La strage nazifascista di Forno, Frazione di Massa

Forno, Frazione del comune di Massa. Fonte: Wikipedia

Fino alla fine di giugno, due furono gli episodi di lotta alle bande che coinvolsero la popolazione civile: gli eccidi di Mommio, in comune di Fivizzano, e quello di Forno, in provincia di Massa.
[…] Un mese dopo, il 9 giugno, Forno, frazione di Massa, fu occupato dai partigiani della “Mulargia”, nell’aspettativa di un imminente arrivo degli alleati, suscitata anche da una cattiva interpretazione di due radiomessaggi di Radio Londra, annuncianti un aviolancio e, così almeno si credette, uno sbarco alleato fra Viareggio e Marina di Carrara (l’aviolancio effettivamente avvenne, lo sbarco ovviamente no). La voce di uno sbarco imminente non era nuova: già in un rapporto della Militärkommandatur 1015 dell’11 maggio 1944 si scriveva: “Da dichiarazioni di prigionieri siamo venuti a sapere che sarà prossimo uno sbarco a sud di Livorno, presso Viareggio e Forte dei Marmi” <25.
[…] I partigiani della “Mulargia” ritennero imminente l’arrivo degli alleati, ed occuparono Forno, utilizzandolo come avamposto verso la città di Massa. Fissarono il comando nella caserma dei carabinieri, occuparono la Casa del fascio e l’edificio della filanda, lo Stabilimento di Filatura del Cotonificio Ligure, che aveva cessato la produzione nel 1942. Erano circa 200-300, ma poco armati, e, secondo alcune testimonianze, proclamarono “la Repubblica libera di Forno” <28. Essi non fecero niente per non farsi notare: oltre ad arrestare i fascisti locali, convocarono a Forno il Direttore delle carceri, per chiedergli di liberare alcuni detenuti, ed un noto fascista massese, al quale fu richiesto un contributo finanziario per la resistenza. Attaccarono un camion della X Mas proveniente da La Spezia, si spinsero fino a Massa dove attaccarono una caserma delle brigate nere, il distretto militare e una caserma dell’esercito repubblicano, provocando la diserzione di tutti i militari che vi erano acquartierati, arrestarono alcuni fascisti, sequestrarono il figlio del capo guardia delle carceri di Massa, contrattandone la liberazione con quella di 11 prigionieri politici. A Forno giunsero anche, fin dalla provincia di Lucca, soldati delle forze armate fasciste repubblicane che avevano disertato.
Il CLN di Massa, resosi conto dell’azzardo commesso dalla formazione, ordinò a più riprese l’evacuazione del paese, inviando a Forno suoi esponenti di varie parti politiche, il 10, l’11 ed il 12 giugno. In quest’ultimo giorno tuttavia in paese molti comandanti si riunirono con il pisano Olivero Tilgher, comunista, rappresentante militare del CLN toscano, per confermare Marcello Garosi “Tito” comandante unico delle varie formazioni del massese e della Versilia (e probabilmente decidere il riposizionamento della formazione in Versilia). Gino Briglia, mandato in quel giorno a Forno dal CLN di Massa, non fu fatto entrare, e per parlare con Garosi dovette farlo chiamare fuori della Casa del fascio dove era in corso la riunione <29.
Il 12 mattina Bandelloni fu inviato sul monte Cavallo in attesa di un lancio, e partì con pochi uomini, affidando il grosso della formazione a Ottorino Balestri. Il 13 giugno era la festa di S. Antonio, patrono di Forno, e forse ciò può aver ritardato la ritirata dal paese, che era stata ormai decisa. Ma all’alba di quel giorno truppe della X Mas e tedesche di stanza a La Spezia, probabilmente inviate dallo stesso ufficiale che aveva diretto il rastrellamento di Mommio e Sassalbo <30, attaccarono il paese, cogliendo di sorpresa i partigiani, e conquistandolo dopo alcuni combattimenti, nel corso dei quali trovò la morte anche “Tito”, il comandante della formazione, su un basamento di roccia in località “Pizzo Acuto”, di fronte alla filanda <31. Furono quindi selezionati gli uomini presenti in paese (forse con l’aiuto di una spia che si era infiltrata nei giorni precedenti): 51 di essi, disertori del distretto di Massa, sfollati, abitanti di Forno, furono deportati in Germania. Gli uomini sospettati di essere partigiani furono invece rinchiusi e fucilati la sera del 13 giugno sulle sponde del fiume Frigido, sotto la chiesetta di S. Anna. 68 furono le vittime: 56 furono fucilate, 2 perirono nel rogo della caserma, 10 negli scontri e nel rastrellamento (fra di esse una donna, colpita all’interno della propria abitazione, ed un bambino di 9 anni) <32.
Fra i giustiziati vi fu anche il comandante della caserma dei carabinieri Ciro Siciliano: nato a Portici nel 1908, aveva sposato Anna Pegollo, appartenente ad una famiglia di antifascisti e sorella del partigiano “Naldo”. Il 9 giugno 1944 il maresciallo aveva accolto amichevolmente i partigiani che stavano occupando a Forno, e proprio nella caserma dei carabinieri questi avevano installato il loro comando. Il 13 giugno 1944, quando i tedeschi e i militi della X Mas fecero irruzione nel paese, Ciro Siciliano, che era in licenza di convalescenza, non era presente: avrebbe potuto quindi salvarsi, ma decise di tornare a Forno, con l’intenzione di intercedere per i suoi uomini e la popolazione civile rastrellata. Accusato di non essersi opposto all’occupazione del paese da parte dei partigiani e di avere fraternizzato con loro, fu messo anch’egli nel gruppo dei prigionieri da fucilare <33.
Durante la giornata del 13 giugno il parroco di Forno, don Vittorio Tonarelli, si adoperò, a rischio della propria vita, per salvare gli abitanti, ed in particolare i bambini dell’asilo, allora situato nell’edificio della filanda, riuscendo anche a far curare da un ufficiale medico della X Mas un bambino rimasto ferito. Non riuscì invece a salvare un partigiano ferito ai margini dell’abitato: mentre il sacerdote gli prestava aiuto, l’uomo fu scorto dai tedeschi, che lo finirono a colpi di mitra. Deriso e insultato dal comandante dei militi italiani, il tenente della X Mas Umberto Bertozzi, che in quella giornata si distinse per crudeltà e accanimento, più volte minacciato di morte insieme alla sorella, riuscì in quel giorno di terrore a portare a termine con dignità e coraggio la sua opera di mediatore e difensore della comunità <34.
Probabilmente l’imprudente comportamento partigiano fu causato anche da un contrasto interno alla “Mulargia” fra “Tito” da un lato, e vicecomandante e commissario politico dall’altro; ha ipotizzato Roberto Torre la presenza di “impostazioni differenti tra i capi: da una parte Tito, che aveva stabilito personalmente rapporti con il CLN massese, e dall’altra personaggi come Vannucci e Beppe, vice comandante e commissario della “Mulargia”, comunisti legati al CLN viareggino, i quali forse forzarono la mano a Tito. Le continue discussioni nei giorni di Forno, le pressioni su Tito testimoniate da Del Giudice e Briglia da parte del CLN di Viareggio, lo stesso arrivo di Oliviero Tilgher, ma poi, ancor più, dopo Forno e la morte di Tito, la rottura della “Mulargia” tra chi rimase in Apuania con il CLN di Massa, uscendo dalla Brigata Garibaldi, e chi rientrò in Versilia, alle dipendenze del CLN di Viareggio e delle Brigate Garibaldi, sembrano evidenziare contrasti all’interno della formazione, che potrebbero aver posto Tito di fronte ad una situazione compiuta” <35. Dopo quell’episodio la formazione si sciolse, una parte degli uomini aderì ai “Patrioti Apuani”, formazione autonoma di Massa comandata da Pietro Del Giudice, un’altra alle formazioni garibaldine dipendenti dal CLN viareggino <36.
[NOTE]
23 Cit. in Casella, La Toscana cit., p. 142.
24 Lutz Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia 1943-1945, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, scrive di “un’azione in grande stile” fra il 3 e 5 maggio “nelle Alpi Apuane a occidente di Fivizzano. Sotto la guida del colonnello Almers, comandante della 135a brigata da fortezza, furono impiegati nell’azione 1900 uomini, fra cui ancora una volta il reparto esploratori della divisione ‘Hermann Göring’ e i battaglioni da fortezza 905 e 906, appoggiati da numerosi reparti italiani (Guardia nazionale repubblicana, Guardia di finanza, X Mas, reclute della divisione San Marco)” (pp. 345-346). Tuttavia la cifra riportata, di 143 morti, appare eccessiva (ma spesso le fonti tedesche esagerano il numero dei “nemici” uccisi in queste operazioni). La stessa cifra appare in un rapporto della Militärkommandatur 1015 dell’11 maggio 1944, in Istituto storico della Resistenza in Toscana, Toscana occupata cit., p. 385. Infine nella sentenza della Corte d’Assise Straordinaria di Massa n. 6 del 15.5.1946, con la quale si condannava il segretario politico del Partito Fascista Repubblicano di Fivizzano per avere attivamente partecipato al rastrellamento, si parla di 19 morti a Mommio (ringrazio Maurizio Fiorillo per avermi passato il testo della sentenza). Il segretario politico del partito di Pontremoli, che pure era stato presente ad alcune fasi del rastrellamento, fu assolto. In ogni caso le due presenze dimostrano una coinvolgimento attivo nel. rastrellamento delle locali organizzazioni del partito ai massimi livelli “politici”.
25 Istituto storico della Resistenza in Toscana, Toscana occupata cit., p. 385.
28 Testimonianza di Vittorio Tonarelli, allora parroco di Forno, in Ruggero Fruzzetti, Alberto Grossi, Massimo Michelucci, Forno 13 giugno 1944. La storia di un eccidio, Massa, Ceccotti Editore, 1994, p. 57. Si veda anche la testimonianza di un altro sacerdote in Casella, La Toscana cit., p. 159.
29 Si veda la sua intervista in Ruggero Fruzzetti, Alberto Grossi, Massimo Michelucci, Forno, pp. 78-81.
30 Non è sicura l’affermazione che le truppe fossero quelle del maggiore Reder, avanzata Emidio Mosti, La Resistenza apuana luglio 1943-aprile 1945, Milano, Longanesi, 1973, p. 58, e ripresa anche da Friedrich Andrae, La Wehrmacht in Italia. La guerra delle forze armate tedesche contro la popolazione civile 1943-1945, Roma, Editori Riuniti, 1997 [1995], p. 221, che però indica erroneamente come fonte Casella. Peraltro in alcune testimonianze e in un memoriale di un maresciallo della X Mas inquisito per quei fatti (riportato in Fruzzetti, Grossi, Michelucci, Forno cit., pp. 127 sgg.) si parla di truppe delle SS, ed un testimone deportato sostiene di essere stato scortato a Genova “a piedi” proprio da Reder (ivi, p. 86), cosa poco credibile.
31 Gli verrà concessa la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
32 Seguo la ricostruzione accurata di Fruzzetti, Grossi, Michelucci, Forno cit. All’episodio peraltro fanno riferimento tutte le opere citate nelle note precedenti, con l’eccezione di Klinkhammer.
33 Nel 2005 è stato insignito della medaglia d’oro al merito civile alla memoria.
34 Per il suo comportamento, nel 1955 gli fu concessa la medaglia d’argento al merito civile.
35 Roberto Torre, La Resistenza cit., pp. 111-112.
36 Ivi, p. 107.
Paolo Pezzino <1, La strage di Forno ed il suo contesto storico, Comune di Massa: <1 Riprendo, con alcune modifiche, quanto già da me scritto in Crimini di guerra nel settore occidentale della linea gotica, in Gianluca Fulvetti e Francesca Pelini, a cura di, La politica del massacro. Per un atlante delle stragi naziste in Toscana, Napoli, l’ancora del mediterraneo, 2006.

L’occupazione di Forno destò grande preoccupazione fra i membri del CLN di Massa che la considerarono intempestiva e prematura. Vennero inviati nel paese emissari del CLN per ordinare a “Tito” di tornare sui monti. Lo stesso Pietro Del Giudice <35 si recò a conferire col comandante della “Mulargia” assieme a Evaristo Piccinini “Silvio”: “Incontro Garosi presso la vecchia caserma dei Carabinieri e ribadisco che è un errore l’occupazione del paese e chiedo che rientrino agli Alberghi”. <36 Il 12 giugno un’analoga visita venne compiuta da Gino Briglia <37. In quello stesso giorno a Forno si tenne un’importante riunione per confermare Marcello Garosi comandante unico <38, alla presenza del rappresentante militare del CLN toscano il comunista Oliviero Tilgher e di tutti i comandanti e ufficiali delle formazioni partigiane operanti sul territorio. Il ritiro della formazione venne infine accolto da Tito e concordato per la sera del 12. Probabilmente una parte degli uomini tornò agli Alberghi quella notte stessa; altri, invece, rimasero a dormire nel paese. Nella stessa riunione venne deciso che Bandelloni sarebbe dovuto partire immediatamente per il monte Cavallo in attesa di un lancio alleato <39.
L’attacco al paese avvenne all’alba del 13 giugno e vide coinvolte forze tedesche, provenienti da La Spezia <40, e un reparto della X Mas, composto da circa cinquanta – cento uomini, comandato dal tenente Umberto Bertozzi. I partigiani vennero colti di sorpresa e dopo alcuni scontri a fuoco il paese fu in mano alle truppe nazi-fasciste <41. Il comandante “Tito” rimase ucciso in località “Pizzo Acuto” di fronte al cotonificio ligure. Probabilmente, come è ricordato nella motivazione della medaglia d’oro al valor militare assegnatagli, si tolse la vita per non cadere prigioniero. Una volta cessati i combattimenti gli uomini del paese furono rastrellati dai tedeschi e, mediante una selezione, sessanta furono fucilati presso la chiesetta di S. Anna e cinquantuno deportati in Germania. Le vittime complessive della giornata furono sessantotto. Dalla fucilazione si salvarono quattro persone.
I partigiani sopravvissuti al combattimento di Forno raggiunsero la zona degli Alberghi dove erano rimasti in attesa il comandante “Vico” e “Beppe”. Raggiunse gli Alberghi anche Pietro Del Giudice partito da Massa appena saputo dell’attacco tedesco a Forno, che così racconta: “Alle cinque del mattino del 13 giugno c’era una riunione del CLN presso il duomo di Massa, nell’alloggio del professor Ermanno Bonelli. Doveva venire anche Tito. Ezio Palla ci informò che camion di tedeschi erano transitati, alle prime luci dell’alba, in via Bassa Tambura, diretti probabilmente a Forno. Interrompemmo subito la riunione e mi precipitai a Forno, con me era una ragazza: Milla. Arrivati a Ponte di Forno fummo bloccati da elementi della X Mas. Allora raggiungemmo Resceto e da lì, attraverso le montagne, arrivammo a tarda sera agli Alberghi” <42.
[NOTE]
35 Sulla data della visita di Pietro Del Giudice a Forno esistono diverse discordanze: nella relazione stilata nel 1946 dallo stesso, egli dice, che in compagnia del Piccinini, arrivò in paese il giorno 11; mentre nell’intervista contenuta nel libro di Fruzzetti, Grossi e Michelucci lo stesso annovera come data il giorno 10.
36 Ivi pag. 75.
37 Gino Briglia “Sergio” Comandante della 5° compagnia del GPA. Attraversò la linea del fronte il 10 ottobre 1944 per cercare un primo contatto con le truppe alleate. Divenne vicecomandante del gruppo F 3 e comandante di una delle tre compagnie che lo componevano, la “Falco”.
38 Sulla riunione tenutasi a Forno vedi testimonianza di Gino Briglia in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 80 dove ricorda che non fu fatto entrare nella casa socialista (allora casa del fascio) dove si stava tenendo l’incontro e che Tito conferì con lui uscendo dalla riunione.
39 F. Bergamini, G. Bimbi, Antifascismo e Resistenza in Versilia, cit.; R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. A conferma della partenza del Bandelloni da Forno il 12 giugno si faccia riferimento all’intervista ad Angelo Tongiani che racconta anche come quel pomeriggio Tito gli diede l’ordine di far rientrare alla base degli Alberghi la squadra di Guido che presidiava il passo del Vergheto. pag. 90.
40 Il numero delle forze tedesche impegnate nell’operazione a Forno ammontavano ad un battaglione di circa 300-500 unità. L’azione forse venne pianificata dallo stesso Colonnello Almers, comandante della 135 Brigata da Fortezza che già aveva diretto il rastrellamento a Mommio.
41 Una violenta sparatoria si ebbe all’ingresso del paese: i partigiani, infatti, piazzarono una mitragliatrice in una delle prime case. A far fuoco furono due partigiani: Francesco Tongiani e Marcello Battistini, quest’ultimo fu ucciso. Altri scontri a fuoco si ebbero al bivio del ponte di Forno e presso la chiesetta di S. Anna. Vedi testimonianze di Angelo Tongiani e Mario Conti in R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944, cit. pag. 91 e pag. 116.
42 R. Fruzzetti, A. Grossi, M. Michelucci, Forno 13 Giugno 1944 cit.
Marco Rossi, Il Gruppo Patrioti Apuani attraverso le carte dell’archivio A.N.P.I. di Massa. Giugno – Dicembre 1944, Tesi di laurea, Università di Pisa, 2016