Il terzomondismo fu un’ideologia ed un paradigma interpretativo della realtà internazionale diffusosi in Occidente

Nella presente ricerca si è cercato di ricostruire cosa fu il Terzo Mondo e cosa rappresentasse per l’opinione pubblica italiana ed internazionale quando entrò a far parte della narrazione della contemporaneità. Sorge spesso spontaneo, a chi oggi si occupa di questo tema, pensare subito alle difficoltà affrontate dai paesi che fanno parte di quest’area come una responsabilità, diretto e/o indiretta, dell’Occidente. Ciò dipende dal passato coloniale della maggior parte dei paesi occidentali e dal difficile percorso di riflessione che le nostre società stanno cercando, non senza forti resistenze, di portare avanti per ricostruire i processi storici che hanno determinato l’esistenza di un divario ampio fra le condizioni di vita dei diversi paesi. In questa ricerca, tuttavia, non si intende ricostruire responsabilità o determinare le cause delle differenze di allora e di oggi fra i diversi stati in cui è suddiviso il sistema internazionale, ma cercare di capire le motivazioni e le ideologie che spinsero intellettuali, politici e attivisti ad interessarsi in maniera crescente dei paesi emergenti, delle loro istanze e del significato da attribuirgli. Ricostruire quindi la nascita del terzomondismo. Questo è un tema che da qualche anno sta iniziando a riscuotere un crescente interesse nel settore della ricerca storica. Per quanto ancora limitate, queste attenzioni stanno facendo sì che un numero sempre maggiore di contributi siano volti a ricostruire lo sviluppo di questo pensiero nel contesto italiano ed internazionale, arricchendo di conseguenza il dibattito storico e storiografico in questo specifico campo di studi.
Partendo da quanto fin qui scritto a livello accademico sul terzomondismo si è deciso di rintracciare quali fossero le matrici che portarono allo sviluppo di questo paradigma interpretativo del sistema internazionale, quali personalità furono determinanti nella sua elaborazione e nel suo attecchimento nell’opinione pubblica italiana (e non solo), quali partiti contribuirono a fare di esso un tema di dibattito anche a livello istituzionale, quali tipologie di connessioni vi fossero con le altre forze politiche europee, del blocco sovietico e del Terzo Mondo stesso che facevano di questa ideologia la base della propria azione a livello sia nazionale che internazionale. Tutto ciò parte dall’ipotesi che il terzomondismo non fosse una sottocategoria di altre teorizzazioni, ma un insieme di idee che diedero vita ad un pensiero autonomo ed originale, con una capacità attrattiva verso fasce ben definite della popolazione ed in particolare dei giovani.
Il fenomeno qui analizzato fu caratterizzato da uno sviluppo storico ben preciso, che nelle pagine successive verrà analizzato, ma si ritiene al contempo che la sua influenza non sia limitata al periodo preso in analisi, che va dal 1954 al 1968, ma perduri tutt’oggi e sia presente, in modalità nuove e diverse, nel discorso politico e nel dibattito pubblico, nonché nella stessa ricerca storica.
[…] Il secondo capitolo è dedicato all’Italia ed al suo rapporto con la Guerra d’Algeria e con la Francia. Questa relazione è stata analizzata sia per quanto riguardava i rapporti istituzionali sia quelli informali e a volte clandestini che presero vita nei due paesi. La personalità di maggior rilievo per questa seconda tipologia di rapporti fu quella di Giovanni Pirelli, erede della celebre famiglia industriale lombarda e uno dei più importanti intellettuali che aderirono al terzomondismo, plasmandone e ridefinendone il significato. L’archivio privato Pirelli è stato consultato grazie alla disponibilità di Francesco Pirelli, figlio di Giovanni, che attualmente ne custodisce le carte a Varese. Anche in questo caso si ritiene doveroso ringraziare la disponibilità dimostrata dal dott. Pirelli nei miei confronti e per le indicazioni relative al materiale presente in archivio, un fatto che ha semplificato il lavoro e dato un contributo molto utile ad individuare il ruolo rivestito da Giovanni Pirelli come figura di riferimento del terzomondismo italiano e sulla cui importanza si è per lungo tempo soprasseduto nell’ambito della ricerca storica. Un’altra consultazione rivelatasi utile a completare la documentazione dell’archivio privato Pirelli è stata quella effettuata presso l’Archivio di Stato di Torino dove si trova il fondo Einaudi. In esso sono stati trovati diversi documenti afferenti sia al rapporto di Pirelli con Einaudi, sia a quello con Frantz Fanon, sia con la casa editrice francese Maspero, che fu la prima a pubblicare il celebre libro dell’autore martinicano “I dannati della terra”.
Nel terzo capitolo l’analisi riguarda la sinistra del Partito Socialista Italiano (PSI) e il successivo Partito Socialista Italiano d’Unità Proletaria (PSIUP). La corrente prima ed il partito poi rappresentarono la prima esperienza di terzomondismo partitico in Italia, concentrando gran parte della propria azione e della propria elaborazione teorica sul rapporto con il Terzo Mondo e con i movimenti di liberazione nazionale. Alcune personalità si occuparono con maggiore attenzione di questi temi ed in particolare spiccava, fra le altre, quella di Lelio Basso. Egli sviluppò molti rapporti con intellettuali, giornalisti, politici e sindacalisti stranieri e promosse e diresse due importanti riviste che si occuparono di temi internazionali e di Terzo Mondo: “Problemi del Socialismo” e “Revue Internationale du Socialisme – International Socialist Journal”.
[…] Un altro archivio consultato per questo capitolo è quello del Centre d’Histoire de Sciences Po a Parigi, nel quale è stata rintracciata la corrispondenza fra Lelio Basso e Gilles Martinet, membro del gruppo dirigente del PSU, amico e collaboratore di Basso nel lavoro di direzione e pubblicazione delle sue due riviste precedentemente menzionate. Un aspetto che si è ritenuto importante trattare in questa parte della ricerca è stato il confronto fra il PSIUP ed il PSU, per verificare fino a che punto le due formazioni fossero simili e in cosa invece divergessero ma soprattutto quanto fosse stato determinante il terzomondismo per la loro elaborazione teorica ed il loro posizionamento internazionale.
Infine, nel quarto ed ultimo capitolo si è scelto di verificare quanto il pensiero terzomondista, promosso in principal modo dal PSIUP, avesse influenzato anche altri due partiti della sinistra italiana: il PSI ed il Partito Comunista Italiano (PCI). Per effettuare questa analisi sono stati presi in considerazione tre periodici di riferimento, uno per ogni partito: “Mondo Nuovo”, “Mondo Operaio” e “Rinascita”. Al fine di circoscrivere i temi analizzati dalle diverse riviste si sono scelti tre casi di studio ritenuti esemplari delle possibili modalità di valutazione del sistema internazionale secondo gli schemi del terzomondismo: la Repubblica Popolare Cinese, il Vietnam ed Israele. Questi tre stati, nel periodo scelto, entrarono nel dibattito pubblico italiano e costituirono punti di discussione fra le diverse anime della sinistra. La ricostruzione di questo dibattito relativo agli sviluppi politici e agli eventi storici che li caratterizzarono è stata operata con il fine di comprendere le diverse posizioni espresse dai partiti e le possibili somiglianze, sempre in relazione al paradigma terzomondista. Per completare questo capitolo, sono inoltre stati presi in analisi i documenti della Sezione Esteri e delle Direzione del PCI presenti presso l’Archivio Gramsci.
Nelle conclusioni si è deciso di proporre una sintesi dei risultati di questa ricerca e dare una risposta il più possibile chiara alle domande che sono state inserite in questa premessa all’elaborato.
Il lavoro fatto per ricostruire il significato e l’apporto del terzomondismo al dibattito politico italiano non è stato privo di difficoltà. Probabilmente quella maggiore si è manifestata nella scelta di privilegiare alcuni temi rispetto ad altri. Un esempio ne è la decisione di occuparsi principalmente del terzomondismo della sinistra socialista e marxista ed in maniera minore di quello della sinistra della Democrazia Cristiana e del mondo cattolico. Si è ritenuto tuttavia che il pensiero della prima, ed in particolare di PSIUP e PSU, fosse caratterizzato da alcuni aspetti specifici che ne determinarono una precisa definizione paradigmatica, come ad esempio la dimensione rivoluzionaria del Terzo Mondo ed il collegamento fra movimento operaio occidentale e movimenti di liberazione nazionale. Inoltre, le scelte operate dai decisori politici e dalle figure di spicco della DC e del cattolicesimo sono comunque state prese in analisi per determinare la loro influenza sul pensiero della sinistra. Si ritiene pertanto che la concentrazione delle attenzioni di questa ricerca sulla sinistra socialista ed in particolare sulla “nuova sinistra” degli anni ’60 rappresenti una scelta valida e forse anche più coerente rispetto ad eventuali excursus su altri temi che, per quanto certamente connessi e rilevanti, avrebbero potuto complicare la discussione e inficiare la coerenza della narrazione storica operata in questa sede. Per questo stesso motivo si è scelto di non operare una trattazione specifica dei movimenti del ’68 e dello sviluppo della sinistra extra-parlamentare, anch’essi influenzati dal terzomondismo ma in modalità e con sviluppi assai diversi, anche a livello cronologico, da quelli della sinistra nata nella prima metà degli anni ’60. […] Nel caso italiano, il partito che adottò con maggiore convinzione il paradigma interpretativo terzomondista fu il PSIUP. Ad esso, secondo quanto ricostruito da Valerio Riva, furono destinati, negli anni, grandi quantitativi di denaro per portare avanti le proprie istanze politiche e le proprie attività di partito <89. Pertanto, appare difficile ritenere corretto che la critica principale espressa dal terzomondismo italiano si rivolgesse all’ortodossia sovietica. Certo nell’ambito movimentista e sessantottino tale fatto può aver avuto maggiore rilevanza, ma rimaneva comunque molto distante dai temi centrali che caratterizzavano il terzomondismo, ossia l’antimperialismo e l’anticolonialismo.
La prospettiva polemica come quella dispregiativa con cui si è visto venire connotato a volte il termine terzomondismo non sembra quella più puntuale né quella maggiormente utile alla ricerca storica. Aldo Agosti, nel volume “Il partito provvisorio”, descrive, senza alcun intento dispregiativo, la posizione internazionale del PSIUP proponendo la caratterizzazione più calzante di quello che in questa ricerca si ritiene fosse il terzomondismo: una formulazione ideologica con cui veniva valutato il sistema internazionale che caratterizzava la sinistra socialista italiana ed in particolare una parte del PSIUP <90. Questo paradigma vedeva come punto fondamentale la collaborazione molto stretta con i movimenti di liberazione nazionale, considerati come i principali promotori della rivoluzione socialista a livello mondiale.
Risulta complesso, vista l’eterogeneità delle prospettive, dare una definizione univoca del terzomondismo italiano. Un aspetto però rimane relativamente stabile nella quasi totalità delle formulazioni proposte, il legame profondo esistente fra la «nuova sinistra» o New Radical Left, e lo sviluppo di questa prospettiva nel contesto occidentale ed italiano. Da questo punto fermo si intende proseguire per poter fornire una definizione precisa del terzomondismo in Italia, del suo contenuto e della sua diffusione.
4. La Resistenza ed il terzomondismo
Uno degli aspetti finora non presi in considerazione ma che risulta particolarmente rilevante per una definizione propria del terzomondismo era il rapporto di questo paradigma interpretativo con il “mito” della Resistenza. Kalter ricostruisce con molta attenzione lo sviluppo di un’analogia che è fondamentale per comprendere il cuore dell’ideologia della New Radical Left e del suo pensiero terzomondista: l’accostamento fra la Resistenza ed i movimenti di liberazione nazionale che, per converso, portava all’accostamento fra le forze coloniali (o neo-coloniali) ed i nazisti <91. Tale paragone era presente non soltanto all’interno della realtà francese descritta da Kalter, ma anche in quella italiana. In particolare, questa sensibilità terzomondista era stata espressa da Giovanni Pirelli a più riprese e costituiva il nucleo centrale dell’elaborazione teorica anche del PSIUP <92. A questi due casi saranno pertanto successivamente dedicati dei capitoli specifici in cui si analizzerà il pensiero rispettivo. Ad ora sia sufficiente vedere un esempio. Pirelli, curatore di due diverse raccolte di lettere di condannati a morte della Resistenza (italiana ed europea) edite nel 1952 e nel 1954 <93, pubblicò nel 1969 un’edizione scolastica della versione europea. Nell’introduzione a tale edizione, egli propose un’interpretazione, destinata ai giovani ed alle generazioni future, del ruolo rivestito dalla Resistenza, fenomeno mai realmente concluso: «Ricordatevi che la Resistenza non è affatto finita con la disfatta del fascismo. È continuata e continua contro tutto ciò che sopravvive di quella mentalità, di quei metodi; contro qualsiasi sistema che dà a pochi il potere di decidere per tutti. Continua nella lotta dei popoli soggetti al colonialismo, all’imperialismo, per la loro effettiva indipendenza. Continua nella lotta contro il razzismo» <94. Sarebbe difficile esprimere con maggiore precisione la connessione elaborata dal pensiero terzomondista fra movimenti di liberazione nazionale e Resistenza. L’imperialismo non era altro che fascismo chiamato con un altro nome <95. In questo senso è necessario tener presente come il pensiero terzomondista tendesse a ridefinire il significato delle lotte di liberazione nazionale. Esse venivano accomunate all’esperienza maturata in Occidente di lotta ai regimi nazi-fascisti, da cui nasceva un paradigma interpretativo nuovo. Per quanto fosse legato all’analisi marxista, esso era differente sia dall’ortodossia comunista sia dalle idee dei partiti socialisti, la cui tendenza verso la social-democrazia veniva fortemente criticata da parte di questa New Radical Left <96.
[…]
Il terzomondismo fu un’ideologia ed un paradigma interpretativo della realtà internazionale diffusosi in Occidente (ma presente anche nel Terzo Mondo ed inizialmente connesso al non-allineamento), soprattutto nell’ambito della New Radical Left, fra la seconda metà degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70. La sua influenza è sopravvissuta fino ad oggi ma la sua accezione cambiò nel tempo. Pur nella consapevolezza dell’uso a volte dispregiativo del termine da parte di alcuni autori, si ritiene preferibile utilizzare la parola terzomondismo, cercando di mantenere una modalità di analisi scientificamente corretta e coerente, piuttosto che utilizzare formule perifrastiche verbose, termini stranieri a volte più neutri (Third Worldism), o accezioni incomplete o potenzialmente fuorvianti quali anti-imperialismo o anti-colonialismo.
[NOTE]
89 V. Riva, Oro da Mosca. I finanziamenti sovietici al Pci, dalla Rivoluzione d’ottobre al crollo dell’URSS, Milano, Mondadori, 1999, p. 304, cit. in A. Agosti, Il partito provvisorio, cit., p. 70
90 A. Agosti, Il partito provvisorio, cit., pp. 72-85
91 C. Kalter, The Discovery of the Third World, cit., pp. 104-187; Kalter dedica un intero capitolo allo sviluppo di questo pensiero che lega la Resistenza francese alla lotta anticoloniale partendo dall’immediato secondo dopoguerra ed arrivando alla istituzionalizzazione di questo pensiero all’interno del Parti Socialiste Unifié (PSU); lo sviluppo italiano appare diverso per vari motivi, innanzitutto una spinta molto forte all’analisi di questo fenomeno deriva dall’esperienza algerina che la Francia vive. Il complesso e stretto rapporto fra la il paese arabo e quello europeo, assieme alla lunga e controversa guerra portata avanti dai francesi metropolitani, crea un effetto di forte promozione ideologica per lo sviluppo di nuove idee ed istanze legate proprio al Terzo Mondo, pur ricordando che l’Algeria è, in quel momento, parte integrante del territorio nazionale francese.
92 A. Agosti, Il partito provvisorio, cit., p. 77
93 P. Malvezzi, G. Pirelli (a cura di), Lettere dei condannati a morte della resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1952; P. Malvezzi, G. Pirelli (a cura di), Lettere dei condannati a morte della resistenza europea, Torino, Einaudi, 1954.
94 P. Malvezzi, G. Pirelli (a cura di), Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, Torino, Einaudi, 1969, p. 8
95 R. E. Love, “Anti-Fascism, Anticolonialism and Anti-Self. The Life of Giovanni Pirelli and the Work of the Centro Frantz Fanon”, Interventions, International Journal of Postcolonial Studies, 3, 2015, p. 350.
96 A. Agosti, Il partito provvisorio, cit., pp. 87-88
Leone Radiconcini, Il terzomondismo in Italia: intellettuali e politici della sinistra di fronte al nuovo paradigma (1954-1968), Tesi di dottorato, Sapienza Università di Roma, 2021

Nell’estate del 1970 la politica terzomondista del partito continua a far notizia: la Conferenza internazionale di solidarietà con i popoli delle colonie portoghesi organizzata a Roma dal PSIUP con i principali leaders anticolonialisti, da Marcelino Dos Santos ad Agostino Neto e Amilcar Cabral, oltre ai rappresentanti di circa 50 paesi, è ricevuta in delegazione dal papa Paolo VI, provocando l’irritazione del Portogallo guidato dal dittatore Salazaar; Luzzato, in particolare, interviene anche all’Assemblea generale dell’ONU per sostenere le ragioni dei popoli delle colonie.
L’impegno del partito nella politica internazionale contro l’imperialismo, rispecchia il percorso che anche negli altri campi contraddistinguono la parabola socialproletaria, divisa tra innovative e coraggiose azioni di sostegno alle forze antimperialiste del mondo, con una particolare attenzione agli esperimenti socialisti in molti dei paesi ex-coloniali, e con la tradizionale riproposizione dei rapporti molto stretti anche con i partiti del Patto di Varsavia sostenitori della coesistenza pacifica. La ricerca del nuovo internazionalismo proletario è dunque stretta tra le aspirazioni terzomondiste, e la fedeltà a Mosca, che costerà al partito un prezzo politico che, secondo alcuni, sarà fatale.
Stefano Pol, Il socialismo di sinistra e il P.S.I.U.P. fra aspirazioni, sfide e realtà. La storia delle Federazione provinciale udinese tra il 1964 e il 1972, Tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno accademico 2005-2006