconti, che comandava la pattuglia dell’Anr, constatato che i P-38 di scorta volavano a un’altitudine molto inferiore, ordinò di gettarsi in picchiata su di loro. I resoconti riportano che il sergente maggiore Francesco Cuscunà fu il primo pilota dell’Anr ad abbattere un avversario, seguito dal capitano Visconti e dai sottotenenti Lugari e Sajeva, che conseguirono altre tre vittorie. I tedeschi registrarono due vittorie, ma altrettante perdite <9. La documentazione conservata negli archivi degli Stati Uniti segnala che, al termine dell’incursione, sei caccia P-38 risultavano dispersi. Subito vennero intraprese ricerche per appurarne la sorte, in vista della stesura del Macr, il rapporto compilato in caso di perdita di un pilota o di un equipaggio. Al momento attuale, sono stati individuati solo due Macr relativi alla missione del 3 gennaio. Il primo P-38 precipitato risulta essere l’apparecchio matricola 42-12732, pilotato dal second lieutenant Jack P. Muffitt, originario dell’Illinois, appartenente al 1o Fighter Group, 94o Squadron. Era la scorta assegnata ai bombardieri diretti a Torino. Nel rapporto si legge che Muffitt, «cinque minuti dopo aver superato le coste italiane, a est di Genova e a sud di Torino, ruppe la formazione, si staccò ed effettuò una virata a 180 gradi». Da quel momento venne perso di vista <10. L’altro P-38, di scorta ai B-17 in volo per Villar Perosa, matricola 43-2437, era pilotato da David C. Fritz, parigrado di Muffitt, originario di Cleveland, nell’Ohio. Fritz apparteneva al 14o Fighter Group, 49o Squadron <11. Giunta sull’obiettivo, la formazione di Fritz si disperse, forse a causa dell’attacco tedesco: Fritz rimase isolato e si aggregò a un’altra formazione di P-38, ma, improvvisamente, perse i contatti anche con quest’ultima. «Mi voltai e non c’era più», riferisce uno dei piloti, «non ci ha contattato per radio, né ha segnalato di aver preso terra. In quel momento non
c’erano caccia nemici, né tiri di contraerea » <12.
[…] Il combattimento del 3 gennaio, i cui esiti furono certamente sovrastimati, suscitò entusiasmo negli ambienti aeronautici della Repubblica sociale. Gli aviatori del 1o Gruppo caccia poterono dipingere sugli apparecchi le insegne dell’Anr: due fasci contrapposti in campo bianco (ali) e le bandiere tricolori (fusoliera e coda). Di fatto, l’incursione americana aveva raggiunto il suo obiettivo: bloccare la produzione dei cuscinetti a sfere in Piemonte. Nelle settimane successive, l’operazione Point Blank proseguì su obiettivi situati in altre zone del Reich tedesco. Le incursioni sulla Germania e sui territori limitrofi si intensificarono, favoriti dalla possibilità per gli Alleati di disporre di basi in Puglia. I vertici militari tedeschi, pertanto, iniziarono a ritirare le forze della Luftwaffe dall’Italia, per concentrarle a difesa del Reich.
Gli accordi stipulati alla nascita dell’Anr prevedevano che essa si conformasse alle direttive militari tedesche. Il 1o Gruppo caccia il 28 gennaio dovette quindi lasciare il Piemonte e fu trasferito in Friuli (all’epoca territorio annesso al Reich con la denominazione di Adriatisches Küstenland), lungo la rotta seguita dai bombardieri per colpire la Germania.
[…] Il 29 marzo 1944 fu attuata una nuova, grande incursione sul triangolo industriale. I piani iniziali prevedevano di colpire le tre città di Genova, Milano e Torino. Genova venne in seguito depennata e sostituita da Bolzano.
In totale, vennero impiegati circa quattrocento bombardieri, ai quali deve essere aggiunta la relativa scorta di caccia. Oltre centotrenta quadrimotori B-24 Liberator sganciarono il loro carico sullo scalo ferroviario milanese di Lambrate e sull’aeroporto di Bresso, contrastati da alcuni caccia tedeschi <15. Le vittime civili sono valutate in una sessantina. Circa centosettanta B-24 bombardarono lo scalo ferroviario di Bolzano, incontrando alcuni apparecchi tedeschi e italiani (del 1o Gruppo, decollati dalle basi friulane) <16. I rapporti segnalano un P-38 abbattuto da un Messerschmitt 109. Altre perdite si registrarono a causa di problemi tecnici o per il fuoco contraereo <17.
I bombardieri diretti a Torino, circa un centinaio, erano quadrimotori B-17, appartenenti ai Bg 2o, 99o, 97o e 301o. La loro missione consisteva nel colpire, anche in questo caso, lo scalo ferroviario e le fabbriche della Riv, che era riuscita a riprendere la produzione di cuscinetti a sfere. Gli apparecchi raggiunsero l’obiettivo intorno alle 11.30 ed eseguirono la manovra di attacco, mentre in cielo cominciavano a scoppiare le granate della contraerea. Sopra uno dei quadrimotori, il B-17 numero 42-97152, proprio nel momento in cui veniva dato il segnale di sgancio, si avvertì un gran botto. Il pilota, Edward Wronkoski, prima temette che una bomba del carico fosse esplosa sotto le ali, ma poi si rese conto che l’aereo era stato investito dalle schegge di una granata. Due motori perdevano colpi, un terzo reggeva a stento <18.
La formazione completò il bombardamento. Fu registrata una buona concentrazione di colpi sul bersaglio. Bombe caddero anche sulle chiese di Santa Maria Assunta, di Nostra Signora della Vittoria e su due ospizi <19. Si contarono diciassette vittime tra i torinesi <20. L’allarme nella base aerea di Venaria Reale era suonato alle 11.45. Decollarono cinque G.55, uno dei quali rientrò quasi subito per noie al motore. Gli altri intercettarono i bombardieri lungo la rotta di ritorno e li attaccarono, scendendo in picchiata da un’altitudine superiore. Il tenente Giovanni Bonet <21 e il sergente Lucio Biagini notarono il B-17 con i motori fumanti, in coda al proprio Squadron. George A. Lawrence, il mitragliere della torretta superiore, scaricò qualche raffica contro di loro, ma i caccia guizzavano via veloci e tornavano a colpire. Wronkoski abbassò i carrelli in segno di resa e avvertì l’equipaggio: «Ragazzi, ho paura che dobbiamo lanciarci!» <22. Il B-17 seminò una fila di paracadute bianchi, per poi andare a cadere a foglia morta in prossimità di Cairo Montenotte, in Liguria. I membri dell’equipaggio vennero tutti catturati, tranne uno, l’ultimo che si era lanciato: Maurice LaRouche, mitragliere sulla torretta ventrale. Fu nascosto da una famiglia del posto, i Dogliotti, e successivamente si unì alla 16a brigata “Garibaldi”. Infine passò con le formazioni autonome di Enrico Martini “Mauri”. In autunno sarebbe riuscito a riparare nel territorio francese sotto controllo degli Alleati <23.
Pochi minuti dopo l’abbattimento del bombardiere, i G.55 della “Montefusco” si ritrovarono addosso i caccia di scorta americani. Tra i piloti figurava Herschel Green, che al suo attivo vantava numerose vittorie, alle quali poté aggiungere l’abbattimento del G.55 di Giovanni Bonet. L’aereo si schiantò presso Alba: Bonet rimase ucciso. Fu abbattuto anche il G.55 del maresciallo Luigi Bellici, che però riuscì a lanciarsi con il paracadute e riportò solo lievi ferite.  Era stata conseguita, pur a duro prezzo, la prima vittoria della squadriglia che, successivamente, venne ribattezzata “Bonet”.
[…] Alla fine del mese di maggio, la squadriglia “Bonet” venne di fatto sciolta e accorpata al 1o Gruppo caccia. Sopravvissero soltanto alcune unità destinate all’addestramento.
La fine della difesa aerea del Piemonte
Il Piemonte si ritrovò, pertanto, privo di protezione che non fosse quella offerta dalle batterie contraeree, e ciò proprio mentre l’offensiva contro le linee di comunicazione cresceva di intensità. Il 28 maggio anche Vercelli subì un pesante bombardamento, diretto alla stazione ferroviaria, ma che coinvolse i quartieri circostanti <29. Si intensificavano gli attacchi a obiettivi minori e i mitragliamenti sulle strade. Si calcola che, in tutta la regione, siano stati distrutti centosette tra ponti, gallerie e viadotti <30.
Dopo lo sbarco in Normandia e l’ulteriore arretramento della linea del fronte, la strategia tedesca attribuì priorità assoluta alla difesa del proprio territorio. I caccia della Luftwaffe vennero del tutto ritirati dall’Italia, ove la presenza di apparecchi tedeschi finì per ridursi solo a mezzi destinati alla ricognizione o ai collegamenti. L’Anr dovette allinearsi a tale strategia. Anzi, i vertici militari tedeschi avrebbero preferito trasformare la forza aerea della Rsi in una semplice Legione italiana, priva degli apparati burocratici e integrata direttamente nella Luftwaffe. Il feldmaresciallo Wolfram von Richtofen, comandante del settore, tentò di imporre con la forza tale soluzione, ma incontrò un deciso dissenso da parte della Rsi: il suo tentativo, pertanto, ebbe come unico risultato la paralisi dell’attività dell’Anr sino al mese di ottobre <31. Tra agosto e ottobre, pertanto, tutto il territorio del Nord Italia rimase privo di qualsiasi protezione dal cielo. In ottobre, addirittura, gli Alleati poterono servirsi di un campo d’aviazione attivato dai partigiani a Vesime, nell’Astigiano, facendovi atterrare anche un quadrimotore B-24 <32.
In conclusione, i dati in nostro possesso permettono di accertare che, sicuramente, nel corso della sua esistenza l’Anr riuscì ad abbattere, in Piemonte, uno, forse due caccia <33 (il 3 gennaio 1944) e un bombardiere (il 29 marzo). Bombardiere che era stato colpito dalla contraerea e che, comunque, aveva già sganciato il carico di bombe su Torino. In passato venivano accreditate quattordici vittorie (otto caccia e sei bombardieri). Altri apparecchi furono sicuramente danneggiati: tra di essi, con ogni probabilità, il B-24 colpito dal tenente Biron il 12 maggio.
Si può dunque affermare che della difesa delle città del Nord il Piemonte beneficiò in misura trascurabile. Un analogo discorso può essere esteso alla Liguria (sulla quale, nell’agosto del 1944, gli Alleati scatenarono, in previsione dello sbarco in Provenza, un’offensiva aerea che si avvalse di almeno cinquecento bombardieri), mentre in Lombardia la presenza dell’Anr fu più sensibile, per quanto marginale.
La causa di tale situazione è evidente: la difesa del triangolo industriale italiano non rientrava nei piani della Luftwaffe […]
[NOTE]
2 Marco Petrelli, A difendere i cieli d’Italia. Racconti e testimonianze dei piloti dell’Aeronautica nazionale repubblicana 1943-1945, Carrara, Ciclostile, 2014.
3 Andrea Villa, Guerra aerea sull’Italia 1943-1945, Milano, Guerini, 2010, p. 169.
5 Per un inquadramento generale, si veda A. Villa, op. cit.
6 Sui bombardamenti su Torino cfr. Giovanni De Luna, I bombardamenti in Torino in guerra 1940-1945. Catalogo della mostra, Torino, Gribaudo, 1995, pp. 21-26; Pier Luigi Bassignana, Torino in guerra. La vita quotidiana dei torinesi al tempo delle bombe, Torino, Edizioni del Capricorno, 2013.
7 G. Garello, op. cit., p. 38.
8 Ancora un’azione terroristica su una zona popolare della nostra città, in “La Stampa”, 4 gennaio 1944.
9 Una ricostruzione del combattimento del 3 gennaio 1944 in Ferdinando Pedriali, L’operazione “Point Blank”, in “Storia Militare”, aprile 2007. Pedriali, al posto di Muffitt, indica il nome di Lawrence D. Wells, che, invece, risulta essere morto in un incidente aereo il 12 settembre 1945. Inoltre si veda Marco Mattioli, I falchi di Mussolini, Roma, IBN, 2011, pp. 13-14.
10 Military Air Crew Report (Macr) 2029. I Macr, cioè i rapporti redatti in occasione della perdita di un equipaggio aereo, sono reperibili anche in rete, in particolare nel sito a pagamento www.fold3.com.
11 Macr 1823, in seguito duplicato con il numero 9094 per correggere un errore nella trascrizione del numero di matricola.
12 Macr 1823, rapporto del second lieutenant Jerome Lascotte, p. 3.
15 Achille Rastelli, Bombe sulla città. Gli attacchi aerei alleati: le vittime civili a Milano,
Milano, Mursia, 2000, pp. 116-120.
16 Claudio Devigili, Il mistero del bombardiere americano B-24 J caduto il 29 marzo 1944 a Baselga di Piné, Trento, Temi, 2011, p. 69 e ss.
17 Idem, pp. 84-85.
18 Le testimonianze degli aviatori del B-17 97152 sono state raccolte dallo storico dell’aeronautica Giancarlo Garello, che, da ragazzino, assistette alla caduta del bombardiere e, da adulto, ne rintracciò i superstiti. I frutti della sua ricerca si trovano nel suo libro Centauri su Torino. La squadriglia “Bonet” dell’Aeronautica nazionale repubblicana, Milano, Apostolo, 1998, p. 82 e ss. Cfr. inoltre Charles Richards, The Second was first, Bend, Maverick, 1999, p. 215 e ss.
19 “La Stampa”, 30 marzo 1944.
20 “La Stampa”, 31 marzo 1944.
21 Giovanni Bonet era giunto a fregiarsi dell’alloro di asso, conseguendo otto vittorie. Cfr. Giovanni Massimello – Giorgio Apostolo, Gli assi italiani della II Guerra Mondiale, Gorizia, Leg, 2012, p. 150.
22 Il combattimento aereo, oltre che dalle testimonianze citate, è descritto da G. Garello, op. cit., pp. 45-46.
23 All’odissea di Maurice LaRouche (1918-2007) ho dedicato una ricerca di prossima pubblicazione.
29 Le vittime furono una ventina, oltre novanta i feriti. Cfr. Alberto Magnani, Bombe su Vercelli. Le incursioni aeree del 1944-1945, in “l’impegno”, a. XXXV, n. s., n. 2, dicembre
2015, p. 16.
30 A. Villa, op. cit., p. 18.
31 Gregory Alegy, La legione che non fu mai. L’Aeronautica Nazionale Repubblicana e la crisi dell’estate 1944, in “Storia contemporanea”, a. XXIII, n. 6, dicembre 1992.
32 Le vicende del campo di Vesime sono ricostruite da Alizia Usai, Organizzazione degli aiuti alla Resistenza, in “Quaderni Savonesi”, aprile 2011, pp. 16-21.
33 Il P-38 precipitato presso Cuneo dovrebbe essere stato abbattuto da un G.55, forse quello di Cuscunà. Non va dimenticato che, nella stessa circostanza, anche i caccia tedeschi rivendicarono due vittorie.
Alberto Magnani, L’Aeronautica nazionale repubblicana in Piemonte (1943-1945) in “l’impegno”, a. XXXVIII, nuova serie, n. 1, giugno 2018, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

A seguito dei violenti bombardamenti avvenuti nell’estate del 1943, tra la destituzioni di Mussolini (25 luglio) e l’armistizio del 8 settembre ci furono altri tre incursioni aeree sulla città.
Dopo l’armististizio e la proclamazione della Repubblica di Salò, iniziò un periodo di forti tensioni sociali, in quanto la città fu invasa dalle truppe tedesche e iniziarono i primi conflitti con le forze della Resistenza ormai insorte. Ad aumentare la drammaticità del conflitto interno contribuirono alltri due incursioni aeree da parte degli Alleati l’8 novembre ed il 12 dicembre dello stesso anno che causarono numerose vittime <10.
L’ultimo bombardamento, il trentasettesimo secondo le fonti, fu il 6 aprile del 1945, ed ebbe come obiettivo una stazione di smistamento, provocando 71 vittime <11.
[NOTE]
10 LUCIANO RE, Dopo il piccone le bombre: l’atteso volto della nuova città, in Lorenzo De Stefani, Guerra, monumenti, ricostruzione: architettura e centri storici italiani nel secondo conflitto mondiale, Venezia, Marsilio, 2011, p. 470.
11 Ibidem.
Simone Licco, La ricostruzione del centro storico di Torino dopo la seconda guerra mondiale. Il dibattito e le scelte del Consiglio Comunale 1945-1959, Tesi di Laurea, Politecnico di Torino, Anno Accademico 2017/18